mercoledì 3 novembre 2010

La vendemmia è finita.

La vendemmia ormai è finita da tempo. Passavo ieri di fianco ai filari ormai spogli, dove le foglie morte hanno fatto un tappeto scivoloso e marcescente a preparare nuova vita dopo la pausa del gelo. I tralci ormai induriti e neri, si allungano sui fili di metallo dove con disperazione avevano cercato di aggrapparsi, forse per sfuggire al ciclo della vita, un opporsi inutile prima di lasciarsi andare quietamente al ritmo imposto dalla ruota del tempo. Quanta chiacchiera inutile. Mi piace parlarmi addosso. Forse è nata lontano nel tempo questa mia disposizione ad allungare la parola, mentre ero così in difficoltà a riempire le tre paginette dei temini che la professoressa Grosso, alle medie, mi quotava sempre con un tristanzuolo dal 5 al 6. Chissà quando scattò il trip. Un bel giorno, si era già al Liceo, col mio amico A. decidemmo di guadagnare qualche soldino, più per bramosia capitalistica che per reale necessità, in quanto i ragazzi, allora, non spendevano soldi per divertirsi.

A Bruno, un paese delle vicinanze, cercavano braccia giovani per la vendemmia. Dato che allora non c'erano a disposizione né Moldavi, né Africani e gli Italiani facevano ancora finta di meravigliarsi per i razzisti americani, commuovendosi per Indovina chi viene a cena, ci demmo disponibili. La scuola cominciava ad Ottobre allora, così nell'ultima settimana di settembre, io e A. grazie al suo Galletto Guzzi, ci presentammo al vignaiolo che, dopo averci squadrati, studentelli di città, quindi faticatori poco credibili, ci mise in mano un paio di cesoie e una cesta e ci indicò i filari dove cominciare il taglio. Era una vendemmia umida e la nebbiolina gelida mi penetrò subito i vestiti da città e la spessa camicia di flanella che la mamma mi aveva amorevolmente fatto indossare. Il filare era in salita e arrancare pianta dopo pianta nelle zolle fangose che parevano imprigionarti il piede senza restituirti la scarpa ad ogni passo, sembrava impresa impossibile. La sinistra prendeva il grappolo già marcescente e la destra recideva maldestramente il tralcio, prima di deporlo nella cesta, cercando di eliminare le foglie, strappandolo in maniera inesperta ed ergonomicamente sbagliata dalla pianta, cosa che raddoppiava inutilmente la fatica. Dopo un'oretta avevo tutte le dita tagliuzzate, la schiena in pezzi; gelavo ed ero tutto sudato allo stesso tempo. L'ansimare continuo e inabituale mi illustrarono con molta chiarezza, fin dalle prime ore del mio primo giorno di lavoro, quanto fosse bassa la terra.

Al termine della settimana, non apprezzai più di tanto, quel sabato sera, la cena offerta di fine vendemmia, che era computata per contratto assieme alle 30.000 Lire pattuite, per i sei giorni di duro lavoro e che non erano neanche poco, per la verità. Diciamo che non me le godetti un gran ché. Niente soddisfazione per il soldo guadagnato col sudore della fronte, niente gioia per il giusto compenso dell'onesta fatica. Solo stanchezza, e voglia di tornarmene a casa. Chissà se fu allora che le mie aspettative di futuro, presero la strada di dedicarmi alla chiacchiera e di farmi guardare con sospetto tutti quelli che magnificano la gioia del lavoro, generalmente quello degli altri. Anche piantare un chiodo, mi da un sottile senso di fastidio. Lo so, son fatto male, noi fancazzisti, siamo un tarlo della società calvinistica, bachi grassi e inutili che infestano le gioiose mele del giardino promesso, che le guastano irrimediabilmente, resistenti ad ogni antiparassitario (biologico naturalmente) e guardati con un certo disprezzo da un mondo che ha innalzato il lavoro (degli altri) a valore unico e supremo. Come diceva Bertrand Russel (e sottilinea l'amico Simone da Hong Kong):
Il concetto di dovere, storicamente parlando, è stato usato da chi deteneva il potere per indurre gli altri a vivere per l’interesse dei propri padroni piuttosto che per il proprio...Il tempo libero è necessario alla civiltà, e in tempi passati lo si garantiva a pochissimi grazie al lavoro dei tanti. Ma gli sforzi dei tanti erano preziosi, non perché il lavoro è bene, ma perché il tempo libero è bene. E con la tecnologia moderna sarebbe possibile distribuire il tempo libero in maniera equa e senza danno per la civiltà.

Lo so anch'io che è utopia, sono un pigro, mica uno stupido. Però ogni tanto ho voglia di sognare. Scusatemi.


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7 commenti:

Anonimo ha detto...

bello il tuo post,ahimè anche l'autunno stà per finire ,speriamo che non faccia tropo freddo ciao un saluto Chiara

acquaviva ha detto...

non so quanto il lavoro "nobilti" l'uomo, certo è che educa l'adolescente... (anche femmina, come ti posso testimoniare io, nei mesi estivi dei tempi del liceo...)
PS: la parola da digitare per il commento è "lazing"...

Primo Estinto ha detto...

Mi hai costretto,curioso come sono, a cercare la localita' Bruno su google maps....a Incisa Scapaccino ci sono stato una volta,tempo fa,molto bella la zona e si mangia bene.Sono in molti ad esaltare il lavoro(degli altri)il lavoro dei campi e delle vigne e' durissimo,me ne accorsi piccolino quando il babbo mi faceva buttare via i sassi della terra che era intento a vangare.Attendo sempre con piacere i tuoi racconti, come fossero gli articoli del settimanale locale.

Enrico Bo ha detto...

@Viagg.- Grazie Chiara, grazie per la visita, Mi sa che anche l'inverno sarà duro. Era glaciale in vista!!

@Acqua - Di certo fa capire che i soldi costano fatica, almeno per la ,maggior parte delle persone.

@Primo - Troppo gentile. E' zona da funghi e da tartufi, oltre che da buon vino. Ma quando vai in Montenegro?

Ambra ha detto...

Ciao Enrico.
Leggo con un po' di ritardo ma oltre al volontariato ho anche degli impegni professionali e a volte non ce la faccio a fare il mio giro dagli amici blogger.
Leggerti è sempre un piacere, il tuo stile poi oltre al contenuto è sempre molto coinvolgente.L'espressione "la terra è bassa" mi ricorda quando, bambina, ero sfollata con i miei sopra il lago di Como presso il fondo di un contadino che mi spiegava appunto che la terra è bassa. Un ricordo dolce, anche se credo pproprio ci siano dei lavori durissimi. Senza dimenticare che sopra l'ingresso del campo di concentramento di Mauthausen, mi sembra, campeggia la scritta "Die Arbeit macht frei" Il lavoro ti rende libero - massimo dell'ironia funerea.

Anonimo ha detto...

Caro Enrico, ti leggo sempre volentieri anche se non lascio mai i miei commenti primo perchè non sono molto pratico e poi perchè sono sempre di corsa.
Moto bello fare la vendemmia, io la facevo da piccolo in Sicilia quando ero in vacanza ed ho dei bellissimi ricordi; poi l'ho fatta in Veneto in un piccolo appezzamento di terreno e non vedevo l'ora di iniziare per far vedere come facevo in fretta a tagliare i grappoli, ma quest'anno hanno sradicato il piccolo vigneto perchè il padrone ha il diabete e non può più bere vino.
Pazienza! Qui in Piemonte ho fatto la vendemia da parenti di una mia amica ma è durata solo una giornata, poi si è pranzato tutti insieme nella cascina ed abbiamo fatto festa sonando il piano e recitando; quindi di lavoro solo poche ore e di divertimento tanto. Il prossimo anno, sempre gratis come tutte le cose che faccio, si potrebbe andare tutti in gruppo a vendemmiare se conosci qualche cascina che desideri aiuto gratuito organizza pure io ci sono. CIAO RAF

Enrico Bo ha detto...

@Ambra - Grazie sei molto gentile. Io ho sempre dubitato di quelli che ti dicono di lavorare sempre 12 ore al giorno. Mi guarda da questa gente , sono pericolosi in tutti i sensi. Se ne lavori 8 seriamente, ne hai più che abbastanza.

@Raf - Al limite io vengo alla festa (con relativa cena ) sempre gratuitamente eh.

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