domenica 15 aprile 2018

Racconigi e Lagnasco

Il castello di Racconigi


Bozzoli
Dunque bisogna saper alternare, grande e piccolo, vicino e lontano, esotico e casalingo, se vlete godere appieno di quanto offre la vita (dalla frasi di Osho, non so se posso usarlo, forse c'è un copyrigth). Vero che sono appena tornato e che nei prossimi giorni comincerò a tediarvi con il mio lungo itinerario etiope, ma nel frattempo incombeva uno delle giornate di studio degli amici del Museo di Agricoltura del Piemonte e mi sono pertanto affrettato a correre all'appuntamento prima ancora di aprire le valigie. Una bellissima giornata, il tempo aiuta chi si vuole bene ed è stato ideale per fare una scampagnata sabaudo piemontese che definirei di tutto rispetto. Partiamo dall'appuntamento davanti al Castello di Racconigi, cittadina assolutamente meritevole di visita, con il suo centro storico omogeneo e ben conservato, che una lodevole guida ha fatto apprezzare nei suoi angoli nascosti. Qui respiri l'aria del regno che ha fatto l'Italia nel bene e nel male per quello che è adesso ed è interessante esaminarne la storia di distretto industriale antesignano e ben a proposito, esempio di come funziona la storia, sostanzialmente sempre allo stesso modo e secondo linee guida simili. Qui dalla fine del seicento e per due secoli si è sviluppata una fase di industrializzazione che ha riguardato la produzione della seta dal bozzolo ai filati e visitando il piccolo museo della Civiltà della Seta, ospitato nel chiostro dell'ex convento di Santa Chiara, ne hai un racconto preciso e dettagliato che illustra un mondo di una trentina di vere e proprie "fabbriche", cosiddette magnifiche, per la loro dimensione inusuale all'epoca, che coinvolgevano 4000 lavoratori e quasi 200.000 famiglie nel distretto per l'allevamento dei bachi. 

Il parco del castello
A seguire, tutte le problematiche che questo tipo organizzativo del lavoro assolutamente nuovo provocò, dallo sfruttamento disumano degli abitanti a partire dai bambini di 6/7 anni; ai disagi di una immigrazione, guarda un po' incontrollata e richiamata dalle nuove opportunità che andava a rompere l'equilibrio di un territorio; a tutte le nefaste conseguenze di una economia monoprodotto che subentrano quando un modello va in crisi, segnando la fine di un'epoca. Insomma tutte cose che si sono e si stanno puntualmente ripetendo, generando sorpresa in chi non ama rileggere la storia, che pure starebbe lì ad insegnarci tutto. Pensare al periodo in cui il lavoro minorile veniva proibito fino ai dodici anni e sentire come invece ai bambini lavoratori veniva insegnato come e dove nascondersi nel corso delle "ispezioni" di controllo, di quando i cinesi eravamo noi. Insomma, diciamo pure molto interessante. Che dire poi dello splendore del castello stesso e della magnifica oretta trascorsa in carrozza a girare peri giardini, un'oasi di pace e piacevolezza a cui ti puoi abbandonare con piacere sibaritico. Il clop clop degli zoccoli è un andamento lento che ti fa apprezzare scorci sempre diversi, laghetti, costruzioni create per il piacere dei sovrani (e delle sovrane) che qui si aggiravano a darsi buon tempo. Il tutto a tempi opportunamente calcolati per passare poi al Ristorante Mosè, giusto al fianco del castello stesso, per un appuntamento di tradizione piemontese che corona assolutamente questa giornata sabauda che era cominciata al bar di fronte con un sontuoso marocchino reale con Nutella all'olio di palma, panna densa e corposa e amarettini affogati all'interno. 

Soffitto a cassettoni a Lagnasco
La forza del ristorante è rappresentata dal menù tipico dei bolliti il cui brodo ricco e saporoso affoga i deliziosi plìn dispensati con abbondanza. Le salse più classiche (bagnèt verd, senape, bagnèt rùs, cugnà e confettura di cipolle,accompagnano i quattro pezzi della tradizione, salame, lingua, testina e magro, tutti tenerissimi, di gran qualità e generosamente serviti ed eventualmente rabboccati. Un finale semifreddo sabaudo per non appesantire troppo e poi pronti alla partenza. Rimane infatti da risolvere il pomeriggio per cui è stata predisposta la visita ai vicini castelli di Lagnasco che inglobano, come afferma il plurale usato, tre edifici al centro di questo piccolo paese. Assolutamente poco conosciuta e visitata, infatti è aperta solo la domenica, questa realtà presenta sorprese davvero interessanti, rese ancora più sorprendenti da un aspetto esterno che si presenta deteriorato e poco promettente. Quale è invece la meraviglia nel percorrerne gli ambienti interni, per lo meno quelli già restaurati che offrono alla vista una serie di sale con affreschi assolutamente unici nel loro genere, esempi di una rara iconografia rinascimentale totalmente assente in Piemonte, ispirati alle grottesche della nostra mitologia classica, mescolate a quelle di  tradizione nordica. Uno splendore che lascia a bocca aperta e testimonia la ricchezza e l'importanza di questa signoria dei Tapparelli che si presenta a tutto tondo, rivelandosi niente affatto minore. Completa lo spazio una collezione di nomi decisamente importanti che vanno da Fontanesi e Delleani, a Guttuso, Carrà, De Chirico, De Pisis, Severini, Spazzapan, Campigli, Sironi e molte altre firme che troverete certamente inusuale aspettarsi in un paesino di queste dimensioni. Diciamo un altra bella iniziativa del Museo e un grazie a Giacomina Caligaris, che così opportunamente si dedica a questo lavoro organizzativo intelligente e puntale. Alla prossima insomma.

Lagnasco - Una sala


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2 commenti:

Anna ha detto...

dall'Etiopia al Piemonte direi che l'hai messa perfettamente in pratica questa filosofia!

Enrico Bo ha detto...

In effetti gli interessi ci circondano, basta avere voglia di scoprirli

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