Sahara mauritano - Febbraio 2025 |
L'uomo è una bestia strana, se vive in città, sogna la campagna; ha casa in montagna, vorrebbe fare le vacanze al mare: si crogiola nelle comodità e vorrebbe avventure spartane nella natura. Siamo fatti così, ci piace e ci affascina quello a cui non siamo abituati, l'inusuale, l'incognito. Io sono il primo a cadere in questa dicotomia incongruente. Amo l'esotico e soprattutto il diverso da me, vorrei conoscerlo meglio e lo apprezzo anche se poi preferisco sempre il mio e quello a cui sono ormai abituato, a partire dal cibo, avendone assaggiato alla mia età, ormai, ogni declinazione possibile in giro per il mondo, ma alla fine mi manca sempre la mia cucina mediterranea in barba a tutto. E infine ho un'altra fascinazione che mi perseguita decisamente anche nella scelta delle mete che cerco di volta in volta, di anteporre alle infinite di cui purtroppo rimarrò privo, semplicemente per sopraggiunti limiti di età. Premesso infatti che sono amante della vita tra la gente, rimango cittadino per eccellenza e abitante assolutamente convinto dei condomini, dove, se vengono giù due dita di neve, puoi chiamare l'amministratore per sapere come mai non è ancora intervenuto per farla rimuovere, rimanendo al calduccio dei termosifoni a palla, senza che nessun vicino mi dia fastidio, per principio, alla faccia della casetta indipendente sogno di moltissimi, poi nell'intimo del mio animo, sono assolutamente affascinato dal deserto, dalla sua solitudine, dalla completa assenza di tutto, soprattutto la mancanza dell'uomo.
D'altra parte come si fa a non rimanere presi da questo ambiente particolarissimo? La bellezza delle forme e dei colori, sia che siamo tra canyon di montagne scabre, rose dai venti e dalle escursioni termiche, sia che che abbiamo davanti quei mari di dune che si stendono all'infinito come un oceano sconfinato di cui non riesci neppure ad immaginare l'altra sponda. Le sfumature che le colorano, diversissime in ogni ora del giorno, cangianti nelle mille variazioni dell'ocra, ai gialli purissimi, al bianco candido come se fossero zucchero o neve, al rosso cupo, al viola quando scende la notte col suo mantello di velluto nero, accendendo una luminaria di stelle che non ha paragoni in nessuna altra situazione. Come si può poi, rimanere insensibili a quel senso di vuoto che ti prende non appena sei andato oltre il primo avvallamento e ti guardi indietro e non vedi più la pista o l'auto che ti ha condotto fin lì e subito ti chiedi se è possibile che tu ti sia perso per sempre, se riuscirai mai a ritrovaare la strada, i tuoi compagni, la via perduta del ritorno! O se guardi un cammello lontano che rumina qualche ciuffo di erbe secche seguendoti con la coda di un occhio azzurro cielo, con quello sguardo di superiorità che solo può avere l'unico essere vivente che conosce il centesimo nome di Allah. E quando incontri qualcuno in una tenda isolata nel nulla, che ti accoglie all'ombra della sera e ti prepara un tè alla menta rimestando il bricco e poi versando il liquido ambrato da un bicchiere all'altro per infinite volte, senza parole visto che se sei arrivato fin lì, avrai di certo avuto la tua buna ragione.
La splendida bellezza della solitudine e al tempo stesso dell'incontro, che è casuale ma mai banale, che regala il piacere del contatto umano a prescindere dall'interesse. Ed infine quello spazio magico che presenta ogni deserto, l'oasi, il punto di arrivo per eccellenza, la salvezza dallo spazio di morte, la presenza di vita, del verde che la protegge e che la permette, col dattero dono del cielo panacea di ogni male e nutrimento perfetto e con l'acqua che è patrimonio di tutti. Tra i nomadi di ogni deserto un discorso che riguardasse la diatriba avvenuta da noi qualche anno fa tra acqua pubblica e acqua privata, sarebbe un nonsenso incomprensibile e assurdo al tempo stesso. L'acqua nel deserto è "libera" per il diritto arabo e al tempo stesso di tutti. Insomma, abbiamo capito che il deserto è un luogo a sé stante che porta con sé tali e tanti spunti di riflessione da regalarti tempo per pensare e soprattutto, per rallentarlo questo pensiero occidentale vorticoso e veloce, in modo che tu possa fermarti ed apprezzare, per assaporarne la bellezza assoluta, delle forme e del pensiero stesso. Così, inseguendo questo languore, ho rimuginato per tutta la vita, non appena ho potuto, il tracciamento di itinerari che mi portassero a percorrere le piste di ogni possibile deserto del mondo. C'è stato un momento in cui sono stato addirittura lì lì per comprare una vecchia Land Rover, un cadavere che allora potevo comprare a qualche centinaio di mila lire, da rimettere a posto e che probabilmente mi avrebbe lasciato definitivamente a languire tra le dune, se mai mi fossi davvero avventurato in un deserto vero; proprio io che di meccanica non capisco nulla e ho la manualità delle creature prive di pollici opponibili.
Mi rivedo giovane, mentre stavo esaminando una grande carta Michelin, già, allora si usavano le carte, pensate un po', che di certo ancora ho da qualche parte e che aveva il confine tra Marocco ed Algeria sbagliati e che, si diceva, nei vari passaparola tra appassionati, non bisognasse fare assolutamente vedere al confine, pena appunto il sequestro. Allora sognavo le tre mitiche traversate sahariane, la via di Tamanrasset, la altrettanto famosa Bidon 5, con l'arbre du Tenerè che si ergeva unico e solitario in mezzo al Sahara e che fu abbattuto da un camionista ubriaco che percorreva quella pista nella notte, credo negli anni 70, un bel centro direi, ed oggi è sostituito da un monumento di ferro. E poi la terza via, detta la pista dei pazzi che percorreva tutto il confine algerino, di cui parlavamo nelle foreste della Lapponia con un dentista fiorentino che l'aveva appena fatta nell'inverno precedente. Quelle che adesso fanno i poveri disperati del sahel per arrivare al sogno mediterraneo e che tanti lascia per strada o nelle profondità di quel mare sognato. Così uno dopo l'altro ho cercato di farmeli tutti i deserti del mondo, uno dopo l'altro a partire proprio da quell'immenso Sahara, che ne racchiude tutti i tipi, il deserto di montagna come quello delle oasi tunisine, gli erg di sabbia dalle dune gialle al fondo delle valli marocchine a Zagora, le dune rosso fuoco di Timimoun in Algeria, i reg sassosi battuti dal vento implacabile che portano alle colline dello Mzab, quelli variati egiziani, lungo il Nilo e zigzagando tra le oasi dove spuntano rovine di templi antichissimi.
E poi ancora le dune sinuose ed altissime del Namib, che si perdono nell'Oceano ed i deserti punteggiati di arbusti dove riescono a vivere i popoli San. Ho percorso le strade della penisola araba, nel disumano calore d'agosto, nella fascia rovente della Tihama yemenita ed i deserti bianche delle sugar dunes e quelli rossi dell'Oman, senza perdermi le dune ormai parco giochi dei vari emirati o gli spazi severi dell'Arabia Petrea di sasso severo, che portano fino alle rovine di quella leggendaria città nella roccia. Né mi sono negato i deserti stepposi dell'Asia centrale, Uzbechi, Turkmeni e Kazakhi e più recentemente, quelli Patagonici. E ancora, la Valle della morte negli Stati Uniti, tra i più affascinanti, i lembi estremi dei deserti Australiani o quello indiano del Tar, con le sue suggestioni di pastori migranti coi turbanti dai mille colori ed estrema possibilità, non mi sono perso neppure le dune del deserto islandese a nord di Reikiavik e già ve lo annuncio ho già in tasca i biglietti che mi porteranno in quel famoso Taklamakan, il deserto da cui non si esce, con le dune che di notte chiamano i mercanti incauti che vi si avventurano, inseguendo Marco Polo in quella mitica via della seta che ancora oggi fa discutere gli sciocchi. Insomma sicuramente ho già fatto molto per appagare queste mie voglie insane, ma sicuramente c'è ancora tanto da fare e poi evidentemente questa è una malattia che non guarisce e che ti porti dietro come un virus che non passa mai una volta che ti ha infettato.
Ecco perché, complice un amico di Fb, che mi ha passato un contatto, nel febbraio scorso mi ero preso un piccolo spazio, meno di un paio di settimane, per fare una scappata in Mauritania, una meta un po' desueta, ma di cui avevo già inteso parlare molto bene e che sicuramente meritava una scappatella per dare un 'occhiata, tanto per dire. Così ho contattato l'ormai amico Ahmed e dopo avergli raccontato un po' dei miei desiderata, abbiamo organizzato questa cavalcata nel deserto mauritano sulla traccia di quella che avevo progettato da giovane per raggiungere Cinquetti, una di quelle mete perdute in mezzo alle sabbie che a me fanno sognare, come Timbuctu del resto, dove credo non riuscirò ad arrivare, in questa vita per lo meno. Insomma un programmino low cost, apprezzabile nella sua ideazione che però ha subito mostrato un male oscuro dentro di sé, come se tutto fosse partito male fin dall'inizio e che la tempesta fosse lì in attesa di scatenarsi. Subito i cari amici che di solito ci seguono in queste peregrinazioni, hanno dovuto rinunciare, rimettendoci anche voli, come sempre presi al massimo risparmio e senza rimborso oltre a qualche acconto. Per fortuna senza altri problemi gravi, subito dissipati e a me, una volta partita l'avventura è capitato sul posto il problema che già sapete e che non spoilero ancora se qualcuno ancora non lo sa. Comunque ecco qua i preliminari di questa avventura del signor Bonaventura, così almeno recitava il Corrierino dei piccoli che la mia mamma mi comprava tutte le domeniche e che io leggevo con grande fervore.
Oasi di Cinguetti - Mauritania |
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