L'ingresso della fortezza di Kumbhalgarh |
Il forte |
Ormai le grandi strade che attraversano le pianure
indiane, pur con tutti i limiti qualitativi che si devono considerare,
permettono di raccorciare le infinite percorrenze di un tempo e questo, sebbene
sia un vantaggio, toglie una parte del fascino al viaggio indiano. E’ lo
svantaggio che ti impone il progresso, benedetto o maledetto che sia, così
quando la struttura del terreno o l’isolamento di cui gode qualche località, ti
costringono ad una rotta che impone antiche stradine, il ritrovato andamento
lento, ti riporta a ritmi passati che ti fanno riconsiderare il piacere di
conoscere un paese più da vicino. Queste antiche vie contorte ed altalenanti
sono necessarie quando ti infili tra le colline degli Aravalli, la bassa catena
montuosa che corre nel sud del Rajastan, corrosa dal monsone estivo e dalla
insolente calura dei mesi precedenti. Sono stradine strette e malandate che
portano da un villaggio all’altro di un India rurale popolata soltanto da
mandrie di bianchi zebù e greggi belanti condotte da pastori Rabari vestiti di
bianco con enormi turbanti rossi, da campi spogli di rado e assetato cotone,
cereali poveri e piccoli legumi scuri. Case cadenti con intonacature ormai
dimenticate, aie polverose dove giocano bambini stanchi e coperti di stracci.
Solo le vesti delle donne sono ricche di colori violenti e le loro braccia
ricoperte quasi completamente di lunghe file di braccialetti di plastica
bianca, epigoni smarriti dei cerchi di avorio che già 40 anni fa, al tempo
della mia prima venuta da queste parti, erano in via di estinzione e si
trovavano in transumanza sulle bancarelle di robe vecchie. Qui vedi la vita
vera che prosegue sempre uguale da millenni, con l’unica novità penetrata con
violenza inarrestabile dell’ultimo decennio con l’arrivo del telefonino, un fenomeno
assolutamente impensabile e difficile da interpretare anche nelle sue
implicazioni future. Così in mezzo a questo mondo trovi cose imprevedibili e
inselvatichite che sarebbe senza senso perdersi. Forse queste aree erano ancor
più difficili un tempo, ricoperte di jungla fitta, gioia e dolore per le corti
di quel tempo, con le loro caccie da favola che affascinavano i visitatori
occidentali. Erano la sede dei regni Rajput, i grandi guerrieri del nord ovest
indiano, i soli che riuscirono in qualche modo ad apporsi all’avanzata Moghul. Qui
la dinastia Mewar, nel 1500 seppe costruire fortificazioni di dimensioni tali
da rivaleggiare con le muraglie cinesi, che al contrario di queste, in molti
casi, seppero resistere a lungo.
Un cortile |
Kumbhalgarh è forse la fortezza più colossale
che sia rimasta a testimoniarne la potenza con i suoi 36 chilometri di lunghezza,
rimasta in perfetto stato di conservazione. Rimane una esperienza unica salire
su questi bastioni ciclopici e perdere lo sguardo nel seguire le curve sinuose
dei muri che scavalcano le asperità della montagna, estendendosi nei punti più
arditi per rendere scosceso e vertiginoso il lato da cui doveva giungere l’assalitore.
Scalinate ripide e lunghi ed ondulati passaggi dove ancora ti par di udire
scalpiccio di zoccoli ferrati o clangore di corazze, assieme al rombo dei
cannoni che inutilmente hanno tentato di fare breccia in muraglie di pietra
spesse fino a dieci metri. Le costruzioni della fortezza cingono la cima del
colle più alto, al di sopra del portale gigante circondato da torri con le basi
tonde e debordanti. Dall’alto della torre maggiore domini valli successive che
si perdono in un orizzonte ceruleo in cui la foschia tende a confondere terra e
cielo. All’interno della vastissima area, un terreno aspro e praticabile solo
attraverso difficili sentieri e punteggiato da centinaia di templi, molti in
rovina, altri ancora in attività delle più diverse epoche, alcuni risalenti
addirittura al periodo Maurya del II secolo a.C.
Una sala di Ranakpur |
Un luogo dove rimarresti per
ore sulle torri o tra i merli dei bastioni ad ascoltare il frinire delle cicale
cercando di sentire echi lontani, sonagli dorati di danzatrici n veli
trasparenti, rumor di battaglie, grida di uomini, sibilo di palle di cannone,
barriti di elefanti in partenza dietro alle schiere di battitori in cerca della
tigre. Un mondo perduto che ha fatto la storia e la letteratura. Mentre
ripercorri i tornanti verso la valle continui a volgere la testa indietro per
non perdere anche un ultimo scorcio di questa bellezza, ma continui ancora per
stradine e viottoli, scendendo la valle fino al grande tempio jain di Ranakpur,
un’altra perla smagliante, un ennesimo capolavoro di marmo traforato avvolto
dal verde della vegetazione che lo circonda. E’ uno dei più grandi e pieno di pellegrini
che vengono qui di certo per pregare, ma che non riescono certo a rimanere
insensibili di fronte alla raffinatezza dei lavori compiuti da eserciti di
artisti artigiani che qui hanno operato. Le colonne e le statue che circondano
cortiletti e corridoi, sono una continua esibizione di elementi che da soli
meriterebbero una deviazione. Ero stato qui trenta anni fa e certamente il
luogo è cresciuto parecchio con una serie di costruzioni religiose e di
assistenza commerciale al pellegrino che nel frattempo è cresciuto di numero e
di certo anche in potenzialità economica. E’ il destino normale per tutti i
grandi luoghi di culto. In fondo anche la fede è business e alla fine fa comodo
a tutti.
Il tempio |
SURVIVAL KIT
Soffitto |
Forte
di Kumbhal – Ingresso 100 R. Di certo la fortezza più grande del
genere ancora più vasta di Chittorgarh, benché meno famosa. 36 km di mura
perfettamente conservate alte oltre dieci metri, scandite da torri ciclopiche
dalle basi curiosamente rigonfie, sui cui camminamenti potevano passare drappelli
di otto cavalli affiancati. E’ possibile percorrere l’intero circuito in circa
2 giorni. Da vedere la fortezza che sorge sulla collina vicino all’ingresso con
i suoi diversi ambienti e cortili che dominano la valle. Si possono visitare
anche diversi templi ben conservati nei pressi dell’ingresso principale sui
circa 360 esistenti all’interno del perimetro. Possibilità di escursioni a piedi
e di safari nella jungla circostante che ospita il Kunbhalgarh wildlife
sanctuary con leopardi e pare qualche tigre, oltre a molti altre specie di
mammiferi selvatici. Qui è stato anche Kipling che racconta queste caccie
sontuose nei suoi libri.
Tempio
di Ranakpur – Ingresso 200 R + !00 per m/c foto. Tempio
jainista del XV secolo dedicato ad Adinath, molto famoso che sorge ai piedi
degli Aravalli a 75 km da Udaipur. Capolavoro di marmo dalle sculture raffinate
(ma meno lavorate dei templi di monte Abu), è molto affollato di fedeli e conta
29 sale, 80 cupole e 1444 colonne riccamente scolpite. Altri templi minori sono
all’interno di quello principale, tutti comunque egualmente grandiosi. L’accesso
è piuttosto controllato da militari, si viene perquisiti ed è vietato
introdurre oggetti di cuoio, sigarette e ovviamente scarpe. Risalendo la valle
per 12 km si può arrivare a Kumbhalgarh. Da Ranakpur si può comodamente
proseguire per Jodpur.
Le colonne |
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2 commenti:
Ranakpur avec vous il y a 30 ans ??
Jac.
exactement la-bas!
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