martedì 13 dicembre 2022

São Tomé 35 - Santo Antonio

Principe - La piazza di Santo Antonio



Bagni publici

 Rimangono un paio d'ore per fare una passeggiata a piedi per Santo Antonio che formalmente è il capoluogo dell'isola di Principe. Era un insediamento coloniale, una minuscola cittadina da cui i Portoghesi movimentavano tutto il traffico commerciale del cacao verso l'Europa e all'inizio dell'800, quando si era sviluppata nel suo massimo fulgore era arrivata a superare i 1500 abitanti, più o meno quelli che è tornata a raggiungere oggi, dopo il periodo di crisi succeduto all'abbandono delle piantagioni. Dopo la sfilata delle case sul porto, villette monofamiliari piuttosto simili tra loro, l'impianto della cittadina è molto regolare con strade larghe che seguono il corso del fiume Papagaio che, scendendo dall'omonimo pico, verso il centro dell'isola, ha creato con le sue deiezioni fangose questa specie di piccola pianura alluvionale prospiciente alla baia. I muri delle casette sono completamente scrostati e corrosi dall'umidità. Qualcuna è in stato di evidente abbandono, disabitata da decenni, altre ripopolate ma senza nessun accenno di manutenzione, dando così il senso di un disfacimento totale di una cultura che i nuovi residenti rifiutano alla base, non comprendendola e destinandola quindi ad essere consumata dal tempo. Su qualche muro decrepito riaffiorano ancora vecchie scritte, anch'esse semiscomparse o che tentano disperatamente di sopravvivere agli insulti del tempo. Magazzini di derrate o bagni pubblici adesso trasformati in provvisorie sedi di partito per le recenti elezioni, con gli slogan che ancora inneggiano al candidato del momento. 

La chiesa

Tuttavia notando appunto come queste scritte siano recenti, non puoi fare a meno di considerare che già si stiano scolorendo indecorosamente, segno che l'insulto del clima è davvero potente e quasi nulla resiste all'aggressione dell'umidità equatoriale. La grande piazza centrale presenta anche un tentativo di aiuole fiorite, ma la velocità con cui le erbe spontanee crescono in questo ambiente dà al giardino stesso quel senso di naturale disordine che non può essere governato in alcun modo se non con una serratissima e quasi inutile lotta quotidiana. Anche la chiesetta, chiusa al momento, presenta la stessa aria stanca di avvenuto spopolamento. In un angolo della piazza, un grande cartello ricorda che il Covid è una malattia letale e che conviene a tutti prendere le opportune precauzioni per evitarlo. Qui pare che la cosa sia stata presa piuttosto sul serio e che praticamente la quasi totalità della popolazione sia stata vaccinata con un prodotto indiano a basso costo, che tuttavia sembra aver funzionato dato che i morti si sono contati sulle dita, complice forse anche la bassa età media della popolazione. Comunque l'attenzione posta al problema come abbiamo visto all'arrivo in aeroporto è ancora forte e dovrebbe insegnare molto anche alle cosiddette nazioni più sviluppate. In giro ho visto magliette con la scritta: Io mi vaccino, tanto per dire, anche se come ho detto per la politica, la maglietta regalata è uno stimolo potente per le campagne pubblicitarie. 

Un bar

C'è comunque nell'aria un senso di letargica distopia, come se fosse finita un'era particolare e adesso il tutto si trovasse in uno stato di calma irreale, quasi di attesa che si presenti un nuovo inizio. I pochi ragazzi che vedi per le strade, sono accoccolati negli angoli che hanno l'apparenza di locali comunitari dove evidentemente ci si ritrova per far passare il tempo, bere un paio di birre o meglio del vino di palma, in attesa di qualcosa o qualcuno che non arriva mai. Su una casetta c'è un'insegna sbiadita di una Onlus italiana. Nel giardino inselvatichito, accanto ad una carcassa di automobile della quale neppure la marca è più riconoscibile, un tizio con un machete sta tentando di pareggiare una siepe. Ci dice di essere incaricato di fare il guardiano di non si sa bene cosa, ma comunque si offre anche come guida nel caso volessimo fare un giro nella foresta fino alle montagne del centro dell'isola. Ma noi domani ce ne andremo, così il nostro volenteroso Miguel, perde la sua occasione, ma dall'aria allegra con cui ci saluta capisci che se ne farà rapidamente una ragione. Il mercato è ormai chiuso a quest'ora e i banchi si mostrano nudi e pronti ad accogliere le solite povere merci domani mattina e le nubi hanno quasi completamente liberato il cielo dando spazio al Pico che incombe dietro la città. Mentre prendiamo la via del nostro alloggiamento, passiamo davanti ad un parrucchiere ancora aperto, gremito di ragazzi, in realtà ammassati attorno all'unico cliente perché l'astuto coiffeur concede l'opportunità di vedere la televisione, un vecchio apparecchio appeso al muro. 

Coronavirus

La luce comincia a scemare e pur se è quella che ai naviganti intenerisce il cuore, bisognerà pur pensare di mettere sotto i denti qualche cosa visto che oggi tranne un cocco ed un paio di banane, non abbiamo tritato altro. Rito è sempre lì che si guarda le partite della Premier Ligue, spaparanzato sulla sedia più comoda, al centro del locale. Il ristorante è ancora vuoto e le luci semispente, in attesa dei primi clienti, solo il grande schermo del televisore, orgoglio di Rito, illumina la sala. Ci fa un cenno stanco di accomodarci dove meglio crediamo, poi chiede notizie della giornata, se abbiamo evitato la pioggia, specie la più grossa, se ci sono piaciute le spiagge e cosa vogliamo fare domani. Poi va verso la cucina per prepararci qualche cosa di buono per cena. Ci lasciamo guidare, tanto ormai siamo nelle sue mani e devi dire che la tracina alla griglia che ci ha presentato era così gustosa e allo stesso tempo morbidissima che ho dovuto fargli i complimenti; lui ride sotto i baffi che non ha, conscio dei punti in più che la sua esperienza europea gli ha fatto guadagnare sui suoi concorrenti diretti, che comunque in città non sono molti. Questa sera pochi anche i clienti, cinque portoghesi, ragazzi giovani amanti evidentemente del turismo alternativo, un paio di coppie di locali, silenziosi e discreti. Fuori la notte è scura e le luci pochissime e fioche, sulla città abbandonata che dopo le nove cade in un deliquio notturno senza tempo.

Un negozio


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!