venerdì 22 gennaio 2021

Cronache di Surakhis 95: la fuga

dal web
 

Lo aveva guardato con attenzione, cercando di spiare nei particolari se riuscisse a scorgere, tra i piccoli cenni secondari un qualche cosa che potesse giustificare, portare alla luce, evidenziare, quel minimo di grandezza che deve comunque esserci negli uomini che arrivano a ricoprire una posizione di potere, e che potere in quel caso. Invece nulla, mentre sul grande schermo olografico, la figura nera si allontanava di spalle, tronfiamente eretta come sempre, nulla traspariva se non l'essenza miserabile di quell'ominicchio che proprio nel finale aveva mostrato tutto il possibile peggio di sé, posto che ci fosse ancora qualcosa altro di pessimo da mostrare. Durante il suo regno aveva fatto il massimo per mostrare la sua perfida incapacità, generando danni consistenti per la nazione che governava, così importante, ma adesso era riuscito davvero ad esprimere tutta la sua miseria umana, anche se lui era un rettiliano di Rigel IV, la sua piccolezza assoluta e solipsistica, quella di un bancarottiere, elusore fiscale seriale, puttaniere della peggior specie e qui Paularius avrebbe volentieri chiuso tutti e due gli occhi, sentendosi sodale sull'argomento. Quello che lo nauseava però, era soprattutto quel non voler accettare la bruciante sconfitta che il popolo gli aveva servito, quel  ridicolo tentativo di colpo di stato da operetta, una cosa decisamente di altri tempi. 

Certo quella di graziare tutti i suoi soci dalle malefatte trascorse, era un classico dei regimi in fuga, ma il vederlo così battuto e bastonato eppur ancora orgogliosamente sprezzante ed in cerca di vendette postume, come quei giocatori incapaci che, persa tutta la posta, cercano, ripensando alle stupidaggini fatte, di come rifarne di nuove e peggiori. Che pena, che mancanza di dignità, vedendolo bofonchiare malignità, mentre la schiera di leccaculi arturiani di cui si era circondato, a poco a poco lo abbandonavano in cerca di nuovi padroni da omaggiare con le loro lingue straordinarie. Una fine davvero miserevole, vederlo scappare dal retro della reggia con l'argenteria che gli spuntava dalle tasche, mentre si stava preparando ad un domani difficile, inseguito dai creditori e dai giudici, in procinto di essere abbandonato anche da moglie e figli come una piattola scomoda ed esangue. Paularius guardò ancora con la coda dell'occhio l'immagine del Tromba se ne andava e poi spense l'olografo. Si sdraiò meditabondo ragionando tra sé e sé sulle miserie umane e formulando un pensiero lubrico sulla nuova Vice che si sarebbe fatta volentieri su uno dei suoi tappeti di pelo pubico aldebariano che ricoprivano il suo grande letto circolare. Poi suonò il campanello per chiamare un paio di Consolatrici.

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