giovedì 30 ottobre 2025

Azer 10 - Verso Qabala

Moshea Juma - Sharaxi - Azerbaijan - ottobre 2025

Man mano che procediamo verso Shamaxi, il paesaggio diventa più verdeggiante, si nota ormai la presenza di una agricoltura più sviluppata, fatta di campi arati e preparati per le prime semine di cereali vernini. Nei paesetti sulle cime dei colli vedi infatti la presenza di sili per la raccolta, mentre man mano che saliamo di quota cominciano a manifestarsi i famosi boschi della montagna azera, le cosiddette foreste Ircane, inserite tra i patrimoni Unesco nel 2019. Si tratta di un'area ricchissima di alberi antichi, anche di alcuni secoli, in massima parte varietà diverse di querce, particolarmente fitti e maestosi, che in questa stagione cominciano a colorare le pendici delle montagne di un foliage delicato e multicolore, che rende gli itinerari da percorrere, anche solamente in macchina, spettacolari. Intanto arriviamo a Shamaxi l'antica città già capitale del regno dello Shirvanshah. Al momento è una sonnacchiosa cittadina di circa 30.000 abitanti, che tuttavia annovera tra le sue attrattive la presenza della famosa moschea Juma, la più antica costruita da queste parti che risale addirittura al 743, dopo soli 120 anni dall'Egira ed è il centro di produzione degli altrettanto famosi tappeti Soumak, i più apprezzati e costosi tra gli Shirvan. Percorriamo il corso principale della città, ai cui lati fanno da ala grandi foto encomiastiche del presidente e di suo padre, il predecessore, a cui molti edifici importanti sono dedicati, segnale inequivocabile che quando sono necessarie queste esibizioni del culto della personalità, le cose politiche, non sono mai così lineari come sembrano. 

La sala di preghiera

Comunque arriviamo all'area della moschea che è racchiusa in un ampio recinto devozionale che può raccogliere un gran numero di pellegrini che ovviamente arrivano qui per visitare uno dei luoghi più sacri del paese. In effetti l'edificio è di notevoli dimensioni, frutto del recente restauro che lo offre oggi nelle sue condizioni migliori anche se ovviamente molto lontano dalle sue caratteristiche primigenie, di quasi 1300 anni fa. Evidentemente, dopo saccheggi, incendi e distruzioni dovute agli intensi terremoti della zona, ricordiamo che il Caucaso è area di intensissima sismicità, in particolare quello del 1859 che la rase praticamente al suolo, assieme alle devastazioni dovute alle guerre dei primi del '900, addebitate come ovvio alla ferocia dei pessimi vicini, argomento su cui si cerca di porre sempre l'accento, visto che la guerra recentissima che ha cancellato l'autonomia del Nagorno Kharabagh, è ancora di freschissima memoria, la ricostruzione ha dovuto essere importante, ma bisogna considerare che grazie alla conservazione di molti disegni d'epoca, sono state mantenute le linee e le decorazioni originali, che si discosta molto dalle modalità architettoniche successive. Ad esempio è stato mantenuto il progetto delle tre sale affiancate di preghiera con i tre mirhab separati, quella centrale riservata ai maggiorenti e le due laterali, per il popolo, senza suddivisione tra uomini e donne, cosa evidentemente non ritenuta importante nell'Islam della tradizione. 

L'interno è finemente decorato e si presenta oggi, dopo il restauro, molto spettacolare. Gli addetti all'ingresso hanno una particolare attenzione per gli ospiti stranieri e anche a noi viene riservata una calda accoglienza, che mostra una gran soddisfazione per il nostro interesse ed apprezzamento per la visita dei loro luoghi santi. Terminata la visita, noi intanto riprendiamo la strada, tra boschi e foreste che diventano sempre più fitte e colorate. Il vento che soffia leggero, sposta deciso le grandi ramificazioni mentre il turbinio di foglie gialle e rosse che volteggiano nell'aria formano un effetto di autunno da cartolina molto piacevole. Intanto si sale fino al passo di Mugan ad oltre 1000 metri per poi ridiscendere verso il parco forestale di Ismaili, dove la vegetazione che avvolge le valli e le pendici che risalgono verso il Grande Caucaso, diventano sempre più fitte ed inselvatichite, ricche di una grande varietà tra lecci, farnie, roveri, cerri e tante altre varietà di querce locali, che le hanno rese famose. La zona si presta ovviamente ai camminatori e appassionati trekkers, quali noi siamo, come sapete e quindi non possiamo evitare il breve se pur, ormai per me faticosissimo itinerario che porta alla Cascata delle sette bellezze (come Pasqualino), che rappresenta poi una deviazione di poche centinaia di metri dalla strada. 

In realtà dall'ingresso al parco al raggiungimento della cima della spaccatura nella roccia da dove cominciano i sette salti, ci sono soltanto un paio di centinaia di metri di dislivello, ma tutti fatti di scalette di legno che vuoi o no, ti devi beccare di seguito con la lingua tra i denti, maledicendo il fatto di non avere più venti anni. Ci sono un sacco di indiani o pakistani che vengono su di qua, molti ragazzi e coppiette e le ragazze non si esimono dal prendere le belle coroncine di roselline con cui si adornano il capo, in maniera quanto mai vezzosa. Mi sono fatto convinto, direbbe Montalbano, che i fiori e le belle ragazze siano un binomio che la natura si è inventata per abbellire questo tristissimo mondo e messe negli angoli giusti, bisogna davvero confermare che te lo fanno apparire molto migliore di quello che è nella realtà. Comunque sia, arrancando con fatica, ma con determinata costanza, risalgo lento pede, la scalinata malferma, di tanto in tanto si butta un occhio ai lati per godere dei ruscelletti e dei piccoli salti di acqua che hanno scavato la roccia, intorno ricoperta di verde che l'umidità circostante ha reso ricco e ridondante. 


turisti

Il primo salto è quello forse un poco più alto e visto dalla piccola piattaforma finale alla quale sarai arrivato con indomita volontà, abbarbicandoti ai mancorrenti per non cadere (naturalmente se hai braccia ancora valide a questo scopo, visto che io avendo avuto quest'anno come sapete ben due fratture ai due arti diversi, tanto per non farmi mancare nulla e quindi essendo in condizioni del tutto precarie alla bisogna, pur se deciso a tutto) e dalla quale puoi scattare le foto di rito anche per poter dire di essere arrivato in cima, è anche abbastanza fotogenico, anche se non pensate di poter fare paragoni con Iguazu o con le cascate Vittoria. Bisogna sapersi contentare, ogni  paese cerca di valorizzare al massimo quello che ha. Comunque si può scendere soddisfatti, comprare un paio di collanine ai banchetti sottostanti che pure loro devono campare e proseguire verso la tappa successiva. Così lemme lemme arriviamo al lago Nohur, reputato una delle perle paesaggistiche azere e che ospita sulle sue rive i migliori resort del paese, incluso un famoso Sanatorj di epoca sovietica che ora è stato riciclato come hotel di lusso assoluto. Noi andiamo in un bel locale che presenta sulla riva del lago, dei gazebi, protetti da vetrate, perché venticello e temperature in questo periodo di autunno inoltrato rendono la temperatura piuttosto frizzante anche se un sole splendido dipinge i colori della montagna accendendoli e magnificandoli al massimo. 

Degustazione

Qui il nostro Aqshim, su mia richiesta, ha provveduto ad organizzarci una degustazione di alcoolici. Io per la verità mi aspettavo la visita di una cantina di produzione, ma pare che da queste parti non ce ne siano e quindi diciamo che facciamo uno spuntino ricco e decisamente lussuoso, con piattini di formaggi e salumi, frutta secca, mele e melograni, crostini e soprattutto cioccolatini, che serviranno a farci meglio apprezzare le degustazioni in arrivo e come sapete col brandy, il cioccolato è la morte sua. Ci toccano prima due vini di marca Savalan della Aspi winery, un bianco base Riesling del 22, di 12 gradi e un rosso di uvaggio vario, 13° del 23, che devo dire non mi hanno convinto molto, avendoli trovati piuttosto anonimi, scarsi di bouquet e anche poveri di corpo e sapore, soprattutto se paragonati a quelli provati in Georgia, Armenia e anche in Uzbekistan, tutti con una personalità e caratteristiche decisamente più spiccate e invitanti. Altro discorso per i brandy. Ne abbiamo provati due, un Baki (Vsop 8 anni) molto valido e gradevolmente morbido, molto vicino ai brandy spagnoli di qualità, tanto per capirci e un Azari (гянджа) di 7 anni, che mi dicono essere la migliore provenienza del paese, ottimo, ma più secco e decisamente più vicino agli omologhi francesi. 

Lago Nohur

Devo dire comunque un'ottima esperienza, visto anche che, avendoli pagati, ce li siamo portati a casa dove sono arrivati sani e salvi, grazie ad un accurato confezionamento tra pacchi di mutande e magliette che ne hanno protetto il volo e il classico getto al volo della valigia, in uso normale negli aeroporti, anche se purtroppo ormai sono già finiti e passati agli atti come si dice, ma comunque mi sono sentito in dovere di farvene menzione a futura memoria, anche perché sappiate a cosa andate incontro venendo da queste parti. Però degustando e sorbendo con la bocca a cul di gallina, davanti all'azzurro del lago con le paperelle che fanno qua qua, mentre di fronte hai la vista della splendida villa dove la scorsa settimana, c'è stata la riunione dei presidenti degli Stan al completo, Putin incluso, non vorrei dire ma è un bel vedere, visto che 'sta gente qua non è che sceglie i posti più brutti del mondo per riunirsi. Quanto a noi invece, giusto il posto per tirare un po' il fiato prima di arrivare all'ultima tappa della giornata con ancora nel naso il profumo dei frutti di bosco di cui è piena l'aria.. 

La moschea Juma

SURVIVAL KIT

 Giro Baku - Qabala - Circa 500 chilometri tra andata e ritorno, fino alle pendici del Caucaso (circa 15 Km dal confine russo). Da vedere lungo la strada che attraversa tutto lo Shirvan, in ordine: Il mausoleo di Diri Baba (circa un'oretta), la Juma Mashid a Shamaxi, stessi tempi; poi se gradite quattro passi, La Cascata delle sette bellezze, un'altra oretta, Il lago Nohur dove potrete fermarvi a pranzo e infine Qabala con la teleferica che porta fino alla stazione sciistica di montagna che merita la vista. Bei paesaggi lungo la strada. Partendo alle 8, tornerete più o meno dopo 12 ore. Il nostro mezzo (che può portare anche 6 persone) ci è costato 250 M. per tutto il giorno. Possibilità di degustazioni (70 M) o se vi interessa c'è la possibilità di visitare qualche atelier di fabbricazione di tappeti ovviamente senza obblighi di acquisto tanto per vedere.

Fiori

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mercoledì 29 ottobre 2025

Azer 9 - Il santuario di Diri Baba

Il mausoleo di Diri Baba - Qobustan - Azerbaijan - ottobre 2025
 

Birra turca

Stasera non abbiamo voglia di andare fino alle Fountains, tanto saranno spente, e allora ci fermiamo sul corso appena un po' più in giù del nostro albergo. Un grande ristorante giovane e popolare, pieno di gente che mangia e beve. C'è solo un tavolo libero e finiamo vicino a due ragazzotte con unghie monumentali, pare che anche qui sia molto di moda la nail art o come si chiama, fatto sta che è difficile capire come si faccia a lavorare con le mani con un simile ambaradan sulle dita. Comunque qui intorno c'è gente molto disinibita, solo in fondo alla sala vediamo una famigliola, la mamma con un casto velo crema, appoggiato di traverso, che tenta di accudire un bambino che non vuole saperne di stare fermo e ulula come se lo stessero scuoiando. Non so come, ma tra ordinazione e il fatto che per il rumore bisogna parlare forte veniamo subito individuati come italiani e quindi fatti oggetto di particolari attenzioni, tanto è vero che il duo folk, chitarra lui e voce solista niente male, lei, a cui siamo improvvidamente troppo vicini, attaccano subito un Bella ciao, dal sound azero molto pronunciato, ma che riscuote immediatamente un grande successo in sala. Anche le nostre vicine, che poi risulta conoscano i due artisti, partecipano alla performance, unendosi al coro generale e applaudendo freneticamente. 

Involtini di pollo e formaggio

Questa è una musica che dovunque parta, provoca ormai un consenso corale generalizzato, un po' perché tutti la conoscono, un po' perché è facile da cantare, si capisce. Comunque l'atmosfera del locale è gradevole, non fosse che qua fumano tutti come turchi, in fondo ci siamo vicini alla Turchia, anche se si tratta solamente di narghilè, che spandono un fumo più gentile e soprattutto profumato, alla rosa, alla ciliegia o ad altre essenze niente affatto sgradevoli, ma di fumo ce n'è veramente tanto, troppo, visto il numero delle fonti praticamente una ad ogni tavolo, visto che evidentemente è una delle spiccate specialità del locale, così che appena trangugiato velocemente i piatti che abbiamo ordinato, ce la filiamo via, dopo aver salutato le vicine che ci augurano la buona notte con grande partecipazione. Fuori, mentre risaliamo verso casa, passiamo davanti all'ingresso di un supermercato e non resisto alla tentazione di farci un salto dentro, un po' perché è una cosa che mi interessa sempre, il verificare tipologie e prezzi della merce offerta, un po' per vedere la fauna che li frequenta. Qui siamo già ad una certa ora e non c'è molta gente, ma pare che il negozio stia aperto tutta la notte, tuttavia da fuori non ci si rende subito conto di quanto sia vasto, occupa infatti al completo tutto l'enorme scantinato del palazzo estendendosi fino alla via parallela al corso, dove c'è una seconda uscita. 

Non c'è molta gente anche se il supermercato sembra essere in piena attività, ai banchi della gastronomia, diversi addetti preparano il materiale da esporre e le cassiere non hanno neppure l'aria stanca e disgustata come quelle di un  tempo nei negozi di stato sovietici. Per la verità volevo anche dare un'occhiata ai brandy in vendita, liquore di cui l'Azerbaijan dovrebbe essere famoso produttore e di cui sono ghiotto, tradizione antica, il Caucaso è la terra della vite, come del resto lo è il suo odiato paese vicino, produttore del famosissimo Ararat, che ho tanto amato in tempi non sospetti, quando ancora esibiva la dicitura di Koniàc. Qui evidentemente lo si può ancora fare, forse non sono ancora partite le cause internazionali e qualche cosa c'è sugli scaffati anche se le bottiglie più arzigogolate o dagli invecchiamenti più potenti, oltre i 25 anni, tanto per capirci, hanno prezzi di affezione, che in ogni caso non sarei disposto a spendere. Ma la mia curiosità va soprattutto al prodotto principe del Mar Caspio, quel caviale, che su questi lidi si è sempre prodotto intensamente e che, mi dicono, a Mosca non sia più nemmeno disponibile come un tempo o comunque sia ormai difficile da reperire, chiederò notizie in merito agli amici. 

Banco alimentari

Certo il mercato è molto mutato dalle mie frequentazioni moscovite, quando un cameriere dell'Hotel Ukraina, lo rubava direttamente dalle cucine e lo rivendeva agli amici a 10 dollari al vasetto da 100 gr, e parlo di Beluga naturalmente, allora il Sevruga o quello rosso, il krasnije ikrà, non lo si prendeva neanche in considerazione. Quello dell'Aral invece, che mi dicevano quotatissimo, già allora era quasi sparito, come le acque del lago stesso, ma pazienza. Tra l'altro non mi piace neanche, ma come si sa, quando una cosa è rara e costosa fa gola a prescindere e tra l'altro come ho avuto modo di vedere è uno dei regali più apprezzati dai medici, che evidentemente sono tutti, chissà perché divoratori compulsivi di questo prodotto. Comunque chiedo ad un addetto se ce ne sia disponibile e lui gentilissimo, mi accompagna, fino al fondo di un corridoio laterale, dove evidentemente sono seminascosti questi prodotti di nicchia. Su uno scaffale infatti ecco che spuntano fuori i famigerati vasetti tutti da 120 gr. Il prezzo mi sembra offensivamente basso, ci sono almeno tre marche diverse, tutte con le etichette in cirillico, segno che evidentemente l'imprinting è rimasto, diciamo attorno ai 3 euro, per cui la curiosità e lo stupore, mi spingono ad un esame più approfondito. 

Warning

Gira e rigira guardo con più attenzione le etichette e subito viene in evidenza che si tratta di Икра имитированная, Imitazione di caviale, e mi pareva. Infatti le uova sono molto piccole e di un nero molto lucido e intenso, ben lontane da quel grigio scuro un po' lattiginoso del Beluga. In fondo c'è solo qualche vasetto di un caviale rosso da 50 gr, muniti pure di dispositivo antitaccheggio, che costa infatti sui 25 Euro, prezzo che mi sembra decisamente più comprensibile. Comunque visto che avrei comprato solo in vista di qualche regalo, vedremo nei prossimi giorni quando il nostro Aqshim ci ha promesso che ci porterà da amici degli amici. Me ne vado a letto più tranquillo. La mattina dopo si parte presto perché dobbiamo fare una sbarcata di chilometri per arrivare fino a Qabala, vicino al crinale del grande Caucaso e alla frontiera russa che lì sarà distante meno di una ventina di chilometri. In hotel sono molto gentili e acconsentono di anticiparci la colazione di un quarto d'ora per farci partire prima, anche se l'orario ufficiale sarebbero le 8. Ce n'è anche per Aqshim che qui evidentemente è conosciuto, poi ci buttiamo nel traffico che, in special modo in ingresso alla città a quest'ora è già decisamente sovraccarico. 

Cimitero

Questa volta per uscire dalla città prendiamo la direttrice nordovest, che attraversa un territorio ondulato e piuttosto arido, con una autostrada di nuova costruzione, spesso a sei corsie che risale con ampie curve queste colline aride e seccagne, fatte di pascoli avari e di terre incolte. Dopo una cinquantina di chilometri eccoci a Qobustan una città che è stata capitale del piccolo regno di Shirvanshah (zona nota anche per i suoi meravigliosi tappeti), che ebbe il suo momento d'oro attorno al XIV sec. In questa zona l'Islam si era diffuso in modo molto pacifico, situazione che aveva generato il movimento dei Sufi, religiosi filosofi e poeti che aveva abbracciato un  vasto territorio anatolico fino a Konia da un lato e all'Uzbekistan dall'altro. E qui comincia ad innestarsi la leggenda in quanto, da queste parti arrivò infatti un Sufi famoso, Diri Baba, un contemplativo anacoreta che scelse le grotte nascoste in un costone roccioso presso la città per farne sede della sua meditazione. Sembra che alla fine del 1300 sia qui rimasto, venerato da tutti e del re Ibraim I in particolare, nella stessa posizione per ben 17 anni, dopo di che il suo corpo si mummificò e divenne sede di pellegrinaggio nel mausoleo eretto nel 1402 dal re con l'aiuto anche di Tamerlano, che aderiva al Sufismo, e che proprio per questa ragione ne risparmiò il regno. 

Il mausoleo

Il luogo è sempre stato famoso, tanto che la relazione del viaggiatore tedesco Olearius, nel 1636, dopo oltre due secoli, descrive, nel suo Viaggio a Mosca e in Persia, il corpo dell'anacoreta come "incorrotto sulle ginocchia ed avvolto da un mantello grigio" e ne racconta il suo essere meta di continuo pellegrinaggio. Pare che ogni anno il  mantello venisse sostituito con uno candido, mentre il vecchio, fatto a pezzi veniva distribuito ai pellegrini come reliquia. In ogni caso i disegni dell'epoca, dipingono il luogo esattamente come è adesso, addirittura con gli stessi sentieri che conducono alle grotte. Il luogo in effetti è ancora oggi noto per questa sua aura di santità. Dopo il sobborgo di Maraza, arrivi al costone roccioso dopo aver superato una collinetta ricoperta dalle antiche lapidi di un cimitero dell'epoca. Intanto un vistoso cartello all'inizio del sentiero ti rammenta di fare attenzione in quanto questa è terra ricca di scorpioni e serpenti decisamente velenosi, forse per aumentare l'aura di isolamento ascetico, che pervade il luogo. Ma direi che procedendo con cautela, d'altra parte il terreno è coperto solo di erbe secche ed in massima parte fatto di rocce nude che non riuscirebbero a nascondere neppure una lucertola, per cui forse basta non coricarsi tra le tombe e prendere sonno nel meriggio estivo ed assolato. 

La tomba

Quando si supera la sommità della collinetta, compare, ben mimetizzato nella roccia rosata dello sfondo, la costruzione a due piani che termina in una grande cupola tonda, che però non deborda mai dalla montagna circostante, quasi volesse nascondersi dentro di essa, eretta com'è, solo parzialmente all'esterno, ma in effetti tutt'uno con il terreno. Solo la scalinata di accesso è recente per rendere fruibile la salita ai viandanti ed ai pellegrini moderni. Già i visitatori del passato notavano infatti come l'accesso alla tomba fosse difficoltoso e che salire alle grotte fosse addirittura necessario munirsi di corde. Questa in effetti è un po' una mania di tutti i monaci meditativi del passato dalla Grecia, all'Anatolia, fino alla lontana Etiopia, insomma questi poveretti volevano alla fine solo stare tranquilli e meditare in santa pace senza una fila di adepti che gli venissero a turbare la loro ascesi ascesi con domande sul senso della vita. Mentre noi intanto saliamo con una certa fatica, ben muniti di apposito caschetto giallo da cantiere, che viene fornito dalla gentile addetta, che subito si illumina quando le rivolgo un saluto in russo, siamo completamente circondati da un bel gruppo di turisti italiani vocianti che si accalcano per arrivare anche loro in cima alla scalinata. 

Le caverne

Arrivati a Baku, stanno facendo un itinerario che li porterà in Georgia e non sembrano molto soddisfatti di quanto hanno visto fin qua. Comunque con fatica ed attenzione saliamo tutti i ripidi gradoni per arrivare fino alla camera dove si trova il cenotafio del santo e che dovrebbe nascondere dietro una parete il suo corpo non più visibile, posto che sia ancora lì, dato che non se ne rammenta traccia dopo la fine del 1700, e poi ritorniamo alla base, mentre i più arditi percorrono i sentieri fino alle grotte poste più in alto, una fatica per la verità un po' inutile visto che là sopra non c'è assolutamente nulla oltre ai buchi. Alla fine non casca giù nessuno e questo è comunque un ottimo risultato che i guardiani generalmente auspicano per non avere alla fine troppe grane. Lasciamo andar via il gruppo e rimaniamo ancora un po' a goderci il panorama solitario e deserto, che invita ad una tranquilla pace, certamente quella che avrebbe anche oggi predicato il nostro Diri Baba, che certamente su questo argomento non aveva dubbi di sorta, visto che seppe calmare anche i bollenti spiriti sterminatori di un pezzettino come Tamerlano lo Zoppo che di certo non si faceva troppo pregare quando c'era una città da radere al suolo e passare i suoi abitanti a fil di spada. Poi è ora di andare che la strada oggi  è lunga.

SURVIVAL KIT

Il territorio

Mausoleo di Diri Baba - Sulla strada di Qabala, alla periferia fuori della città di Qobustan a circa 50 km da Baku, situato in una valletta laterale, questo monumento molto celebre e uno dei più noti del paese e oggetto di pellegrinaggio non solo islamico, in quanto anche santuario del sufismo. Arrivateci percorrendo a piedi il sentiero che attraversa il cimitero antico, con lapidi interessanti. La tomba è al secondo piano della costruzione parzialmente scavata nella roccia attorno alle grotte di preghiera del santo. L'ingresso per gli stranieri è di 9 M. Visita da mezz'ora a un'ora per godersi anche il posto. Non parlano inglese e il sito è normalmente incluso nei tour che vanno verso nord.

Dal mausoleo


Tombe
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martedì 28 ottobre 2025

Azer 8 - Un mondo di petrolio

Flame towers e moschea - Baku - Azerbaijan - ottobre 2025


Il porto

E' ora di scendere in basso verso il porto, verso il mare, quel mar di Gheluchelan, che navigava già, in lungo e in largo, la repubblica di Genova in cerca di opportunità commerciali. Questa ne è la terra e dovunque ti giri, devi fare i conti con quello che c'è sotto il suolo, in questa terra del Fuoco o terra dei fuochi, come è stata sempre identificata e dove già un tempo, anche se ancora si faticava a comprendere la portata e le implicazioni di quanto stava qua sotto, c'era comunque una attenzione vigile, perché una cosa così inspiegabile e quasi contro natura, i segnali di un inferno che tenta di fuoriuscire dalle viscere del pianeta, accoppiato alla purezza salvifica delle fiamme eterne, attira forzatamente la curiosità umana e subito di seguito, la mente si attiva, si arrovella e cerca di immaginarsi come volgere a suo favore tutto questo. E qui, c'è poco da fare, l'olio nero è da sempre fuoriuscito da solo dalle spaccature della terra. I giacimenti di idrocarburi, sulle rive di questo mare, erano polle spontanee che gorgogliavano da sole, così come da sole, come abbiamo visto, le fiamme bruciavano emergendo dalle fessure che forse portavano diritte al mondo degli inferi, quindi ecco le carovane che venivano a raccogliere in otri di pelli questo combustibile gratuito "e in tutta la contrada non si bruciava altro che questo olio". 

Il primo pozzo

Poi il tempo è trascorso mentre l'inesauribile fonte continuava a dare materiale alle carovane e venne il momento in cui si scoprì che di questo materiale si poteva ricavare sempre di più e meglio e la richiesta crebbe a dismisura, così ecco che proprio su questa piana davanti al mare, crebbe una costruzione strana, mai vista prima, che la mente umana è sempre in cerca di metodi nuovi, più efficienti ed efficaci per aumentare qualunque tipo di produzione e diminuirne il costo, non facciamoci illusioni, questo è un assioma imprescindibile su cui è fondata tutta la storia umana. E' quella che si chiama economia e che a torto o a ragione fa crescere la facilità della vita. Senza, tutto si arenerebbe nelle pastoie della volontà decisionale, dell'ambizione personale, dell'affermazione dell'ego volto ad acquisire una notorietà effimera, solamente passeggera, mentre il vero meccanismo sotterraneo, ancorché moralmente discutibile che fa montare il tutto è la grana, motore immobile che riesce a spingere senza sforzo ogni cosa in una sola direzione. In ogni caso impossibile da deviare, ma tuttavia nella maggior parte dei casi alla fine della fiera, produttiva ai fini di quello che a torto o a ragione, chiamiamo progresso. Ed eccolo qui oggi, nel mezzo di un giardino commemorativo, il primo pozzo industriale del mondo per l'estrazione del petrolio. 

Trivelle tradizionali

L'incastellatura nera che sorge nel parco, quasi oggetto di venerazione per quello che rappresenta, pompa petrolio, pensate un po', fin dal 1846, anche se la sua produzione giornaliera si è oggi dimezzata a circa 1 tonnellata al giorno, ma rimane il simbolo dell'economia su cui il paese fonda la sua esistenza. Certo è una ricchezza fragile, visto che fornendo il 40% del PIL e il 90% delle esportazioni, condiziona pesantemente l'economia ad ogni minima variazione dei prezzi internazionali. Certo per il paese, la guerra di Ucraina è una vera e propria manna visto che con l'idea contorta delle sanzioni (come sempre bisognerebbe pensare alle conseguenze delle azioni, che arrivano con costante inevitabilità), posto che quando si pensano queste cose, non si vogliano ignorale a bella posta. Infatti, cessando (quantomeno in parte e a parole) gli acquisti da parte dell'Europa degli idrocarburi russi, l'Azerbaijan è diventato uno dei principali fornitori europei, attraverso i vari gasdotti ed oleodotti costruiti nel tempo e che transitando da Turchia e Mar Nero arrivano principalmente in Italia, ad esempio col famoso TAP, a suo tempo tanto contestato dai No-tutto. Tuttavia come ha segnalato in importanti articoli un famoso giornalista azero, questo enorme aumento della produzione richiesto dai nuovi contratti, non è fattibile con i giacimenti del paese, per cui le quantità di merce prevista dai contratti, potrà essere soddisfatta solo con la fornitura di idrocarburi russi fatti transitare dal paese. 

Comprati proprio da coloro che si voleva penalizzare e rivenduti con giusto guadagno, capirà, non siamo mica qua a pettinare le bambole. L'unica differenza starà nel fatto che l'Europa li pagherà più cari, visto il giro che devono fare.  A tale scopo le compagnie russe Lukoil e Gazprom, hanno già provveduto a fondare le analoghe imprese azere, senza neppure degnarsi di cambiarne il nome. Il giornalista dalla bocca larga, è stato subito imprigionato con scuse varie (incitamento all'estremismo religioso ed altre fantasiose amenità) e quindi messo a tacere, al momento si troverebbe ancora agli arresti domiciliari nel disinteresse generale, mentre il materiale, transita senza problemi proprio dagli immensi terminali che abbiamo visto durante il nostro secondo giorno nel Qobustan. Fatto sta che per il momento è una fase d'oro nella economia nazionale, bisogna vedere se la lungimiranza politica farà in modo di diversificare i cespiti economici per parare l'inevitabile colpo quando la pacchia finirà. Certo ormai questa incastellatura resa nera dall'uso e dagli anni, è un monumento molto significativo, che racconta in maniera inequivocabile la storia di un paese e solo la sua iconicità rappresentativa lo rende diverso dalle migliaia di altri sparsi in tutta la pianura circostante, fino all'interno della penisola di Abshalom, molti ormai fermi perché il campo si è esaurito, ma mai rimossi perché è antieconomico farlo, mentre al largo sorgono sempre in maggior numero le grandi e sempre più imponenti piattaforme di estrazione a cui attraccano direttamente le bettoline, le nuove isole che vanno a popolare un mare a fortissimo rischio ecologico. 

Il Mall

Le acque a poco a poco si ritirano, la vita è fortemente minacciata da scorie e da altre ovvie conseguenze di questa industria molto inquinante. E' un problema difficile da risolvere così come proporre soluzioni efficaci che vadano al di là delle facili semplificazioni. Comunque stare davanti ad un pozzo che pompa, con il suo lento movimento di su e giù, coordinato dalle mezzelune di ferro dei contrappesi, una attrezzatura di una semplicità commovente e che, invariata nel tempo, funziona perfettamente da quasi due secoli, racconta molto della industriosità umana, che da un lato fa scivolare l'umanità verso una rovina forse inevitabile, mentre dall'altra sarà forse la stessa capace di escogitarne la salvezza. Vedremo, è impossibile fare previsioni che poi vengono inevitabilmente sconfessate dal tempo che scorre, noi intanto camminiamo attraverso i pozzi, zigzagando nel giardino fino al grande Mall che è sorto sulle rive dal mare, un grandissimo fiore che sta sbocciando con i suoi petali di cemento e che all'interno offre il meglio di quello che arriva da tutto il mondo e che si può importare grazie al fiume di oro nero che proprio da qui parte. 

Museo del Tappeto
Facciamo un giro all'interno che poi alla fine per noi non ha un grande interesse, se non confermarci l'uniformità che la globalizzazione sta portando in tutti i paesi del mondo, altro tema dibattuto, certo, e che leva quell'interesse esotico per il turista, ma basta pensarci un poco e si capisce quanto egoistica sia questa pretesa, che altri rimangano ancorati ad un passato privo di sviluppo, negandosi anche le minime comodità per far piacere a quanti, con la boccuccia a cul di gallina, si compiacciono di transitare in villaggi dove la gente muore di fame, ma si fanno pur sempre delle belle foto. Certo viaggiare un tempo ti faceva vedere cose molto interessanti, ma il mondo procede e io dico, per fortuna per quelle genti che un tempo cercavano solo di sopravvivere con una ciotola di riso e che oggi, grazie a tecniche, diserbanti e tanto studio che ha generato la Rivoluzione verde degli anni '60 l'ha trasformata nella maggior parte dei casi in un pasto completo. Breve giro al supermercato dove constato con piacere, la presenza dell'intero scaffale di Ferrero, ricolmo di barattoli di Nutella, Rocher e Mon cherie e poi facciamo una sosta premiata in uno dei bellissimi bar all'esterno della struttura, dove potresti pensare tranquillamente di essere sulla Côte, visto che ci siamo fatti una bellissima e coreografica crêpe frutta fresca, cioccolato, panna e gelato alla crema, alla faccia di chi ci vuol male. 

Tappeto azero

Rimane la chicca che ci siamo tenuti per ultimo, poco più in là, nascosto tra gli alberi del grande giardino, il grande Museo del Tappeto, ha la forma allungata proprio di un grande tappeto arrotolato e pare raccolga una collezione degna del paese che la propone, visto che qui nascono alcuni dei tappeti più belli e preziosi del mondo. Quelli caucasici e azeri in particolare, sono giudicati tra i più raffinati ed eleganti con la loro totale aderenza al disegno geometrico, imposto anche dalla cultura sciita, che quindi ha dovuto sviluppare nella complessità del disegno e nell'eleganza dell'accostamento dei colori, la fantasia del progetto. Facciamo un lungo giro per arrivare all'ingresso, messo in posizione quasi nascosta ad uno dei lati e, sorpresa, il Museo è chiuso. Ci eravamo accertati che il giorno di chiusura fosse come di consueto qui, il lunedì, ma le porte sono sbarrate e altre due ragazze che come me cercano di forzarle, rimangono con un palmo di naso in attesa di una spiegazione. Dal fondo della sala buia, attirati forse dal rumore che provochiamo, compaiono un  paio di vigilantes, che con grandi cenni fanno chiaro segno con le braccia incrociate che per oggi non si entra, di andarcene altrove e piantarla di rompere le scatole. 

Piccola Venezia

Grande delusione ovviamente perché ci tenevo assai, qualcuno dice infatti essere questo, più ricco di preziosi esemplari di quello di Teheran e anche di quello più ridotto se pur molto interessante, di Erevan che abbiamo visto lo scorso anno. Tuttavia temo che dovremo rinunciare all'occasione. Non ci rimane che trascorrere inutilmente il tempo che dovevamo dedicare al Museo, stando al fresco a guardare, subito dietro, quella che viene chiamata La piccola Venezia, un insieme di canaletti di cemento dai bordi coperti di fiori, vezzosamente scavalcati da ponticelli, dove le coppiette o le famigliole in cerca di esotico, si fanno scarrozzare su barconi a motore, elettrico quanto meno, che non si è avuto neppure il buon gusto di fare a guisa di gondola, come vorrebbe il nome della struttura. E' pur vero che il Caronte di turno che guida il natante, tenendo solamente la barra, visto che va da sola, è vestito se pur grossolanamente, da gondoliere, camiciotto a righe orizzontali e paglietta approssimativa, ma la cosa è decisamente ridicola, se pure gettonatissima, le barche infatti transitano senza sosta tra gridolini di giubilo e la sequela di selfie senza fine. Bisogna rassegnarsi, questo comunque sarà il turismo del futuro. E' quasi giunta l'ora di tornare in albergo che abbiamo ormai i piedi piuttosto rotondi, ci resta solo da organizzare la cena. 

La grande Moschea


Crepe
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lunedì 27 ottobre 2025

Azer 7 - Baku

Heydar Aliyev Center - Bku - Azerbaijan - ottobre 2025


Fountains square

A questo punto direi che qualcosa da ingurgitare ci vorrebbe, se non vogliamo proprio negarci anche il sostentamento che ci rabbocchi le calorie spese durante la giornata, quindi una bella passeggiata serotina ci sta tutta, in ogni caso è una scusa per dare un'occhiata al centro con le luci della notte. La città anche a quest'ora, sono le 19:30, appare molto vivibile, c'è movimento e parecchi giovani che si muovono in gruppetti. Scendiamo lungo il corso verso la città vecchia passando davanti alla stazione della metro, che come tutte le espressioni sovietiche di questo tipo, nelle varie capitali dell'impero, come abbiamo vito le resto in quelle Uzbeke, Georgiane e Armene, ambivano a mostrare una presenza degna di un foyer teatrale e dopo circa un chilometro, superato il lungo sottopassaggio sotto l'arteria centrale, piena di negozietti che si alternano, pieni di proposte moderne, con una modalità che mi ricorda molto la Mosca dei vecchi tempi, alcuni dei quali addirittura pieni di borse taroccate molto ben fatte e a prezzi modici, roba che non si trova più neppure in Cina, arriviamo nella zona della movida serale, l'area pedonale di Fountains square, una zona molto grande luminosissima e piena di locali e vetrine illuminate. 

Heydar Aliyev Center

Direi che dopo aver girato un po' per i giardini, rimaniamo un poco delusi, in quanto le famose fontane sono spente, non si sa perché, né ce lo sanno dire nei vari locali visitati, forse anche qui per restrizioni di bilancio, sta di fatto che l'acqua e le luci partono solo certe determinate sere e non avremo modo di vederle in azione. Ci sono però, molte gioiellerie che espongono roba piuttosto raffinata e anche altri negozi molto lussuosi che raccontano comunque di una certa capacità di spesa. Anche il parco macchine che circola, è di tutto rispetto, ho già enumerato almeno cinque Porche Cayenne e il numero delle Mercedes e BMW non si conta e non sto parlando di scassoni d'annata di terza mano in arrivo dall'Europa e di provenienza furtiva come avveniva nell'ex URSS degli anni '90. Comunque alla fine prendiamo posto in un bel ristorante nei giardini, per concederci, come si dice una botta di vita, tra spiedini di agnello e involtini di pollo con mozzarelle. Con le birre stasera arriveremo agli 8 euro a testa, ma qui non si bada a spese. Intorno i tavolini sono pieni di coppie famiglie e di ragazze eleganti che cenano anche da sole e non si vedono praticamente velature di nessun tipo. 

il museo dell'auto

Intorno anche gli altri locali sono pieni di gente che mangia e ascolta la musica dal vivo, il meglio del rock azero dell'ultima generazione. Diciamo che attorno a te avverti l'atmosfera di una moderna capitale europea e calcolando che negli ultimi tre decenni, ci sono state situazioni decisamente preoccupanti a non finire, tra guerre, rivolte e sommovimenti politici, direi che non me lo aspettavo. E' pur vero che nel mondo moderno le cose cambiano velocemente, ma questo, credo che capiti soprattutto dove gira il grano e qui non ci sono dubbi che ce n'è. Dopo cena prosegue la sensazione di piacevolezza e passeggiare nelle vie che circondano queste piazzette piene di gente ti inviterebbe a stare più a lungo, in cerca di angolini e punti di vista gradevoli, alla fine comunque tocca rientrare perché la dura vita del turista prevede alzatacce e sgambate impegnative giorno dopo giorno. Infatti alle 10:30 del giorno dopo, anche se in leggero ritardo sulla tabella di marcia, ma col traffico cittadino bisogna sempre fare i conti e subirne gli imprevisti, come ci conferma il nostro Aqshin, ci muoviamo per dare un'occhiata a tutte quelle zone della città nuova non raggiungibili a piedi che mi sembra valgano la pena di essere viste. 

Flame towers

Infatti il primo stop lo facciamo al Heydar Aliyev Center, uno dei simboli del moderno Azerbaijan, che occupa una collina appena fuori dal centro. La struttura, completata nel 2012, anche se i lavori per i giardini che la circondano, una serie di bellissimi prati erbosi che ricoprono la collina e le sinuose scalinate che ne costituiscono l'accesso non sono ancora terminati, è immediatamente riconoscibile con le linee rotonde e prive di spigoli che lo disegnano quasi fosse un solo tratto di una penna tracciato nell'aria e privo di interruzioni, nello stile inconfondibile della grande archistar Zaha Hadid che lo ha progettato e che naturalmente non può non richiamare subito alla mente altri lavori della stessa artista, come la Dongdaemun Design Plaza di Seul o il nuovo aeroporto di Pechino. Un oggetto bianco, una scultura più che un edificio, che affascina per la purezza della sua concezione, quasi che la sua struttura di un bianco abbacinante volesse farsi accarezzare da mani amorevoli che apprezzino il suo porsi come un diamante tagliato a cabochon e deposto nel mezzo dell'erba smeraldina che lo circonda, tra le statue moderne che lo circondano e lo completano. E' in effetti un contenitore per esibizioni di arte moderna, oltre che per il museo dell'automobile nazionale, che con il vicino palazzo congressi, questa volta scuro e unitario come una astronave appena atterrata, vuole raccontare l'idea dell'Azerbaijan del futuro, a mio parere, riuscendoci in pieno. 

Torri e moschea

Passeggiare attraversando i grandi spazi della collina, guardando il panorama cittadino che si scorge al di là dei suoi estremi, dà un certo senso di pace che riescono a suscitare, almeno a me, i larghi spazi vuoti nelle aree sovrappopolate. Insomma una volontà di ricerca di soluzioni possibili in un mondo che deve comunque correre per non rimanere troppo indietro rispetto a chi corre più velocemente di te. Scendiamo con calma e ci spostiamo verso la zona delle Flame Towers, poste sul culmine di un'altra collina, questa volta proprio antistante il mare e dalla quale puoi dominare con un colpò d'occhio tutto il centro e la Promenade, che forma un arco perfetto sotto di te. I tre grattacieli, se visti da lontano e soprattutto di notte, quando le immense facciate fiammeggiano, ricoperte dalle immagini proiettate da un sistema di laser che li avvolgono di rosso, mostrano tutta la loro bellezza e soprattutto il senso del progetto che li pone come tre fiamme che scaturiscono dalla terra, come simbolo e testimonianza dell'essere questo paese appunto la terra del fuoco, materialmente, visto che giace sopra un mare di idrocarburi e spiritualmente, come madre e sviluppo delle religioni che proprio il fuoco adoravano e ponevano alla base della loro cosmogonia e anche visti da vicino e da sotto si manifestano in tutta la loro maestosità fatta dal rispendere delle pareti incurvate di specchi che riflettono il mondo antico e moderno che li circonda. 

Promenade

Quasi duecento metri la più alta e poco meno le altre due, si pongono orgogliosamente sulla collina ad attrarre lo sguardo di tutti i visitatori della città segnandone il centro spirituale moderno. Vero è anche che le malelingue dicono che a parte il grand Hotel a cinque stelle Fairmont, le altre due torri, predisposte per uffici e appartamenti di lusso, sono praticamente vuote ed invendute, ma il colpo d'occhio da qui è notevole ed una visita della città non può prescindere da un giro quassù dove si può arrivare anche dal basso tramite la teleferica. Inoltre c'è poi il bel parco panoramico Dagustu, che le circonda, dove non si può mancare di dare un'occhiata all'interno alla piccola e antica moschea di Hazi Aslanov Qubirustu Abidasi, che si riflette nella facciata della torre maggiore con un effetto di contrasto impareggiabile. Superata la minuscola edicola in marmo dedicata alla lavanda dei piedi, si entra nella piccola sala di preghiera, raccolta attorno al mihrab, mentre le signore, che entrano in una porticina laterale accedono al matroneo superiore dal quale si può invece vedere la sala dall'alto. Poi si percorre il parco a alato, verdissimo, fatto di una serie di scalinate che danno sul porto e sul Boulevard in fondo al quale spiccano i nuovi lontani grattacieli, compreso quello ad anello, uno dei prodigi della tecnica costruttiva in cui ormai i nuovi architetti cercano di superarsi l'un l'altro. 

I giardini

Dopo il lungo viale degli eroi dedicato alle vittime dei brevi ma sanguinosissimi momenti degli scontri con l'esercito russo che avvennero in città nel '92, al momento dell'indipendenza, un vero cimitero costellato di lapidi con grandi fotografie, si può continuare la passeggiata tra famigliole che passano un momento di sosta e spose che vengono a fare le foto con gli sfondi più evocativi. Una in particolare, agghindata in un misto tra il bianco vestito moderno e occidentale, con la larga gonna plissettata. ma coperta di un altrettanto bianco velo islamico, mi sorride continuamente mentre la fotografo, perfetta sintesi di un mondo a cavallo tra due colture che forse vorrebbe decidersi tra i contrasti dottrinali e culturali e il farne una sintesi definitiva che raccolga il meglio dei due atteggiamenti. Chissà se sarà questo il destino delle nostre culture, una sintesi che metta finalmente da parte attriti e dissapori. A questo punto ci spingiamo più a sud sulla strada che esce dalla città, per arrivare al promontorio dove sorge l'altra grande moschea cittadina, la Bibi-Heibat, completamente ricostruita dopo l'indipendenza, sulle ceneri di quella del XIII secolo, rasa al suolo dai bolscevichi nel 1936. La situazione fu curiosa in quanto, nella furia antireligiosa di quel periodo storico, furono minate e fatte saltare anche la cattedrale ortodossa e la chiesa cristiana, salvo il fatto che subito dopo il governo decise che i monumenti storici dovevano essere protetti e di conseguenza l'amministratore Salamov, responsabile del misfatto fu condannato a 20 anni di Siberia. 

Sala di preghiera

L'edificio, moderno ma costruito secondo i dettami della tradizione, sorge sulla tomba della figlia di Ukeyma Khanum, il settimo Imam sciita, qui arrivato per sfuggire alle persecuzioni del califfi e nota anche come la Moschea di Fatima, come la ricorda Dumas dopo la sua visita, quando scrive che il sito era meta di pellegrinaggio per le donne infertili che invariabilmente riuscivano a rimanere incinte nell'anno successivo. Anche qui tra turisti e fedeli c'è parecchia gente, vista anche la bellezza delle grandi sale interne che si sviluppano sotto le tre grandi cupole, ricostruite secondo il modello dell'antico  progetto con i due minareti. Le persone all'ingresso che controllano l'accesso sono molto cordiali, anche se subito ci prendono come israeliani, che evidentemente arrivano qui in gran numero. La parola Italia, spalanca grandi sorrisi oltre che vigorose strette di mano. L'interno è davvero monumentale, tra la distesa di bei tappeti coloratissimi ed i raggi di luce che penetrando dalle finestrature delle cupole, illuminano angoli segreti delle sale e i tre cenotafi del mausoleo, dove i fedeli si raccolgono in preghiera. Anche dal vasto sagrato antistante, il panorama è mirabile, anche se a tutto contribuisce una bella giornata di sole. A questo punto non ci resta che scendere verso il porto.

Il mausoleo

SURVIVL KIT

Ingresso

Da vedere a Baku - Oltre alla città vecchia che può occuparvi da mezza ad una intera giornata, considerate un  giro di almeno un' altra giornata completa che comprenda l'Heydar Aliyev Center (ingresso 15 M), il centro pedonale a piedi (Fountains Square), la zona delle Flame Towers, col panorama sulla città e la bella Moschea Hazi Aslanov Qubirustu Abidasi, col vicino Dagustu Park che offre le migliori panoramiche della città. Qui c'è anche la teleferica per salire e il viale dei Martiri. Poi in basso abbiamo il Museo del tappeto a forma appunto di un tappeto arrotolato e il parco lungomare detto Boulevard, oltre alla  sfilata dei moderni e avveniristici grattacieli che stanno sorgendo ovunque in città. Ancora la Moschea di Bibi-Heibat, di recente costruzione, anch'essa in posizione che consente belle viste sulla città. In uno dei giardini lungo mare merita anche la visita a quello che fu il primo pozzo di petrolio commerciale del mondo e anche un giro al grande Mall a forma di fiore sul porto che racconta la Baku del futuro, di fianco a quella che viene chiamata piccola Venezia un sistema di canaletti dove le coppie amano andare a fare un giro in barca tra fiori finti e cemento; almeno avessero messo delle finte gondole, invece dovrete contentarvi di finti gondolieri a motore. Si può concordare un giro per tutta la giornata per 4/6 persone a 130 M.

Dal matroneo


I giardini

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Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 122 (a seconda dei calcoli) su 250!