Il paese è nella palude da 30 anni. Il 4 dicembre c'è stata l'occasione per creare i presupposti di un cambiamento vero. Gli elettori, sapientemente guidati e convinti dagli abili masanielli di turno, hanno deciso nella loro accidia e malanimo verso il potere, hanno deciso di rinunciarvi, perdendo una occasione importante. Dal giorno dopo tutti coloro che hanno giocato contro perché, per motivi diversi, hanno uno specifivo interesse a farci rimanere nella palude, hanno capito che non era sufficiente far cadere da cavallo l'unico personaggio che, nel bene o nel male, facendo cose a volte giuste, altre sbagliate, ha tentato di migliorare davvero il paese, perché non si sa mai, l'uomo è forte e potrebbe riprendersi e ritornare in sella, in quanto tanta parte del paese ha capito che tutti gli altri sono di gran lunga peggiori. Bisogna eliminarlo dalla politica definitivamente visto che da solo non si vuol togliere dai piedi.
Quindi tutti addosso, i nemici naturali ovviamente, che neppure sono i più attivi in questo, i suoi "amici" che abbaiano come cani rabbiosi per prendergli il posto e far rimanere tutto come prima e i giornalai, che appena vedono l'uomo ferito a terra, ci si buttano sopra gettando fango e merda con la pala, per cercare di seppellirlo, tanto quando emergerà il nulla, sarà ormai troppo tardi e il danno sarà fatto. Meglio per tutti consegnare il paese ai pentanariciuti perché lo distruggano completamente, magari con una parte di quel partito in dissoluzione, che li appoggerà come cagnolini in cerca di qualche boccone caduto dal tavolo. Intanto l'Unione continentale è prossima alla dissoluzione. Quello del gatto morto in testa e il judoka triste, gongolano. Da questa debolezza potranno far risorgere le loro aree di influenza, già le loro portaerei incrociano nei mari di cui stanno riprendendo il possesso. Il terzo attore da poco arrivato ad avere influenza planetaria, lo ha capito e affila le sue armi. Ogni conflittucolo locale si riacutizza in attesa di esplodere in caso di una deflagrazione globale. Tutti sono contenti. Suae quisque fortunae faber est.
Da: "Commentari alle cronache di Surakhis" di Paularius Marcius Lentulus - An. XXV p.B.
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