 |
| Flame towers e moschea - Baku - Azerbaijan - ottobre 2025 |
 |
| Il porto |
E' ora di scendere in basso verso il porto, verso il mare, quel mar di Gheluchelan, che navigava già, in lungo e in largo, la repubblica di Genova in cerca di opportunità commerciali. Questa ne è la terra e dovunque ti giri, devi fare i conti con quello che c'è sotto il suolo, in questa terra del Fuoco o terra dei fuochi, come è stata sempre identificata e dove già un tempo, anche se ancora si faticava a comprendere la portata e le implicazioni di quanto stava qua sotto, c'era comunque una attenzione vigile, perché una cosa così inspiegabile e quasi contro natura, i segnali di un inferno che tenta di fuoriuscire dalle viscere del pianeta, accoppiato alla purezza salvifica delle fiamme eterne, attira forzatamente la curiosità umana e subito di seguito, la mente si attiva, si arrovella e cerca di immaginarsi come volgere a suo favore tutto questo. E qui, c'è poco da fare, l'olio nero è da sempre fuoriuscito da solo dalle spaccature della terra. I giacimenti di idrocarburi, sulle rive di questo mare, erano polle spontanee che gorgogliavano da sole, così come da sole, come abbiamo visto, le fiamme bruciavano emergendo dalle fessure che forse portavano diritte al mondo degli inferi, quindi ecco le carovane che venivano a raccogliere in otri di pelli questo combustibile gratuito "e in tutta la contrada non si bruciava altro che questo olio".
 |
| Il primo pozzo |
Poi il tempo è trascorso mentre l'inesauribile fonte continuava a dare materiale alle carovane e venne il momento in cui si scoprì che di questo materiale si poteva ricavare sempre di più e meglio e la richiesta crebbe a dismisura, così ecco che proprio su questa piana davanti al mare, crebbe una costruzione strana, mai vista prima, che la mente umana è sempre in cerca di metodi nuovi, più efficienti ed efficaci per aumentare qualunque tipo di produzione e diminuirne il costo, non facciamoci illusioni, questo è un assioma imprescindibile su cui è fondata tutta la storia umana. E' quella che si chiama economia e che a torto o a ragione fa crescere la facilità della vita. Senza, tutto si arenerebbe nelle pastoie della volontà decisionale, dell'ambizione personale, dell'affermazione dell'ego volto ad acquisire una notorietà effimera, solamente passeggera, mentre il vero meccanismo sotterraneo, ancorché moralmente discutibile che fa montare il tutto è la grana, motore immobile che riesce a spingere senza sforzo ogni cosa in una sola direzione. In ogni caso impossibile da deviare, ma tuttavia nella maggior parte dei casi alla fine della fiera, produttiva ai fini di quello che a torto o a ragione, chiamiamo progresso. Ed eccolo qui oggi, nel mezzo di un giardino commemorativo, il primo pozzo industriale del mondo per l'estrazione del petrolio.
 |
| Trivelle tradizionali |
L'incastellatura nera che sorge nel parco, quasi oggetto di venerazione per quello che rappresenta, pompa petrolio, pensate un po', fin dal 1846, anche se la sua produzione giornaliera si è oggi dimezzata a circa 1 tonnellata al giorno, ma rimane il simbolo dell'economia su cui il paese fonda la sua esistenza. Certo è una ricchezza fragile, visto che fornendo il 40% del PIL e il 90% delle esportazioni, condiziona pesantemente l'economia ad ogni minima variazione dei prezzi internazionali. Certo per il paese, la guerra di Ucraina è una vera e propria manna visto che con l'idea contorta delle sanzioni (come sempre bisognerebbe pensare alle conseguenze delle azioni, che arrivano con costante inevitabilità), posto che quando si pensano queste cose, non si vogliano ignorale a bella posta. Infatti, cessando (quantomeno in parte e a parole) gli acquisti da parte dell'Europa degli idrocarburi russi, l'Azerbaijan è diventato uno dei principali fornitori europei, attraverso i vari gasdotti ed oleodotti costruiti nel tempo e che transitando da Turchia e Mar Nero arrivano principalmente in Italia, ad esempio col famoso TAP, a suo tempo tanto contestato dai No-tutto. Tuttavia come ha segnalato in importanti articoli un famoso giornalista azero, questo enorme aumento della produzione richiesto dai nuovi contratti, non è fattibile con i giacimenti del paese, per cui le quantità di merce prevista dai contratti, potrà essere soddisfatta solo con la fornitura di idrocarburi russi fatti transitare dal paese.
Comprati proprio da coloro che si voleva penalizzare e rivenduti con giusto guadagno, capirà, non siamo mica qua a pettinare le bambole. L'unica differenza starà nel fatto che l'Europa li pagherà più cari, visto il giro che devono fare. A tale scopo le compagnie russe Lukoil e Gazprom, hanno già provveduto a fondare le analoghe imprese azere, senza neppure degnarsi di cambiarne il nome. Il giornalista dalla bocca larga, è stato subito imprigionato con scuse varie (incitamento all'estremismo religioso ed altre fantasiose amenità) e quindi messo a tacere, al momento si troverebbe ancora agli arresti domiciliari nel disinteresse generale, mentre il materiale, transita senza problemi proprio dagli immensi terminali che abbiamo visto durante il nostro secondo giorno nel Qobustan. Fatto sta che per il momento è una fase d'oro nella economia nazionale, bisogna vedere se la lungimiranza politica farà in modo di diversificare i cespiti economici per parare l'inevitabile colpo quando la pacchia finirà. Certo ormai questa incastellatura resa nera dall'uso e dagli anni, è un monumento molto significativo, che racconta in maniera inequivocabile la storia di un paese e solo la sua iconicità rappresentativa lo rende diverso dalle migliaia di altri sparsi in tutta la pianura circostante, fino all'interno della penisola di Abshalom, molti ormai fermi perché il campo si è esaurito, ma mai rimossi perché è antieconomico farlo, mentre al largo sorgono sempre in maggior numero le grandi e sempre più imponenti piattaforme di estrazione a cui attraccano direttamente le bettoline, le nuove isole che vanno a popolare un mare a fortissimo rischio ecologico.
 |
| Il Mall |
Le acque a poco a poco si ritirano, la vita è fortemente minacciata da scorie e da altre ovvie conseguenze di questa industria molto inquinante. E' un problema difficile da risolvere così come proporre soluzioni efficaci che vadano al di là delle facili semplificazioni. Comunque stare davanti ad un pozzo che pompa, con il suo lento movimento di su e giù, coordinato dalle mezzelune di ferro dei contrappesi, una attrezzatura di una semplicità commovente e che, invariata nel tempo, funziona perfettamente da quasi due secoli, racconta molto della industriosità umana, che da un lato fa scivolare l'umanità verso una rovina forse inevitabile, mentre dall'altra sarà forse la stessa capace di escogitarne la salvezza. Vedremo, è impossibile fare previsioni che poi vengono inevitabilmente sconfessate dal tempo che scorre, noi intanto camminiamo attraverso i pozzi, zigzagando nel giardino fino al grande Mall che è sorto sulle rive dal mare, un grandissimo fiore che sta sbocciando con i suoi petali di cemento e che all'interno offre il meglio di quello che arriva da tutto il mondo e che si può importare grazie al fiume di oro nero che proprio da qui parte.
 |
| Museo del Tappeto |
Facciamo un giro all'interno che poi alla fine per noi non ha un grande interesse, se non confermarci l'uniformità che la globalizzazione sta portando in tutti i paesi del mondo, altro tema dibattuto, certo, e che leva quell'interesse esotico per il turista, ma basta pensarci un poco e si capisce quanto egoistica sia questa pretesa, che altri rimangano ancorati ad un passato privo di sviluppo, negandosi anche le minime comodità per far piacere a quanti, con la boccuccia a cul di gallina, si compiacciono di transitare in villaggi dove la gente muore di fame, ma si fanno pur sempre delle belle foto. Certo viaggiare un tempo ti faceva vedere cose molto interessanti, ma il mondo procede e io dico, per fortuna per quelle genti che un tempo cercavano solo di sopravvivere con una ciotola di riso e che oggi, grazie a tecniche, diserbanti e tanto studio che ha generato la Rivoluzione verde degli anni '60 l'ha trasformata nella maggior parte dei casi in un pasto completo. Breve giro al supermercato dove constato con piacere, la presenza dell'intero scaffale di Ferrero, ricolmo di barattoli di Nutella, Rocher e Mon cherie e poi facciamo una sosta premiata in uno dei bellissimi bar all'esterno della struttura, dove potresti pensare tranquillamente di essere sulla Côte, visto che ci siamo fatti una bellissima e coreografica crêpe frutta fresca, cioccolato, panna e gelato alla crema, alla faccia di chi ci vuol male.
 |
| Tappeto azero |
Rimane la chicca che ci siamo tenuti per ultimo, poco più in là, nascosto tra gli alberi del grande giardino, il grande Museo del Tappeto, ha la forma allungata proprio di un grande tappeto arrotolato e pare raccolga una collezione degna del paese che la propone, visto che qui nascono alcuni dei tappeti più belli e preziosi del mondo. Quelli caucasici e azeri in particolare, sono giudicati tra i più raffinati ed eleganti con la loro totale aderenza al disegno geometrico, imposto anche dalla cultura sciita, che quindi ha dovuto sviluppare nella complessità del disegno e nell'eleganza dell'accostamento dei colori, la fantasia del progetto. Facciamo un lungo giro per arrivare all'ingresso, messo in posizione quasi nascosta ad uno dei lati e, sorpresa, il Museo è chiuso. Ci eravamo accertati che il giorno di chiusura fosse come di consueto qui, il lunedì, ma le porte sono sbarrate e altre due ragazze che come me cercano di forzarle, rimangono con un palmo di naso in attesa di una spiegazione. Dal fondo della sala buia, attirati forse dal rumore che provochiamo, compaiono un paio di vigilantes, che con grandi cenni fanno chiaro segno con le braccia incrociate che per oggi non si entra, di andarcene altrove e piantarla di rompere le scatole.
 |
| Piccola Venezia |
Grande delusione ovviamente perché ci tenevo assai, qualcuno dice infatti essere questo, più ricco di preziosi esemplari di quello di Teheran e anche di quello più ridotto se pur molto interessante, di Erevan che abbiamo visto lo scorso anno. Tuttavia temo che dovremo rinunciare all'occasione. Non ci rimane che trascorrere inutilmente il tempo che dovevamo dedicare al Museo, stando al fresco a guardare, subito dietro, quella che viene chiamata La piccola Venezia, un insieme di canaletti di cemento dai bordi coperti di fiori, vezzosamente scavalcati da ponticelli, dove le coppiette o le famigliole in cerca di esotico, si fanno scarrozzare su barconi a motore, elettrico quanto meno, che non si è avuto neppure il buon gusto di fare a guisa di gondola, come vorrebbe il nome della struttura. E' pur vero che il Caronte di turno che guida il natante, tenendo solamente la barra, visto che va da sola, è vestito se pur grossolanamente, da gondoliere, camiciotto a righe orizzontali e paglietta approssimativa, ma la cosa è decisamente ridicola, se pure gettonatissima, le barche infatti transitano senza sosta tra gridolini di giubilo e la sequela di selfie senza fine. Bisogna rassegnarsi, questo comunque sarà il turismo del futuro. E' quasi giunta l'ora di tornare in albergo che abbiamo ormai i piedi piuttosto rotondi, ci resta solo da organizzare la cena.
 |
| La grande Moschea |
 |
| Crepe |
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
Nessun commento:
Posta un commento