martedì 21 febbraio 2017

Madagascar 34: Ritorno a Tana


Verso Tana

Un bar
La terrazza dell'hotel Betsiboka è proprio sull'incrocio centrale del paese. Devi per forza passare di qui. Già dalle 5 del mattino c'è un traffico potente. Mezzi di ogni genere che arrivano o sono in sosta col motore acceso in attesa di caricarsi dell'umanità che deve in qualche modo spostarsi. In questi luoghi capisci come l'uomo sia una specie in perenne movimento. La sua necessità di spostarsi nello spazio è ragione di vita e a volte fine ultimo dell'esistenza. La piazzetta è una specie di stazione libera dove ognuno arriva, si parcheggia nel primo spazio che trova, carica e riparte, tra strombettamenti e grida. I rumori sul terrazzo arrivano un poco più ovattati, ma intanto nelle camere fa così caldo che non riusciresti a resistere nel letto, tanto vale stazionare sotto il pergolato e guardarsi lo spettacolo. Il mercatino che si allunga come due lunghe ali per tutta la via, è anch'esso animatissimo. Una parte offre generi alimentari e cibo di strada pronto per essere consumato, le colazioni per i viaggiatori, insomma. Accanto alla solita gamma di fritti, qui si distinguono anche grosse bacinelle di quella che potremmo chiamare insalata russa, la cui superficie è campo di sfida per l'abilità decorativa delle venditrici che qui si sfogano disegnando ghirigori e fiori con la maionese, con ulteriori aggiunte di fettine di pomodoro, rapanelli, peperoncini e quanto di colorato offre l'orto. Altri offrono grandi vassoi ricolmi divari tipi di pasta fredda, spaghetti, rigatoni, fusilli.

Il panettiere
Molti ne comprano un cartoccio e se lo mangiano sul bordo della strada o lo ripongono per il viaggio. Allora, dopo aver mangiato una baguette croccante con marmellata di ciliegie, è proprio il caso di buttarsi nella mischia e farci un giro in questo mercato ruspante, per godersi da vicino la vita reale dell'Africa. In una via laterale si estende tutta la parte dedicata a scarpe e vestiti, con la solita massa di roba usata che arriva dall'Europa, poi tutti i materiali per la casa, una montagna di plasticume di provenienza cinese, la valvola di salvezza dei più poveri tra i poveri. Ovviamente non manca l'elettronica di serie B e oltre, con pezzi ammonticchiati di telefonini usati, di schede di cui non riconosci l'oggetto di partenza o di una massa di adattatori e caricabatterie buttati alla rinfusa, oltre ai pannellini solari di emergenza, si può dire adatti ad ogni capanna. Qui si aggiusta tutto, anche se non è chiaro da dove arrivano le competenze per farlo. Ma la zona più interessante è costituita dai banchetti al centro della piazzetta, che hanno chiaramente la posizione migliore e vantaggiosa. Sono piccolissimi con all'interno una o due persone al massimo. Niente merce esposta, ma sull'assicella che fa da banco c'è soltanto un bilancino elettronico da gioielleria. 

Un banco di compro oro
Come le zone che abbiamo visto al sud dove intenso era il commercio delle pietre semipreziose grezze, questa è la zona delle sabbie aurifere e questo è in luogo di raccolta dei grossisti e degli intermediari. Come laggiù, anche qui arrivano dai fiumi vicini dove tutta la famiglia setaccia la sabbia, a raccogliere il piccolo frutto di un intenso lavoro. Mi apposto vicino ad uno stallo dove una signora non mi guarda con occhi cattivi, ma anziquasi miinvita ad assistere. Dopo un po' arriva una ragazzina con una veste un po' stracciata di almeno tre taglie più larga e tira fuori da una tasca una fialetta che contiene forse un grammo o poco più, di una polvere fine color giallo sporco con qualche pagliuzza luccicante all'interno e lo porge alla compratrice che lo esamina in controluce, con una pinzetta scarta qualche minuscolo pezzettino di pietra che con occhio abituato ha subito individuato, poi pulisce con attenzione la superficie del bilancino e ne versa il contenuto sopra. Fa un grammo e dodici. Rappresenta il raccolto di un paio di giorni di quella famiglia. Da sotto la gonna tira fuori un fascio di soldi bisunti e senza discussioni o trattative, da qualche banconota alla ragazza che dopo esserli nascosti se ne va verso il mercato delle verdure. 

La N4
Evidentemente i prezzi sono ben conosciuti da tutti e non ci sono trattative, proprio come da un cambista di valuta. La donna, che ormai mi ha preso in simpatia, tira fuori un barattolino e mi mostra quanto finora ha comprato. E' un mucchietto di polvere d'oro, nel quale oltre a molte piccole pagliuzze, c'è qualche grumolo bitorzoluto di uno o due millimetri, sono le fantomatiche pepite. Solo una ha una dimensione tale che potrebbe pesare quattro o cinque grammi, il colpo di fortuna per chi l'ha trovata quel giorno e che tutti si augurano di veder spuntare tra le pietroline quando l'acqua nel setaccio ha tirato via tutta la sabbia ed il terriccio della palata. Diciamo che starei qui tutto il giorno a chiacchierare per capire meglio questa vita, un misto tra la pastorizia ancestrale e il liberismo del mercato globale, un segno di come mondi all'apparenza lontanissimi, poi si adattano secondo logiche locali. Ma il tempo passa ed è di nuovo la strada su altopiani che salgono costantemente verso il centro del paese. La terra è sempre più rossa, striata di erba secca gialla e macchiata dal verde acceso degli alberi raggruppati vicino ai corsi d'acqua in secca o nei punti più bassi, dove si indovina una presenza di umidità. Il paesaggio è ancora più maestoso, man mano che si sale. 

Villaggio di pastori
Sui colmi a cavalcapoggio conifere sparse che segnalano l'altitudine maggiore. Poche case sparse di pastori e su una collina vicina alla strada, compare all'improvviso un villaggio ordinato di casette disposte su un grande spazio quadrato. E' stato un tentativo dello stato di convincere i senzatetto della capitale di abbandonare la vita delle baraccopoli per una posizione lontana dalla città con una opzione di vita che potremmo chiamare di ritorno alla terra. Ovviamente l'operazione è fallita perché il fascino della città con le sue sirene di opportunità sembra vincere sulle difficoltà oggettive di vita. Poi lo scenario muta e le case si fanno sempre più frequenti fino a diventare paesi e cittadine quasi contigue che rappresentano la vera e propria periferia della capitale. Ormai siamo quasi arrivati e Congò, il nostro nocchiero abituato alla calma vita di Diego, non cessa di elencare consigli e ammonizioni circa la pericolosità assoluta delle capitale tentacolare con i suoi abitanti, che come tutti sanno sono un'accozzaglia di brutta gente, ladri e truffatori di ogni specie da cui bisogna diffidare e prendersi guardia. Ormai siamo arrivati alla tappa finale, Congò, con la sua risata larga e sincera sta per lasciarci al nostro destino e la folla cittadina ci abbraccia senza la ferocia temuta e sicuramente sovrastimata da chi vive nelle campagne.

Mercato di manghi


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4 commenti:

Simona ha detto...

Lo so che sembro monotona, che ti scrivo sempre le stesse cose, ma CHE MERAVIGLIA questo Madagascar!

Enrico Bo ha detto...

Sì molto bello (comunque un gradino sotto altri paesi africani, se posso dire (tipo Sud Africa o Tanzania), nel senso che ci sono meno cose da vedere. Qui il plus dovrebbe essere il mare e purtroppo io che sono un gatto di marmo mi perdo questa parte.

Unknown ha detto...

Gattodimarmo ch'è un centometrista

Enrico Bo ha detto...

@tent - Purtoppo sempre più bolso e acciaccato, ferro da stiro all'acqua e secchio di cemento al passo. Per non parlar del monte.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!