martedì 27 dicembre 2022

São Tomé 45 - Il ritorno

Sao Tomé - Olinda



Sulla passeggiata

Oggi si fa davvero tutto con molta calma, In fondo è sempre così, l'ultimo giorno, quello della partenza per tornare a casa, è sempre fatto da un nervoso aspettare, fatto di assoluta inconcludenza e condito solamente dal senso di attesa che arrivi il momento di arrivare in aeroporto. Quindi bisogna cercare di fare ogni cosa con una imperturbabile serenità zen in attesa che arrivi il momento. Intanto stamattina non è arrivata nessuna comunicazione da TAP e mai come in questo caso, nessuna nuova, buona nuova. Così la mente vaga nel nulla mentre mastico lentamente la mia omelette al formaggio, quando dai recessi più nascosti dell'animo, si presenta improvviso e terrorizzante, un problema che ancora non avevo valutato e che nasconde risvolti incogniti e pericolosi. Infatti, l'infame comportamento della compagnia aerea, spostando di due giorni il ritorno, ha modificato la nostra permanenza totale sull'isola da 14 giorni a 16. E allora direte voi, che ci cale? E no, ecco il problema: Io che sono molto coscienzioso, benché mi fosse noto che per soggiorni fino a 15 giorni non era necessario il visto di entrata nel paese, mi ero tuttavia procurato, telefonando al consolato di Milano il cosiddetto visto breve, che è assolutamente gratuito, che mi era stato inviato due giorni prima della partenza su semplice richiesta con con apprezzabile professionalità, ma che ha la durata di soli 14 giorni e scadeva giusto l'altro ieri venerdì 21. Tutto ciò è fonte immediata di una bella preoccupazione, dato che sappiamo bene le grane che saltano fuori alla frontiera se mai arrivi con un visto scaduto anche di un giorno, multe come minimo se pure non si giunge al punto dei gendarmi con i pennacchi e con le armi. 

Negozio di extension

Ci mancava pure questa. Confabulo con la reception che mi fa spallucce, ma di certo non sono tranquillo, affatto! Ma perché bisogna sempre rovinarsi il fegato a causa dell'altrui negligenza. Va bene, in ultima analisi, non possiamo farci assolutamente nulla e secondo l'antica massima buddista, allora perché preoccuparsi. Scendiamo allora per l'ennesima volta in città tanto per dare un'ultima occhiata ma soprattutto per far passare il tempo e non pensare troppo alle galere saotomensi di certo buie e ricche di cimici e di chissà quali altri pericolosi parassiti. Al centro ci spingiamo fino all'agenzia di viaggio, dove l'altro giorno erano stati così gentili, per chiedere anche il loro eventuale parere, ma oggi, ahimè, è sabato e l'agenzia è chiusa. Riprendiamo dunque a bighellonare sulla passeggiata; ci beviamo un paio di Sumol al baretto davanti al porto, guardando la gente che passa e costruendo storie. Chissà  dove sta andando quella bella ragazza dalle treccioline dorate e dal passo veloce, forse all'appuntamento con un fidanzato che la porterà a mangiare qualcosa, oppure in qualche ufficietto polveroso a scartabellare pratiche di licenze di pesca. Sorride passando, propendo dunque più per la prima ipotesi, vista anche l'andatura. Poi passiamo ancora una volta al supermercato per tentare di consumare le ultime banconote rimaste, in qualche pacchetto di caffè e di cacao, che non sarà all'altezza di quello di Corallo o di Vaz, ma mi sembra comunque piuttosto buono. 

Il Zima Bar

L'unico problema è che sono confezionati in sacchettini di polietilene all'apparenza fragilissimi e già mi immagino che tra la pressione in valigia delle altre masserizie e la depressurizzazione della stiva, potrebbero silenziosamente esplodere in una nuvola di pulviscolo marrone che irrorerebbe senza rimedio, ogni cosa, mutande, vestiti e così via in una miscela di aromi e profumi vari. Va bé vuol dire che i problemi proprio vogliamo crearceli. Si fa una ulteriore sosta al solito locale dove ormai siamo abitué per un'ultima mousse, qui è davvero deliziosa e un ultimo succo di sapi sapi. Infine scegliamo di tornare in albergo. Comunque sia, mi rimangono ancora un po' di banconote, ripassiamo sugli angoli dove c'erano i cambisti di strada, ma naturalmente non ce n'è più traccia, dato che adesso servono, secondo la regola di Murfy. Comunque, dopo un ultimo tempo di attesa nella reception, dato che non abbiamo neppure più la camera a disposizione, si decide di andare anche se siamo ancora piuttosto in anticipo. La receptionist gentile, mi chiama Leandro, il tassista che avevo conosciuto in centro e con cui avevamo concordato il passaggio in aeroporto. Poi vado sulla strada ad aspettarlo. Ci mette un po', quasi dispero che abbia capito bene l'indirizzo o che abbia giudicato troppo pochi i 200 dobra che avevo proposto e sui quali ci eravamo alla fine accordati. Poi vedo da lontano arrivare il taxi scassato che procede lentamente quasi sbuffando, come se facesse fatica. Alla fine si carica e dopo i saluti di rito, ci avviamo. Leandro è un gran chiacchierone e comunque tra una lamentela sul governo e le sue ruberie e un'altra sulle strade piene di buche che nessuno ripara, ci trova anche il gruppetto di cambisti che hanno ripreso posizione sul solito angolo. Riesco così a sistemare le ultime banconote ad un prezzo tutto sommato onesto, 20 per Euro, ci sta. 

Miriam e Elisangela

Quando arriviamo all'aeroporto mancano ancora quattro ore alla partenza, ma c'è già un capannello di gente fuori che aspetta, dato che le porte sono ancora chiuse. Diciamo che non è uno degli scali più frequentati. Leandro, prima di lasciarci, vuole assolutamente scriverci il suo recapito Facebook, un legame ormai imprescindibile in queste fette di mondo. Poi prendiamo posto nella fila che comincia a formarsi, segno che l'aereo prima o poi arriverà, sperando che ci tiri su. Man mano che la fila si allunga, crescono anche le schiere di venditori di generi di conforto, sacchettini di cibarie di ogni genere e anche di bei mazzi di fiori dell'isola, che qualcuno compra per portare forse con sé l'ultimo ricordo scolpito nel petali carnosi delle rose de porcelana. Il cielo verso ovest presenta una serie di sfumature spettacolari alternando il rosso vivo e il giallo brillante degli ultimi raggi di sole, con le tonalità nere dei brandelli di nuvole che si stanno sfrangiando sull'oceano. Finalmente un paio d'ore prima della partenza, aprono il cancello e noi entriamo tra i primi. C'è una prima barriera dove aprono i bagagli per controllarne il contenuto. Mi affretto a manovrare le cerniere e una volta aperta la valigia, emerge una potente zaffata di muffa e di odori indefinibili di biancheria sporca. Forse è per questo che senza indagare troppo mi fanno subito richiudere il tutto senza neppure ficcarci le mani dentro, per cercare di scoprire le cose proibite (quali?). Così procediamo fino al controllo passaporti, la invisibile barriera verso la libertà. Al banco c'è un addetto con l'aria severa, quasi minacciosa, che mi fa segno di avanzare senza indugio e sporge la mano per pretendere i documenti. Se gli occhi del colpevole sono un segnale inequivocabile di autodenuncia, io dovrei essere immediatamente arrestato. Tuttavia, conscio di essere in fallo e timoroso di una implacabile e a questo punto inevitabile punizione, porgo i passaporti con mano tremante.

All'aeroporto


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2 commenti:

Pierluigi Bertotti ha detto...

Sempre interessanti e, soprattutto divertenti, i tuoi reportage di viaggio!
Grazie per farci viaggiare con Te in questi luoghi che mai visiteremo!

Enrico Bo ha detto...

@Pier - Grazie mille carissimo, però credo che prima o poi lo inserirete nelle vostre proposte, dato l'interesse turistico del posto.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!