giovedì 3 dicembre 2015

Ritorno a Delhi


Delhi - Coclorsciò a Chandni Chow


Trasporti
E così, tra il lusco e il brusco, eccoci arrivati a Delhi, punto da cui cominciare a dipanare un gomitolo che mi porterà lungo un giro anulare studiato in lunghi mesi di ozio, con mille e mille aggiustamenti successivi, ad avere un idea quasi completa del Rajastan e del Gujarat, due stati, come già detto molto diversi tra di loro, seppure confinanti e di cui cercherò di darvi conto nelle prossime settimane. Ci sono già stato, è vero, e al di là del contatto fugace avuto trenta anni fa esatti, rimane il fatto che sono a Delhi per la quinta volta e qui si apre una discussione. Ma, con tutto il mondo che rimane da vedere e che con ogni probabilità, visti i corrispettivi anagrafici, rimarrà per me terra incognita per sempre, vale la pena o no ritornare in un posto già visto? Io credo che l'unico lato negativo rimanga appunto il fatto che, tornare sul luogo del delitto, toglie spazio ad altre esperienze, per il resto ci sono tanti punti a favore della cosa. Intanto, risveglia ricordi ed emozioni sopite o messe in un angolo nel bailamme dimenticatorio della mente ormai confusa dalle troppe informazioni; poi è certo che in ogni esperienza successiva vengono inseriti spazi dimenticati o esclusi per mancanza di tempo nelle visite precedenti. Infine, e credo che questo sia il punto più interessante, consente di poter valutare, cosa impossibile per una sola visita che per così dire, congela l'attimo, i cambiamenti successivi che la società moderna impone dappertutto, questi ancora più sconvolgenti e rapidi quando si parla di Oriente, dove, negli ultimi decenni, l'evoluzione è stata talmente angosciosa, da avere la sensazione a distanza di qualche anno di visitare luoghi completamente nuovi e diversi. 

Traffico nelle vie di Old Delhi
L'India ha avuto mutamenti epocali in questi quaranta anni passati dalla mia prima visita e anche la Delhi in cui sono stato, l'ultima volta dieci anni fa, è davvero cambiata nell'aspetto e forse anche nell'anima. Non ha perso certo nulla della confusione obbligata dal sovrappopolamento in continua crescita, tipico di tutte le megalopoli del mondo, ma questa è diventata più cruda, forse più violenta, sostituendo gli scoli delle fogne a cielo aperto ed i mucchi di immondizia in putrefazione, con un traffico infernale e caotico, che fluisce senza regole, con un inquinamento acustico difficilmente sopportabile, mentre l'odore di spezia e di marcio viene sostituito dalla polvere e dal fumo acre degli scappamenti. La gente di strada che a Calcutta popolava i marciapiedi come una casa accettata, facente parte a pieno titolo di una società fatta in quel modo, lavandosi alle pompe predisposte allo scopo lungo i viali e preparando le attività della giornata, qui appare come un rifiuto marginale, un lurido scarto, nero di sporcizia, ingombrante e parassitario, che abita gli angoli più scuri, quasi a togliersi dalla vista, mimetizzando stracci e teli di plastica tra le macerie dei ponti della metro o delle mille opere incompiute o in corso di completamento che ingombrano i viali ed i corsi ormai spaziosi e diritti della grande capitale. 

Posteggio
Gli stessi continui avvisi fatti a turisti e locali sulla presenza di borseggiatori o sull'attenzione da prestare negli spostamenti, stupiscono chi aveva l'abitudine di saltare a qualunque ora della sera, sul primo tuk tuk di passaggio, senza preoccupazioni di sorta. Il cambiamento che ti assale già nel nuovo e squillante aeroporto, del tutto simile ai suoi moderni omologhi che costellano le grandi capitali dell'Oriente, lo ritrovi nelle sconfinate periferie dove la furia edilizia si scatena in serie infinite di città satelliti tutte vetro e insediamenti di industrie straniere alla ricerca di bassi salari e impiegati qualificati, alternandole a dormitori magari lasciati a metà, con le occhiaie vuote delle finestre che attendono mute la fine di una crisi e forse anche qui ha frenato lo sviluppo infinito delle previsioni. i tondini di ferro che arrugginiscono a vista d'occhio, spuntano dagli ultimi piani, speranze incompiute, dita lunghe corrose dalla malattia della speranza di crescere che rimangono mute a grattare il cielo in attesa. Resta il fatto che la città è tutto un caos agitato, in cui respiri con difficoltà e devi continuamente alzare la voce per farti sentire dal tuo vicino. Anche se le vacche sacre sono state esiliate fuori delle periferie, devi sempre guardare dove metti i piedi per non finire in buche trappola o inciampare nei detriti di ogni genere, lasciati dappertutto come traccia di un arredo urbano unto di trascuratezza e mancanza di attenzione, da ogni opera appena finita, che la mancanza di completamento o il rifiuto del concetto di manutenzione, comincia a far sgretolare dal giorno successivo alla sua inaugurazione. 

Distribuzione elettrica
Su ogni cosa un velo nero, fuligginoso, unto, che sporca le mani e le coscienze e che non ha neppure la speranza di imputridire scomparendo con l'arrivo dell'atteso monsone, che lavava corpi ed anime, essendo un tempo in massima parte organico. Carta, plastica, imballaggi sminuzzati in frammenti sempre più minuti e meno riconoscibili si ammucchiano negli interstizi, negli angoli, lungo ogni anfratto visibile, senza che nessuno li raccolga, abituati culturalmente al fatto certo che normalmente ci pensava la natura. Al massimo quando si ammonticchiano davanti a qualche negozio un poco più lussuoso, vengono spostati di malavoglia con colpi di scopetta, dall'ultimo addetto con la schiena piegata a causa del manico corto e buttati di fronte al negozio vicino o in mezzo alla strada in attesa che la prima macchina che passa li faccia rivolare al loro posto iniziale. Si vedono chiaramente i segni di un considerevole aumento della disponibilità di beni di consumo, segno che la società avanza, ma questi paiono servire soltanto a soddisfare una parte di beneficio materiale di superficie che trascura come meno importante, tutto quanto riguarda la qualità di vita. Ci sono ancora tante cose da dire, intanto vedremo anche come si pone la realtà del paese al fuori di qui, nelle aree rurali e nella provincia. Certo che non mi piacerebbe vivere e lavorare in questo posto. Ti dà l'impressione che sia davvero faticoso.

Davanti al tempio

SURVIVAL KIT

Sul tuktuk
Hotel Good Times - 8/7 WEA - Karol Bagh - Doppie attorno ai 50 €. Si tratta di una soluzione abbastanza economica per la capitale ed abbastanza interessante. Anche se è lontano dal centro e dalla Old Delhi, bisogna considerare che è nel pieno del mercato di Karol Bagh. Camere piccoline ma completamente rinnovate e funzionali, infatti i giudizi negativi si riferivano, secondo me, al periodo precedente al rinnovamento. Buon bagno con doccia separata. AC, TV, frigo, ventilatore, Free wifi buono, anche se meno nelle camere. Cercate di non farvi dare le camere senza finestra, anche se quelle sulla strada sono un poco più rumorose. Personale gentilissimo e prodigo di consigli, in particolare il manager Mohit Jaiswal.. Colazione completa e ricca, continentale con buffet indiano. Anche il ristorante non è male anche non veg, piatti principali attorno alle 3/400 R. 

Scuolabus


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7 commenti:

Unknown ha detto...

Invidiandoti—a tua detta misura—per quelli che tu chiami uno studiato in lunghi mesi di ozio e cosa del tu pare mai ne soffra, una cosa imbecille—e con permesso—al ti c'aggiungo

Ma quanto s'assomiglia, il sedicente illuso il sapiens-sapiens, dovunque tu la spieghi la tua vela

Un desiderio
Amerei tu dicessi di quegli oppiacei elaborati dèi da perdilà che se ne vanno a esercito

Un saluto

Mimì ha detto...

Sono concorde con te Enrico, sugli aspetti positivi e costruttivi del ritornare nello stesso luogo!
Delhi, poi...spesso è punto di partenza per girovagamenti in India!
E fare il punto della " modernizzazione " in Oriente...è sempre un esercizio costruttivo!
Grazie...continuerò a leggere "il resto"..
Buona serata
Domenica Palamara

Mimì ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Enrico Bo ha detto...

@Dom - Grazie ci darò dentro. vediamo cosa ne esce.

@Tent - oggi sei più oscuro del solito, precisa. Militari nostri?

Unknown ha detto...

Tu mi devi scusare, caro Enrico, se la gran moltitudine di dèi che ci son là—tra verdi, gialli, a sette braccia, magri e grassi, a testa di elefante—li ho chiamati un esercito invece di scrivere 'quella gran moltitudine tremenda e prepotente' ch'essi sono

Un saluto
Paolo

Enrico Bo ha detto...

Di dei ne parleremo a lungo , sta tranquillo e templi e folla cieca che percorre anche se le braccia son sempre pari!

Unknown ha detto...

Pari da braccia e un grazie che ti attende a dopo un ciao

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