martedì 2 marzo 2010

Dharuva Gond: una casa nuova.

Girammo ancora per qualche giorno nella foresta. Un susseguirsi di villaggi sempre diversi, dove la gente vive una quotidianità fatta di gesti consueti, dove vedi ragazze che si lavano passando le pietre sulla pelle, padri che rasano i capelli ai loro bambini lasciando loro un piccolo ciuffo, vedi le donne attorno la fontana del villaggio. Chiacchierano a lungo prima di riprendere il sentiero che porta alle capanne lontane; qualcuna si ferma un po', indugia in pensieri difficili da indovinare. Come canta Tagore nel Gitanjali:

Ero sola al pozzo, dove l'ombra degli alberi cade obliqua.
le donne già erano tornate con le brocche colme fino all'orlo.
Indugiavo pigra, perduta nel mio fantasticare.
L'ora del mattino è tarda e l'uccello canta note stanche;
sopra il mio capo stormiscono le foglie del grande neem
e io siedo, sola, a pensare e pensare.
Ancora villaggi, a volte più "avanzati" con le case in muratura dipinte in colori tradizionali forti, blu, e ocra, dove vivono i Parajas, più integrati, le cui donne curatissime portano sempre un curioso anello da naso d'oro fligranato con una pietra rossa o bianca o quelli dei Mallis e dei Deday, dai lineamenti più aggraziati, con abbigliamenti sontuosi anche nella vita quotidiana, tradizionali coltivatori di fiori di cui fornivano le regge dei locali raja e ancora oggi mantengono l'abitudine di portare un grande fiore rosso tra i capelli lisci e neri, raccolti in una crocchia alla destra del viso. Altri invece più poveri e nascosti nel fitto della foresta come i Gadaba, agricoltori gentili ed accoglienti, con ancora un forte senso delle tradizioni, come quella del Dio-fratello che sta loro vicino nei momenti di difficoltà e viene considerato come un Lare componente del nucleo familiare. Le donne portano alle caviglie anelli di metallo grandi e spessi di notevole peso che rende la loro camminata un poco strascicata ed assai elegante. Ma nel folto della foresta delle pianure del sud dell'Orissa, attraversate da un fiume impetuoso e gonfio di fango durante il monsone, che si precipita attraverso uno spettacolare scenario di gole laviche, vivono in capanne sparse i Dharuva Gond, cacciatori e pescatori primordiali. Pescano con arco e frecce arpionate munite di una lunga cordicella di fibra che ne consente il recupero. Gli uomini, che hanno solo un ridotto perizoma ai fianchi, si rasano il capo lasciando solo una lunga treccia. Catturano ogni animale della foresta ed una particolare leccornia è costituita dai pulcini degli uccelli che vengono predati arrampicandosi sui rami più alti degli alberi. I matrimoni vengono celebrati quando gli sposi sono ancora bambini, anche se la sposa non va ad abitare dal marito fino a che non diventa ragazza attorno ai dodici anni. La capanna di Prem, dove ci fermammo a riposarci dopo un lungo cammino aperto nel verde, era circondata da grandi alberi. La madre seduta per terra univa tra di loro legandoli con un filo delle grandi foglie secche di banijan, che avrebbe venduto al prossimo mercato del mercoledì come piatti usa e getta; il padre era appena tornato dalla pesca e ci mostrò i tre grandi pesci che aveva preso con il grande arco che portava a tracolla, lui invece continuò il suo lavoro. Stava ingrandendo la casa con una nuova stanza e ci mostrò orgoglioso, il muro solido di fango ormai essiccato di fianco allo stipite dell'ingresso, dove andava completando la soglia, opportunamente rialzata per evitare che vi entrasse l'acqua e che lisciava con cura. Poi vi avrebbe inciso i segni di buon augurio. Aveva dodici anni Prem e sembrava avere fretta di terminare i lavori che andavano già avanti da un anno almeno. I lavori della sua nuova casa, dove, con una grande festa, il prossimo anno avrebbe condotto, dal villaggio vicino, la sua sposa che aspettava già da quattro anni, quando lei ne aveva sette. -Lei è bellissima - ci assicurò con gli occhi perduti nel cielo e continuò a lisciare con cura il fango ancora umido e morbido della parete appena finita.


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