domenica 10 giugno 2012

Poesia della griglia.

Il Forte di Fenestrelle
Le tradizioni sono stampate nella storia dei popoli. Saturnali, Baccanali, tutto era giustificato dalla scansione del tempo calendariale; ma si sa ogni festa era giustificazione allo sfogo delle pulsioni inespresse, della voglia di esagerare che giustifica gli eccessi. Certo all'anziano, molte sono le brame che turbano la mente, ma poche ahimè, quelle percorribili. Tempo, modi, forme e possibilità pratiche gli consigliano o gli impongono di ridurle al minimo. Così addio feste della primavera, calendimaggio in cui il dardeggiare delle occhiate furtive, chiama a complicità allusive e promettenti, addio a momenti di gloria in agoni Pitici o Olimpici, dove gli stanchi corpi non possono più misurarsi se non attraverso una voyeristica azione da poltrona, addio ad eccessi da ambienti fumosi e mediati da sacerdotesse invasate dalla furia di Evoè. Rimane la parca soddisfazione del banchetto imbandito, della ricchezza della tavola farcita di prelibatezze, del piacere di sentire vicina la presenza degli amici che attenuano le asprezze delle voluttà e delle passioni sfrenate, in una dolce e pastosa comunione di intenti, quella, alla fine, di sbarazzare degli ingombri,  una tavolata  ricca e ripiena di colori e profumi, Parnaso di poesia e di ricordo. 
Vino, vino, vino!

Ecco perché non si può perdere la tradizionale Gran grigliata di Benvenuto all'Estate, mentre il gran Forte di Fenestrelle, sentinella delle Alpi, fa buona guardia alle spalle, con la sua rassicurante presenza, dove il consueto gruppo di amici, imbandisce ogni anno un sardanapalico banchetto. Si direbbe ogni anno di più, quasi a voler far scordare il passato, ma certo che quando, stesa la tovaglia, cresce la fungaia delle bottiglie di vino dalle provenienze importanti, per carità solo per tener ferma la copertura, che il venticello della tarda primavera non se la porti via, capisci che questa gente ha un tarlo nascosto che reclama il ricordo di eccessi passati da non dimenticare. Allora fioriscono come per magia, coppe calabresi le cui fette di raffinato rosa antico rilasciano profumi ammalianti, mentre il festival delle frittate comincia, anche per dare tempo alla legna raccolta con fatica nel bosco di trasformarsi in brace ardente, ché un duro compito avrà da svolgere. La griglia si scalda intanto che le verdure che una sua sorella minore aveva già approntato, scorrono, facendo saltar nei piatti spesse falde di peperoni di Carmagnola, fette di sapida melanzana, strisce di zucchine profumate. Tutto per tamponare gli stomaci impazienti e per aprir la strada ai primi arrivi che si fanno strada tra fumi e sfrigolar di grassi. 

le regine della griglia.
Subito si presenta la celebre luganega valtellinese, così tenera e indifesa, prima ad arrivare come avesse fretta di presentarsi al giudizio dei commensali. Che sapore delicato ed invogliante, ma ecco incombe il capocollo, così ricco di infiltrazioni grasse da renderlo talmente morbido e sapido al tempo stesso, da far dimenticare oh insensibile ingrato, la sua sorella appena ingurgitata. Ma subito incombono le regine della bragia, costate imperiali di piemontese di nota e certificata provenienza. Un chilozzo cadauna mal contato, splendore per la vista, delizia di palati ghiotti ed insensibili alle sirene vegetariane, tenere come burro, sapide come femmine, desiderose solo di essere mangiate. E vino, vino, vino come se piovesse sui pini e sulle tamerici, mentre l'ombra fronzuta promette un'estate finalmente piena di altri ghiotti appuntamenti. Ma un pensiero assale i ventri già troppo rigonfi, una preoccupazione assale le menti ormai ingombre, presto presto, che le scamorze stillano oramai gocce di piacere promesso, van subito tolte con attenzione e portate a guarnire i piatti ormai sgombri, per poi lasciar ulteriore spazio allo spicchio di gorgonzola che ammicca e sembra sciogliesi nell'attesa. Come rinunciare ad irrorarlo con un goccetto di marsala secco, sposo perfetto per una così promettente e bianca fanciulla. 

Sembra finita, le cinghie si smollano, le epe tirano e le camicie pur larghe, paiono fare difetto e invece no, si apre la saga dei dolci in cui molte spose voglion trovare, mostrando la loro fantasia, degno contrappasso al virile maneggio del forchettone e del coltellaccio da trancia. Tarte tatin alle albicocche dall'acidulo sentore, crostata di mele in variante morbida, frolla alle ciliege, pesche e riso nero, una sperimentazione appena testata dopo i suggerimenti vercellesi e gran finale coi piemontesissimi salami dolci della tradizione di gioventù. Meloni profumati e rossa anguria per ricordare ancora i colori dell'estate e per placare le affaticate pareti esofagee. Poi il riposo rotto solo di tanto in tanto da scaglie golose di cioccolata alla nocciola da assumere con lentezza per assaporarne l'effetto medicamentoso e sprigionare quel tanto di serotonina che ancora la ghiandola non aveva pompato, ma mescolato, per renderlo ancor più soave e ricco di sapore da deliziosi kumqat che da mesi insaporivano annegati nel liquore da loro stessi creato. Critici savonaroliani, non solo cibo volgare, ma rose e fiori di campo a render la tavola orgogliosa delle sue poetiche promesse! Giornata dura ma illuminante, in cui la compagnia degli amici ha condito quella che potrebbe essere una pantagruelica strippata, rendendola un richiamo ammiccante per un'estate serena.

Fumo e poesia.

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2 commenti:

Unknown ha detto...

Ma mangi sempre!

Cristiana

Enrico Bo ha detto...

@Cri - E' un tragico destino. Mi tocca!

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!