sabato 25 gennaio 2025

Sudamerica 14 - La traversata andina

La Cordillera andina - Patagonia - novembre 2'24



Oggi lasceremo Bariloche  per la nostra prima traversata andina. L'appuntamento è alla fine di Mitre dove c'è l'agenzia che organizza il cosiddetto Cruce Andino, una serie di battelli e di pullman che ci consentirà di attraversare la Cordillera ed arrivare fino al Pacifico. L'appuntamento era per le 8/8:15, noi coi bagagli appresso, ci facciamo con calma le cinque o sei quadras che ci separano dall'agenzia arrivando in anticipo per non sbagliare. Nelle città del Sudamerica le distanze si misurano a quadras, dato che gli abitati sono tutti stati più o meno progettati su linee perpendicolari, formando isolati grossolanamente quadrati e quindi se chiedete una indicazione tutti vi diranno quanti sono necessari per raggiungere la vostra meta, se poi la quadra è lunga 50 metri o 150 non è molto importante, conta il numero. Intanto davanti all'ufficetto si è già accumulata un po' di gente, visto che il tizio dell'agenzia tarda ad arrivare. Comunque verso le otto e mezza si presentano diversi addetti e cominciano a etichettare le valigie, visto che già l'altro ieri avevamo fatto un vero e proprio check in. Poi caricano la masnada su un paio di pullman e, dopo un altro paio di soste in alberghi vari per finire il carico, ci portano fino a Puerto Panuelo dove aspetta il barcone. Carichiamo tutti, ma alla fine il battello rimane pieno a metà, segno o che siamo ancora in  mezza stagione o che il turismo sta calando di brutto, visti i costi. 

Cerchiamo di posizionarci in una zona più panoramica, anche se i posti  migliori sono già  opzionati, ma alla fine ci si muoverà parecchio e quindi la disposizione non è poi così essenziale. Certamente il lago, e qui stiamo percorrendo il Nahel Huapi, che si incunea tra le montagne presenta panorami entusiasmanti, che noi abbiamo visto in parte guidando lungo le strade costiere, ma la navigazione ti consente un altro interessante punto di vista. In effetti guardate dall'acqua, le coste ricoperte di foreste sempreverdi, senza praticamente case in vista, danno una  sensazione di selvatica solitudine più ammaliatrice, un po' come i boschi delle favole e delle saghe nordiche e non si fa fatica ad immaginarle piene di esseri misteriosi, fate, elfi e e spiritelli vari. Ma il cielo leggermente coperto e bigio, che nasconde in parte le cime, contribuisce a quella atmosfera plumbea che relega i laghi in generale nell'ambito della meditazione triste. Infatti come mi avessero sentito, il battello gira barra a sinistra ed entra in quello che è stato giustamente battezzato Brazo Tristeza, chissà perché, particolarmente scuro e misterioso, che si insinua per una decina di chilometri verso l'area del Cerro Tronador. La nave procede lenta e si può girolare per i vari ponti per continuare ad ammirare la costa che sfila di fronte a te da diversi punti di vista. La vegetazione è come un muro di verde oscuro, appare come assolutamente impenetrabile, eppure indovini sentieri nascosti che partono dalle varie spiaggette e che si insinuano per le balze del bosco. 

Di certo questo è un paradiso per trekkers solitari, che difatti accorrono da queste parti anche per questa attività sportiva. Dopo un'oretta sbarchiamo alla fine del braccio a Puerto Blest, dove nascosta tra gli alberi una struttura accoglie chi vuole ristorarsi, lasciando agli altri il tempo per fare un giretto nei dintorni per esplorare le calette nascoste. Basta fare pochi metri e poi si sparisce tra gli alberi, alla ricerca di un mondo perduto di elfi e di troll che potrebbero spuntare da un momento tra gli alberi. In effetti la zona è molto bella e qualcuno termina qui il suo giro e zaino in spalla procede verso il parco alle nostre spalle, prendendo il sentiero che risale il torrentello che gorgoglia prima di finire nel lago. Qui piove comunque parecchio ed infatti i prati sono verde smeraldo e gli anatroccoli dai colori smaglianti che sguazzano lungo le rive, arricchiscono l'ambiente starnazzando, seguiti da file di piccoli gialli nati da poco che sgambettano timorosi di perdere la mamma. Verso l'una saliamo allo spiazzo superiore dove aspetta un pullman che percorre una stradina nella foresta fino a raggiungere un altro laghetto, il Frias che si attraversa con un ulteriore battello in una quindicina di minuti, giusto il tempo per ammirare un bellissimo Caracara, il rapace iconico sudamericano con il becco giallo vivo e il capo appiattito che lo fa sinistramente assomigliare a Trump. 

Si è posato sulla balaustra del pontile e si guarda intorno immobile con il corpo ma ruotando il capo all'intorno con uno sguardo minaccioso e severo che sembra dire, occhio che adesso vi metto i dazi! Questo lago ormai prossimo alla frontiera è ancora più solitario, con pareti a picco che si levano lungo la costa per centinaia di metri. In alto dove gli alberi non riescono più ad attecchire, se non per piccoli tronchi ritorti ed abbarbicati alla roccia nuda, nidificano i condor che planano altissimi nel cielo che si sta mutando finalmente in azzurro. Sull'altra sponda compare d'improvviso una baracca malandata, è il posto di frontiera argentino, con la bandiera albiceleste spiegata sull'alto pennone. Sotto  un porticato una curiosità, la Poderosa II, una replica, rifatta di tutto punto, della famosa Motocicletta Norton 500 del 1949, con la quale Ernesto Che Guevara, con Alberto Granado, effettuò nel 1952 il mitico viaggio attraverso tutti i paesi dell'Almerica latina, che contribuì in modo essenziale alla formazione del pensiero politico, riportato nei famosi Diari della motocicletta, da quello che divenne successivamente  l'icona politica e rivoluzionaria degli anni '60. La motocicletta, un mezzo simbolico che si pone alla base della retorica del Viaggio, inteso come via di crescita e di formazione e che rimarrà fonte completa di ispirazione del suo scritto, trasformando la sua visione della società e della presa di coscienza politica, come una specie di Bibbia rivoluzionaria che contribuì ad infiammare gli aneliti di molta gioventù non solamente del Sudamerica del tempo, ma di tutto il mondo. 

In questo crogiolo di nuove idee si è rimescolato un po' tutto, dal concetto di panamericanismo, alla lotta di classe, fino ai concetti di una società nuova, condita dall'odio verso gli Stati Uniti, tanto per buon peso. Questo comunque fu il punto di traversata delle Ande e la moto con i bagagli al seguito legati dietro il sellino, costituisce il monumento a quello che da queste parti viene ancora considerato un eroe nazionale, non so veramente adesso col nuovo governo come la si mette, ma la moto è lì a disposizione di tutti quelli che vanno religiosamente a farsi il selfie di rito. In effetti questo piccolo porticato è l'attrazione di questa minuscola spiaggetta sperduta tra le Ande, con il bosco alle spalle e la stradina sterrata, poco più di un sentiero da cui comincia una discesa vorticosa e appassionata verso il Cile. Il pulmino si muove veloce verso il basso, sembra non aver timore di incrociare altri mezzi in salita, evidentemente sa di avere pochissime probabilità di incontrarne qualcuno e man mano che perde quota, la foresta cambia aspetto, ai sempreverdi si sostituiscono le grandi latifoglie dall'aspetto più rigoglioso e tropicale, l'ambiente tutto pare prendere vita e popolarsi di più quasi fosse terminato l'areale delle solitudini, sostituito infine da una foresta gioiosa di rumori e di vita. Poi in realtà non è che si veda o si senta molto, salvo chiocci stridi di uccelli ben nascosti tra i rami.  

Stiamo percorrendo i sentieri della traversata all'interno del Parco Vicente Peres Rosales, si dice una delle più belle delle molte che consentono di passare da uno di questi paesi, per tradizione amici-nemici, all'altro. Da qui, recitano i cartelli, sono passati anche un paio di presidenti americani, tanto per dire, insomma una delle tante strade iconiche anche questa, che si dipanano da nord a sud di questa Patagonia, terra unica che ambì essa stessa a diventare nazione autonoma senza riuscirci e ora è sezionata artificiosamente dalle creste di queste montagne la cui catena segna per migliaia di chilometri una frontiera in fondo incongrua come tutte. Siamo proprio sotto il Cerro Tronador che giganteggia ormai alle nostre spalle visto che ci troviamo ormai sul versante cileno. Oltre 3500 metri di montagna che deve il nome ai sinistri scricchiolii che i ghiacciai provocano durante la loro discesa lungo i fianchi ripidi, con masse di ghiaccio in continuo movimento che si crepano e si frangono nei canaloni rocciosi tra baratri e crepacci profondi. Una piramide molto irregolare, battuta dai venti che arrivano violenti dal Pacifico che vi portano stuoli di nuvole dense, in attesa di scaricare sui sui fianchi nevi spesse e più in basso valanghe di acqua che contribuiranno a rendere la foresta sempre più rigogliosa, irrorando copiosamente il giardino dell'Eden e raccogliendo quello che la terra non ha assorbito in rivoli e torrentelli sempre più grossi che si rafforzano come per fare arrivare a valle le loro schiere rumorose. 

Ancora qualche chilometro e si arriva al punto di frontiera cileno, anche questo nascosto nella foresta. Scendiamo e ci mettiamo in fila dopo che ci hanno scaricato le valige per il controllo. Una operazione lenta ma obbligatoria in tutti i passaggi delle frontiere, queste odiose linee tracciate a tavolino, sbarre artificiose poste dagli uomini per fermare merci "pericolose", per prelevare denaro, per arrestare uomini ed idee, maledette ed odiate da migranti, mercanti, turisti. Una invenzione dei poteri costituiti per mantenere potere e imperio a danno delle genti, con le scuse più varie, dalla difesa esasperata della propria terra all'odio verso i supposti nemici che vengono a portarti via le proprietà e naturalmente le donne e figuriamoci. Così da quando la civiltà si è formata i poteri hanno sempre cercato di sbarrare i territori, naturalmente senza riuscirci mai, perché è inutile cercare di arrestare l'acqua che scende con le mani, una fatica di Sisifo, sciocca e controproducente che non ha mai bloccato, né invasori, né malandrini. Il tizio del bus ci ha fatto il lavaggio del cervello per le esasperanti ispezioni doganali che verranno fatte dai Cileni alla caccia di frutta, verdura ed alimentari vari, proibitissimi oltre naturalmente a tutti i classici dei passaggi frontalieri, droghe alcool e quanto più si può. Invece a malapena gli svogliati funzionari danno un'occhiata ai mucchi di masserizie che sono state poste davanti a loro, chiedono se per caso abbiamo qualche cosa da dichiarare e poi fanno un cenno della mano. Passa passa che è tardi e il mate si fredda.

Infine un bel timbro dallo sportello del bugigattolo che funge da ufficio, quello del 118esimo paese, ehehehe, e via sul bus a riprendere la discesa vertiginosa. D'improvviso dopo poco una radura si allarga e tra le piante senti improvviso il rovinare in basso di una cascata, che piomba dalle rocce per precipitarsi in una pozza circondata da massi di ogni dimensione. E' il salto Las Mellizas che si propone imponente quasi in vicinanza della strada, come a volerti dire: è inutile che ti prepari per lunghi e avventurosi trekking nella boscaglia, le sue meraviglie son proprio qui a pochi passi, da godersi senza fatica, basta scendere dal pulmino e ce le hai lì subito davanti agli occhi. Questa strada è una sorpresa continua e fascinosa e a poco a poco la pendenza si acquieta e la valle si allarga; le acque di questo versante idrografico, a poco a poco si raccolgono in torrenti più corposi fino a trasformarsi in vero e proprio fiumiciattolo, il Rio Peulla che formando un largo greto ciottoloso scende lentamente in larghi meandri verso la costa fino a sboccare nel grande lago de Todos lo Santos, detto anche Esmeralda a causa dello spettacolare colore delle sue acque, provocato dai sedimenti trasportati dalla montagna e dalle alghe che lo popolano. Sotto il sole pomeridiano che finalmente si è fatto strada tra le nubi, la superficie dello specchio che va via allargando le sue sponde, esibisce questo verde vivo e quasi trasparente come gli occhi di una bellissima donna che nulla vuole se non farsi ammirare il più a lungo possibile. Che percorso straordinario ed indimenticabile!

SURVIVAL KIT

El Cruce Andino - E' probabilmente la più nota e anche la più interessante escursione che viene proposta da Bariloche o in alternativa dal Cile, dove parte da Puerto Varas. Si tratta anche di uno dei modi più interessanti per fare la traversata andina tra i due paesi, in uno dei punti spettacolari ed iconici. Dura tutto il giorno e può essere fatta nei due sensi in due giorni, Dall'Argentina parte da Puerto Panuelo, alla periferia di Bariloche e si compie attraverso tre diversi laghi, il Nahel Huapi per circa un'ora, il piccolo Frias per circa un quarto d'ora e il grande Lado Esmeralda, noto per il suo eccezionale colore, per un'oretta e mezza. I tratti intermedi e quello finale per arrivare a Puerto Varas sono compiuti in bus attraverso la strada nella foresta che traversa la frontiera tra i due paesi. Il trasporto è organizzato come in un giro aereo con check in che si occupa dei bagagli fino alla fine. Il costo è al momento assolutamente esagerato, ma dato che lo esegue solamente una compagnia, dovete sottostare questo capestro se volete farlo. Viene offerto ufficialmente a 325 $ a testa (486 per l'andata e ritorno, pasti e albergo a vostro carico non compresi)! Ma non fatevi prendere dallo scoramento. Provate, come ho fatto io a scrivere alla compagnia, trattate e alla fine è molto probabile che otterrete un corposo sconto, per la prenotazione anticipata on line, specialmente se non siete nel periodo di punta (metà dicembre-metà gennaio). Dopo un po' di trattativa ho ottenuto 220 $, ma è possibile che direttamente sul posto si possa averre anche qualche cosa di più specialmente in questo periodo che il turismo comincia a scarseggiare. Comunque sia il giro è bello e vale la pena. Considerate anche il fatto che se fate lo spostamento in aereo costerà più o meno uguale.

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giovedì 23 gennaio 2025

Sudamerica 13 - Ritorno a Bariloche

Lago Lacar - San Martin de los Andes - Patagonia - novembre 2024


Prendiamo dunque la strada del ritorno. Dopo una quindicina di chilometri ecco che sulla sinistra si vede bene la deviazione della strada provinciale 63 che si inoltra verso il lago Meliquina e consente attraverso il passo di raggiungere la 237 e il famoso Valle Encantado di cui ho letto sulla guida, con una sessantina di chilometri attraverso le montagne attraversando il passo di Cordoba. La valle dovrebbe essere un territorio lunare e semidesertico, che presenta curiose formazioni rocciose create dall'erosione degli elementi metereologici intensi di questo areale: venti fortissimi, erosione di acque e sbalzi termici estremi, tali da provocare stranezze e pareti di grandi dimensioni dove la fantasia si sbizzarrisce nell'individuare forme create dal nostro inconscio. Vedremo. La strada in effetti è sterrata come me la aspettavo, ma molto ben battuta e niente affatto polverosa e si percorre a buona velocità, speriamo solo di non bucare, che è sempre un problema, non tanto per la scocciatura di cambiare la ruota, ma perché poi devi guidare col sangue alla gola per il timore di bucare una seconda volta, in zone pochissimo frequentate da altri mezzi. La prima parte della pista serpeggia in una solitaria foresta di sempreverdi e quando arriviamo al lago ne segue la costa sud per almeno dieci chilometri, la vista è bella e le acque immobili del lago, accoppiate alla solitudine del luogo, non passa praticamente nessuna auto, rendono l'ambente circostante pieno di riverberi misteriosi, che insinuano nel viaggiatore come una vaga inquietudine. 

In fondo siamo su uno sterrato in mezzo alle Ande dove il segnale ci ha ormai abbandonato e per fortuna che abbiamo l'applicazione di Maps.me che guida anche in assenza di segnale (comodo eh, fare gli esploratori con GPS e smartphone sempre in mano...). Comunque procediamo tranquilli e senza patemi d'animo in un paesaggio selvatico e grandioso, con alte rocce battute dai venti che sovrastano la strada alla destra e tracce di un torrente che scorre sul fondovalle alla sinistra. Dopo la indicata Casa de piedra, una serie di rocce sulla montagna, la strada sempre piuttosto larga, abbandona il Rio Caleufu e comincia a salire vero il passo e all'altezza di un gruppo di insediamento di un paio di case basse e all'apparenza abbandonate, ecco la bella sorpresa, una lunga sbarra di ferro è messa di traverso alla strada bloccandola. Ohibò, questa non me l'aspettavo, Guardando bene all'intorno, noto anche un piccolo cartello che recita: Paso Cordoba cerrado. Eh anche no, dopo sessanta chilometri, circa un'ora di sbattimento adesso me lo metti il cartello! Per la verità si potrebbe aggirare la strada e passare tra le due case, proseguendo più oltre visto che non ci sono altri ostacoli, ma data un'occhiata, si vede che la strada si stringe e comincia la salita, cominciano a venirmi i dubbi ed essendo privo delle quattro ruote motrici, non me la sento di inoltrarmi più in su senza indicazioni precise anche se al passo mancherebbe solo più una decina di chilometri. 

Maledizione, giro i buoi come si dice e masticando veleno mi appresto a rifare la strada indietro. All'altezza di Casa de piedra, troviamo dei pescatori che stanno arrivando dal torrente, che mi confermano che effettivamente il passo è chiuso a causa della nevicata venuta durante la notte e la strada non è praticabile neanche con la 4x4; già, ieri giù pioveva abbastanza e un mille metri più in alto doveva essere tutta neve. Di fronte alla natura nemica e matrigna, non ci si può opporre e cos', con la coda tra le gambe, ci succhiamo di nuovo tutta la strada del ritorno, un paio d'ore buttate, ma consoliamoci col fatto di esserci gustati una bella valle solitaria. Ritrovata finalmente la nostra mitica RN40, già perché il Camino de Siete Lagos, percorre effettivamente un bel tratto della mitica Ruta, riprendiamo la strada già vista all'andata gustandoci di nuovo le vedute dei laghi ormai noti. Superato il ramo nord del Traful e la cascata Nivingo, dopo una decina di chilometri parte un bivio sulla sinistra che raggiunge nuovamente la costa sud del lago, percorrendola per intero e sulla carta proseguirebbe fino al ricongiungimento, dopo Villa Traful, un paesotto di quattro case per escursionisti solitari, con la RP 237 e il famoso Valle Encantado, che davvero mi piacerebbe vedere. 

Dunque prendo con una certa baldanza la strada lungo il lago, che subito diventa sterrata e in salita. E' piuttosto stretta e tortuosa, faccio anche un po' fatica a procedere; deve aver piovuto e un po' di fanghiglia sul fondo non promette niente di buono, anche se il panorama sul lago più sotto è davvero convincente. Fare una cinquantina di chilometri di questa solfa non mi piace per nulla. Ad un certo punto la strada è quasi completamente sbarrata per dei lavori, c'è un camion con della ghiaia e un po' di gente con delle pale in mano che fanno finta di lavorare. Mi fermo a chiede informazioni, se non lo sanno loro che la stanno aggiustando, come è la strada, chi lo deve sapere. Fanno un consulto poi mi chiariscono che per almeno una trentina di chilometri la strada è pessima. se no, perché sarebbero lì e che secondo loro, senza 4x4 non si arriva alla 237. Smadonnando un po', non vogliono proprio farmela vedere questa valle delle meraviglie dove ci dovrebbero essere straordinarie formazioni rocciose. Pazienza mi contenterò di guardarmela su Street view, dove si può percorrersela tutta, come stando a bordo di un mezzo. Certo che se ne è fatta di strada da quando compulsavamo cartine pressapochistiche di paesi lontani, comprate da Zanaboni a Torino. Quindi mestamente giriamo i buoi per l'ennesima volta e rifacciamo la strada già fatta. 


Diamo un ultimo sguardo alla spiaggetta davanti al Brazo Ultima Esperanza, ma oggi abbiamo esaurito anche quella e poi arriviamo di nuovo a Villa La Angostura da dove tornare a casa è questione di un'oretta, sempre dando un occhio al tachimetro per non incappare in qualche dolorosa sanzione, ma i gendarmi neanche mettono il naso fuori dalle loro baracche e così riusciamo a raggiungere Bariloche senza danno. Andiamo a riconsegnare l'auto senza problemi pagando un piccolo differenziale benzina, una tacca e avendo fatto più o meno 450 km sulla Ruta 40, che è sempre una bella emozione. Siamo arrivati alle 19, pur con le perdite di tempo, per cui posso confermare che anche il giro completo che avevo previsto, quando si possa percorrere per intero, è assolutamente fattibile in giornata se non si fanno trekking impegnativi, con tutto il tempo a disposizione per vedere le cose importanti. Non c'è dubbio che questo itinerario sia elencato tra gli imperdibili della zona, sia dal punto di vista paesaggistico, dato che si vedono tutti gli ambienti naturali di queste province, sia perché è davvero un buon primo approccio alla Patagonia, ai suoi immensi, sconfinati e solitari paesaggi, sia anche per la componente psicologica delle zone iconiche attraversate. Inoltre è un ottimo test per constatare la facilità di movimento che si ottiene affittando un proprio mezzo. Non rimane che andare al solito ristorantino di ieri sera, La Cazuela, visto che è proprio davanti al nostro albergo a mangiarci quattro empanadas, pollo supreme, dolcino e un bicchiere di vino, per 54000 pesos e levarci la paura. L'ambiente familiare in cui si passa volentieri la serata contribuisce a rendere davvero piacevole il tutto, prima di andare a riposare, che domani sarà un'altra giornata interessante.


San Martin de los Andes
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lunedì 20 gennaio 2025

Sudamerica 12 - Circuito siete lagos

Circuito Siete Lagos - Volla La Angostura - Argentina - novembre 2024

 

Villa la Angostura è un paesotto di casette di legno in stile alpino, anche questo fondato dai Bellunesi all'inizio del secolo scorso, più o meno a metà della strada dei sette laghi, che corre da Bariloche a San Martin de los Andes. La sua particolare posizione, si stende infatti su un sottile istmo di terra tra il più grande lago Nahual e il più piccolo lago Correntoso, quasi all'opposto di Bariloche. Siamo nel mezzo di un paesaggio idilliaco e le superfici quasi immobili dell'acqua, qui infatti i bracci dei laghi sono più piccoli e quindi meno turbate dai venti. I laghi glaciali hanno spesso la stessa caratteristica, sono di medio grandi dimensioni e si stendono lunghi e stretti per molti chilometri nelle valli ad U lasciate dal ritiro dei ghiacci dopo l'ultima era glaciale, riempiendo le fosse rimaste nelle morene percorse dai vari bracci e da essi o dai nevai rimasti, alimentati costantemente. Solo per qualcuno l'erosione dei torrenti più recenti ha scavato più profondamente, restringendo la valle e approfondendola di più, costringendo lo specchio d'acqua in serpentine più contorte e profonde. Il colore dell'acqua è di un verde bottiglia scuro che non lascia vedere il fondo, che vicino alla riva bordata da spiaggette circolari assediate dal bosco già non si vede più, ma basta che il sole apra il cielo facendosi largo tra le nubi bianchissime che subito l'acqua si muta in smeraldo puro e ogni cosa all'intorno ritorni a gioire, lasciandosi alle spalle quel senso di istigazione al suicidio che hanno di solito i laghi solitari. 

Los Arrayanes

A un paio di chilometri, vedi appena qualche casa sul bordo del lago, che formano l'insediamento di Puerto Angostura, punto di partenza per le escursioni lacustri. Qui solo poco più di 100 metri separano i due versanti ed una stradina ti conduce da un braccio all'altro in pochi minuti- Qui cominciano le balze sulla collina del parco los Arrayanes. L'Arrayan (Luma apiculata) è un albero molto particolare, che cresce solo in questo bosco fitto, mentre altrove è un semplice arbusto. In lingua mapuche è detto quetrihue, si tratta di un mirto cileno che qui diventa invece un enorme albero sempreverde dai fiori bianchi e profumati, che forma una particolare foresta, meta di una delle escursioni classiche dei dintorni di Bariloche che parte da Puerto Panuelo e comprende visite e passeggiate nell'isola Victoria all'interno del lago. L'aspetto più interessante di questi alberi è la presenza dei loro alti tronchi contorti e spogli, di coloro rossiccio che creano un ambiente molto particolare ed intrigante che ti invita a penetrare la foresta per scoprirne i segreti e forse i rifugi nascosti di gnomi e fate. Varrebbe davvero la pena di fermarsi qui e seguire almeno uno dei sentieri principali per raggiungere i miradores in cima alla collina che ti fanno spaziare sui bracci dei laghi che circondano il bosco. Procedendo intanto lungo la strada verso nord a qualche chilometro appena superata la città, eccoci sull'altro istmo dove possiamo vedere un'altra stranezza di questo mondo.

La sottile fettuccia di terra è infatti tagliata da quello che si considera il più corto fiume del modo, il Rio Correntoso, lungo solamente 200 metri, che collega i due laghi. Sembra che questa sia la zona preferita dai pescatori ed infatti ogni tanto si vede gente bardata di tutto punto con canne e stivaloni che si aggirano nel bosco per trovare il  punto migliore dove passare la giornata. Non per niente le trote iridee di Bariloche sono molto reputate e sempre presenti in tutti i ristoranti. Da qui in poi, seguire la strada dei sette laghi è semplice e piacevolissimo. E' un continuo gira e volta di salite e discese per superare passaggi e percorrere piccole valli tra le montagne. Continui slarghi lungo la strada consentono di fermarsi per ammirare il  paesaggio e passare un po' di tempo davanti ai laghi che man mano di trovano lungo il percorso. Un lungo crinale consente di arrivare subito al lago Espejo Grande, che come dice il nome funge da spettacolare riflesso per le montagne che lo circondano, prima di ritornare a nord a rivedere il Correntoso dall'angolo superiore dove un bel mirador lo abbraccia in quasi tutta la sua lunghezza. Un altra sosta più in su per vedere di lontano la sagoma della bella cascata Nivinco, formata da un minuscolo torrente di cui non immagineresti la portata imponente fino a che questa massa di acqua non si precipita verso il basso con un poderoso salto, per raggiungere la quota più bassa della valletta inferiore che la riporterà verso i laghi più grandi. 

L'indicazione del sentiero per raggiungere la cascata e godersela da distanza ravvicinata è molto chiara e ben segnalata, così come il paio d'ore necessarie per compiere il giro, cosa che purtroppo non ci è consentita. Raggiungiamo così attraverso una deviazione l'altro grande lago: il Traful con i suoi tre bracci che lo fanno assomigliare dall'alto ad una specie di lago di Como ruotato, anche se molto più piccolo naturalmente, in tutto una ventina di chilometri. Si arriva alla base del braccio nord dove si stende una lunga spiaggia, dopo aver superato una stretta barriera di alberi che la separano dalla strada. Qui hai la sensazione dell'isolamento assoluto in una natura virginea e solitaria, un abbraccio in cui gli animi sensibili si perdono facilmente. Quelli meno invece avvertono da un po' la mancanza assoluta di qualsiasi punto dove ristorarsi con una bevanda o un bocadillo qualsiasi, ma è solo un attimo di smarrimento prima, che di nuovo il senso del sublime abbia il sopravvento sulla carne e di riprendere la via. In questi luoghi, o sturm und drang è sempre in agguato e bisogna rimanere vigili se non si vuole cadere in sdilinquimenti ottocenteschi. Così piedi incollati a terra e pur dobbiamo andar. E così, ancora procedendo ecco un altro minuscolo punto di sosta, dove spiando tra gli alberi riesci a scoprire appena più sotto, e stava proprio per sfuggirti, il seminascosto lago Escondido, lo dice la parola, dalle acque rese scure come la notte dall'ombra della montagna che lo nasconde ai raggi del  sole. 

E ancora più avanti altre due piccole gemme il lago Villarino e il Falkner, circondati da foreste inestricabili, se pur di tanto in tanto ti sembra di scoprire la traccia di un sentiero che le penetra. Se pure questo circuito è un itinerario molto noto e seguito dai turisti che arrivano da queste bande, il territorio è tuttavia così vasto che ci si perde alla vista l'un l'altro e ti sembra sempre di essere solo, perso di fronte a questa natura selvatica, sconfinata e soprattutto inabitata. Ti appare come probabilmente era apparsa a quei famosi bellunesi che giunsero da queste parti oltre un secolo fa in cerca di fortuna. Credo che sicuramente non sarà stato facile adattarsi alla vita tra queste montagne, riuscendo a ricavarne di che sfamarsi e ripararsi del freddo e dal vento, di certo non avranno avuto il tempo o a voglia di girarsi intorno e godersi la vista di questi monti, di queste foreste, di queste valli. Intanto mancano solo più una trentina di chilometri ed i sette laghi li abbiamo visti tutti, ma lungo la strada prima di arrivare ce ne sono ancora quattro e sicuramente non di scarto. Devi fare delle piccole deviazioni di non più di un paio di chilometri per arrivare a sinistra al lago Hermoso, magnifico come d'altra parte sottolinea il nome stesso, poi costeggiando il piccolo lago Machonico e infine il piccolo lago Meliquina a destra, poi passando vicino alle nuove costruzioni di spazi turistici dedicati allo sci, eccoci finalmente all'ultimo lago Lacar, sulla cui estremità sorge l'abitato di San Martin.

Questo è il punto di arrivo dell'itinerario, anche se per la verità si potrebbe proseguire fino a Junin de los Andes da cui in un altra ventina di chilometri si raggiunge il passo di Tromen che traversa la cordillera per raggiungere il Cile ed il vicino oceano Pacifico. Questa cittadina, viene considerata un punto di élite alquanto fighetto, punto di appoggio di ricconi locali o di turisti d'alto bordo che si dedicano all'esplorazione del vicino parco nazionale Lanìn e dove è stata creata ex novo una stazione sciistica per convogliare turismo danaroso. In effetti qui gli hotel costano più o meno il doppio dei loro analoghi di Bariloche e anche tutto il resto è carissimo. Insomma una località di lusso tra le Ande più sperdute. Per chi vuole farsi il Circuito con calma dedicandovi due o tre giorni sfruttando le tante possibilità di trekking e visitando meglio i vari parchi della zona, oppure venirci a sciare nei mesi estivi, rimane in effetti un ottimo punto di tappa, vista la sua posizione. Inoltre il paese che si stende attorno al porticciolo sul bordo del lago, è molto piacevole e moderno, con le sue costruzioni. quasi tutte recenti in legno, in stile chalet di montagna ed i vari locali si fanno in quattro per far sentire i turisti a loro agio. E ricordiamoci che qui, come costantemente ricordano i cartelli stiamo percorrendo l'iconica Ruta 40, una delle direttrici verso sud che portano come lungo la discesa di un baratro senza fondo verso quella che viene considerata La Fin del Mundo.  Intanto è venuto il momento di ingurgitare qualche cosa e comunque anche quattro semplici tostados con le bibite ammontano a 40.000 pesos, tanto per capirci, sembra quasi di essere a Cortina. 

Un Gaucho

Ma anche se ti pare uno sfondo casalingo, il lago, le montagne, le cime lontane coperte di neve, basta andare a passeggiare sulla spiaggetta dove le paperelle fanno il lor mestiere sguazzando nell'acqua bassa e il vento gelato, forte e teso che sembra portarti via, facendoti stringere nelle giacche a vento e calare il cappello di lana in testa, ti ricordano senza infingimenti che qui sei in un altro mondo, dove tutto è più estremo e il tuo mondo, quello a cui sei abituato è molto molto lontano. Ti senti come in quei film in cui il pianeta dove è scesa l'astronave appare in tutto e per tutto simile al tuo, ma poi da piccoli indizi e dalle situazioni estreme che non tardano a manifestarsi, avverti di essere in un altro mondo dove devi capire quale deve essere il modo di procedere e quali le modalità di sopravvivenza. Eppure il sole fa gioire l'ambiente tutto intorno, i fiori splendono dovunque, i colori brillano e l'acqua del lago sembra cristallina; di certo non nasconde insidie, ma i boschi che si stendono fitti verso il monte, appaiono subito impenetrabili e solitari, nessuna casa è all'orizzonte, tra le rocce par di scorgere l'ombra furtiva del puma in agguato, alti planano con le larghissime ali dispiegate, silenziosi condor, le lunghe remiganti aperte come dita che si appoggiano alla densità dell'aria. Ma se el condor pasa, direbbero gli Inti Illimani della nostra gioventù, tra il sibilare dello zufolo e lo strimpellar del charrango, passa anche il tempo e bisogna girare la macchina e riprendere il giro, se vogliamo arrivare a casa prima del buio, magari scegliendo per il ritorno un altro itinerario che consenta di compiere un anello completo, come si conviene per chiudere al meglio la giornata.

San Martin de los Andes

SURVIVAL KIT

Circuito siete lagos - E' uno degli itinerari classici consigliati dell'area di Bariloce che si svolge a nord est del lago Nahual, nella direzione di San Martin de los Andes e che conduce ad uno dei passaggi andini che portano in Cile. Chi volesse, con a disposizione un auto autorizzata a passare il confine (ci vuole un particolare e costoso permesso che fa il rent-a-car che fornisce la macchina, con integrazione dell'assicurazione), può scegliere di fare da qui la traversata con spettacolari viste sul vulcano Lanìn e le sue foreste di araucarie, per poi scendere a sud lungo la carretera Austral Cilena oppure proseguire verso nord fino alla capitale Santiago. Il Circuito è lungo circa 400 chilometri su ottime strade asfaltate e si fa comodamente in una giornata se non si decide di fare lunghe passeggiate nei boschi, lungo i 7 laghi principali che si costeggiano (Nahuel Huapi, Correntoso, Espejo, Traful, Escondido, Vallarino, Falkner) e infine il Machonico, l'Hermoso e il Lacar. A San Martin trovate locali di ristoro e carburante. Per il ritorno potrete prendere una strada secondaria, non asfaltata ma molto ben battuta e percorribile tra i 60 e gli 80 km/h, che allunga il percorso di un centinaio di chilometri che attraversa il passo Cordoba e raggiunge attraverso la 237 la remota Valle Encantado, con i suoi straordinari fenomeni di erosione. Insomma un bel giro che consente di apprezzare comodamente in macchina il paesaggio di questa area.

Cascata Nivinco


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sabato 18 gennaio 2025

Sudamerica 11 - Attorno al lago

Lago Nahual Hauli - Bariloche - Argentina - novembre 2024

Sopa de hongos
Tanto per digerire la discussione antipatica, andiamo a mandar giù un boccone da Friends, un bel locale giovane, dove servono pasti leggeri, dalla colazione alla cena. Tutta la sala è piena di vecchi giocattoli appesi al soffitto, molti dei quali in movimento che creano una atmosfera gradevole e che ti predispone ad una allegra assunzione di cibo; si opta così per dei magnifici toast e io provo una zuppa di funghi assolutamente deliziosa, sembra che ce ne siano parecchi da queste parti e mi paiono particolarmente profumati. Il prezzo come sempre sembra un po' caro, ma bisogna tener conto del 10% di mancia semiobbligatoria e del fatto che quasi la metà del conto è costituito dalle bevande. Qui anche la semplice acqua imbottigliata è sproporzionalmente cara. Al supermercato una bottiglia da 1,5 litri costa quasi 2 dollari ed in tutti i ristoranti la bottiglietta da mezzo litro viene caricata a 4 dollari. Fai presto a far salire un conto. D'altra parte così è e ci si deve adeguare. Intanto si gettano le basi per la giornata di domani. Cambiamo altri soldi, cerchiamo di fare un assaggio della famosa cioccolata di Bariloche e in un bellissimo negozio, tra l'altro pieno di gente che si accalca per comprare, ci facciamo un pacchettino di ben 8 cioccolatini al costo di 9.900 pesos, erano in offerta..., anche se molto buoni, non c'è che dire. Poi vediamo per la macchina. Quello più vicino a noi le ha già finite e ne troviamo un altro nella Mitre un po' più avanti, che ci assegna una Renault Logan, qui è uno dei modelli più frequenti, per 80.000 all included e possiamo ritirarla anche subito. 

In attesa che arrivi dal garage dove ce la stanno lavando, ci prendiamo un submarine in fondo alla galleria da una gentile signorina di un biondo anomalo che ce lo confeziona con molta attenzione (e comunque non le regala visto che lasciamo 7.800 per le due cioccolate, ma con il sorriso si accetta tutto più volentieri). D'altra parte la giornata è tornata piovosa e si sono ritirati quasi tutti e anche il corso centrale è adesso praticamente deserto rimanendo con quell'aria triste che hanno i luoghi turistici quando sono spopolati ed assumono quell'aspetto di aree in disarmo a fine stagione. Quando la macchina finalmente arriva, sono quasi le cinque e facciamo un giro per prendere dimestichezza dei comandi e delle strade che, a parte quelle longitudinali e parallele al lungolago, sono tutte un saliscendi che sembra di essere sulla Lombard a S. Francisco. Sul lungo lago dal volto plumbeo, il cielo gocciola ed è tutto imbronciato. I rari passanti corrono in fretta a ripararsi lungo le case. Nei giardini coi prati curati spiccano cespi di Cytisus scoparius, la cosiddetta ginestra dei carbonai, in piena fioritura coi suoi fiori giallo intenso che infiammano i prati anche senza la presenza del sole. C'è poco da fare, la primavera come ovvio, è un po' più piovosa e la temperatura può fare un poco penare, in fondo siamo quasi a 1000 metri, ma lo splendore delle fioriture ripaga di tutto colorando il paesaggio con esplosioni gioiose che non hanno paragoni nelle altre stagioni. 

Intanto al passaggio noto che la cattedrale è aperta e a questo punto vale la pena di fermarsi a dare un'occhiata. Il suo stile neogotico è severo e magniloquente, con la sua facciata costituita da una unica imponente torre, che accentua lo slancio verticale della costruzione, rivolta ad est, in modo che il sole del mattino la illumini direttamente. L'interno mantiene la severità tipica dello stile, assieme ad un certo senso di non finito, visto che i lavori cominciati appena prima della fine della seconda Guerra Mondiale, si sono prolungati fino agli anni '90 ed oltre. Discorso a parte invece per le bellissime vetrate che arrivano direttamente dalla Francia se pur raccontano storie indigene locali. Tra le cose notevoli racchiuse all'interno spicca una scultura ricavata da un larice millenario prodotto da uno scultore dell'isola di Chiloè che raffigura una replica del primo insediamento gesuita sul lago. Sulla facciata noti subito, sopra il portale, la bella statua scolpita da un semplice operaio scalpellino che partecipò al taglio delle pietre della costruzione. Insomma per essere un'opera eretta nel nulla durante la guerra, in un luogo quasi alla fine del mondo, bisogna dire che si fa notare ed infatti pare che i residenti, di questo siano orgogliosissimi. Intanto è calata la sera e il cielo in cui le nubi a tratti si aprono un poco per lasciar trasparire barbagli di luce, si riveste di sfumature di rosa e poi, poco per volta di rosso più cupo fino a diventare velluto nero preparato per una serata di gala. 

Per noi invece si tratta di andare a cercare il boccone serale, per il quale alla fine basta attraversare la strada dove si trova un ristorantino dall'apparenza della trattoria familiare, sedie di legno e tavoli ravvicinati inclusi. Praticamente è pieno e noi occupiamo l'unico tavolo rimasto libero, segno che se è gettonato dai locali, dovrebbe rivelarsi una buona scelta. Si decide di provare i famosi Tajarines che ormai, benché importati dai nostri primi emigranti del Norditalia, sono diventati un piatto tipico argentino. Mangiabilissimi anche se un po' troppo affogati di panna, per il nostro gusto. Vicino a noi una coppia attempata che sembra uscita da un quadro di Botero, lei bionda e abbondantissima, bistrata di tutto punto, lui con uno splendido ed enorme basco nero di traverso, che evidentemente gli è incollato alla testa, con camicione a quadri, finiture in pelle e stivali, che pare un gaucho appena arrivato dalla sua estancia, si forbisce i baffoni ben curati prima di bere un bel bicchiere di rosso, che il locale fornisce anche sfuso. Si prendono un bel piattone di sorrentinos col sugo rosso, una sorta di ravioloni venuti di moda decenni fa dopo che aprì un famoso locale a Buenos Aires e che ora trovi dappertutto e se li delibano con gran gusto commentando con favore alla fine del piatto su cui fanno la proverbiale scarpetta. Noi invece finiamo con un flan al dulce de leche, una goloseria tipica locale, che ci mette in pace col mondo, d'altra parte siamo ancora un po' stanchi per la notte aeroportuale saltata. Siamo anziani, che ci vogliamo fare! 

Una bella nottata ristoratrice e poi via, il mattino ha l'oro in bocca come si dice e the early bird catch the worm, ma quello che sta appollaiato sulla balaustra del nostro balconcino tutto sembra tranche che un early bird, anzi è un uccellaccio rapace alto quasi un metro coda compresa, col becco così adunco che se ti prende ti cava un occhio con un colpo solo. Superato il primo impatto, visto che il rapace non muove un dito o una piuma, non so come si dica in questo caso, anzi pare proprio immobile come se fosse imbalsamato, dopo averlo immortalato in qualche foto, cerco subito su google, ma come facevamo una volta? e risulterebbe che si tratta o di una poiana di Swainson (Buteo swainsoni) o di un cosiddetto Caracarà, un rapace sudamericano che però forse ha il becco più giallo e qui anche l'AI si pone un punto interrogativo e infine si arrende, nel senso arrangiatevi un po', godetevi la vista e più non dimandate, d'altronde mica si può sapere proprio tutto. Rimaniamo comunque in estatica ammirazione, gli animali specialmente quelli di grosse dimensioni, dal vivo fanno tutto un altro effetto e questo non si muove neanche a fargli buuuù. Alla fine lo lasciamo su quello che ormai ha eletto a suo trespolo personale e ci avviamo, che la giornata è lunga e sembra anche baciata dal sole, il che è buona cosa finalmente, visto che il tema della giornata è il paesaggio. 


Si tratta nientemeno che del Circuito dos Siete Lagos che, come dice la parola prevede un itinerario in mezzo alle montagne attraverso una serie di laghi alpini, non so come altrimenti definirli, di grande bellezza, che poi veramente sarebbero dieci, ma dalla strada se ne vedono solo sette, se non avete voglia di camminare troppo, sui sentieri da trekking che sono la gioia degli appassionati che qui arrivano da tutto il mondo. C'è infatti anche chi se lo fa tutto a piedi, vedete voi. Prendiamo quindi il lungolago nella direzione opposta a quella del circuito Chico che avevamo fatto ieri e ci godiamo tutto il grande braccio sudorientale del Nahual Hauli, il lago più grande che conferisce il nome anche al parco che si estende fino alle montagne circostanti. Qui c'è ancora abbastanza traffico ma la strada è larga e molto bella per cui, facendo attenzione ai limiti di velocità, che non vorrei trovarmi nei pasticci dato che i posti di polizia lungo la strada sono considerabilmente frequenti, arriviamo fino in fondo al braccio dove si trova la cittadina di Dina Huapi. Questi posti di blocco sono ben segnalati, la strada viene bordata di paletti, ci sono barre rumorose sull'asfalto per farti rallentare e un casotto al fianco dentro al quale dovrebbero stazionare le forze di polizia addette al controllo, il che mette sempre un po' di inquietudine, ma in effetti non esce fuori quasi mai nessuno e nei pochi casi in cui abbiamo avuto l'occasione di essere fermati, si sono sempre mostrati gentilissimi e desiderosi più di dare indicazioni che di fare osservazioni. 

Poi ancora qualche chilometro aggirando al fine del lago dove, attraversato il Rio Limay, entrando nella provincia Neuquen dopo aver lasciato quella di Rio Negro, dal Mirador di Limay hai una splendida vista dello specchio d'acqua mentre sulla destra scorgi chiaramente la cima innevata del Cerro Catedral. Sulla grande spiaggia senti subito il vento dei grandi spazi che privo di ostacoli e barriere, spazza via tutto e benché il paesaggio abbia davvero tanto in comune ai nostri paesaggi alpini, avverti quel senso di solitudine dei grandi spazi desolati del pianeta, senza abitanti e privi di comunicazioni, che scava in fondo al cuore una inquieta ansia si abbandono. Questo è certamente il fascino della Patagonia che si farà vieppiù forte man mano che procederemo verso sud, in direzione di luoghi sempre più lontani dalla presenza umana e per questo più magici. Adesso stiamo percorrendo la costa nord di questo braccio del lago e ormai le auto si sono diradate decisamente. Di tanto in tanto la strada sale tra curve e controcurve, penetrando foreste maestose alternate a piccole radure. Traversiamo la penisola Huemul che si inoltra nel lago per una ventina di chilometri, dividendo le acque fino a formare un altro braccio solitario che puoi ammirare molto bene dal Mirador del Paso Coihue. La sensazione di cui vi parlavo prima ce l'hai bene qui, quando ti fermi sullo spiazzo di terra al di fuori della strada, il lago sotto, senza neanche una casa in vista, non un auto e neppure un  baracchino che faccia un caffè. Se non ce lo hanno messo in un luogo così bello, è evidente che non ci deve passare moltissima gente, mi sembra. La strada prosegue poi da Punta Huemul passando sotto al Cerro Centinela a picco sull'acqua e attraverso Puerto Manzano arriva poi fino a Villa La Angostura, dove il Nahual finisce. Ridendo e scherzando abbiamo già fatto quasi 100 chilometri e questo è soltanto il primo dei nostri famosi sette laghi! 

SURVIVAL KIT

Friends  - Mitre 302 - Ristorante sala da tè con tutta una serie di offerte per pasti leggeri (ma non mancano bistecche, trote e milanesi, naturalmente. Ambiente giovane e piacevole. Prezzi adeguati, ma un po' cari. Per 4 con le bevande (che qui costano sempre molto) 35.500 pesos. 

Restaurante La Cazuela - Mitre 702 - Locale familiare frequentato da gente del posto. Piatti semplici con ampia scelta. Abbiamo provato i Tajarines e un dolce, con bevande e mancia a 66.000 in quattro, incluso vino. Ambiente gradevole. Cameriere molto comunicative e gentili. Consigliato

Circuito Siete Lagos - E' il tour più noto e probabilmente il più bello che si possa fare in macchina attorno alla zona di Bariloche. Naturalmente ci sono gite organizzate che lo propongono anche in due o tre giorni e arriva di norma fino a San Martin de los Andes. Calcolate almeno 400 km tra andata e ritorno senza troppe deviazioni, se passate dal Valle Encantado aggiungetene almeno un altro centinaio quasi tutto di sterrato, ma in ottime condizioni. Se lo fate con un taxi dovrete calcolare almeno una spesa di 280.000 pesos. Molto meglio quindi usare un'auto a noleggio. Le strade sono facili e ben segnalate. Si fa tranquillamente in giornata ma senza perdere troppo tempo. Quindi partite il più presto che potete, per avere più tempo per le soste. Considerate comunque che da novembre a febbraio le ore di luce sono molte.

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