martedì 28 luglio 2015

Buthan - I cappellini Layap

L'universo


Donna Layap
Dorje è piccola e minuta, anche se rannicchiata com'è su una sporgenza del terreno in un angolo del mercato, non puoi valutare completamente la sua altezza. Stringe le braccia attorno alla lunga gonna di lana nera a strisce di colori naturali e tiene in grembo qualche oggetto da vendere. Souvenir fatti coi giunchi intrecciati e piccole borse di tessuto colorato che qualcuno al paese le ha affidato. Un paese formato forse da quattro case al di là dei monti del nord, tra i pascoli lontani del Lunana, l'ultima terra perduta al di là di alti passi, incuneata tra Tibet e Sikkim al bordo estremo del paese dove non ci sono strade, ma solo vaghi sentieri per arrivare a quei prati estremi, punteggiati dalle sagome nere degli yak. Appartiene alla tribù Layap, genti così isolate dal mondo che devono camminare per giorni per arrivare fin qui, già esso stesso uno dei luoghi più isolati del mondo. Ha un occhio sveglio ed attento, su un volto ovale e scarno, incorniciato da lunghi capelli neri lucidi di grasso. Gli uomini del suo villaggio possono solo pascolare animali e badare agli yak alle quote alte attorno ai 4000 e demandano alle donne le attività commerciali. Forse sanno che sono mediamente più sveglie e ne hanno un po' paura, tanto che hanno escogitato un sistema abbastanza sicuro per controllarle anche a distanza.

Passo Pelle La
In realtà i Layap sanno bene che la causa di tutte le grane e dei grilli che saltano in testa alle donne che poi fanno le matte e rompono le scatole a quei poveracci dei loro mariti che vorrebbero solo essere lasciati in pace a pascolare le loro capre e a fare qualche gara con l'arco nei giorni di festa, non è dovuta alla natura stessa della femmina, che di per sé sarebbe buona e sottomettibile, ma ad una serie di spiritelli maligni che vagano nei boschi che appena vedono qualche ragazza sola che se ne va verso casa, le si ficcano dietro le orecchie e cominciano a metterle in zucca strane idee e voglie matte, tanto da farle diventare poi piene di pretese e di desideri incontentabili con i quali rendono la vita impossibile a tutti gli uomini che hanno la sventura di esserle a tiro. Così hanno escogitato un sistema infallibile per difendersi, una specie di casco protettivo anti intrusione mentale. Infatti ogni fanciulla che si rispetti, secondo la legge del villaggio, deve tenere in capo un apposito cappellino di bambù intrecciato a forma elegante di lungo cono che termina con una punta girata verso il cielo interrotta da un dischetto circolare a metà.

Una coppia di Bhutabesi
Questo copricapo ben fissato attorno al collo da un filo teso decorato di perline, è in realtà una sorta di antenna protettiva che scherma le intrusioni malevole degli spiriti e rende le fanciulle e le spose impermeabili ai cattivi pensieri e alle pretensioni incongrue in particolare verso quei poveracci dei loro compagni. Insomma una assicurazione contro pretese di femminismo d'accatto o altre iniziative personali sgradite. Come suggerisce giustamente l'amico Juhan nei commenti, una vera e propria gabbia di Faraday antintrusioni, anche radioattive o radioamatoriarli. Le ragazze accettano, non si sa se di buon grado o meno questa imposizione che le rende tra l'altro molto gradite agli obbiettivi dei turisti di passaggio, cosa che procura sempre qualche cosa alla fine. L'occhio comunque rimane sveglio e può darsi che gli spiriti del bosco abbiano trovato ormai il modo di superare il firewall, hackerando anche le menti più virginali. Rimarresti ancora un po' a passeggiare nel mercato avvinto dai colori delle kira delle ragazze e dei tanti gho maschili, ma se i chilometri che mancano alla metà di questa sera sembrano pochi, il tempo effettivo di viaggio è ancora molto. Ci vogliono almeno altre tre ore da Punakha per arrivare al Pelle La un passo solitario a 3300 metri, immerso nelle nebbie pomeridiane dietro a cui si nascondono i rami scheletriti delle conifere che poi risalgono la montagna.

Alberi nella nebbia
Un piccolo chorten ad indicare il punto preciso del passo e file di bandiere che sventolano. Nascosta in un anfratto, una piccola baracchetta dove una coppia scanzonata cerca di attirare i turisti di passaggio che si fermano per provare l'ebbrezza della quota. L'uomo spara qualche prezzo impossibile per una serie di oggetti appesi al soffitto e per le piccole tangke esposte sulla parete di legno, poi i due sghignazzano tra di loro, forse consci delle assurdità delle richieste, forse qualcuno ha detto loro quanto fa pagare il Re al giorno a queste gente che arriva dall'altra parte del mondo e anch'essi vogliono approfittare di tanta dabbenaggine. Alla fine in fondo non hanno neanche voglia di venderla quella paccottiglia, vogliono solo socializzare un po' con gli stranieri. Intanto il cielo diventa sempre più scuro, poi comincia a grandinare fitto, chicchi come acini d'uva. Lasciamo la coppia che continua a ridacchiare e corriamo alla macchina. Poi giù giù a capofitto nella valle successiva; boschi, alberi e qua e là gli spruzzi bianchi o viola delle magnolie, le gocce di sangue di mille rododendri. Altre tre orette e sul costone, dall'altra parte della valle, compare lo Dzong di Trongsa, una silohuette fatata che l'ombra della sera rende ancora più irreale.

Da Punakha a Trongsa - circa 6 ore

SURVIVAL KIT

Yangkhil Resort - Trongsa - Bellissimo albergo in stile bhutanese in posizione panoramica che domina la valle e lo dzong. Camere grandi in legno, Pulito e con forniture adeguate, Bagni nuovi. Ogni camera è dotata di terrazzino e vetrata sulla valle. Riscaldamento, acqua calda . Il free wifi non funzionava molto. Si cena in albergo con zuppa e buffet, Servizio molto cortese e professionale. Consigliato.

Rododendro

Yak
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Bandiere al passo

3 commenti:

Juhan ha detto...

Atz! averlo saputo prima!
Perché quel cappellino mi sembra molto meglio di quelli che si usano da noi https://it.wikipedia.org/wiki/Cappello_di_carta_stagnola quello che in dialetto chiamiamo Tin foil hat.

Unknown ha detto...

Chissàmmai le mutande

Enrico Bo ha detto...

@Juh - verissimo, una vera e propria gabbia di Faraday, vado a modificare il pezzo

@Pao - mutatis mutandis potrebbe essere uguale a chiavistellocrociato tenendo fuori il padre de li santi e suoi pensieri .

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!