1948 |
Allora venivano tolte con cura, messe in un pacchettino di carta e si andava in quel negozietto dopo il cinema, il ben noto Giasòn, che si era guadagnato quel nome dal fatto che, probabilmente, d'inverno non veniva riscaldato. Dentro il negozio a vista sulla strada c'erano un paio di banconi con delle grandi lampade che puntavano verso il basso e dietro, appollaiate su trespoli, delle ragazze chine sulle calze rotte, infilate su appositi sostegni che con uno strumento che terminava con un ago particolare, riprendevano le maglie e ricostruivano la smagliatura. Te la consegnavano qualche giorno dopo, segno inequivocabile che c'era un gran lavoro da fare. L'usa e getta era ancora lontano dall'essere immaginato. Poi facevamo ancora un pezzo di strada. Io mi fermavo a sognare un po' davanti al negozio di giocattoli La fata dei bambini e magari, prima di tornare a casa, allungavamo fino a prendere due fette di farinata che mi sbocconcellavo, tenendo il cartoccio nella mano mentre con l'altra mi ungevo ben bene dappertutto. A casa, alla sera ci aspettava il caffelatte con i cruciòn, che la gente che aveva studiato chiamava i biscotti della salute o dopo qualche anno, visto che le cose sembravano andare sempre meglio, con i finocchini rotti della Maggiora. C'era la primavera nell'aria e la gonna leggera blu a pois bianchi della mia mamma svolazzava, quando i timidi colpi di vento della sera lo sollevavano un po', mentre lei cercava di trattenerlo con la mano.
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2 commenti:
Che tempi quei tempi.
Il cibo con la tessera annonaria, la riparazione delle smagliatura delle calze femminili, il Trio Lescano.
Mi hai suscitato bei ricordi, malgrado che...
Anche la mia mamma aveva un abito a pallini...a pois blu su fondo bianco. Per il resto cambia la lingua e il luogo ma i ricordi sono quelli, rimagliatrice di calze compresa.
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