domenica 19 ottobre 2025

Azer 4 - Il Qobustan

Parco del Qobustan - Azerbaijan - ottobre 2025
 

Usciamo dalla città vecchia soddisfatti anche se la giornata è stata un po' faticosa dopo la notte di volo e quindi un bel taxi per tornare in albergo ci sta tutto. Credo che qui, nella mobilità privata funzioni benissimo Yandex (il succedaneo slavo di Uber e simili) visto che siamo in area russa, ma la nostra imperizia digitale, in assenza della nostra mentore Maria Luisa che ci ha lasciato per tornarsene a casa e continuare a versare contributi in vista del pagamento della nostra pensione, ci impone di tornare alla vecchia maniera e cioè, essendo incapaci di risolverla coi telefonini, rivolgersi vis a vis, al gruppetto di avvoltoi appollaiati fuori della porta delle mura in attesa di spolpare la carne avariata che ancora sta attaccata alle ossa degli anziani turisti che fuoriescono spossati dall'area loro dedicata. Il primo interpellato intanto, mi fa subito presente, dopo la mia richiesta che il tassametro, che fa bella mostra di sé sul cruscotto della sua Mercedes, venga messo in funzione, è solo un oggetto ornamentale come l'elicotterino a lato a cui girano le pale come a me e che qui non si usa, subito appoggiato dal gruppetto di colleghi che assentono con vigorosi cenni del capo, mentre gli ciondolano intorno e mi dice che il nostro lontanissimo hotel (1,7 km) non si può raggiungere se non con la cifra fissa forfettaria di 20 Manat, capirà, e che è ancora un prezzo di favore. 

Lo mando a stendere, piuttosto costringerò la compagnia a ritornare a piedi e proseguo nella piazzetta antistante dove staziona qualche altra macchina, spero un po' meno esosa, man mano che ci si allontana dalla zona squisitamente turistica. Questo altro tizio tenta anche lui di estorcermi la stesa cifra, evidentemente c'è un cartello comune, poi alle mie rimostranze che espongono il fatto che per arrivare dall'aeroporto ne ho spesi 27, alla fine accetta la mia proposta di 10 M, più che generosa e visto che in  giro non ci sono altri polli da spennare, in un paio di minuti ci scodella davanti a casa. Certo che è una lotta continua e anche divertirsi diventa fatica costante. Comunque prima di depositare le stanche membra nel nostro giaciglio di Procuste, sondo il tizio di guardia circa le possibilità di ingaggiare un autista con un auto che ci scarrozzi per tutto il giorno, lungo qualche itinerario stabilito tra quelli che avevo più o meno traguardato prima di partire. Mi propone un suo protetto che, essendo fuori dalle agenzie ufficiali ci porterà per tutto il giorno in giro nella penisola di Absheron e dintorni a 250 Manat, cifra che mi sembra abbastanza congrua e che lui, bontà sua, ci assicura già scontata e scevra da gravami di agenzia e credo ovviamente da tasse, visto che il  pagamento dovrà essere tassativamente cash. 

Dopo di che si può andare a chiudere tranquillamente gli occhi fino a domattina alle 8. Le luci dell'alba ce li riaprono dopo quasi undici ore di deliquio letargico, evidentemente recuperiamo la stanchezza accumulata con sempre maggiore difficoltà, ma pazienza, finché ce la si fa ancora, bisogna tenere a bada la negatività e la pigrizia che ci farebbe girare dall'altra parte e andare ad usufruire delle delizie offerte dalla sala breakfast, che nel Caucaso è sempre ricchissima di deliziosa frutta secca di ogni tipo, che qui alligna come non  mai, alimento essenziale per caricare le energie necessarie a carburare la giornata. Per l'omelette invece, bisogna chiedere, ma te la fanno senza problemi. Vorrei capire come mai, quando siamo a casa, al mattino riusciamo al massimo a trangugiare una lacrima di caffè nero macchiato da un paio di gocce di schiuma di latte e un paio di scarni biscotti se ci sono e quando invece si è fuori e scatta la magia della colazione inclusa, ci si sfonda come se non ci fosse un domani, come se fossimo un dovere di recuperare in anticipo le quattro calorie in croce che consumeremo nei 10.000 passi minimi che ci aspetteranno nel corso della pur lunga giornata. Ma tant'è, sarà la voglia di provare l'offerta locale, sarà la bramosia sempre indotta in automatico dai buffet, ma anche stavolta facciamo il pieno, salvo poi sentirci un po' appesantiti. 

Intanto è arrivato Aqshin, un bravo ragazzo dall'aria paciosa con un lussuoso pulmino Mercedes, spazioso e dall'apparenza efficiente, che parla pure inglese e russo, cosa che ci fa subito capire che pur essendo il suo, un ruolo di semplice autista, in realtà ci sarà utile anche come guida a tutti gli effetti. Ci muoviamo subito quindi per l'itinerario di oggi che ci condurrà nei dintorni di Baku a dare un'occhiata ai quattro siti di principale interesse delle vicinanze della capitale. Se ci soddisferà in questo esperimento, potremo concordare anche altro nei giorni successivi. Anche se sono passate da poco le 9 del mattino, il traffico è già intenso anche se quello più pesante viaggia in direzione a noi opposta, in entrata della città. In fondo questa è una capitale moderna e attiva e queste sono le ore di punta e le vie di scorrimento, pur molto ampie e rettilinee, e stiamo parlando do 4/6 corsie in ogni senso di marcia, sono sempre gremite da un serpentone di mezzi di ogni tipo che accedono al centro. Un parco macchine comunque moderno ed all'apparenza efficiente. Niente o quasi scassoni da terzo mondo, annosi e sbuffanti in attesa di meritata rottamazione, ma veicoli nuovi, molti cinesi, alcuni anche elettrici o ibridi, anche se ho visto ben poche colonnine di ricarica; parecchie auto di lusso, da Porche a Mustang e SUV, nonché numerosissime Mercedes, Audi e BMW anche con sigle elevate.

Si vede che gli idrocarburi hanno comunque una forte ricaduta sulla società. Non manca naturalmente, ancora qualche vecchia Zigulì e qualche Lada Niva dalle lamiere un po' corrose ed approssimative, a ricordo di un passato sovietico che non vuol saperne di morire, anzi resiste con una certa pervicacia, come a dire, noi abbiamo resistito cinquant'anni, vedremo voi, tutte così lucide e smargiasse quanto durerete! Noi intanto usciamo dalla città percorrendo la direttrice sud, che è circondata lungo i suoi bordi da una successione di avveniristici grattacieli di vetro, disegnati evidentemente da famosi architetti che sfoggiano firme molto plastiche ed originali. Non ci sono dubbi che queste sono le moderne cattedrali del nostro tempo, dove l'estro artistico dell'architetto moderno trova sfogo e l'utilizzo di nuovi materiali che gli danno possibilità prima negate, lo lasciano libero di sfruttarne i vantaggi per creare forme nuove ed inusitate, che come sempre ricordano che l'uomo, anche nelle opere di utilità, non riesce a privarsi del desiderio di unirvi anche la sua propensione alla bellezza o quantomeno quella che lui ritiene tale in quel periodo storico, anche se questa è tecnicamente inutile ai fini della praticità del manufatto. Questo ci distingue, io credo dagli animali. 

Ecco così che si vedono nascere edifici dalle curve sinuose e perfette, piani che salgono con una torsione che ne avvolge a crescita come se l'intera costruzione stesse cercando di liberarsi dalle viscere della terra come una statua incompiuta di Michelangelo emerge dalla pietra; volumi che offrono le loro superfici traslucide ai raggi del sole perché le colpisca e li rifletta più oltre; aperture ardite che paiono sfidare la gravità; insomma, opere che mostrano l'ambizione di trovare un loro posto nei libri d'arte. Anche la grassa Trump tower, già ce n'è una anche qua, caso mai ci dimenticassimo dove sta andando il mondo, si impone sulle più basse costruzioni circostanti, una serie di palazzi ancorati a uno stile di epoca passata con l'orgoglio di che dice: adesso comando io e si fa alla mia maniera. Oggi pare ospiti un albergo di lusso. Ma ancora altri di questi aspetti vedremo nei prossimi giorni, adesso invece che ci stiamo allontanando, la via si trasforma subito in una sorta di autostrada che corre quasi lungo il mar Caspio, in un territorio piuttosto brullo e privo di alberi.. Alla nostra sinistra cominciano ad apparire grandi piattaforme di estrazione al largo, che spiegano la natura della ricchezza che ci circonda. Subito fuori città vedi anche enormi complessi che altro non sono che i terminali degli oleodotti e dei gasdotti che lasciano il paese per raggiungere i nostri mercati avidi di energia a qualunque costo. 

Alla nostra sinistra basse colline che un erosione continua degli agenti atmosferici ha arrotondato nelle sue rocce più tenere di conglomerati dovuti al fatto che questa area è un misto di grandi eruzioni vulcaniche e di depositi sul fondo marino dell'epoca in cui il Caspio era decisamente più esteso. Arriviamo dopo poco all'ingresso del parco ed al centro che ospita un interessante museo che racconta con i manufatti ritrovati nell'area, strumenti in pietra, protoceramiche e oggetti di ornamento vari, molto ricchi sebbene, come ci sarà fatto notare in ogni museo che visiteremo nei prossimi giorni, i pezzi più belli sono stati presi dai Russi e adesso si trovano esposti all'Ermitage, di quelli, qui, se va bene, rimangono delle copie. All'esterno inizia un percorso circolare attraverso un costone roccioso che affaccia sulla pianura che ha fornito riparo in epoca preistorica ad innumerevoli tribù. Così ecco emergere dalla roccia una impressionate serie di magnifici petroglifi (la forma di arte in cui i disegni sono scavati nella roccia con una linea che evidenzia il soggetto rappresentato) che raffigurano gruppi di uomini che danzano per propiziare la caccia, animali di ogni tipo, tra i quali enormi ed elegantissimi bovidi che ricordano nelle forme possenti quelli delle grotte francesi e spagnole, figure femminili in cui sono evidenziate steatopigia e i simboli della fertilità, lotte tra uomini, carovane e imbarcazioni di vario tipo che raccontano di come, già allora, era navigato questo mare.

Non fatichi ad indovinare quei raduni antichi di uomini attorno ai fuochi, qui sono stati ritrovati anche molti resti umani di sepolture, che svolgevano i loro riti agli ordini dello sciamano, raffigurato con la testa coperta, sperando in una caccia fruttuosa oppure le cerimonie funebri che accompagnavano i ritorni da quelle sfortunate. E poi le rocce con le coppelle per raccogliere l'acqua piovana sparse qua e là. Devo dire che dei molti siti simili che ho visto nel mondo, questi sono tra i più leggibili ed affascinanti, oltre che artisticamente più evoluti. Anche la ragazza che ci accompagna, col suo sorriso radioso, ha contribuito di certo a farceli meglio apprezzare, tuttavia, anche se non si tratta di cose di clamorosa importanza vale comunque la pena di venire a darci un'occhiata. E comunque ci sono un sacco di visitatori segno che di turisti ce ne sono, in prevalenza Russi ma anche, sorpresa, Israeliani e il sito è uno dei più gettonati. Ci spostiamo poi nell'area poco lontana dove il vulcanismo della regione è ancora attivo se pure in forme leggere. Per la verità lungo il percorso si vede bene un'area off limit dove una recente eruzione di fango ha riempito quasi completamente il fianco di una collinetta e adesso viene considerato molto pericoloso avvicinarsi per cui la zona è stata bandita. ma nel luogo accessibile sembra che non ci siano problemi di sorta. 

Coppelle per raccolta acqua

Intanto il nostro Aqshin telefona come previsto, ad un tizio munito di un fuoristrada, la appunto famosa Lada Niva, perché per percorrere la decina di km che conducono ai campi eruttivi, bisogna percorrere un sentiero disagevole e addirittura impraticabile durante i periodi piovosi nei quali si trasforma in una sorta di palude. Naturalmente come concordato si deve pagare un sovrapprezzo di 40 M in aggiunta i 20 già concordati per vedere anche la zona cosiddetta grande. Il ragazzo arriva subito e saltiamo sul baraccone che mi ricorda tanto i bei tempi passati, gli spigoli vivi e taglienti di lamiera che se non stai attento emergono malefici dai bordi e la rigidità benemerita del mezzo che la raffigura come un fuoristrada vero, di quelli di una volta insomma. Il terreno su cui ci avventuriamo è piuttosto accidentato, un su e giù per qualche chilometro non lontano dal mare che ci porta dopo un po' in un area glabra e spoglia fatta di monticelli dall'apparenza fangosa. Di tanto in tanto abbiamo incrociato qualche altro mezzo che tornava, ma mi sembra che qui arrivi un po' meno gente. Dopo un po' si giunge ad un gruppo di monticelli di fango che fumano circondati da un gruppetto di auto. Per la verità ci sono anche parecchi mezzi normali, anche se scassatissimi. Noi andiamo avanti ed arriviamo solitari a una grossa protuberanza grigio nera alta una decina di metri davanti ad un grosso lago fangoso ed altrettanto scura.

Uno Stige largo una trentina di metri, una pozza che, a guardarlo bene, ribolle quasi al centro con costante implacabilità. Visto da vicino, l'acqua è quasi trasparente e si vede il fondo a non più di qualche decimetro di profondità. Non si sentono odori particolari ed a sorpresa l'acqua e di conseguenza il fango stesso sono freddi. Si tratta di una pasta quasi oleosa che scorre sulle mani come una crema e sporca immediatamente, ma pare che faccia un bene che levati! Una vera e propria mano santa, migliore dei prodotti coreani, tanto che qui vengono addirittura a farci il bagno come mi mostra il ragazzo in alcuni filmati. Non capisco come facciano poi a pulirsi ma evidentemente è cosa consueta. Saliamo sulla montagnola e qui il fenomeno è più intenso, sulla cima un piccolo cratere di poco più di un paio di metri di diametro è colmo di fango denso sul punto di traboccare, come risulta da qualche colatura nel lato più basso. Poi, d'un tratto, sulla superficie liscia quasi da essere cresciuta solida, si gonfia una serie di bolle grandi che scoppiano poi di colpo senza il minimo rumore, in un silenzio quasi lunare. La sensazione è quella di essere in un luogo totalmente alieno, che un poco impaurisce. Quale creatura infernale uscirà da quella pozza maligna o sarà un gas mefitico che ti corroderà le mani o altro? In effetti il luogo inquieta anche perché siamo soli, in attesa che il pianeta vomiti i suoi borborigmi. Quando arriva un altra auto ce ne andiamo alla chetichella.

Intanto nella zona dei conetti, le altre auto se ne sono andate quasi tutte e riusciamo così ad avvicinarci ai più grossi, ad uno in particolare che ribolle in continuazione, colando fango lungo un fianco, dove naturalmente finisco con una scarpa inzaccherandola tutta. Figuriamoci, figuriamoci se il vegliardo non mette un piede in fallo, va già bene che non è caduto nella caldera. Siamo tutti sulla cima, il ragazzo tira fuori un accendino e sfrutta le fuoriuscite di gas che escono tra una bolla e l'altra che si accendono con un piccolo impressionante scoppio. E' metano e gas affini che evidentemente la terra continua ad elargire qui anche inutilmente, per carità, ma certo fa comunque un po' impressione. Il vento forte che aumenta la sensazione del pianeta alieno, impedisce una accensione facile, ma con l'aiuto di un innesco di carta continuiamo gli esperimenti. Ce ne andiamo dopo un po'. Certo, mi direte, ne abbiamo anche noi a bizzeffe e anche di più significative, da Pozzuoli, a Ischia, alle Eolie, ma il fenomeno è comunque interessante da vedere. Ce ne torniamo indietro per la stessa strada a balzi e sussulti, evitando le larghe pozze d'acqua che le ultime piogge hanno lasciato e che non si  capisce quanto siano profonde. Aqshin ci aspetta alla grande rotonda, dopo che i manati sono passati di mano e la Lada se ne fila via, alla massima velocità che ancora riesce a fare.


SURVIVAL KIT

Riserva statale del Qobustan - A circa 60 km a sud di Baku, sito Unesco dal 2007, fa parte del classico giro dei dintorni della capitale, al pari del tempio del fuoco Zoroastriano di Athasgah e della montagna Yanar Dagh nella penisola di Absheron. Comprende due zone. Quella dei graffiti rupestri che, con oltre 200.000 petroglifi incisi nella roccia di un canyon di circa un chilometro con grotte e spaccature tra i 5.000 ed i 20.000 anni fa, racconta come questo sito fosse molto antropizzato fin dal paleolitico e quella non lontana dei vulcani di fango che sorgono come coni di varia dimensione in numero di circa 300. Ingresso 10 M a persona + 15 per essere accompagnati da una guida in inglese che mostra il bel museo con i molti ritrovamenti dell'area ed il sentiero del percorso di circa un'ora, che conduce ai petroglifi più interessanti, mostrandoli all'attenzione dei visitatori anche quando non sono di immediata identificazione. 



Cinghiale


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