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lunedì 6 dicembre 2021

Luoghi del cuore 119: Tiger nest in Buthan


Il Tiger Nest


I cavalli
Che il Bhutan sia un luogo del cuore è un'affermazione che non lascia dubbi, difficile contestarla, ma non certo per tutta la fuffa che gli è stata creata intorno, paese della felicità interna lorda e altre belinate del genere. Sotto questo punto di vista anzi è come tutti gli altri posti, anzi, meglio chiarire subito che se hai il grano ci vai, se no non ti lasciano neanche passare il confine, tanto per capirci, altro che i soldi non danno la felicità. Ma i luoghi e la magia che li circonda quelli sì che sono un'altra cosa, il Tiger nest tanto per fare un esempio. Torno allora a quella mattina chiara. Si intuisce che il sole illuminerà presto tutta la valle e il verde scuro delle foreste, a poco a poco si schiarirà diventando trasparente e luminoso appena i raggi passeranno attraverso i rami più alti. L'aria è ancora fresca. Tohà è un bel bambino di otto anni con una felpetta piena di scritte, buttata di traverso. Sta seduto su una grande pietra quadrata vicino ad un gruppo di cavalli che pascola l'erba bassa nella radura infossata al limitare del bosco. Parte di qui la pista che porta al Taktsang Lhakhang, il monastero costruito tra le rocce, mille metri più in alto sulla montagna, chiamato, per la sua spettacolare posizione, il Nido della tigre. Sono più o meno tre ore di salita per gambe buone, quali sono quelle dei miei tre compari naturalmente, ma per degli otri rigonfi come me; trascinare 100 kg, più che meno, su questo sacro monte, potrebbe essere un esercizio fatale, sicuramente tragicomico oltre che inizio di una delle solite sofferenze terrificanti che mi impongo ogni volta, in cui casco reiteratamente con tutte le scarpe, anche se mi riprometto che sarà l'ultima e che la cosa non si ripeterà mai più. D'altra parte, vuoi mica perderti la perla del Bhutan, il luogo della meditazione di Padmasambava, dove la statua ospitata nel gompa principale ha parlato, manifestando la sua volontà di andare proprio in quel luogo e miracolosamente ci si è teletrasportata? Ma ci mancherebbe!

Tohà
Inoltre sapete che, al giorno d'oggi, basta pagare e ti portano di peso anche in cima all'Everest o al Polo Sud, quindi coraggio, armiamoci e partite. Infatti i miei tre compari, bardati di tutto punto, si incamminano di buona voglia dietro Tashi, scomparendo subito tra le frasche, dove una serie di piccoli chorten segnalano l'inizio del cammino di penitenza. Io, precedentemente addestrato, inizio una breve trattativa con il padre del bimbo di cui sopra e finalmente, toltami la paura con 1000 Rupie, vengo lasciato nelle mani di Tohà, che aspetta pazientemente ridacchiando sulla sua pietra. Dopo che mi ha preso in consegna, andiamo verso il gruppetto di cavalli, che, capita l'antifona, facendo finta di niente, cercano di defilarsi, spostandosi verso il limitare del bosco. Di certo hanno notato subito con la coda dell'occhio tumido ma intelligente, la stazza del trasportando e paventano di essere prescelti per la corvé. Ma al dovere non si sfugge; Tohà con mossa lesta afferra una cavezza ed un riottoso cavallino, di minuscole proporzioni, viene prescelto alla bisogna. Si chiama Mindù e il mio duce mi assicura trattarsi di un ottimo destriero anche se apparentemente sembra un povero ronzino spelacchiato che, sbuffando, viene convinto a mettersi in posizione idonea affinché il cavaliere, utilizzando un apposito malfermo traliccio, gli si issi in groppa, con la grazia e la leggerezza proprie della libellula, come riuscirete ad immaginare.

Lungo la salita
Dopo qualche ulteriore sbuffo, Mindù, trascinato da alcuni strattoni alla cavezza, si mette finalmente in moto e comincia l'ascesa attraverso un sentierino che si inerpica nella foresta. Mi sembra che arranchi con una certa fatica, ma tutto sommato, tagliando di traverso i tratti più ripidi ed evitando i gradini sulle erte che li fiancheggiano, ma procediamo lesti, grazie anche alla mia esperienza di consumato cavaliere che ne agevola la marcia con idonei movimenti di bacino. Dico consumato in quanto in un'altro dei miei precedenti equini, mi ero procurato una vistosa escoriazione proprio nel punto dove ci si appoggia alla sella a furia di strusciare su e giù, lungo il percorso tra le rocce che conduce a Petra. Ma erano altri tempi e mancava l'esperienza. E' ancora presto però, l'ora migliore per salire il monte evitando la calura del mezzodì e il piccolo Tohà trotterella tranquillo tirando l'equino verso il passo. Frequenta la terza classe elementare, dove studia anche l'inglese, ci tiene a ribadire, infatti si fa capire benissimo, ma adesso che c'è una settimana di vacanza per il grande Festival annuale, aiuta il papà con i turisti e intanto allena la lingua. Gli piacerebbe diventare guida da grande. Salire il monte è una passeggiata per lui, se la fa anche tre volte in un giorno, è abituato a camminare, per arrivare al villaggio della mamma si fa poi una ventina di chilometri a piedi attraverso un altro passo.

Il monastero
Là vivono anche due sorelle e tre fratelli, lui invece sta col papà in un altro villaggio. Continua a darmi grandi assicurazioni sulle qualità di Mindù, docile e forte, d'altronde se lo ha scelto per me c'è di sicuro una ragione. Non è certo infido come gli asini, brutte bestie disubbidienti, lui da piccolo (perché adesso è grande?) si è preso un calcio da un asinaccio grande e grosso che, infingardo, ha aspettato che gli passasse dietro per tirarglielo apposta. Per questo odia gli asini e intanto dà una carezza sul muso di Mindù che sbuffa prima di tirarci su in un tratto particolarmente ripido. Il panorama è stupendo, ad ogni tornante, si apre una vista nuova sulla valle e sulle rocce a strapiombo delle montagne vicine. A metà della salita, il primo stop. Chissà quanto ci vorrà perché arrivino i miei soci. Intanto mi godo il panorama tra le bandiere che sventolano. Dopo pochi minuti arrivano tutti. Accidenti come avranno fatto a salire così in fretta? Delle macchine da guerra. Mah, ci sarà stata una scorciatoia. Un po' innervosito, riprendo la strada per il secondo step. Il sentiero diventa sempre più stretto e difficile. Il malefico equino sceglie sempre la rotta che lo porta sul limite dello strapiombo, appoggiando le zampette una dopo l'altra con attenzione maniacale, così almeno spero. Tohà invece con giusta scelta di tempi, mi comunica di fare molta attenzione, perché proprio in quella curva un turista americano distratto che faceva foto invece di tenersi bene, è caduto giù nel burrone, ma tranquilli, non è morto, si è solo sfigurato tutta la faccia, rompendosi la mandibola e tutti i denti. Un sacco di sangue dappertutto, ride, mentre mi abbarbico al pomello della sella. Un po' più avanti due australiani, sono stati sbalzati giù nel fosso, per fortuna era basso anche se pieno di rovi e si sono rotti solo un braccio e alcune costole, ma tranquillo, grazie a lui, non sto correndo pericoli di sorta. Sveglio l'ometto. Sia come sia, in qualche modo arriviamo allo stazzo dove finisce la strada dei cavalli, sani e salvi. Mancificato il ragazzino, dopo una robusta pacca sul groppone, Mindù si precipita a valle da solo tanto la strada la sa; Tohà, dopo un ultimo saluto con la mano, lo segue saltando da una roccia all'altra. Dopo pochi minuti arriva la mia compagnia. Accidenti che gambe! Appena passata  una costa il Tiger Nest appare, al di là di uno stretto vallone, come appeso in alto tra rocce nere e strapiombanti. Che fregatura, siamo sì, ai 3100 metri di altezza previsti, ma per raggiungere il tempio ci sono ancora 700 gradini, metà per discendere ed attraversare la spaccatura e l'altra metà per risalirla.

L'ultima salita
Li affrontiamo con santa dedizione, in fondo si tratta sempre di un pellegrinaggio. La spettacolarità delle viste, inganna comunque la fatica e in qualche modo si arriva, nonostante lancinanti dolori alle ginocchia, le cui cartilagini consunte sono ormai andate da tempo. Il tempio è piccolo e raccolto, in quattro livelli successivi. Anche se è stato ricostruito da poco, dopo l'incendio del '99, la costruzione sembra antichissima, con le sue travi annerite dal fumo delle lampade, con le sue statue dorate, avvolte dalle stoffe trasparenti, i damaschi colorati, i dipinti, gli affreschi con le divinità benevole e quelle terrifiche. Un vecchio monaco sta davanti alla statua principale, quella che è arrivata fin quassù per teletrasporto per intenderci (non teleferica eh, non fate gli spiritosi, non siete abbastanza olistici se non ci credete, come mi disse una volta un tale,mentre facevo le pulci ad altre credenze locali piuttosto fantasiose) e benedice chi arriva, guardandolo con occhi spenti, mentre le labbra mormorano sempre la stessa preghiera. La sciarpina di garza bianca viene posta anche sui nostri colli di infedeli, in fondo se siamo arrivati fino a lì, qualche cosa meritiamo, basta l'intenzione si direbbe, al più una piccola offerta. In verità il luogo è straordinariamente suggestivo, a strapiombo sulla valle, di fronte ad un cielo indaco dove passeggiano gli stessi sbuffi bianchi che ritrovi continuamente sulle tankhe appese alle pareti.

Punti di meditazione
Un senso di pace, rotto solo dall'ansimare di chi arriva in cima alla gradinata, suono niente affatto gradevole perché ti ricorda che devi sobbarcarti ancora il ritorno. Rimarresti ancora a guardare la valle tra i fumi delle lampade a burro, tra il cigolare dei mulini di preghiera che mani instancabili continuano a far girare, mentre le bandierine sventolano con i bordi sfrangiati. Se c'è un posto dove la preghiera può salire al cielo senza ulteriori intermediazioni è questo. Ma comincia ad arrivare gente, aveva di certo ragione Tashi a raccomandarci di partire per tempo. Cominciamo il ritorno, incrociando frotte di gente che sale. Anziani camminatori che procedono in silenzio un passo dietro l'altro, gruppi di giapponesi in groppa a mandrie di cavalli legati assieme. Cerco di individuare Mindù, ma non lo vedo. Poveraccio, ma che se ne vada a piedi la gente, se no che sacrificio sarebbe, insomma, non vi pare? Va beh, dopo una breve sosta a mezzavia, con vista, thé caldo e biscotti al sapore di minestrone inclusi, si raggiunge il punto di partenza. Se guardi tra la cima degli alberi, le pareti bianche del monastero sono proprio lassù, dove pare impossibile arrivare. E' ora di tornare verso Paro. Sulla pietra di prima, Tohà è accoccolato come di primo mattino in attesa del suo pollo e ti fa un cenno di saluto con la mano. Di sicuro ci sarà ancora il tempo per acchiappare qualche altro turista.

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lunedì 24 agosto 2015

Taste of Bhutan 2



Scende la nebbia
e avvolge il monastero.
Dura salita.


domenica 23 agosto 2015

Northeast India - Considerazioni finali


Ragazze Mishin


Le gabbie di attesa in coda
E' arrivato finalmente il momento di fare il punto su questo viaggio e mi sembra giusto farlo solo adesso, quando sono passati ormai quasi cinque mesi dalla sua conclusione. Un tempo che mi sembra corretto per poter lasciare da parte gli entusiasmi e le depressioni del viaggio quando questo è appena finito. Insomma una riflessione a mente libera da pregiudizi, come se questo fosse possibile. Di certo non è l'itinerario da consigliare a chi visita il paese per la prima volta, forse neanche la seconda. Diciamo che questa è un'India da amatori, per chi conosce già bene il paese e vuole vedere qualche cosa di più, completare il quadro insomma, vedendo anche qualche cosa fuori dagli schemi. Si sa che questo è quasi un continente, con aspetti molto diversi, che è impossibile vedere anche solo parzialmente in una volta. Un'altra cosa da considerare è che per chi è particolarmente interessato agli aspetti etnografici, i luoghi di cui vi ho parlato, sono assolutamente unici ed inoltre bisogna considerare che gli appartenenti alle etnie periferiche del nord est dell'India, mantengono le loro straordinarie ed interessantissime abitudini e caratteristiche solamente nelle persone anziane ed è facile prevedere che entro una ventina d'anni,scomparsi questi, non ci sarà più nulla da vedere se non in qualche festival che verrà organizzato dalle locali Proloco, se ancora avranno voglia di ricordare le abitudini dei loro nonni.

Traffico
Allora sì, che da queste parti, gli spunti di interesse si ridurranno davvero completamente. Però ricordatevi che per vedere nella maniera migliore e più consapevole questi aspetti bisogna affidarsi a persone che conoscano davvero bene la questione ed il territorio, come vi indico più sotto. In questa parte dell'India, non ci sono, palazzi di Maharaja e templi famosi dalle architetture fantasiose, né santuari dove accorrono i fedeli e neppure spiagge incantevoli, ma il loro fascino di luoghi perduti nel tempo ne fanno una metà difficilmente paragonabile con le altre. Intanto dovrete partire da Calcutta, una megalopoli, che forse rappresenta quello che in India non si vede quasi più da nessuna parte, quell'India disperata, preda negli strati più provati della sua società, di quella povertà marcia e senza speranza che trovate soltanto nei libri di Lapierre, gli slums, la gente che dorme e vive per le strade, il paese ancorato all'eredità di quella Inghilterra di cui non riuscirà mai a liberarsi fino in fondo. Questa è l'India che contrasta quell'altro paese che vuole diventare moderno, con l'economia che, ultima tra i Brics, oggi invece, è rimasta l'unica a correre; dove vedi la lotta politica, ogni giorno presente nelle strade, che mostra i vantaggi e gli svantaggi accoppiati, di essere la democrazia più grande del mondo. E questo già da solo varrebbe il viaggio.

Bimbe di villaggio
Andare poi, attraversando quel fragile istmo che vi porta al di là del Bengala, alle sconosciute pianure dell'Assam, bagnate dall'immenso Bramaputra, vi porterà in una terra incognita, che lo stesso governo centrale ha trascurato, forse perché troppo periferica, forse perché di tanto in tanto crea problemi e quindi va lasciata un po' a se stessa, con le sue grane e la sua arretratezza. E' una terra povera ma genuina, dove incontrerete persone interessanti, intanto, stupite perché vi trovate da quelle parti, ma sempre ansiose di mostrarvi quanto questo mondo ha da offrire. Piccole città e templi di campagna, dove troverete genuine ed estreme espressioni di fede, da osservare con rispetto pensando a cosa significano le religioni nel mondo. E parchi selvatici di cui non sapevate l'esistenza, con elefanti e rinoceronti e animali sconosciuti, in una atmosfera di colonia inglese che ritenevate ormai perduta. Affrontare poi i territori di Nagaland e dell'Arunachal Pradesh, rappresenta uno sforzo di volontà in cerca di un premio che alla fine non verrà negato. Saranno, è vero, ore e ore di macchina su strade impossibili, tra foreste maestose e zone negate al turismo, ma ogni villaggio che troverete tra le radure, ci sarà una scoperta inattesa, ogni volta che sarete invitati, e accadrà continuamente, in una capanna, troverete ad attendervi un mondo che non potete pensare ancora esista in questa società globalizzata.

Bandiere di preghiera sul lago
Dove vi capiterà nel mondo di oggi, di parlare faccia a faccia con un Re, sia pure di una trentina di villaggi, mentre si fa una pipa di oppio con un dignitario birmano in visita o di chiacchierare amabilmente con qualcuno che da giovane guerriero se ne tornava a casa portando sottobraccio la testa mozzata di un nemico? Vedrete una terra selvatica e difficile da penetrare, con allegati i sentori salgariani della vostra giovinezza, quando cercherete di attraversare ponti tibetani senza precipitare o traghettare fiumi sconfinati su barche dondolanti assieme a ricchi indiani con dieci anelli su due mani. Insomma luoghi che meritano di essere visti per quello che sono e perché, forse, scompariranno presto. Infine rimane l'area himalayana, che dà ovviamente ancora altri stimoli e garantisce altre sorprese. Sikkim e Bhutan sono un poco le due facce di una stessa medaglia. Terre di montagna estrema che colano e scendono a valle sotto i picchi degli ottomila, ma che contengono tutte montagne che non si possono scalare, per rispetto agli dei, strano ma vero, in questo mondo dove tutto è in vendita. Di nuovo strade difficili e tortuose che portano da un monastero ad un castello e via di nuovo verso altri luoghi santi, laghi, boschi e chorten contenenti sacre reliquie, capelli e denti di Buddha, ma quanti ne aveva accidenti!

La sposa
Il Sikkim è India a tutti gli effetti con i pregi ed i difetti che questo comporta, confusione, traffico, sovrappopolazione, ma anche prezzi bassissimi e facilità con cui alla fine si riescono a risolvere tutti i problemi, coi tempi giusti naturalmente. Monaci e monasteri bellissimi, panorami severi e necessità di molta fortuna per vederli, perché il capriccioso tempo delle montagne sarà il padrone del vostro destino. Per il Bhutan bisogna fare un discorso a parte, perché se è vero che offre gli stessi paesaggi ed una cultura simile, qui tutto è più calmo e ordinato e la sensazione che i luoghi siano più belli e godibili è forte. Però c'è un prezzo da pagare, che i turisti fai da te noalpitur ahiahiahi, saccopelisti implacabili, troveranno assolutamente insopportabile, in quanto il paese si visita solo a certe condizioni, intanto un bel pacco di soldi non trattabili e poi tutto previsto e calcolato nel pacchetto tutto compreso e senza variazioni. Bisogna dunque rispettare tutta la gran fuffa del paese di sogno i cui abitanti non si curano del denaro ma solo della felicità, della natura e della tradizione. Bisogna stare al gioco della Shangri-La perduta tra le montagne, ma a prezzo e menu fisso. Qui la televisione è arrivata obtorto  collo solo nel 2000, non ci sono semafori, se siete nel sistema o nel pubblico potete vestirvi solo in abiti tradizionali per dare l'impressione che tutto sia come un tempo, tutto organico, tutto naturale, vietato fumare e viva sempre il Re che trova sempre la giusta soluzione tra passato e futuro, poi il parlamento approva.

IN attesa del festival
Anche i partiti li ha inventati il Re perché nessuno voleva stare all'opposizione, ma fino a quando? Rimarrete incantati dalla bellezza delle cittadine, dai paesetti, dalle case dipinte ed ordinate anche se con i tetti di lamiera, ma non si può avere tutto, dalle donne che arrivano dalle montagne coi cappellini di vimini anti spiritelli, dalle ragazze che ridono allegre nella loro kira stretta ed elegante e dalla casacca colorata, dai ragazzi che tirano con l'arco lungo la strada prendendosi in giro l'un l'altro e dandosi pacche sulle spalle, dagli affreschi antichi, dalle statue benedicenti, dai tanti monaci che incontrerete lungo il vostro cammino. Un fascino a cui nessuno riesce a sottrarsi, tra storie antiche di monaci che si reincarnano e vanno a meditare per mesi tra le grotte delle montagne, senza neppure la grana dei cinesi che li perseguitino. Un paese davvero straordinario che va visto almeno una volta senza farsi innervosire, per chi la soffre come me, dalla facciata new age, che evidentemente fa il gioco del marketing che oggi riesce anche a far vendere mele mezze marce al doppio del prezzo di quelle sane. Intanto le ragazze, i ragazzi ed i monaci che smanettano continuamente sui loro smartphone, tracceranno presto la loro strada e di tutto il resto, forse e purtroppo, rimarrà solamente la facciata per i turisti. E con questo direi che basta.

Ragazzi di Paro


SURVIVAL KIT

Per la strada
Come vi ho detto per effettuare questo giro nel modo migliore, economicamente più conveniente e che sfrutti al meglio il tempo che avrete a disposizione, conviene a mio parere affidarsi ad una agenzia valida che si occupi della molta burocrazia necessaria, permessi, visti, ecc. e che abbia tutte le conoscenze per far fruttare al meglio la visita, coordinando le date degli eventuali festival e con le entrature presso le etnie locali.

Io vi consiglio assolutamente avendolo già provato due volte a distanza di qualche anno (e presto ce ne sarà una terza) il Signor Ashish Mishra che con suo padre Sig Srikant (etnologo esperto) gestisce l'agenzia seguente:

Alternative tours Pvt Ltd - Specialized in conducting Ethnic tours
Room No. 4 & 5,
B.D.A Market Complex
Palashpalli
Bhubaneswar 751020
Odisha

Phone : +91 674 - 2593463 ,2590830
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91 9437129983 

Intanto date un'occhiata al sito e chiedetegli un preventivo, intanto vi stupirete dei prezzi e della flessibilità con cui potrà organizzarvi le proposte e in ogni caso considerate che collabora già con importanti tour operator italiani.


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Per le strade di Calcutta
Donna Konyak
Passando la frontiera

venerdì 21 agosto 2015

90 + 1 motivi per fare un viaggio nell'India del Nordest e in Bhutan


Un tagliatore di teste


Questo è un post ripetitivo, ma in qualche modo riassuntivo di quanto vi ho raccontato fino ad ora sull'India del Nordest, quindi, prima del post conclusivo con le considerazioni finali sul viaggio in questione, vado ad elencare, così senza un ordine preciso, una serie di momenti per cui questo viaggio è da fare.

India - West Bengala


Per le vie di Kolkata
  • Attraversare le strade di Kolkata all'alba, lasciandosi aggredire dall'odore dell'India.
  • Mordere di gusto una coscia di tandoori chicken tikka e sentire la lingua e l'esofago fiammeggianti.
  • Farsi largo tra la folla a gomitate attorno al New Market.
  • Passare dalla tomba di Madre Teresa alle statue di Kali rosse della polvere della festa di Holy.
  • Sentire le preghiere in un tempio Jain.
  • Prendere un black tea in una coffee house tradizionale al book market.
  • Leggere le lapidi dei residenti inglesi a St. John.
  • Calpestare i tappeti di petali di rosa al flowers market guardando l'Howrah bridge sopra di te. 
  • Chiacchierare coi ragazzi indiani turisti al Victoria Memorial e fare un giro in carrozza nei giardini.
  • Percorrere in auto la tortuosa strada verso Darjeeling, lungo i binari del toy train.
  • Perdersi nelle vie, i mercati, i negozi ed i templi della città, tra tea factory e rifugiati tibetani.
  • Andare alla Tiger Hill alle 4 di mattina per ammirare l'alba che colora il Kanchengjunga e vedere soltanto nebbia.
  • Guardare gli animali himalayani allo zoo e godersi le vecchie foto delle spedizioni antiche al museo della montagna.
  • Fare una degustazione dei migliori thé di Darjeeling in una tea house.
  • Nascondersi tra le bandiere di preghiera colorate al tempio di Mahakala.
  • Cercare di passare in Sikkim da una frontiera chiusa da un giorno e rifarsi 4 ore di strada nella foresta.
  • Trascorrere una serata a Jaigaon, tra mercato notturno, ristoranti vegani e la semifinale del mondiale di cricket.
  • Fare gli ultimi acquisti alle bancarelle notturne prima di partire.


India - Assam


Una famiglia Sikh
  • Salire al tempio di Visnu a Guwahati senza inorridirsi alla decapitazione delle caprette e alle file di fedeli ingabbiati.
  • Andare all'alba in elefante nel parco di Kaziranga a cercare rinoceronti, tigri e buceri.
  • Sorseggiare un Assam tea sulla terrazza di un vecchio resort inglese mentre tramonta il sole.
  • Mangiare un laddoo offerto dalle donne di un villaggio Asamish che tessono scialli.
  • Ballare danze assamesi al chiaro di luna con le ragazze Mishing.
  • Comprare frutta ad un mercato lungo la strada.
  • Seguire le donne che offrono latte al lingam di Shiva di un tempio di campagna.
  • Nutrire le tartarughe del tempio con biscotti sperando in una vita longeva.
  • Passeggiare al buio tra le strade polverose di North Lakhimpur in cerca di un internet cafè e finire in un negozio di tende e parati.
  • Passare il Bramaputra con i piccoli traghetti locali.
  • Essere benedetti al tempio di Shiva a Sibsagar e accettare dolci da una famiglia Sikh.
  • Aspettare in un bar lungo la strada che riparino il pneumatico mangiando un thali.
  • Andare tra le donne che raccolgono il thé in una piantagione lungo la strada.
  • Perdersi a comprare spezie al mercato di Dibrugarh, tra vacche e ladruncoli.
  • Prendere il treno di notte per New Jalpaiguri e chiacchierare di marò e di delfini del Bramaputra con un biologo fluviale.


India - Arunachal Pradesh

UNa donna Apatani
  • Chiacchierare con una famiglia di Nishin al bar del passo.
  • Andare di villaggio in villaggio nella valle di Ziro.
  • Parlare con le vecchie Apatani dai nasi forati.
  • Rimanere in silenzio in luogo sacro tra i totem pieni di uova delle radure della foresta.
  • Essere ospitati in una long house del villaggio di Hadi
  • Assistere al sacrificio di un mitun a Dutta tra l'eccitazione dei giovani del villaggio ed i canti dello sciamano.
  • Percorrere strade impossibili tra valli perdute e foreste impenetrabili.
  • Visitare i villaggi Galo attraversando pericolosi ponti tibetani di bambù.
  • Mangiare noodles in brodo in una capanna sulla strada mentre le bambine giocano a campana.
  • Andare ad una riunione politica al villaggio di Kabu, ma rifiutare le bevande offerte.
  • Partecipare ad una messa interreligiosa a Darka con canti e prediche ecologico- politiche.
  • Trascorrere una serata a casa del maestro del villaggio di Adi Min Jong con nonno che fa la danza dei tagliatori di teste.
  • Essere invitati al festival dell'etnia Mishi, tra balli e costumi sgargianti.
Un tagliatore di teste
India - Nagaland
  • Arrivare a Mon alla sera e passare un ora alla stazione di polizia al buio per farsi registrare.
  • Visitare un museo in un villaggio di tagliatori di teste.
  • Fare foto alla gente in costume per l'inaugurazione di una nuova strada e sparare in aria col fucile.
  • Essere ricevuti dal nuovo re di Long Wa mentre discute con un capovillaggio birmano e fuma oppio.
  • Partecipare ad un matrimonio conoscendo l'ultimo guerriero che ha tagliato una testa.
  • Ammirare i tatuaggi ed i piercing facciali dei vecchi guerrieri.
  • Ammirare le sculture di legno nelle case dei giovani a Tang Nyu.
  • Parlare del passato col re di Hong Phoi ed i suoi vecchi amici mentre intessono cesti di vimini.
  • Fermarsi al posto di polizia al confine e raccontare al capitano cosa ci ha portato da quelle parti.

India - Sikkim
    Monaci del monastero Bon
  • Fare un trekking al monastero di Shangachoeling e sentire la preghiera dei monaci.
  • Sentire le storie dei Cappelli Rossi passando da un gompa all'altro.
  • Rimpiangere di non poter fare fotografie ai meravigliosi affreschi all'interno dei templi.
  • Fermarsi a guardare i fedeli sulla riva del lago sacro di Khechuperi.
  • Girare un mulino di preghiera prima di arrivare al trono dell'incoronazione.
  • Conoscere un giovane monaco di un monastero Bon e farsi amico con lui su Facebook.
  • Salire le strade del mercato di Gangtok e passeggiare nella via pedonale.
  • Ascoltare la storia delle lotte dei Capelli Neri al monastero di Rumtek che si prepara alla festa.
  • Fare una Kora intorno al grande Chorten girando tutti i mulini di preghiera.
  • Andare fino al Tashi view point speranzosi, ma vedere il Kanchengjunga solo in fotografia.
  • Rimanere estasiati al flowers show per la infinita varietà di orchidee.

Bhutan
Il corteo reale al festival di Paro

  • Passare il confine e guardare l'India da un paese diverso.
  • Rincorrere le scimmie cappuccine che scappano nella foresta.
  • Ammirare il paesaggio del Bhutan, coi paesini e le case tradizionali sui fianchi delle montagne.
  • Visitare gli dzong del paese,monasteri fortezza, tutti diversi, tutti spettacolari.
  • Passeggiare tra i monaci dello dzong di Simtaka.
  • Assistere all'alzabandiera al palazzo reale di Thimphu con la nonna del Re.
  • Festeggiare l'inatteso passaggio del turno del Bhutan nella prossima coppa del mondo di calcio coi ragazzi della città.
  • Fermarsi su ogni passo della strada perdendosi tra le bandiere di preghiera che sventolano ed i chorten.
  • Curiosare nei negozi di Sopsokha che vendono solo falli di ogni dimensione e forma.
  • Sedersi sotto il banan del cortile dello dzong di Punakha e aspettare il corteo che accompagna la nonna del Re.
  • Chiacchierare con una donna Laya che arriva a piedi dal lontano Lunana col suo strano cappellino.
  • Evitare di essere caricato da una mandria di yak salendo verso il passo di Pelle La.
  • Godersi il sole della valle di Trongsa dal Ta dzong a picco sul fiume.
  • Fermarsi coi ragazzi del paese che fanno una gara di tiro con l'arco.
  • Partecipare al festival di Bumthang per i 60 anni del vecchio Re con la Regina madre.
  • Fare un pellegrinaggio tra i monasteri più antichi del Bhutan,  nella valle di Bumthang per vedere i luoghi dove hanno meditato Padmasambava e le sue reincarnazioni.
  • Ammirare gli affreschi più antichi del Bhutan al Tamshing Lakhang.
  • Riposare in un alberghetto coi bungalow sparsi nel giardino tra fiori e cascatelle e mangiare momo fritti.
  • Visitare il museo di Paro e fare una foto con le muratrici che lo restaurano.
  • Salire al Tiger Nest (a cavallo) e scoprire che ci sono ancora 700 gradini da fare a piedi, ma poi ricevere una sciarpa benedetta dal monaco.
  • Girare per la valle tra antichi monasteri, dzong distrutti e fattorie tradizionali provando i costumi bhutanesi e l'arak locale.
  • Partecipare al festival di Paro, con la Regina madre e alti dignitari, tra maschere colorate, costumi fastosi, monaci danzanti ed un pubblico entusiasta.
  • Riuscire finalmente a vedere la cima del Chomolhari illuminata dal sole, incespicando per l'emozione nei cespi di marjuana.
  • Abbracciare Tashi commosso e seguire il suo consiglio di sedersi nei sedili di destra dell'aereo per poter avere una spettacolare visuale della catena himalayana mentre ce ne andiamo per sempre.

  • ed infine lasciare questa India incredibile, almanaccando di ritornarci al più presto.

Ponte tibetano



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