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| Nel deserto - Mongolia - giugno 2025 - (foto T. Sofi) |
Beh, che dire, bucare una gomma non è poi tutta questa tragedia, se non la perdita di una mezz'oretta di tempo ed in un luogo dove, come abbiamo già visto il tempo non ha valore assoluto, si può tranquillamente accettare senza disperarsi, tanto più che ci pensa Niamkaa a cambiarsela. Certo che prendere un chiodo, come risulterà poi dall'attento esame dello pneumatico, in una steppa fatta di terra sabbiosa. è una bella sfiga, non c'è che dire,. ma capita, certo, direte voi, intanto il fulmine non casca mai due volte nello stesso posto e questo già tranquillizza visto che abbiamo ancora diverse ore di strada da fare. E, come mi permetto di puntualizzare io fin dall'inizio del giro, questi van (l'ho notato anche negli altri che abbiamo incrociato nei giorni scorsi), non ritengono assolutamente necessario dotarsi di una seconda gomma di scorta. Va bene. Terminata l'operazione e ricaricati i bagagli che erano stati sparsi all'intorno, dopo aver attentamente controllato di non avere lasciato niente a terra, risaliamo sul mezzo e partiamo serenamente visto che i chilometri sono ancora molti. La strada riprende diritta attraverso il nulla della piana erbosa.
Queste piste nella steppa hanno la caratteristica di non essere tracce uniche, come noto vedendo frequentemente biforcazioni e ricongiungimenti delle carreggiate che si susseguono lungo il percorso, magari createsi, per aggirare ostacoli che si formano di volta in volta come pozze fangose che si allargano a dismisura dopo le piogge primaverili, qui abbastanza frequenti, quindi diciamo che ogni autista sceglie di volta in volta un suo percorso seguendo quelle che gli sembrano più efficienti e facilmente transitabili, visto che tutte più o meno vanno nella stessa direzione, anche se corrono parallele, pur se distanti tra di loro a volte di diversi chilometri. Ma qui non solo il tempo, ma anche lo spazio evidentemente è poca cosa e non si sta a misurare. Comunque sia, dopo una mezzoretta, eccola lì, un rumore diverso arriva dal rotolamento delle ruote. Abbiamo bucato di nuovo. E figuriamoci se non capitava. E mo'? Niamkaa salta giù con lo sguardo accigliato, poi tira fuori tutto quello che ha e comincia a guardarsi intorno. Noi non abbiamo neanche la forza di interrogarci su quale potrà essere la soluzione del problema. Intanto appare subito evidente che il nostro, non ha neppure un kit per aggiustare in qualche modo lo pneumatico o qualche cosa di simile.
Dopo una mezz'oretta arriva un pastore in moto. Deve essere il proprietario di quelle gher che abbiamo incrociato un paio di chilometri fa, da dove era uscita una donna rotonda e rubizza, che ci aveva fatto grandi saluti, ma dove non ci eravamo fermati e neppure scesi dall'auto dopo aver visto tre grossi cani che ci erano venuti incontro con la coda bassa e le orecchie penzoloni, che facevano i finti tonti arrotando i denti aguzzi tra le mascelle. Anche lui si ferma a guardare, scambia qualche parola e poi riparte verso il nulla. Non è chiaro cosa abbiano confabulato i due, ma staremo a vedere. Intanto si predispone il crick sotto l'auto per cominciare i lavori. Sinceramente mi sembra un attrezzo inadatto al peso di questa auto e anche un po' malandato come del resto tutto il resto. Infatti il van ha il portellone posteriore che non sta su da solo, obbligando ad avere uno che lo sorregga mentre si carica o si scarica, poi uno dei due portelloni laterali si è subito incastrato dopo la partenza ed il trattamento, diciamo impetuoso a cui è stato sottoposto per sistemarlo, lo ha bloccato definitivamente. Insomma un mezzo rudere, che però da queste parti, viene valutato in piena efficienza, come ci aveva confermato, la responsabile dell'agenzia di Ulan Baator, quasi infastidita dalle nostre rimostranze.
Infatti mentre operiamo tutti insieme per sollevare il mezzo, il crick comincia a piegarsi in uno dei braccetti del pantografo e alla fine si spezza, rifacendo crollare il van nell'avvallamento, ma soprattutto facendo correre il rischio al nostro autista di rompersi qualcosa. Ci mancava pure questa. Mentre ci aggiriamo attorno all'auto in cerca di soluzioni, dopo un po' passa un'altra macchina; questo è un bel Mongolo bardato con una pesante mantella e con la moglie che sta tornando da qualche mercato perché ha tutto il cassone del pick-up pieno di masserizie. Subito si ferma, qua sembra sia quasi un obbligo quello di prestare aiuto a chi è fermo in difficoltà lungo la strada; esamina anche lui la situazione, poi tira giù dal suo mezzo tutta una serie di materiali che dovrebbero essere utili alla bisogna. In effetti il tizio è attrezzato e dispone delle cose giuste. Un crick come si deve, che ci consente di smontare la ruota; un piccolo compressore per rigonfiarla e soprattutto un kit di emergenza che una volta trovato il buco, guarda combinazione un altro bel chiodo, ma da dove saltano fuori tutti questi chiodi nella steppa, consente di riempirlo con una particolare soluzione che infila nella fessura del materiale che si rapprende e dovrebbe consentire di riprendere il cammino.
Completata l'operazione e rigonfiato pneumatico che sembra reggere, ringraziamo sentitamente il santo che ci è venuto in aiuto e ci apprestiamo a ripartire. Ma ecco che la nuvola nera si appresta a colpire ancora. Il fulmine già caduto due volte, ricasca su di noi per la terza e definitiva. Infatti girata la chiavetta di avviamento, il motore rimane muto ed immobile. Il mezzo non riparte in nessun modo. L'ulteriore guasto è evidentemente ancora più grave. L'avviamento è morto e sepolto e a nulla vale alzare il cofano e guardarci dentro con l'aria di caprici qualche cosa, Siamo fermi in mezzo al deserto in maniera definitiva. Il tizio delle gomme è ripartito dato che non averbbe potuto fare più nulla, dopo aver tentato anche di riavviare il nostro motore, visto che era dotato anche di una grande batteria di emergenza e relativi cavi e, tanto per gradire, qui siamo in una zona dove i telefoni non prendono per chilometri e se no accidenti, che deserto sarebbe! Niamkaa si sposta a piedi all'intorno salendo su ogni collinetta che sembra sollevarsi un poco nella piana, per cercare un po' di campo, ma niente da fare. Intanto arriva un altro van pieno di Coreani che vanno nella nostra stessa direzione e vengono incaricati non appena arriveranno a destinazione, che dista una cinquantina di chilometri, circa un'oretta di strada, di avvisare qualcuno che venga a tirarci fuori d'impiccio.
Il nostro invece, salito sulla moto del pastore che intanto è ritornato a curiosare, visto che siamo diventati un diversivo per la sua noiosa giornata, si sposta qua e là in cerca di campo. Il tempo, sarà pure che non conta nulla, intanto passa e le ombre della sera cominciano a calare. Nyamkaa sembra che sia riuscito a contattare l'Agenzia, che ha promesso di mandare qualcuno a salvamento, ma non si sa quando arriverà, visto non è neppure ben chiaro dove ci troviamo e come vi ho detto le piste sono molte e distanti tra di loro. A questo punto non rimane che aspettare, mentre il cielo si incendia di rosso fuoco. Sarebbe un tramonto epocale, con striature che vanno dal rosso vivo al viola, da godersi con calma e soddisfazione se non fosse che essere persi in mezzo a quello che è a tutti gli effetti un deserto, dà una sensazione assolutamente strana. Intanto, basta mettersi a qualche passo dai tuoi compagni, ormai nessuno più dice una parola, e avverti subito il silenzio assoluto che ti circonda, e mentre questo è carezzevole beneficio quando sei andato cercandolo e lo hai trovato a fatica, quando sei in una qualche difficoltà, è assolutamente inquietante. Sul terreno corrono lucertoloni strani, molto grandi, anomali si potrebbe dire, lontana la sagoma di una volpe o qualche cosa di simile, scompare subito oltre la cresta della collinetta. Sei alla fine solo e lontano da tutto, oltre ad avvertire l'assoluta impossibilità di fare qualche cosa per trarti d'impiccio.
La temperatura comincia a calare, tiriamo fuori le giacche a vento pesanti e alla fine cala la notte. Non dico certo che il lupo cominci ad ululare dietro la colina, ma la situazione non è piacevole. Adesso è buio completo; purtroppo anche il cielo si è completamente coperto, per cui neppure questa volta e avremo almeno la consolazione di vedere quella stellata assoluta che ci meritavamo, con il grande fiume di luce della via lattea che attraversa il velluto nero della notte. Ci ammucchiamo all'interno del van, cercando di stenderci alla meglio per dormicchiare un po', ma per chi è sullo strapuntino, non c'è neppure la possibilità di appoggiare la testa. Da quando se ne è andato il pastore, non è passato più nessuno, d'altra parte, se no che cavolo di deserto sarebbe. Verso le tre Nyamkaa si riscuote e scende dall'auto, evidentemente pensa che possa arrivare qualcuno e si aggira in qua ed in là sventagliando nel buio la torcia del telefonino accesa (non dispone neppure di una torcia vera), come per segnalare a chi dovesse arrivare, la nostra presenza. Lo seguiamo sbracciandoci a nostra volta con i nostri telefonini, Sembriamo un gruppo di oche impazzite e inseguite dalla volpe, che si affannano a fare gesti a vanvera nel buio. In effetti non arriva nessuno.
Le ore trascorrono lentissime, ad est comincia ad apparire un chiarore leggero, una sfumatura di arancio; sta arrivando un'alba livida come il nostro stato d'animo. Scendiamo per l'ennesima volta facendo scrocchiare dolorosamente le nostre giunture di anziani artrotici. Nyamkaa intanto ci fa capire che sa di quale pezzo ci ha tradito e che, essendo assolutamente conscio che stava per mollarci definitivamente, aveva concordato di cambiarlo in una officina di un suo conoscente, proprio nel paese dove avremmo dovuto arrivare. Peccato che abbia ceduto prima, ma noi non abbiamo neppure più la forza di maledirlo, mentre camminiamo all'ultimo orizzonte per espletare quantomeno i bisogni fisiologici e le tossine accumulate da quando il nervoso si è mutato in disperata rassegnazione. Il pastore in moto intanto aveva continuato ad andare e venire per tutta la notte, tanto per vedere cosa succedeva, inutile presenza, ma intanto ci ha fatto sentire meno soli. Verso le 7 ormai è chiaro ed il nuovo giorno si manifesta, anche se la temperatura è ancora fredda. Ci rassettiamo alla meglio, mentre Gianluca fa una corsetta intorno per riscaldarsi e anche per controllare che l'assenza del campo, non sia miracolosamente comparsa.
Nyamkaa continua a non dire niente e il suo viso impenetrabile e segnato dalle rughe profonde che gli inverni hanno scavato nella sua fronte, non consente di farci intendere come sarà risolta la sua situazione, d'altra parte ieri era venuto fuori che lui è un campione di lotta mongola, che si è distinto in parecchi tornei a livello nazionale e questo è dimostrato dalla forte muscolatura che ha messo in risalto quando si è liberato del camiciotto, quindi non si può neppure pensare di mettergli le mani addosso, tanto per sfogarsi. Sono quasi le otto quando un van appare lontanissimo all'orizzonte. Sta percorrendo la nostra pista e viene verso di noi. Dopo poco ci raggiunge e si ferma. E' il mezzo che quella stordita della agenzia, ha incaricato di venirci a recuperare ieri sera, così almeno aveva detto. Alle nostre richieste di spiegazioni accampa una serie di scuse dicendo di essere venuto verso mezzanotte, ma di non averci trovato e quindi di aver rimandato l'operazione a questa mattina col chiaro. Non abbiamo neppure la forza di protestare e lasciamo perdere, traslochiamo i bagagli e ripartiamo abbandonando il povero Nyamkaa al suo destino. Abbiamo saputo poi che ha aspettato due giorni l'arrivo del pezzo che gli serviva, non è chiaro se la dinamo o qualche altra cosa riguardante l'avviamento, ma sembra che si tratti di cose del tutto normali in Mongolia. Noi intanto proseguiamo la strada e arriviamo finalmente al paesino di cui avevamo notizia e qui la strada ritorna asfaltata e in un'altra ora e circa cento chilometri arriviamo alla antica capitale di Gengis Khan, Kharakhorum!
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