martedì 24 marzo 2009

Shalom o salam (seconda giornata).

Già di per sè, calpestare questa terra, calpestata e ricalpesta-ta da migliaia di anni, da milioni di persone è una emozione, una sensazione di antico. Colline dolci, uliveti sterminati, persone gentili che ti salutano con un sorriso, ragazzi che ridono. Quanto tutto sembra lontano e distante da quanto mi ero preparato a vedere dopo anni di televisione dura. Qui in Galilea, non si avverte nulla della tensione che ci raccontano i media. La vita che vedi scorrere accanto a te è normale. I ragazzi che tornano da scuola e scherzano con le ragazze, la gente che va a lavorare, il traffico. Di ebrei in giro se ne vedono pochi, asserragliati in quartieri separati in cima alle colline, ormai quasi tutte coperte disordinatamente di case. Nazareth si è sparsa a macchia d'olio e ne occupa diverse, così il drappello dei pellegrini si sposta qua e là passando da un luogo della memoria all'altro con cura meticolosa. Dal monte Tabor, immerso negli ulivi, una grande vista fino alle montagne del Carmelo, sempre , nutriti, abbevarati, trasportati e coccolati in quanto una delle poche fonti di reddito, i pellegrini passano da un luogo all'altro, dove la devozione ha situato i momenti fondamentali dei Vangeli. La fontana di Maria, la casa di Giuseppe, il luogo dell'Annunciazione, dove puoi vedere strutture dei primi secoli o di epoca crociata, quasi tutti, disperatamente ricoperti da colate di cemento della moderna devozione che deve mediare la celebrazione grandiosa, la meditazione intima, la logistica organizzativa. Nel piccolo museo, oggetti di tutte le epoche, qui basta scavare e viene fuori di tutto. Tutto sotto assedio dei mercanti del tempio, che però devono pur campare, anche se vendono l'autentico vino delle nozze di Cana. Autisti, venditori di souvenir religiosi, produttori di rosari di ulivo, laboratori dove si lavora il legno, tutta gente che vive in pace e vorrebbe solo continuare a farlo senza problemi, in pace. Salam aleikun, shalom alek, pace a noi tutti; due lingue gemelle, due popoli gemelli, forse la gente comune vuole solo vivere in santa pace.

2 commenti:

piterblek ha detto...

Caro Enrico, complimenti vivissimi, mi piace molto il modo che hai di scrivere, ma sopratutto mi ritrovo a condividere il tuo modo di pensare sulle cose sia della terra sia dello spirito, (non a caso ti definisci un "libero pensatore"); per quanto poco possa valere la mia opinione, ti rinnovo la mia stima. Piero.

Anonimo ha detto...

Cedo il mio commento ad un signore che passava di qua:

Tebe dalle sette porte, chi la costruì?
dentro i libri ci sono i nomi dei re.
Sono stati i re a trascinarli, i blocchi di pietra?
E Babilonia, tante volte distrutta,
chi altrettanto la riedificò? In quali case
di Lima dai bagliori d'oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande
è piena d'archi di trionfo. Chi li eresse? Su chi
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide
la notte che il mare la inghiottì, affogando lanciavano grida
d'aiuto ai loro schiavi.
Il giovane Alessandro conquistò l'India
Lui, da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sè nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta
gli fu affondata. E non pianse nessun altro?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
a parte lui, l'ha vinta?
Ogni dieci anni un grand'uomo.
Chi pagò le spese?
Per tante notizie,
tante domande.

Dottordivago

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