domenica 30 giugno 2019

Ritorno ai monti sorgenti


Il forte di Fenestrelle

Ohibò, avrete notato che da qualche giorno latito, ma tranquilli, anche se so che ve ne siete fatti una ragione, come l’assassino, ritorno sempre sul luogo del delitto, intanto per ratificare che nonostante il caldo torrido non sono ancora morto, seccato al sole direbbe qualcuno, in questa Alessandria mesopotamica trasformata in una umida serra con 43°C fissi. La realtà è che mi sono allontanato, scegliendo appunto i giorni migliori per vagare nella pianura Padana, con una tappa, dapprima nei pressi di Parma, zona alla quale sono ormai aduso per motivazioni familiari, ma ancora per poco, e una in quella collinosa Romagna al confine delle Marche, dallo splendido paesaggio del quale vi parlerò magari domani, a trovare amici. Tornato quindi nella fornace, mi sono trattenuto giocoforza per una ulteriore giornata per non perdermi la presentazione del libro Sulle spalle di Umberto, una gustosa miscellanea di inediti ed episodi cittadini di Eco, edita specificamente per gli ammiratori del nostro concittadino più illustre, alla quale, indegnamente ho dato anche io un piccolissimo contributo, per cui non potevo mancare. 

Oltre a ciò, dulcis in fundo, questo andirivieni affannoso è stato condito da una serie di disgrazie domestiche, dai bloccaggi di serrature; alle infiltrazioni d’acqua da sistemare sotto il sole cocente, che mi hanno fatto stare male al solo guardare chi doveva svolgere il lavoro con la fiamma ossidrica in mano; al crollo di pesantissimi pensili gravidi di servizi preziosi di bicchieri, alcuni addirittura doni di matrimonio, il mio, eh, di quasi 48 anni fa, con relativo spargimento di vetri per tutta la casa; al disfacimento di vecchi armadi gremiti di vestiti su cui operare scelte, sparsi maldestramente sul pavimento. Il tutto nella fretta angosciosa della preparazione del solito vagone di masserizie da stivare in macchina e fuggire il più velocemente possibile, magari prima delle otto di mattina, verso il mio buen retiro montano, dove attenderò tempi migliori, per un lasso di tempo ragionevole, magari in attesa che mi paghino la pensione in minibot. Comunque non ci crederete fa caldo anche qui tra i monti del re Cozio, anche se ai suoi tempi, forse il caldo era ancora maggiore se, come raccontano, il buon Annibale, invece divenire coi barconi, se la fece tutta in groppa agli elefanti. Beh, il paese ormai è in modalità estiva, con i vari esercizi aperti e ansiosi di servire la masnada accaldata dei davalìn (quelli che salgono dal fondovalle) benignamente disposti a spendere qualche soldo. 

Insomma tutto il villaggio, che in inverno conta a malapena due centinaia di residenti, nella maggior parte over 70, è ormai attivo, con tutte le sue varie manifestazioni programmate, anzi devo sbrigarmi domani ad andare alla Proloco per concordare le mie due solite chiacchierate serali. Passeggi in su e in giù, salutando i vari abitué che, complice la temperatura sono ormai arrivati quasi tutti, ci si riconosce da anni, bundì monsü, cuma va madamìn, e la diabete? e il polistirolo, che l’autr’ani a l’avìa un po’ aut? Insomma discorsi da pensionati che non hanno cantieri da presidiare e possono solo dibattere al bar ad tüti sti moru, ch’as na pël pü e che brau ‘l capitano ch’a dev bütela ‘n galera e tra’ via la ciau, cula lì. Insomma ordinaria amministrazione in cui spero di rimanere per il tempo necessario per continuare i vari lavori che ho messo in cantiere e che mi terranno occupato per tutta l’estate, senza dimenticare che devo cominciare a programmare anche il viaggetto autunnale, posto che riesca ancora a farcela e posto anche che tutte le altre nazioni non ci abbiano ancora dichiarato guerra. Dunque presto che è tardi, dumsi da fè fioi. Intanto continuate a seguirmi che vi terrò comunque aggiornati e terminerò anche il racconto, troncato a metà, del viaggio primaverile indiano. Dai che il caldo passa presto, anche se il danno provocato nelle teste di molti (oltre una certa temperatura le cellule cerebrali e le sinapsi friggono, specie se sono poche) ormai è fatto.



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