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E' così. Più si diventa vecchi e più si diventa intolleranti e non dico al lattosio o al glutine che queste sono manie dei giovani, ma proprio a tutto. Il vecchio è intollerante per naturale disposizione; non sopporta più niente e nessuno, anzi diventa fastidioso persino a se stesso. Così se ancora lo lasciano andare in giro, senza ficcarlo in una RSA, non perde tempo a lamentarsi, non appena tornato indietro, di tutto quanto gli è successo, persone, cose e bestie, in particolare dei cibi che gli vengono propinati, quasi che non fosse lui stesso che se li è andati a cercare. Io, lo confesso, di tutto questo sono un esempio tipico, lineare, da portare ad esempio. Eccone una piccola dimostrazione. Ieri di buon mattino mi sono apprestato a saltare in macchina, nonostamte sarei stato disponibile a dormire, o meglio a dormivegliare, perché si sa che tra le altre cose l'anziano non dorme mai, e partire per un piacevole giretto di tutta la giornata per visitare una deliziosa valle oltreconfine, più che altro per far piacere agli assatanati camminatori che mi fanno compagnia nel mio buen retiro montano. Ora, trascuriamo il fatto che la deliziosa valle la conosco già a menadito da anni, ma che volete, sono troppo buono e non mi piace scontentare gli amici. Così dopo una lunga marcia di avvicinamento e dopo aver scollinato due alti passi, eccoci nella valle innominata, per carità di patria, dove gli escursionisti affardellati si sono subito rivolti verso i sentieri alpestri di pertinenza, mentre la temperatura declinava rapidamente, avvicinandosi pericolosamente allo zero termico ed io con la mia compagnia picciola dalla qual non fui diserto, avvlolto in maglioni siberiani e giacca a vento himalayana, guantato e cappellato come un mummia egizia, girellavo per il paesetto a guardia della valle stessa, cercando di godere delle bellezze architettoniche, una chiesetta per la verità deliziosa, munita di decoroso portale ed altare notevole e coronata da altrettanto grazioso cimiterino, ornato come usano i nostri amati cugini d'oltralpe di innumerevoli fioriture di plastica.
Compiuto il mio dovere di fruitore d'arte e finto conoscitore, non rimaneva che mettersi alla ricerca di un ancor più delizioso localino dove abbandonare le stanche membra in attesa religiosa dei camminatori, usufruendo della pausa per ristorare oltre all'anima anche il corpo, con qualcuno dei tanti spettacolari e golosissimi piatti della tradizione occitana transfrontaliera, orgoglio delle nostre care Alpi Cozie. Gira che ti gira, sarà che siamo a fine stagione e il paese che non voglio nominare per carità di patria, era completamente deserto essendo la maggior parte dei fruitori delle macchine che occupavano il parcheggio, in giro per le montagne a consumar panini ed a bere purissima acqua di fonte, tra lo scampanio delle bruno alpine, raggiungendo croci e madonne varie in quota, guarda di qua, guarda di là, i localini a cui preventivamente avevo dato un'occhiata su tripadvisor erano tutti desolantemente chiusi. Così aggirandomi, col mio piccolo e disperato seguito, nei dintorni della chiesetta, ho finalmente adocchiato quello che appariva come un luogo di ristoro degno del decoro montano che ci circondava. Ornamentazioni di legno di cirmolo e di frassino e fiori ben disposti su vecchi attrezzi alpini garantivano la sua tipicità ed il fatto di non ospitare molti avventori, anche una piacevole pace. Ci infiliamo dunque nello scantinato senza badare troppo alle insegne esterne che riportavano diligentemente la tipologia del locale e la sua offerta. Preso dunque posto in un angolo della sala e fatto buon viso a cattivo gioco alla tipologia spiccatamente transalpina di stipare gli avventori in tavolini lillipuzioni, mettendone cinque dove in due starebbero appena appena comodi senza darsi di gomito, ecco arrivare una gentlissima fanciulla che ci propone come menù una monumentale lavagna dove sono descritte le uniche sei opzioni disponibili.
E qui comincia il dramma, in quanto ci si avede subito con orrore che quella che appariva come uno chalet alpino dove si pensava di trovare raclette e taglieri di charcuterie, fondue savoyarde o tartiflettes briançonnesi, e cose simili, in realtà era una terrificante anche se attualissima pokeria (non ho detto porcheria) dai sapori esotici che come tutti sapete, nonostante l'amore sviscerato verso quella parte di mondo, nella realtà aborro sopra ogni cosa. Così tra i sorrisi delicatissimi della servante e gli aromi che a questo punto arrivavano dalla "cucina" ad ammorbare la sala, abbiamo dovuto esaminare le sei opzioni di cui una assolutamente vegana, una vegetariana e una crudista, per contentare tutti i più moderni orientamenti, che contenevano al completo, trito di alghe, insalata di cetrioli (mentre devo ancora finire di digerire quelli consumati in Russia quindici anni fa), dhal di lenticchie o a scelta di quinoa, verdure varie con aggiunta a scelta di qualche fettina di salame o di trota o di frammenti di stufato di agnello che galleggiava in una brodaglia di colore incerto o bocconcini di pollo bollito in olio di cocco, curcuma, curry e zenzero che come ben sapete, ci sta bene dappertutto, il tutto comunque rigorosamente garantito senza glutine, ça va sens dire. Per dissetarsi se si volevano evitare alcuni beveroni centrifugati di spinaci, finocchi, zucchini e altra roba innominabile, ma molto depurativa, si avevano a disposizione caraffe di vinaccio acidulo ma rigorosamente bio o birre artigianalissime, ma mi raccomando, non pastorizzate, nelle quali spiccava soprattutto il sapore intenso del lievito (questo almeno né padre, né madre, ma ovviamente di birra).
Il ciotolone così composto veniva dunque servito come un nettare sublime ad ogni commensale che provvedeva poi a delibarlo in muta rassegnazione. La ragazza è poi rimasta stupitissima che all'offerta di un finale caffé o eventuale dessert, la compagnia al completo si sia profusa in assoluti dinieghi, adducendo motivazioni varie, da quelle di natura religiosa al fatto di essere ormai completamente sazi e non bisognosi di provare altro, ma si è affrettata a regolare il conto e a fuggire a gambe levate dal locale certo di tendenza. Che ci volete fare, non criticateci più di tanto ma noi anziani siamo tradizionalisti e le pokerie le lasciamo ai gggiòvani che le sanno apprezzare. Non pensiate comunque che io, benché perfido e malevolo, lasci una recensione estremamente negativa al volenteroso locale e alle deliziose gestrici dello stesso. Se non sei in grado di apprezzare i poké, basta che non ci vai, visto che l'offerta di quanto ti verrà servito è chiaramente scritta fuori, ma tra i monti come ho detto mi aspettavo altro. Così messe ordinatamente le nostre pive nel sacco, abbiamo risalito e ridisceso i monti scoscesi già percorsi da Annibale con i suoi elefanti, per ritornare alla nostra di valle, ricca di gnocchi alla bava e polenta e cinghiale, absit iniuria verbis.
4 commenti:
Vive la daube et la fondue...
Jac.
Thanks for your enthusiasm and dedication in writing this blog
Hahaha! E guardare il menu prima di entrare?
Loved readingg this thanks
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