giovedì 4 marzo 2010

Sapori d'India in salsa bretone.

Oggi voglio raccontarvi una storia curiosa. Era un altro agosto caldo e piovoso ed era un' altra Ambassador quella che ci portava attraverso i deserti del Rajastan, stupiti per la bellezza dei palazzi dei Maharaja, senza parole alla vista di città magiche dai colori pastello, con le case coperte delle immagini degli dei, con i templi dove si affollavano turbanti rossi e gialli, sopra visi scavati e sari variopinti su corpi minuti dalle braccia quasi nascoste da centinaia di braccialetti d'avorio. Avevamo passeggiato tutto il giorno per i mercati di Jodhpur, la città blu e cercavamo di schivare i piatti carichi di spezia forte che cuocevano la lingua, quando il nostro autista, un furbetto simpatico e anche un tantino troppo incline a tutto quello che si poteva distillare, ci disse che una coppia di francesi gli aveva chiesto, visto che avevamo posto in macchina, di portarli con noi fino a Udaipur. Partimmo così la mattina dopo, tutti contenti, loro che avevano risolto un problema di spostamento, noi, che avremmo potuto scambiare le nostre impressioni con qualcuno, il furbetto che sperava in una buona mancia non preventivata. Si parlò di tutto e man mano che passava il tempo, diventava sempre più gradevole quel contatto fortuito. Vedemmo villaggi e mercati. Passammo un mattino in uno straordinario tempio Jainista a Ranakpur, completamente deserto, perduti tra bianchi colonnati, popolati solo da scimmie. Un libro della jungla vissuto invece che letto. Erano viaggiatori veri, che sapevano assaporare il viaggio prendendosi i tempi giusti, senza la fretta dei turisti. Noi, che eravamo particolarmente su di giri a causa della vicina soluzione della nostra vicenda di adozione, trovammo in aggiunta, calore e simpatia. Ci lasciammo dopo tre o quattro giorni, dopo aver sorseggiato un thé nel bianco palazzo al centro del lago di Udaipur, una parentesi regale per capire cosa poteva essere stata l'India osservata da quel punto di vista esagerato. Loro si sarebbero fermati qualche giorno ad assaporare quelle sensazioni, noi saremmo scesi sempre più a sud, attraverso il Gugiarat verso altre emozioni, sempre in corsa contro il tempo. Rimase solo un recapito su un taccuino di viaggio come tante altre volte. Ma non fu così. Ci si scrisse (allora si mandavano le lettere, non avevano ancora inventato le mail), ci si sentì e qualche anno dopo passarono dalla nostra città e conobbero così anche la nostra bambina che aveva ormai cinque o sei anni. Poi per altri diciotto, solo altre lettere e promesse di rivederci, sempre andate a vuoto per le casualità che la vita ci prepara con sorprese continue. Ieri sera, rivederli è stato un piacere raro, dopo un tempo così lungo e forse proprio per questo così bello. Ancora così uguali ad allora, ancora così piacevoli. So già che voi, conoscendomi, maligni come sempre, direte che la serata è stata così gradevole anche per le qualità di cuoca sopraffina della nostra amica che, dopo aver attenuato la potenza alcoolica di un planter punch ricco di spezie e soprattutto di rum, con dei deliziosi hors-d'œuvre variatissimi, ci ha servito un sontuoso filet mignon de porc sweet & sour, che il miele aveva reso delicato e croccante assieme e la cipolla armoniosamente profumato, mentre la salsa densa sposava, abbracciandolo, il classico contorno di tagliatelle. Di seguito, allietato da un buon rosso spagnolo, su un letto di insalatine e rucola, le più deliziose rondelle di chèvre bianche e saporose, ricoperte di noci sbriciolate. Gran finale con la più tradizionale e morbida tarte aux pommes che io abbia gustato da tempo. Lo so che voi pensate solo a questo, ma la serata è stata molto di più, a sfogliare vecchie foto, a raccontarci le nostre vite. Penso che ci rivedremo ancora spesso, per continuare a scambiarci emozioni. Donc, merci encore, Jackie et Jean et à bientôt avec amitié!


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9 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Questo cose mi commuovono, davvero. Spero che i tuoi amici non siano diventati come Alan Stivell, passato dal folk-rock bretone al new-age. :(

Fabio ha detto...

Anch'io sono un viaggiatore che ama soffermarsi, non farsi prendere...dalla fretta del turista. L'ansia di vedere troppo impedisce di riflettere e alla fine diventa persino difficile ricordare tante piccole grandi cose. Un salutone, Fabio

Anonimo ha detto...

Quelle belle surprise de découvrir notre soirée et notre amitiée racontées avec tant de chaleur et...de talent!!
Merci beaucoup de nous faire ce cadeau.Nous sommes trés émus à la lecture de ce récit.La soirée,certes,mais surtout voir notre fidélité respective récompensée par ces belles retrouvailles.
Pour nous aussi,ce moment passé avec vous est important.La vie va son cours et la rareté de tels instants en fait le prix.
Encore MERCI!!!
A bientôt
Jackie et Jean

Angelo azzurro ha detto...

Ma che belle queste serate goderecce trascorse con gli amici a ricordare il passato!

Anonimo ha detto...

...'cci vostri, che fame!...
Dottordivago

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Chiedo a Enrico e ai lettori di non considerare del mio commento la frase "Spero che i tuoi amici non siano diventati come Alan Stivell, passato dal folk-rock bretone al new-age". Di fronte alla bellezza dell'articolo e alla grazia dei momenti raccontati, trattasi di grande cretinata, della quale è doveroso che mi scusi.

Enrico Bo ha detto...

dai Pop, i miei amici sono molto spiritosi e piuttosto speciali direi, non ti preoccupare.

Martissima ha detto...

meno male che la vita ci riserva dei momenti super come questi,son contenta per te!

Enrico Bo ha detto...

@Astro- Credo che il treno passi continuamente, il fatto è che siamo così presi a perdere il nostro tempo da dimenticare di salirci.

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