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lunedì 29 ottobre 2018

A zonzo per la Baraggia biellese

Da Bielmonte
Il Ricetto

Mi prendo, se mi permettete, un attimo di sosta nella cavalcata omanita, per darvi conto della XI giornata di istruzione organizzata dall'Associazione Museo dell'Agricoltura del Piemonte, dello scorso giovedì 25, in direzione della Baraggia del Biellese. Un itinerario intrigante e curioso che ha avuto il beneficio e la fortuna di godere di una splendida giornata di sole. La prima gemma sottoposta alla nostra attenzione è stato il noto Ricetto di Candelo, un agglomerato che risale al XIV secolo e che è rimasto assolutamente intatto fino ai nostri giorni, attraversando sette secoli e molti periodi storici in cui non vi era certo alcuna mentalità od abitudine conservativa. Si tratta di una sorta di quartiere dotato di una cerchia di mura difensive, che fungeva da area in cui immagazzinare i raccolti dell'adiacente paese e difenderli da eventuali scorrerie ed eserciti di passaggio, in questa terra che ha visto nei secoli il susseguirsi di milizie di ogni genere. In pratica ogni famiglia del paese disponeva all'interno delle mura di una costruzione a due piani adibita a magazzino dove ricoverare la propria produzione di cereali e di uve vinificate. Queste "cellule" ancora oggi perfettamente conservate sono ancora oggi per la maggior parte, di proprietà privata e salvo qualcuna di pertinenza comunale, che ospita associazioni o altri punti di aggregazione, sono sedi di botteghe e locali o usati appunto privatamente come una sorta di tavernetta per ritrovarsi con gli amici.

La Casa Contadina
Il passeggiare per le strade che si incrociano, a pianta di accampamento romano, è molto suggestivo, c'è un senso di antico richiamato, dalla tipologia stessa delle costruzioni, dai muri di pietre tonde ricavate dal vicino torrente che si susseguono ordinatamente, dalle torri di osservazione che sorgono agli angoli estremi dello spazio e che consentono una splendida vista sul sottostante territorio della Baraggia, il vasto terreno pianeggiante di brughiera improduttiva che si estende ai piedi dei rilievi morenici di questa parte di territorio. All'interno del Ricetto, hanno trovato spazio anche due esposizioni riguardanti un Ecomuseo del vino, che raccoglie strumenti e ricordi legati all'arte di vinificazione dei tempi passati ed una intera cellula dedicata alla Casa Contadina che espone un'altra ricca serie di oggetti presenti nella vita di quel tempo non troppo lontano da noi nella memoria eppure così apparentemente estraneo dalle nostre abitudini presenti. Anche se tutti più o meno ricordano la presenza di qualcuno di questi oggetti nelle case dei nostri nonni, questi ci sembrano effettivamente così lontani dal nostro vivere quotidiano, quanto gli strumenti delle tombe degli egizi o delle necropoli etrusche. Strano ma vero. Infine la vicina chiesa di Santa Maria con la sua strana pianta ad L, conserva al suo interno interessanti elementi pittorici che meritano una breve sosta. 

La Menabrea
Il secondo punto di interesse della giornata è stata la visita del Museo della birra, presso il famoso Birrificio storico Menabrea, a Biella, a cui siamo giunti percorrendo il lungo fiume circondato dagli stabilimenti lanieri abbandonati  che hanno caratterizzato la storia industriale di questa città. Il Museo è ricco di suggestioni iconografiche ed espone una vasta serie di oggetti e di macchine che illustrano tutto il processo tradizionale di produzione della birra e della varietà di prodotti attualmente commercializzata da questo marchio, ben noto agli amatori italiani ed esteri. Naturalmente la sosta gastronomica nell'attiguo ristorante birreria, ha contribuito a farci apprezzare diverse sfumature del prodotto in questione. Nel prosieguo del giro, una breve sosta presso l'antico Monastero Mater Carmeli di Chiavazza, per ammirare una nota sequoia monumentale di oltre venti metri di altezza e di quasi otto metri di diametro che fa bella mostra di sé al lato della strada. Un vero e proprio monumento arboricolo che fa parte dell'elenco degli alberi storici italiani, davvero notevole per la sua imponenza. Infine la strada che conduce verso l'Alta Valle Cervo che ci ha indirizzato alla Panoramica Zegna, ha consentito una breve sosta nel curioso abitato di Rosazza, comune attualmente popolato da una ottantina di anime, la cui ricchezza di palazzi e costruzioni, torri ed edifici riccamente ornati incluso il noto castello, risulta assolutamente incongrua all'esiguo attuale numero di abitanti. 

La sequoia di Chiavazza
Il paese, costruito appunto dal Senatore Rosazza, membro della Giovine Italia Mazziniana e gran Maestro Massone è ricchissimo di simbologie esoteriche ed appunto massoniche ed è comunque avvolto da una  certa aura di mistero che meriterebbe una visita più prolungata ed accurata. Parte dell'abitato è costruito sfruttando il filone della cosiddetta estetica della rovina, con muri fintamente sbrecciati e trattati con l'acido e colonnati e false architravi che richiamano antichi templi greci. Qualcuno lo avvicina a Rennes le Chateau e addirittura lo denomina come uno dei borghi più misteriosi d'Italia. Insomma ce n'è da suscitare una certa curiosità per una visita più approfondita. Di lì, la strada sale lungo la panoramica Zegna fino ai 1500 metri di Piatto e Bielmonte. Una strada di montagna tra le più affascinanti d'Italia con i suoi panorami su valli spopolate, che in questa stagione mostrano tutta la meraviglia del "foliage" autunnale che da solo vale la visita. Scorci magnifici sulle vicine montagne e sulla sagoma del lontano Monviso che disegna la caratteristica skyline sulla pianura avvolta in una coltre di foschia che rende il paesaggio ancora più particolare e magico. Insomma un'altra giornata davvero interessante creata dalla fantasia e dall'impegno della nostra Dott.sa Giacomina Caligaris alla quale va tutto il nostro ringraziamento.

La chiesa di Santa Maria


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Le mura del ricetto


martedì 22 maggio 2018

Santena, la terra dell'asparago

Festa dell'asparago


La villa Benso
La IX giornata di istruzione, organizzata dal Museo di Agricoltura del Piemonte, era partita ieri con previsioni di pioggia e le nuvole nere che giravano in quel di Santena, facevano temere il peggio, invece ancora una volta l'abbiamo scampata. Programma vario e ghiottissimo che intendeva unire con un fil rouge temporale una realtà modernissima, legata alla produzione agricola, quella dei Molini Bongiovanni a Cambiano, alla storia dell'agricoltura locale, che è stata alla base della agricoltura italiana moderna, con la visita alla Villa dei Benso. Il primo appuntamento è stato di particolare interesse ed ha permesso di conoscere da vicino l'attività molitoria nei più minuti particolari dell'intera filiera produttiva. Questa azienda in forte espansione, ha evidentemente saputo adattarsi molto bene alle esigenze di un mercato sempre più difficile e competitivo ed il suo evidente successo è nato dalla capacità che ha avuto nel comprenderne le necessità, seguendone le richieste e cercando costantemente l'innovazione e la tecnologia di avanguardia, senza mancare di dare qualche strizzatina d'occhi alle tendenze oggi così di moda nella clientela retail. 

Il parco
Il proprietario stesso ci ha illustrato con molta precisione i segreti della tecnica molitoria e della materia prima trattata in azienda, che grazie ad un impiantistica che abbiamo potuto visitare nei particolari, viene offerta alla clientela in diverse tipologie, farine su misura per soddisfare tutti i segmenti del mercato, dall'industria, che rappresenta la parte maggiore della produzione, ai maestri artigiani dei panifici di alta qualità.  Vedere il lavoro di macchine ottiche che selezionano il frumento fotografando chicco per chicco alla velocità di 150 ql/h è davvero impressionante, un tuffo nel mio vecchio mondo lavorativo, dove di queste tecnologie si parlava come di un futuro prossimo ma non ancora certo. Mi sono trovato un po' a casa insomma col mio passato di sementiero e ammassatore di cereali. Tuttavia il secondo appuntamento premeva e l'allontanarsi dai giganteschi silos granari si è reso necessario per accedere per tempo ad una ricca degustazione di tutto rispetto riguardante il re della zona, l'asparago, che ci aspettava alla Locanda del Cont guidata e patrocinata da Gino Anchisi,, Presidente dell'Associazione produttori dell'asparago di Santena e delle terre del Pianalto. 

L'ufficio del Conte
In questo bel locale della tradizione che normalmente offre menù strettamente piemontesi, siamo partiti da un piatto di asparagi in due diverse taglie, carnosi i più grandi e più sapidi i piccoli, bolliti con tre differenti salse, seguito da un delicato flan con fonduta e dal classico involtino di asparagi al prosciutto e formaggio fuso con salsa di cipolla. I gustosi turioni l'hanno poi fatta da padrone in un sontuoso risotto e in un ghiottissimo assaggio di agnolotti di asparagi con nocciole e miele. Il piatto forte è stato un duetto di asparagi alla Bismark e in spiedino impanato. Classico bunèt e caffè per disnausiare la bocca. Diciamo una gradevolissima seduta gastronomica per apprezzare questo fantastico ortaggio che proprio in questi giorni si stava festeggiando per le vie del paese. Nel pomeriggio, visita ai luoghi cavouriani di Santena, la splendida villa della famiglia del 1712 (ingresso 4 €), il parco creato da Kurten con una sfilata di platani secolari di dimensioni colossali, alti fino a trenta metri, veri e propri monumenti verdi, il piccolo museo con l'ufficio di Cavour, padre della moderna agricoltura industriale italiana, la cascina con l'asparagiaia didattica, che ricorda il suo impegno nello sviluppo agronomico e la tomba di famiglia del Conte, dove ha voluto essere seppellito.  Insomma all'insegna dell'asparago che alligna a Santena da secoli, una bella giornata che dobbiamo alla nostra instancabile organizzatrice Dr.ssa Giacomina Caligaris a cui va un doveroso ringraziamento. Alla prossima.

Risotto e agnolotti



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domenica 15 aprile 2018

Racconigi e Lagnasco

Il castello di Racconigi


Bozzoli
Dunque bisogna saper alternare, grande e piccolo, vicino e lontano, esotico e casalingo, se vlete godere appieno di quanto offre la vita (dalla frasi di Osho, non so se posso usarlo, forse c'è un copyrigth). Vero che sono appena tornato e che nei prossimi giorni comincerò a tediarvi con il mio lungo itinerario etiope, ma nel frattempo incombeva uno delle giornate di studio degli amici del Museo di Agricoltura del Piemonte e mi sono pertanto affrettato a correre all'appuntamento prima ancora di aprire le valigie. Una bellissima giornata, il tempo aiuta chi si vuole bene ed è stato ideale per fare una scampagnata sabaudo piemontese che definirei di tutto rispetto. Partiamo dall'appuntamento davanti al Castello di Racconigi, cittadina assolutamente meritevole di visita, con il suo centro storico omogeneo e ben conservato, che una lodevole guida ha fatto apprezzare nei suoi angoli nascosti. Qui respiri l'aria del regno che ha fatto l'Italia nel bene e nel male per quello che è adesso ed è interessante esaminarne la storia di distretto industriale antesignano e ben a proposito, esempio di come funziona la storia, sostanzialmente sempre allo stesso modo e secondo linee guida simili. Qui dalla fine del seicento e per due secoli si è sviluppata una fase di industrializzazione che ha riguardato la produzione della seta dal bozzolo ai filati e visitando il piccolo museo della Civiltà della Seta, ospitato nel chiostro dell'ex convento di Santa Chiara, ne hai un racconto preciso e dettagliato che illustra un mondo di una trentina di vere e proprie "fabbriche", cosiddette magnifiche, per la loro dimensione inusuale all'epoca, che coinvolgevano 4000 lavoratori e quasi 200.000 famiglie nel distretto per l'allevamento dei bachi. 

Il parco del castello
A seguire, tutte le problematiche che questo tipo organizzativo del lavoro assolutamente nuovo provocò, dallo sfruttamento disumano degli abitanti a partire dai bambini di 6/7 anni; ai disagi di una immigrazione, guarda un po' incontrollata e richiamata dalle nuove opportunità che andava a rompere l'equilibrio di un territorio; a tutte le nefaste conseguenze di una economia monoprodotto che subentrano quando un modello va in crisi, segnando la fine di un'epoca. Insomma tutte cose che si sono e si stanno puntualmente ripetendo, generando sorpresa in chi non ama rileggere la storia, che pure starebbe lì ad insegnarci tutto. Pensare al periodo in cui il lavoro minorile veniva proibito fino ai dodici anni e sentire come invece ai bambini lavoratori veniva insegnato come e dove nascondersi nel corso delle "ispezioni" di controllo, di quando i cinesi eravamo noi. Insomma, diciamo pure molto interessante. Che dire poi dello splendore del castello stesso e della magnifica oretta trascorsa in carrozza a girare peri giardini, un'oasi di pace e piacevolezza a cui ti puoi abbandonare con piacere sibaritico. Il clop clop degli zoccoli è un andamento lento che ti fa apprezzare scorci sempre diversi, laghetti, costruzioni create per il piacere dei sovrani (e delle sovrane) che qui si aggiravano a darsi buon tempo. Il tutto a tempi opportunamente calcolati per passare poi al Ristorante Mosè, giusto al fianco del castello stesso, per un appuntamento di tradizione piemontese che corona assolutamente questa giornata sabauda che era cominciata al bar di fronte con un sontuoso marocchino reale con Nutella all'olio di palma, panna densa e corposa e amarettini affogati all'interno. 

Soffitto a cassettoni a Lagnasco
La forza del ristorante è rappresentata dal menù tipico dei bolliti il cui brodo ricco e saporoso affoga i deliziosi plìn dispensati con abbondanza. Le salse più classiche (bagnèt verd, senape, bagnèt rùs, cugnà e confettura di cipolle,accompagnano i quattro pezzi della tradizione, salame, lingua, testina e magro, tutti tenerissimi, di gran qualità e generosamente serviti ed eventualmente rabboccati. Un finale semifreddo sabaudo per non appesantire troppo e poi pronti alla partenza. Rimane infatti da risolvere il pomeriggio per cui è stata predisposta la visita ai vicini castelli di Lagnasco che inglobano, come afferma il plurale usato, tre edifici al centro di questo piccolo paese. Assolutamente poco conosciuta e visitata, infatti è aperta solo la domenica, questa realtà presenta sorprese davvero interessanti, rese ancora più sorprendenti da un aspetto esterno che si presenta deteriorato e poco promettente. Quale è invece la meraviglia nel percorrerne gli ambienti interni, per lo meno quelli già restaurati che offrono alla vista una serie di sale con affreschi assolutamente unici nel loro genere, esempi di una rara iconografia rinascimentale totalmente assente in Piemonte, ispirati alle grottesche della nostra mitologia classica, mescolate a quelle di  tradizione nordica. Uno splendore che lascia a bocca aperta e testimonia la ricchezza e l'importanza di questa signoria dei Tapparelli che si presenta a tutto tondo, rivelandosi niente affatto minore. Completa lo spazio una collezione di nomi decisamente importanti che vanno da Fontanesi e Delleani, a Guttuso, Carrà, De Chirico, De Pisis, Severini, Spazzapan, Campigli, Sironi e molte altre firme che troverete certamente inusuale aspettarsi in un paesino di queste dimensioni. Diciamo un altra bella iniziativa del Museo e un grazie a Giacomina Caligaris, che così opportunamente si dedica a questo lavoro organizzativo intelligente e puntale. Alla prossima insomma.

Lagnasco - Una sala


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domenica 5 novembre 2017

Un giorno a Vigevano

Vigevano - la piazza


La torre
Pausa nel giro americano che non è neppure ancora cominciato, per relazionarvi di una meta di grandissimo interesse a un tiro di schioppo da casa e che merita assolutamente un giretto di un giorno almeno. Molti di voi ricorderanno la gustosa serie di romanzi di Mastronardi, a partire dal Maestro di Vigevano, che raccontano questa bella città così importante nel tardo medioevo per il segno lasciato dagli Sforza e da Ludovico il Moro. Quindi ieri, con la sempre precisa organizzazione dei viaggi di istruzione del Museo dell'Agricoltura del Piemonte, ho approfittato della giornata uggiosa, ma fortunatamente ultima senza pioggia, per gustarmi questa chicca lombarda. Da Alessandria è un attimo; un breve tratto attraverso la triste piana lomellina, resa ancor più tetra dalle grandi camere delle risaie ormai trebbiate dove anche i pochi aironi rimasti scoperti tra le stoppie tenevano la testa bassa come in attesa di quella pioggia che ancora tardava a venire. Una serie di paesi quasi anonimi, isole raggrumate sui lievissimi sollevamenti destinati ad essere circondati dall'acqua quando la coltura del cereale che ha etichettato queste terre comincerà il nuovo ciclo e poi arrivi in questa che, alla fine del medioevo era un centro davvero importante, dal passato longobardo che ne aveva precisato i confini. 

La strada coperta
In quel tempo, in cui si decise l'aspetto odierno della regione, Ludovico il Moro, iniziò una grande stagione di lavori pubblici, diremmo oggi, con il tracciato definitivo dei navigli che dovevano servire, oltre che a migliorare gli spostamenti, a trasformare l'agricoltura della zona che da un territorio malsano fatto di marcite e acquitrini, si avviava a diventare l'area di maggiore produzione del riso, fino ai tempi moderni. Contemporaneamente presero la forma definitiva il castello e la famosa piazza antistante, davvero uno dei più bei salotti d'Italia, con la sua precisa scansione neoclassica, le eleganti colonne, l'unità delle case che la circondano da tre lati e la grande finta facciata della cattedrale che due secoli dopo ne racchiude degnamente il quarto lato. La visita di tutta questa area ci ha preso l'intera mattinata anche perché è stato davvero un piacere ascoltare il racconto di una guida davvero preparata e preziosa che ce l'ha resa piacevolissima. Ma la vera chicca che mi ha davvero colpito nel segno ed emozionato è il museo della Leonardiana (ingresso 8 €)all'interno del castello aperto da poco più di un anno per la volontà di privati. 

I palazzi della piazza
L'esposizione disposta in modo molto moderno e multimediale nelle sale del primo piano del castello, che tra l'altro è anche l'unica opera originale di Leonardo che si può vedere, raccoglie, racconta e illustra la storia e le opere complete del grande genio, mostrando attraverso copie perfette e poco distinguibili dagli originali, tutti i manoscritti con i famosi disegni, i taccuini e in dimensione originali, tutti i dipinti attribuiti con certezza a Leonardo. Attenzione particolare è posta al lavoro che fece proprio qui nel ducato di Milano per Ludovico e la sua sposa, per cui divenne davvero uomo di corte tuttofare, dai progetti ingegneristici e architetturali, allo studio di macchine di ogni tipo, ma anche stilista di abiti e disegnatore di elaborate pettinature per le dame di corte. Una sala specifica è dedicata alla avvincente storia del famoso gigantesco cavallo progettato e mai realizzato proprio per il monumento del Duca. Ma la cosa che più colpisce a mio parere è proprio il curriculum che invia a Ludovico a cui era stato raccomandato perché gli dia lavoro. Una lettera che potrebbe essere presa a modello per chi ancora oggi invia domande alle varie aziende. 

La scuderia
Dopo essersi presentato, elenca in dieci punti quelli che oggi chiameremmo i suoi skills, lavori di ingegneria, progetti idraulici, opere architettoniche, studio di armi e macchine da guerra, competenze agricole e di design, insomma le cose che potevano interessare il suo futuro datore di lavoro e mecenate, ma è soprattutto il finale che rappresenta il personaggio a tutto tondo, quando termina le sue competenze dicendo: è infine sono anche discreto pittore! (casomai potesse servire). Davvero straordinario non vi pare? Nel cortile del castello sono poi da non perdere la visita delle scuderie dove lui progettò anche un sistema semiautomatico di pulizia dei rifiuti dei cavalli mediante acqua corrente e al primo piano il Museo della calzatura (visita gratuita) dove, in quattro sale è esposta una serie di pezzi che raccontano un'altra delle eccellenze per cui la città è stata famosa nel mondo. Calzature storiche e antiche tra cui la famosa pianella ritrovata nel restauro del castello delle dame, i pezzi commissionati per VIP e personaggi famosi dai più grandi stilisti e maestri della città, le scarpe dei Papi, poi una serie di calzature etniche provenienti da tutto il mondo ed infine nel corridoio finale la storia del tacco a spillo, inventato sì in Francia, ma che qui fu perfezionato con l'invenzione dell'anima metallica (prima i tacchi si spaccavano invariabilmente) che portò nell'anno d'oro di questa moda, alla produzione di oltre 21 milioni di paia di scarpe. 

Il Mulino di Mora
Una collezione curiosa che vale la pena di vedere. Non perdetevi poi, dopo aver percorso la strada coperta che collegava i due castelli, la vista del duomo e dei suoi begli affreschi prima di fare qualche chilometro fuori città per vedere, dal di fuori purtroppo, la Sforzesca, una grande cascina voluta da Ludovico e che rappresentò il modello di sviluppo agricolo per tutta la regione e forse la prima vera azienda agricola italiana moderna, di cui si auspica una futuro restauro. Nel borgo a fronte un pranzo amichevole ha contribuito a ristorare gli stanchi visitatori nel ristorante, appunto Ludovico il Moro, specializzato in risotti e prodotti a base di oca e scusate se è poco. Infine, dall'altra parte della città, dietro al cimitero, non perdetevi, il Mulino di Mora, vecchia costruzione coeva del 1400, che raccoglie una serie nutritissima di macchine costruite da un appassionato in decenni di lavoro, a partire dai disegni di Leonardo, tutte perfettamente funzionanti, oltre agli esempi di chiuse nel grande giardino che illustrano i sistemi in uso all'epoca per la misurazione delle acque. Ce n'è insomma per completare una giornata di visita e andando veloce. Una esperienza che vi consiglio assolutamente.


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mercoledì 5 luglio 2017

Friuli 7 - Aquileia e Palmanova

Aquileia - La facciata della Basilica


La navata centrale
Infine bisogna andare. Il viaggio è finito e l'unica strada che rimane da percorrere è quella del ritorno. Dobbiamo lasciare questo Friuli che ci ha preso così tanto con i suoi paesaggi complicati, con le sue cittadine ordinate, con i suoi sentori di roba buona che ti lasciano nostalgia e deprivazione ancora prima di ripartire per tornare a casa. Inutile aggiungere, come buon peso, Trieste, una delle più belle città d'Italia e le possibilità di sconfinamento per apprezzare le chicche della vicina Slovenia. Insomma c'è di che ripartire tristi e coi musi lunghi. Ma lungo la strada si presentano ancora diverse opportunità che varrà la pena di esplorare e di cui voglio darvi conto. A poche decine di km daTrieste ecco la prima tappa da non perdere, la cittadina di Aquileia appena dietro alla laguna di Marano. Questo centro, che oggi conta solo poco più di 3000 abitanti, è un concentrato di storia che ha pochi uguali specie se facciamo riferimento al suo passato romano quando contava oltre 200.000 abitanti ed era una delle più importanti città d'Italia. Le vicende che sono seguite sono state tra le più movimentate del nostro paese. Punto di passaggio per innumerevoli invasioni barbariche, più volte distrutta e ricostruita fino al transito più famoso, quello di Attila che sulle sue rovine sparse il sale con l'intento di cancellarla definitivamente, devastata dalla peste in vari periodi e di nuovo ridotta ai minimi termini eppure sempre rinata dalle sue ceneri per l'importanza della sua posizione, sempre vitale per i poteri che si sono succeduti. 

Palmanova - La cattedrale
Morta e rinata mille volte, oggi il piccolo paese racchiude un notevole complesso di siti archeologici, apparentemente incongrui con le dimensioni attuali, come il porto romano, il foro e soprattutto la Basilica Patriarcale, un monumento di tale eccezionalità per bellezza e dimensioni che richiede una visita accurata. Questa Basilica è forse la prima costruita nel mondo dopo l'editto di Costantino e conserva una ricchezza unica, una serie di mosaici romani che rivaleggiano o addirittura superano quelli di Villa Armerina. La visita è molto bene organizzata con una serie di passerelle che consentono una visione dall'alto molto ravvicinata che li fa apprezzare nel modo migliore. La grandiosità della costruzione fa perfettamente comprendere l'importanza di questo sito nei tempi antichi. Rimani attonito a valutare le dimensioni di pilastri e navate ed in particolare nel vedere quanto continuamente viene alla luce non appena si procede in una ricerca appena più approfondita e che mostra sempre nuovi strati di costruzioni, reperti, mosaici, elementi sovrapposti gli uni sugli altri nelle diverse epoche e che costituiscono un patrimonio davvero ricchissimo e spesso ancora da scoprire. Ancora pochi chilometri ed eccoci a Palmanova, un'altra città ricca di storia, anche se più recente. Questa è infatti una delle tante città ideali, pensata per dimostrare un concetto di perfezione che ogni epoca ha voluto progettare per lasciare un segno del proprio pensiero. 

Palmanova - La piazza
Qui si trattava di creare una città con caratteristiche di difesa squisitamente militare di cui la Serenissima necessitava assolutamente in quei tempi di guerre continue. Da qui nasce la meraviglia del progetto che secondo alcuni potrebbe addirittura nascere da un'idea di Leonardo, che non potè però essere della partita perché impegnato a Milano. La caratteristica particolare dell'insediamento è la cerchia di mura in cui è completamente racchiusa la città, che racconta di una perfezione geometrica e matematica unica al mondo. La sua perfezione è tale che che da qualcuno è stata definita semplicemente non umana. Solo dall'alto però puoi apprezzare la meravigliosa stella a nove punte della fortezza, coi nove bastioni, le tre porte diaccesso, le diciotto strade radiali di cui sei principali che portano alla piazza centrale, un esagono perfetto su cui si affacciano la cattedrale e gli altri edifici principali, tali da rendere confusi i visitatori che si trovano di fronte ad un panorama identico a 360°. Una numerologia che ruota attorno al numero tre, sulla quale la città è stata costruita. Per la verità ci furono forti difficoltà apopolarla, una volta che i lavori terminarono, non piacendo a nessuno di andarsi a stabilire in una città destinata per sua stessa formazione, alla guerra ed a subire chissa quanti futuri assedi e orde di conquistatori affamati e a quei tempi non si andava tanto per il sottile, si sa, la guerra è guerra, tanto che per popolarla Venezia dovette ricorrere ai forzati prigionieri della repubblica. 

Palmanova - Le mura
Naturalmente poi nei fatti la città non fu mai assediata e dal punto di vista militare non servì mai a un fico secco, come del resto tutte le grandi barriere difensive della storia, dalle varie Maginot al forte di Fenestrelle. Per la verità la bellezza di tutto questo si apprezza poco durante la visita, essendo la sua perfezione evidente soltanto nella vista dall'alto. Di più, l'imponenza della cinta muraria di ben sette chilometri di perimetro, neppure si nota arrivando nella città, e questo proprio come caratteristica voluta per non farla apparire evidente e leggibile da parte di un eventuale assalitore. Infatti, sorgendo la città in una sorta di conca, le costruzioni sono tutte appena al di sotto della linea dell'orizzonte, proprio per non essere interpretabili dal nemico. La città ti appare nella sua evidenza soltanto dopo che hai oltrepassato una delle sueporte. Forse sarebbe opportuno poter fare una passeggiata sui sentieri agibili sulle mura stesse, per la verità ricoperte in molti punti da vegetazione inselvatichita e da rovi impenetrabili. Prima del rientro definitivo bisogna però ancora fare un paio di soste, anche per ottemperare ai temi agroenologici del viaggio. La prima è proprio vicino a Palmanova dove sono situati i famosissimi vivai Rauscedo che forniscono barbatelle di ogni varietà viticola a tutto ilmondo e quindi a Bicinicco, sede delle cantine Stocco per un assaggio ragionato sui vini di questo Friuli, una delle ricchezze assolute di tutta l'area. 

Il magazzino del Grana
Quindi ancora Refosco oltre a Friulano, Chardonnay, Merlot e molti altri ancora offerti a prezzi contenuti pur con il mantenimento di uno standard qualitativo valido. Rimane infine un'ultima tappa da fare al centro di affinamento del grana padano dalla Agriform a Sommacampagna. Certo dà un certo choc il colpo d'occhio del magazzino con 80.000 forme di grana che riposano i tanti mesi necessari a trasformarli nella delizia che arriverà sulle nostre tavole, specialmente se fai un rapido calcolo e riesci a valutare che in questa "banca", che mai nome mi sembra più appropriata, riposano all'incirca dai 25 ai 30 milioni di euro, cifre che vogliono comunque un certo rispetto. Quindi dopo aver assistito al classico taglio della forma, di corsa a riempire i pacchetti di Asiago, di Taleggio, di grana e di tante altre squisitezza  che vanno velocemente a riempire borse e contenitori vari, perché il turista è sempre lo stesso. Qualche cosa deve pur portarsi a casa, se no che viaggio è?! Un ringraziamento perà bisogna farlo e di cuore, all'amico Fassino e alla sua Italian Wine Travel, che ha curato il viaggio sopportando tutte le paturnie del nostro pretenzioso ma in fondo simpatico gruppo, assecondandone i vari desiderata che si aggiungono di volta in volta e all'Associazione del Museo dell'Agricoltura del Piemonte, che da oltre 40 anni continua la sua meritoria attività che include anche la preparazione di questi viaggi di studio, nella figura della sua Presidente onoraria Luciana Quagliotti e ai tanti soci che si dedicano conpassione a fornire sempre nuovi spunti di interesse. A questo punto arrivederci a tutti loro il prossimo anno.

Risultati immagini per Palmanova
Palmanova dall'alto - da casadelser.it

SURVIVAL KIT

Aquileia- A pochi chilometri da grado e comunque sulla strada del ritorno da Trieste. Per una visita veloce direi di non mancare assolutamente la basilica  con i suoi mosaici, per la quale consiglierei di approfittare del giro guidato. Un monumento assolutamente unico da non perdere e da assaporare con una certa calma. Calcolate almeno tre ore, se non voletevedere anche il foro e il porto. Per gli ingressi guardate il sito perché ci sono molte possibilità. Per la sola basilica è gratuito.

Il taglio della forma
Palmanova - Da vedere per la sua perfezione progettuale anchese il tutto non è molto apprezzabile da terra. Guardate prima sui varisiti, le mappe e le foto dall'alto, per poterne apprezzare meglio i punti divistache nonpotrete avere da terra. Direi che in un'oretta potrete sbrigare la pratica. 

Agriturismo Stocco - Situato a Bucinicco, a fianco delle omonime cantine offre pranzi abbondanti a prezzi convenienti, considerata anche la possibilità di abbinare l'assaggio della produzione della cantina. Aperitivo sotto il portico con prosecco. Grande cortesia e qualità del cibo molto valida, anche se noi , come gruppo, avevamo un menù fisso concordato. Locale curato e carino. Se gradite ilvino potrete anche farne scorta allo spaccio della cantina. Merita la sosta.

Spaccio Agriform - All'uscita dell'autostrada a Sommacampagna, può essere uno stop aggiuntivo alle gite verso il nordest. Possibilità di visitare il centro di conservazione del grana padano, vedere il taglio manuale delle forme e infine di approfittare dello spaccio per acquistare oltre al grana padano anche gli altri formaggi della zona come il Piave, il Montasio e molti altri ad ottimi prezzi.

Ilpiatto dei dolci all'agriturismo Stocco


L'aperitivo dello Stocco
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martedì 4 luglio 2017

Friuli 6 - Il Castello di Miramare


Il Castello di Miramare

La balconata sul mare
Di nuovo un piccolo salto inavvertibile ed inavvertito a dimostrare che questo è un altro di quei confini artificiosi che esistono solo per la mente e già sei ritornato sul mare, quel mare blu cobalto, sempre leggermente increspato che attrae e respinge nello stesso tempo. E' un mare dove ti sembra di poter respirare forte, di essere parte di un sistema più grande e coinvolgente, aperto al mondo; è il mare dei naviganti che partono senza sapere quando si potrà ritornare ed è anche luogo che ha sempre attirato personalità grandi che nascondono una vena di malinconia inespressa. In uno dei punti più belli della costa, Massimiliano d'Asburgo volle, alla metà dell'800, una dimora, un castello che permettesse di poter godere di tanta bellezza. La dimora, scelta poi per le stesse ragioni nel 1930 dal Duca Amedeo di Savoia, rimane oggi sul promontorio roccioso, con tutti i suoi fastosi arredi d'epoca, a guardia del grande parco adiacente. Entrare in questa bella costruzione neogotica è un emozionante tuffo in quell'epoca. Oltre alla visione del mare che incombe continuamente dalle grandi finestre rivolte ad esso, ti lascia senza fiato la fastosità dell'arredo d'epoca che puoi ammirare attonito lungo un percorso ben organizzato che ti conduce camera per camera a vedere ogni angolo del castello. Rimani impressionato soprattutto dal carico dei mobili di un ornato così ricco da risultare pesante, cosa resa ancora più cupa dal dominare della gamma di colori rosso scuro, dai drappeggi sontuosi, dall'atmosfera di impalpabile decadenza, quasi a presagio continuo del tragico destino che il futuro aveva in serbo per chi ha tanto amato questi luoghi. 

Il castello 30anni fa
La ricchezza e lo sfarzo della sala di rappresentanza al primo piano colpisce il visitatore come certamente avrà stupito gli ospiti dell'epoca. Nell'ultimo piano, l'appartamente del Duca Amedeo, ben più spoglio e minimalista con gli interessanti mobili del periodo studiati per essere comodi ed efficienti ed una ricca documentazione fotografica. Di norma all'interno del percorso viene anche allestita una mostra particolare. Questa volta veniva esposta una straordinaria collezione di oggetti e vasi orientali, una passerella godibilissima attraverso tutti gli stili di Cina e Giappone. Insomma un luogo che impressiona solo ad entrarvi ed a volgere l'occhio intorno. Per me rappresentava un ritorno dopo più di trenta anni, ma non ho potuto fare a meno di apprezzarlo e goderne come fosse la prima volta. Non meno interessante è il parco di 22 ettari che circonda il castello, ricchissimo di essenze arboree provenienti da tutto il mondo, che era stato progettato con cura maniacale utilizzando tutti i più importanti vivaisti del Lombardo Veneto e con l'importazione di moltissime essenze esotiche provenienti dalla spedizione intorno al mondo della fregata scientifica Novara. Bisogna tenere conto anche che l'intero promontorio di Grignano era di caratteristiche rocciose carsiche, quasi completamente spoglio di vegetazione e che quindi una grande quantità di terreno fertile fu fatto arrivare direttamente dalla Slovenia allo scopo di poter effettuare un efficace rimboschimento. 

Un sentiero coperto
L'insieme, con le sue diverse anime mantiene a volte un'apparenza selvatica del bosco all'inglese, mentre in altre zone mantiene la geometrica regolarità dei giardini all'italiana, con statue, tempietti ed altre costruzioni che mantengono viva l'intenzione di raffigurare profondamente significati legati alla vita di Massimiliano, che anche dal Messico continuò ad interessarsene inviando piante e specie botaniche locali. Anche la famosa e amatissima Sissi dimorò spesso al castello in occasione delle sue molte visite nella zona triestina. Ricordando anche che un'ampia zona che comprende un vasto tratto di mare antistante al castello è stata considerata parco marino e area protetta, lasci questo monumento con la voglia di ritornarci ancora, anche forse solo per riposare sopra una delle panchine che piazzate nelle zone più ombrose ti consentono di vivere in un non luogo senza tempo, dove immaginarsi in quel secolo di eleganza, di lotte, di irredentismo e di movimenti socali che hanno cambiato il mondo. Ritornare nel tardo pomeriggio nella vicina Trieste ti consente di dedicare ancora tempo al passeggio nel centro, magari scegliendo qualcuno dei megnifici ristoranti che si susseguono nei vicoli del ghetto per sentire più da vicino quel sapore di mare che sui moli del porto hai solamente annusato. Puoi terminare la serata nel caffè sulla piazza Unità d'Italia, a goderti l'aria asbugica che ancora senti spirare, sbocconcellando una fetta di Sachertorte, ma con lentezza, come di certo facevano le dame di fine secolo, per poter meglio gustare assieme al cacao amaro che si stempera nella dolcezza della confettura, le facciate illuminate che circondano la piazza per tre lati, mentre l'altro rimane così, aperto al mare ed a quello che immagini possa portare.

La camera da letto di Massimiliano


SURVIVAL KIT


Cormorani del parco marino
Castello di Miramare - Ad una decina di km dalla città è situato sul promontorio di roccia di Grignano con il parco giardino alle spalle e quello marino che lo circonda. Ingresso al castello 10€ ben spesi, gratis il parco. Dedicategli almeno tre orette o meglio un pomeriggio di bel tempo perdendovinei vialettipiù lontano o davanti al porticciolo ad aspirare atmosfere di altri tempi. Sul sito potrete fare prima un giro virtuale degli ambienti del palazzo. Informatevi delle mostre tematiche che periodicamente vengono organizzate nelle sale del castello.

Ristorante La chimerina - Via del pane 1- Trieste - In un vicoletto del ghetto, messo proprio davanti e costola naturale del La chimera di Bacco, più lussuoso, questo piccolo ristorante propone a prezzi congrui, piatti preparati con la stessa cura dalla cucina del vicino fratello maggiore, garanzia quindi di qualità della materia prima e dell'accuratezza della preparazione dei piatti. Abbiamo avuto un primo delicato con pasta fatta in casa e filetto di orata o tagliata di vitello, un dolcino e bevuto un buon bianco locale per 32 €. Presentazione curata e personale molto cortese. Da consigliare.

Dal molo

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