mercoledì 26 novembre 2025

Seta 59 - Verso la capitale

Bambini Tsaatan - Mongolia - giugno 2025
 

Come più volte ho avuto modo di raccontarvi il concetto di privacy in Mongolia è decisamente più lasco che da noi. Qui la vita è probabilmente più comunitaria rispetto alla nostra, lo stare insieme e la convivenza priva di inibizioni è forse anche una necessità in un luogo che ha così grandi difficoltà pratiche di vita. Così penso bisogna abituarsi in questi villaggi, anche alle improvvise visite notturne per necessità pratiche, che vengono vissute senza affanni e senza alcun imbarazzo. Ecco quindi che nel cuore della notte o forse saranno state le cinque di mattina, la ragazzina di ieri entra nella nostra camera e ravviva la stufa con altra legna, cosa che alla fine non è niente affatto sgradita, anzi, il gradevole tepore che si diffonde nella baita, ti farebbe stare serenamente a dormicchiare ancora sotto le coperte, rimandando al massimo il momento di andare fuori al gelo a tentare di darsi una lavata veloce al rubinetto senza acqua. Non fosse che oggi sarà un'altra giornata durissima e bisognerebbe alzarsi il più presto possibile, sarebbe bello rimanere al calduccio ancora un po', sperando nell'uscita di quel raggio di sole che intanto non verrà mai. Tanto alla fine la colazione non verrà servita che alle 7:30, ce la porteranno i soliti bambini, che arrivano addirittura in gruppo, ansiosi evidentemente di dare un'altra occhiata da vicino ai nasi lunghi prima che se ne vadano. 

Abbiamo già fatto una attenta verifica con Google map e oggi ci aspettano quasi 900 km per arrivare alla capitale, una bella zuppa, anche se la strada dovrebbe essere tutta asfaltata e gli ultimi 200 km addirittura di una specie di autostrada. Alla fine riusciamo a metterci in marcia solo alle 8:30. La ventina di chilometri che scorrono sul lungolago, fatti di giorno sono decisamente un'altra cosa, tutti in mezzo alla foresta di larici e di pini che ricopre la riva e che non si può negare, ha una sua selvatica bellezza. Siamo davvero fuori del mondo e della civiltà come la intendiamo noi. Il senso di solitudine profonda di questi luoghi ha un suo indubitabile fascino, soprattutto se ti rendi conto che tu poi, tra poco te ne tornerai nella civiltà, lasciando altri a sopravvivere qui, mentre arriverà la prima neve, le temperature a poco a poco scenderanno e il vento del nord comincerà a spazzare la superficie del lago ghiacciato. Un mondo di certo favolistico nel racconto, ma credo terribilmente duro da vivere nella pratica di tutti giorni, con difficoltà, forse oggi leggermente alleviate, anche grazie al contributo recente del vituperato per altri motivi, turismo, veramente dure da sopportare. 

I turisti a poco a poco scompariranno e rimarrà solo il riunirsi delle famiglie attorno alle stufe roventi dentro le gher a raccontare antiche leggende di guerrieri coraggiosi e principesse bellissime. Credo però che, oggigiorno, i discorsi saranno anche incentrati sulle possibilità ed i desideri di andarsene definitivamente nella capitale lontana, forse favoleggiata per le sue attrattive moderne e luccicanti. Bisogna vedere le cose in modo pratico e non si può pensare che la conoscenza di quello che c'è e in fondo non troppo lontano da qui, non funga da faro attrattivo irresistibile per molti. Inutile farsi contaminare da ideologie neonaturiste, alla fin fine, le comodità se le è inventate l'uomo per stare meglio, perché al calduccio si vive più comodi che se devi andare a spaccare la legna nel bosco mentre ti si congelano le dita e se devi macellare la renna con un coltellaccio invece di andare a mangiarti l'hamburger al McDonald con una bella birra fresca. Prova e poi me lo dici, ti direbbe il rubizzo uomo della taiga, con tanto di sberleffo. Il resto son chiacchere da bar o da impiegato della posta frustrato dalla timbrature, che vuole solamente scappare dalle cazziate del capufficio, ma che dopo una settimana nel bosco, con una canna in mano senza aver pescato niente, vorrebbe solo buttarsi giù nel burrone, ve lo posso garantire. 

La vita estrema è meravigliosa da guardare in un film, magari sdraiati sul divano con un bicchiere di brandy in mano e un quadretto di cioccolata amara da sgranocchiare, nelle sere di inverno con un plaid scozzese sulle gambe, datemi retta. Comunque ridendo e scherzando, solo a rifare il percorso sullo sterrato ci fa perdere quasi un'ora, poi bisogna ripercorrere la strada fino a Bulgan prima di prendere la deviazione per Ulan Baator. Dopo un'altra oretta, ripassiamo da Mörön, che vista di giorno ha un'altra faccia, piena di gente, anche se le casette di legno appaiono ancor più malandate dell'altra sera. Il paesaggio è decisamente montuoso, ma si viaggia decisamente meglio col chiaro, anche se continua a piovere. Il nostro Tumroo è bello riposato e ha tutto un altro piglio rispetto all'andata, quando scrollava continuamente la testa e si ravviava la pelata cercando di rimanere sveglio. A noi non rimane che goderci il paesaggio che sfila al nostro fianco e che forse è il più bello della Mongolia. Comunque arriviamo a Bulgan che è già pomeriggio avanzato. D'altra parte questa è forse l'arteria più importante del paese, forse addirittura l'unica ed è abbastanza logico che sia piuttosto trafficata. 

Visto che i chilometri da fare sono ancora moltissimi, siamo più o meno a metà strada, finisce che non abbiamo tempo per fermarci salvo un veloce stop in una specie di autogrill per il pranzo, mentre per la cena finiremo i viveri di sussistenza che avevamo con noi e le soste si limitano quindi solo all'espletamento della fisiologia, anche se Tumroo sembra brontolare, speriamo almeno che resista fino alla meta. Noi intanto facciamo finta di non capire e procediamo mentre il paesaggio comincia a mutare. Gli alberi sono scomparsi e si rivedono i i pascoli disseminati di mandrie. Decisamente è diventato tutto più arido e non per nulla è smesso anche di piovere. Per carità, è sempre un bel vedere, ma dopo un po' queste distese infinite e bellissime possono anche venire a noia. Così quando scende il buio e cominciamo ad avvicinarci a Ulan Bator, cala la palpebra e si finisce per dormicchiare aspettando solo di arrivare e sperando che la stessa cosa non capiti all'autista, che anche oggi si cuccherà quasi sedici ore di guida. Meno male che qui non c'è obbligo di disco orario come da noi i camionisti! 

La strada in effetti continua a migliorare,, ma contemporaneamente aumenta anche il traffico e finiamo per ritrovarci in una specie di coda continua che procede a fisarmonica e si addensa sempre di più man mano che i chilometri diminuiscono. Quando finalmente si arriva alla periferia della città, che comunque è una metropoli piuttosto orizzontale di oltre 1,500.000 abitanti, siamo continuamente fermi e il tempo sembra non passare mai. Alla fine, dopo aver cercato un po', arriviamo finalmente all'albergo che è quasi mezzanotte. Inutile dire che siamo di nuovo mezzi morti e non vediamo l'ora di ficcarci nel letto. Lasciamo quindi Gianluca a litigare telefonicamente con l'agenzia per ottenere uno sconto sul prezzo pattuito, che ci ripaghi almeno in parte dei disagi sostenuti e di quello che non siamo riusciti a vedere, cosa che i turisti che si sgobbano diecimila chilometri di aereo per vedere una cosa per una volta nella vita, è piuttosto importante. Poi il litigio che prosegue anche con Tamroo, che era incaricato di prelevare il contante. Insomma sembra proprio che, mentre noi dormiamo il sonno del giusto, questa Mongolia non si concluda nel migliore dei modi.

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