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Principe - Praia Burra - Maria |
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Albero del pane |
Principe ha davvero la caratteristica di quelle isole dove ti immagini naufrago alla Robinson, piccolissima per essere quasi deserta , ma abbastanza grande da poterla esplorare per trovare mezzi di sopravvivenza o un qualche Venerdì che ti dia compagnia. Mentre la parte sud è praticamente inaccessibile, sia dall'interno che dal mare, coperta com'è dalla foresta fitta e a causa dei rilievi dei suoi picchi elevati che emergono dal verde come pani di zucchero grigi e corrosi dalle piogge, la parte nord è un misto tra piantagioni in disarmo e qualche campo coltivato in mezzo alla foresta che termina generalmente con un'alta scarpata sulla costa rocciosa, fatta di anfratti e rientranze all'interno delle quali si intravedono deliziose spiagge di sabbia dorata. Di tanto in tanto attraversi gruppetti di capanne o baracche isolate con alle spalle un orticello che si perde nel verde più fitto. Le strade altre l'aeroporto sono sterrate e impegnative da percorrere specialmente dopo la pioggia. Tuttavia guidare su queste balze tra curve e controcurve, con la strada a volte sbarrata da grandi tronchi, su un tappeto di foglie secche cadute da poco, è un gran divertimento, ti dà un senso di esplorazione, che poi è più che altro fittizia in quanto, prima o poi arrivi alla costa e l'isola è così piccola che è impossibile perdersi. Ci dirigiamo subito verso Belo Monte, la più famosa roça, oggi trasformata in albergo di lusso, ma la aggiriamo verso nord arrivando fino a un bellissimo mirador che dà direttamente sull'oceano. La vista è spettacolare; sotto ad un centinaio di metri più in basso intravedi le chiome degli alberi che coronano praia Banana, una delle più famose dell'isola e dalla forma inequivocabile che mostra da quassù, capisci immediatamente l'origine del nome.
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Pepe selvatico |
Al fianco della balconata parte una stradina in forte discesa che evidentemente porta alla spiaggia stessa, ma Rico ci ha sconsigliato di scendere con l'auto, pena, dato il fango, di non riuscire a risalire, certo sarebbe umiliante dover ritornare alla base in qualche modo, confessando di aver dovuto abbandonare il nostro Jimmy sulla spiaggia. Ma non è una grave rinuncia, tenteremo di arrivarci domani direttamente dal mare. Anche per praia Macaco è la stessa cosa, così facciamo un lungo giro nella foresta, godendoci appieno questa ambientazione unica, ricchissima di varietà di alberi colossali, di erbe gigantesche e di piante epifite che si arrampicano sui tronchi, tra felci e radici aeree. Qualche tronco è completamente nascosto da foglie simili ai nostri Potos, altri svettano nudi e ancorati al suolo da radici lamellari che si stendono a terra come zampe di candelabri. Qua e là intravedi banani coi caschi ancora in formazione, alberi del pane con i loro frutti tondeggianti che pendono a centinaia trattenuti da gambi sottili e lunghissimi. E ancora vecchie piante di cacao coi frutti già pronti da cogliere, robusti jackfruit con la loro mostruosa infruttescenza puntuta accostata direttamente al tronco, manchi selvatici che svettano fino a trenta metri di altezza. A terra tra foglie marce e tronchi in disfacimento, trovi residui di ogni tipo ed in tutti gli stadi della loro vita, mentre appena sotto lo strato visibile, ecco un brulicare di vita saprofitica, che si sta incaricando di trasformare, digerire, smaltire tutto questo, secondo un ciclo implacabile che si nutre di se stesso. La foresta ti appare come un organismo vivente unico nel quale ogni parte funge da organo incaricato di qualche funzione per fare funzionare il sistema.
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Trancio di razza |
E, come se non bastasse, su tutto regna la bellezza, fiori di ogni tipo e soprattutto dimensione, dipingono un quadro spettacolare che cambia ad ogni curva, mostrando ogni volta il meglio di sé. Fiori pappagallo, rosas de porcelana, grandi campanule rosa che pendono come abatjour liberty, piccoli racemi bianchi e profumatissimi, che si arrampicano su tronchi isolati, forse pepe selvatico, questo luogo appare proprio come il paradiso di un botanico in cerca di piante rare da portare a casa per il suo giardino esotico. Capisco i viaggiatori dell''800 che ricreavano poi in Europa questi ambienti speciali, forse consci di quello che avevano visto e irrimediabilmente perduto. Intanto la pista scende lateralmente al costone e arriva, seguendo una spaccatura creata di certo dalla forza delle acque e dalle frane successive e che finalmente si allarga spianandosi in un grande cono di deiezione sulla praia Burra, dove tra gli alberi ci sono, ammonticchiate, le baracche di un paesetto di pescatori. Sulla spiaggia un paio di barche dove si distribuisce il pescato; sulla più grande il pescatore, con la maglietta del partito che ha trionfato alle elezioni, sta offrendo una razza tagliata a grandi tranci da due o tre chili. Riesci ad immaginare quanto dovesse essere grande questa maestosa regina dei mari, dallo spessore dei pezzi ammonticchiati sul fondo della barca, a terminare il suo ciclo alimentando il predatore ultimo, senza più avere la possibilità di volare tra le onde con le sue curve perfette, giocando a rimpiattino con le sue compagne più fortunate, sfuggite questa volta alla mattanza.
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L'airone nero di praia Burra |
Qualche bambino ci guarda, mentre mi complimento col pescatore per la sua preda, che sorride compiaciuto, probabilmente per lui è stata una buona giornata. Ci allontaniamo però inosservati e senza destare particolari curiosità. La spiaggia è lunghissima e presto usciamo dalla vista delle case, perdendoci tra le rocce che scendono fino in mare, quinte nere che formano un dedalo di corridoi in cui l'onda si infila tranquilla, carezzandoti i piedi. Non piove più, anzi è uscito un bel raggio di sole che subito colora le acque di turchese e lasciarsi andare in quella che a tutti gli effetti è una piscina naturale, lascia senza fiato e ti toglie ogni voglia di ritornare a riva. Un ragazzino arriva dal bosco e si siede vicino a noi mentre ci stiamo asciugando. Rimane lì un po' a giocare coi sassi, senza dire una parola, ci guarda a lungo, ma senza occhio curioso, come consapevole del nostro renderci conto di stare assaporando un privilegio. Poi se ne va e scompare dietro le rocce che delimitano la fine della spiaggia, rientrando tra le frasche più fitte, per dove non ci è dato sapere. Solo e quasi nascosto dietro ad un enorme blocco di lava nerissimo e contorto, un grande airone nero anch'esso, come volesse camuffarsi per non essere riconosciuto, zampetta sul bagnasciuga, le lunghe zampe sottili che quasi affondano nella sabbia d'oro, poi volta il becco aguzzo verso di me, inatteso compagno, forse sgradito, si gira e allarga le ali per spiccare un volo radente alle onde e scompare anche lui nel bosco. Questo è un luogo assolutamente magico e raramente ne ho visti altri simili in giro per il mondo. In sincerità, non ho nessuna voglia di andarmene da qui, ma mi ero fatto un programmino e chi può dire che non si scoprano proseguendo, luoghi ancora più entusiasmanti.
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Praia Burra |
La strada infatti prosegue rientrando nel fitto degli alberi e risale verso l'interno, poi dopo le casupole di Santa Rita, una deviazione indica la pista verso Praia Bom Bom, che si raggiunge in meno di tre chilometri. Assieme alla sua gemella Praia Santa Rita, le due falci di sabbia si allargano ai lati di un piccolo promontorio collegato alla minuscola Ilheu Bom Bom, che le protegge dalle onde più forti, proprio di fronte. La strada termina subito dove comincia la spiaggia con una sbarra, infatti qui stanno sistemando un albergo, così almeno appare dalla fila di piccoli bungalow in legno che stanno sorgendo lungo la spina dell'istmo, dove comincia un ponticello che arriva sull'isolotto dove dovrebbe esserci una specie di ristorante. Al momento i lavori sembrano fermi e non c'è assolutamente nessuno, salvo un vecchietto in un gabbiotto che mi fa cenno di andare senza problemi. Altro bagno solitario di grande soddisfazione, e oltre non saprei davvero più dire, quando la bellezza diventa ordinarietà, ti sembra quasi di doverla apprezzare di meno ed in fondo te ne dispiaci, un po' come sprecare le cose, insomma. Quando decidiamo che è venuta l'ora di tornare, a malincuore risaliamo la riva, cercando di assorbire il più possibile quella sensazione deliziosa della sabbia che penetra tra le dita mentre il piede esercita la sua pressione nella rena. E' farina granulosa che sembra sbriciolarsi sotto di te, un tappeto vergine e morbidissimo che segni di orme profonde, come a voler lasciare una impronta indelebile, una firma del tuo passaggio a futura memoria e che invece l'onda beffarda cancella al tuo passaggio come se la tua presenza lì sia stata soltanto immaginata o peggio ancora solo sognata.
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Fiori della foresta |
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