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Prima o poi viene il momento in cui devi pagare il fio delle tue nefandezze. Inutile cercare di scamparla, è un po' una legge di natura. Eppure ti era stato detto come comportarti, cosa era giusto e cosa era ingiusto e quando, soprattutto per tempo, quali erano le cose dovevano essere fatte. Un dovere insomma che calvinisticamente avresti dovuto compiere anche se non ti andava, perché ai doveri ed agli obblighi non si sfugge, altrimenti viene il momento della punizione, in cui avrai quello che ti sei meritato anche senza essere ancora in quell'altro mondo. E invece tu hai traccheggiato, posticipato, temendo la pena ancora lieve e continuando nei tuoi colpevoli comportamenti a cui ti hanno indotto le tue infami ed irrefrenate passioni. Così questa mattina, all'ora che canta il gallo (perlomeno il mio), mi sono volontariamente recato al tempio dove avrei dovuto scontare la mia pena. Niente di inatteso naturalmente, i contrappassi sono già scolpiti nella pietra. Se non fai questo sarai punito in questo modo, non si sfugge. Le vestali erano già in attesa, bellissime e sfuggenti come ombre della terra dei Cimmeri. Atteso, ti circondano e ti conducono come sanno nel luogo della pena. Tutto è avvolto in un'aura soffusa in quel luogo, d'altra parte se così non fosse, i condannati alla tortura non verrebbero di certo di loro spontanea volontà, ma dovrebbero esservi tradotti in catene, come forse un tempo. Così rimani lì un poco aspettando, a meditare sulle tue colpe in silenzio, mentre attorno a te gli altri dannati in attesa, rimangono anch'essi muti, consci del destino che li aspetta. Come sempre tra di loro, trovi qualcuno che conosci.
In ogni inferno accade, un poco ti stupisce, ma in fondo ti fa sentire meglio, il non essere unico colpevole, ma avere compagnia, segno che l'uomo è per sua stessa natura debole e sottoposto alle passioni in cui cade con facilità, diventandone preda. Così la barca dei dannati avanza su uno Stige immoto, quasi fermo nel tempo, senza diavoli feroci che attraversino il cielo con i reprobi in spalla per gettarli nelle fauci luciferine in attesa. Niente forconi o braci ardenti, gli strumenti di tortura rimangono ben riposti, verranno fuori al momento opportuno quando meno te li aspetti. Ma è inutile sperare che nulla accada, che per qualche inusitato scherzo del destino tu venga immeritatamente perdonato e tutto passi in cavalleria. Ad un certo momento e questo arriva per tutti, vieni chiamato e si spalancano le porte della camera di tortura, quelle del giudizio ormai erano già state aperte da tempo. Il cavalletto dove il reprobo viene istallato è già pronto, ti ci devi solo accomodare andando serenamente o non proprio, incontro alla tua sorte. Niente lacci per trattenerti, già le pastoie mentali sono state tese e da lì non saprai muoverti fino a pena scontata. Ed ecco che, indossati i paramenti cerimoniali arriva lui, il Master of Ring che officerà la funzione, la vestale al suo fianco ad assisterlo. Non è cupo e vendicativo, applica la punizione con giustizia, anzi sorride per farti capire che comunque non avrai di più o di meno di quanto ti sei meritato. Neppure gli serve consultare il gran libro delle pene dove è tutto virtualmente segnato; nella sua onniscienza, ha già tutto in mente e sa quanto, dove e come dovrà straziare le tue carni, lacerare, pungere, strappare via, senza compiacimento, ma con giustizia, perché questo ti è dovuto. Tanto hai firmato ancor prima di entrare e comunque tutto questo lo hai accettato.
Intanto lui sceglie con cura gli strumenti con i quali sarai torturato, aghi, liquidi misteriosi, pinze, fili, tutta una varietà di cose che metteranno alla prova la tua resistenza fisica e morale. Poi si comincia e qui non voglio approfondire la descrizione, come fossi un monaco medioevale che dal pulpito cerca di impressionare il suo spaurito uditorio perché, sapendo quanto gli riserberà il cedimento ai peccati più orribili o la non osservanza dei precetti, riesca ad astenersi almeno in parte dalla colpa. Neanche voglio insistere sui particolari che interesserebbero soltanto la morbosità degli amanti del sadomaso, tuttavia l'ora della pena trascorre lenta e dura. Quando hai avuto tutto quello che ti meriti, compresa l'asportazione di parti di te stesso, vieni lasciato, mutilato e dolente, solo per un po' a riprenderti, meditando su quanto è accaduto, affinché se hai capito cosa accade, tu non lo ripeta. Il sacerdote massimo se ne torna nel suo sancta sanctorum a concentrarsi in attesa di un altro condannato, la vestale ti consola come la dominatrice fa con lo schiavo dopo la fustigazione. Finalmente vieni liberato dalle pastoie che ti trattenevano, avrai anche la giaculatoria con le raccomandazioni per non ricascarci. Sono le solite cose che si dicono naturalmente, tanto chi ha in sé il demone del gioco, alle macchinette diaboliche prima o poi ci ritorna a farsi portar via la pensione. Così te ne vai, non senza che il Guardia di Porta non ti abbia ricordato il giorno in cui dovrai ritornare per una nuova e ancor più dura fase della pena, che sarà ancora lunga prima che tutto venga scontato. Fino a che giorno verrà, quando le trombe del giudizio finiranno di suonare, nel quale si tireranno le somme e se la perdita di tre denti con quel che segue sarà stata dolorosa, bisognerà compiere l'estrazione più dura, il regolamento dei conti e benché scontata bisognerà scrivere la cifra finale sull'assegno.
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2 commenti:
Quale acedia — o Enrico al mai smarrito ti passeggi — la commedia
dura lex di trapani e pinze e soprattutto al portafoglio...
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