lunedì 20 febbraio 2017

Madagascar 33: La strada per Maevatanana

Sulla strada N4



Voglia di Francia
Quando lasci un luogo hai sempre un piccolo senso di vuoto in fondo al cuore. Anche se sono gli ultimi momenti in cui rimani in quel paese e come sempre hai in testa solo la via del ritorno. Bevi avido il succo fresco di mango, butti giù di gusto le spesse fette di ananas e papaya, vuoi farti rimanere a lungo non il sapor d'acqua natìa che rimanga nei cuori esuli a conforto, ma al contrario per portare con te quel gusto di esotico che fa parte della tua continua ricerca. La barca che corre sul braccio di mare che separa l'isola dalla terraferma sembra battere l'onda ancora più duramente, come per darti un'ultima punizione per l'abbandono. Anche il barcaiolo ha fretta; altri stanno per arrivare, da te ha già avuto il suo e la ruota deve girare per fare tutti contenti. Il molo di Anfiky è gremito di gente, di merci, di mezzi che ingombrano ogni spazio contendibile. E' difficile anche per la barca avvicinarsi ad un punto di approdo. Alla fine si arriva al dunque e Congò, sempre ilare, guida i bagagli verso la macchina che aspetta silenziosa in un angolo riparato. Nella folla che si agita tra facchini, conducenti di mezzi, turisti e nullafacenti in attesa di opportunità che si raggruppano in cerchi ai margini dell'area, c'è vociare e movimenti disordinati. Poi in un angolo del molo, dalla melassa spessa della confusione salgono grida e agitazione.

Un villaggio
Un ragazzotto deve aver rubato una borsa ad una orientale svagata che pensava di essere in qualche tranquilla piazza asiatica. Il ladruncono viene acchiappato subito nel margine di pochi metri mentre tenta una improbabile fuga pedatoria. Braccia robuste lo trascinano fuori dalla vista mentre per aria si agitano nodosi bastoni intenzionati a dargli la paga. Il maltolto recuperato però, è subito restituito all'agitata ragazza, insomma si vuole evitare che le fonti di reddito portino con sé cattive impressioni sulla sicurezza. Poi è soltanto più la strada. Una strada lunga che attraversa tutto il nord del paese per ritornare fino a Tana. Sono quasi 900 chilometri che risalgono dal mare al centro dell'isola attraverso paesaggi severi, grandiosi, solitari. La statale N4 è in buone condizioni e consente di viaggiare abbastanza speditamente così ti puoi godere appieno questa terra. La prima tappa sarà di quasi 600 chilometri fino a Maevatanana, un punto di sosta obbligato, un piccolo paese tra le montagne dove chi va verso la capitale, riposa una notte prima di lasciare la pace degli altopiani per raggiungere la confusione della metropoli. All'inizio la strada corre ancora vicino alla costa ovest e la bassa quota permette ad una vegetazione fitta di nascondere i campi ed i piccoli paesi ai margini dell'asfalto.


L'abbeverata
Vere e proprie foreste di manghi si estendono a perdita d'occhio. Siamo in stagione e i rami pendono verso il basso, carichi come sono di una quantità esagerata di frutti la cui buccia, ancora verde chiaro, va mutandosi nel giallo carico che ne annuncia la perfetta maturazione. I banchetti che si affollano lungo la via ne sono pieni, così come al sud lo erano di litchi rossi. Ogni tanto grandi camion di grossisti sono circondati da donne con ceste piene di frutti che vengono caricati fino a che il mezzo non è strapieno e pronto a partire per le zone di consumo. Ogni tanto vedi anche altri punti di raccolta per un altro tipo di business. Mucchi altissimi di grandi sacchi cilindrici, richiusi da un lato da frasche o paglia, sono in attesa di acquirenti al passaggio o anche loro di un grossista raccoglitore per i mercati cittadini. Si tratta della carbonella, la principale fonte di energia del paese, indispensabile per tutti gli usi domestici dalla città alle campagne e praticamente uno dei più importanti settori di produzione e lavoro del paese. E' detto anche l'odore del Madagascar, è quello che pervade l'aria delle campagne e dei paesi, è quello degli alberi tagliati che bruciano sotto i monticelli di terra che crescono dovunque appena fuori da ogni gruppetto di case ed ai margini dei boschi, per produrre questo carburante semplice, di facile produzione e approvvigionamento che si fa da ogni parte e che è diventato una fonte di reddito per moltissimi malagasy.

Foresta da carbonella
Un senso di bruciato fuligginoso tipico della carbonella non ancora combusta, il legno che si annerisce in assenza di ossigeno sotto la terra, le donne che arrivano dal bosco cariche di legna che si ammucchia per creare un nuovo braciere, gli uomini che attizzano il vecchio e che dopo averlo spento, lo aprono per radunare i minuscoli frammenti in una nuova sacca da portare poi al margine della strada. Tutto il Madagascar brucia così lentamente, consumandosi lentamente e rilasciando nell'aria una sottile polvere nera ma invisibile che odora soltanto. Risalendo verso l'altopiano la strada si infila sinuosa in valli larghe dai rilievi rotondi. Minuscole abitazioni di terra si addensano le une alle altre in paesini lontani dall'asfalto. Anche gli alberi diradano fino a scomparire, bruciati o incapaci di sopravvivere ad un ecosistema decisamente più arido. E' terra rossa e dura di pascolo seccagno e povero, terra da capre che si aggirano anch'esse come gli uomini solitarie e lontane. E' terra da cui il turista si tiene lontano, fuori com'è dal bailamme della costa e dalle curiosità naturali di parchi e animali, perdendosi così la visione stordente di questo paesaggio grandioso e severo al tempo stesso, fatto di terre erose e rocce traforate dal vento, quadro impressionante che disarma e stupisce.

In fuga
Non appena riesci a raggiungere un punto un poco più elevato la serie infinita delle colline che si disperdono all'orizzonte, ti conquista per questa solitaria austerità. E' bellezza da meditare, da ascoltare in silenzio, una assenza vitale quasi perfetta, neppure turbata dalle rare auto di passaggio. Anche la gente è più ruvida e timorosa, come non fosse abituata all'estraneo. Congò ci conferma che qui girano voci di bianchi cattivi che vengono a rapire bambini per portarli chissà dove. Leggende di certo, paura, guarda un po' dello straniero, del diverso, forse anche aizzata da chi ha interesse a canalizzare odie paure su qualche cosa di esterno, di più semplice da etichettare. Però il carretto che arriva con una famigliola a cassetta e quattro bambini sul retro, si avvicina con cautela, poi il padre che al passaggio ci scruta con sospetto, non appena ci avviciniamo, frusta con foga la pariglia di zebù, spingendoli con brevi grida di incitamento, per scappare via, nel dubbio, alla maggiore velocità possibile, i ragazzi si fanno più piccoli quasi volessero nascondersi alla vista dei temuti vasà che stazionano sul ciglio della strada cercando solo un luogo un po' nascosto per esigenze fisiologiche da espletare al di fuori delleattenzioni dei passanti


Una sosta
Di tanto in tanto, grandi fiumi dal greto immenso con il rigagnolo fangoso che ne delinea il centro, scavano valli larghe. Dove l'acqua è più ricca subito compare il verde e la gente che arriva per goderne i benefici. Un bagno ristoratore, il lavaggio dei vestiti, le taniche gialle da caricare sui carrettini di legno dalle piccole ruotine, ma col volante, spinti dai ragazzi e che sono il mezzo di trasporto carico più frequente che vedi in giro. Più o meno a metà strada in un paesotto un po' più grande forse Andranomama o forse Labandy, ci si ferma in un baretto lungo la via principale per mangiare una omelette. La clientela e la gente che gira rappreseneta il classico movimento di passaggio. Le ragazze sono sbrigative, le facce di chi si ferma, intente solo a dove devono andare. Tipi strani, grossi zaini, ragazze bistrate e bardate con i vestiti stretti della città, gente con borse indaffarate che popolano gli autogrill di tutto il mondo. Nel retro dopo i cessi, ci sono pure due o tre camere dalle porte tenute insieme da quattro assi. Uno di quei posti che si definiscono molto basici e nei quali si cerca di non toccare troppo quello che ti circonda. Poi la strada sale ancora mostrando qualche fila di zebù lontani che scendono a valle. Maevatanana compare quasi all'improvviso quando il cielo comincia a scurirsi e la massa di camioncini, auto e taxi brousse si addensa, rallentando fino ad infilarsi in una delle cento vie laterali in cerca di un posto dove passare la notte.

Al fiume


SURVIVAL KIT

Hotel Betsiboka - 4 Maevatanana - Bisogna fare di necessità virtù, anche perché probabilmente non c'è di meglio e questo è un punto di tappa obbligato sulla via verso Tana. Hotel molto scalcagnato con annesso ristorante sulla via centrale, ha due o tre camere "nuove", al 2° piano, dotate di AC e ventilatore (del tutto inutili in quanto verso mezzanotte va via la corrente, inoltre sono rumorosissimi). Camere molto minuscole, si fatica a chiudere la porta ed estremamente basiche a 60.000 Ar. Rarissimi gli stranieri, per cui nessuno parla nemmeno il francese. Si viene presi in carico da una simpatica ragazza con cui ci si deve intendere a gesti. Si può cenare con 2 o 3 euro per un piatto di zebù molto coriaceo e riso, patate o altra verdura. Colazione consueta. Siate comprensivi e adattatevi. Dalla terrazza potrete godervi il passaggio dato che siamo propria la centro dle paese con relativo mercato sottostante. La strada obbligata per arrivarci da Anfiky è la nazionale N4 di quasi 600 km, abbastanza buona e molto panoramica, che potrete coprire con una auto normale in cica 8 ore, più le soste.

Autobus



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