domenica 28 dicembre 2025

Uzb 7- La città vecchia di Khiva

Nell'Harem della fortezza - Khiva - Uzbekistan - ottobre 2025 (Foto T. Sofi)
 

Colonna in legno

Rientrare nelle mura della città al mattino è come rivivere una seconda esperienza, rispetto alla visione delle mille e una notte di ieri sera, con gli spazi illuminati da fioche lucerne gialle. Tuttavia non si può negare che questa città vecchia, racchiusa nello spazio di ciclopici bastioni, giganti di terra gialla, abbia davvero un fascino particolare, credo assolutamente unico nel novero di quello che il paese ci mostrerà anche nei prossimi giorni. In fondo questo, se pur rimaneggiato in qualche sua parte, è uno spazio ancora assolutamente vivo e vitale, popolato non solo di turisti, che pure sono moltissimi, ma anche da gente che lo abita normalmente e che assimilano questo luogo a quello che è sempre stato, un punto di sosta nella via per l'Oriente, dove prospera un mercato che traffica e commercia, quello che le genti che passano da queste parti, richiede. Certo oggi non si tratta più di beni da trasportare da una parte all'altra del mondo attraverso un lungo e periglioso viaggio, pietre preziose, spezie, pelli o altro, ma solamente ricordi e souvenir, frutta secca e magari anche campioni di quelle stesse spezie, che forse si ritroverebbero anche al supermercato sotto casa, ma alle quali, quaggiù, aggiungi il fascino esotico della distanza o della esposizione massiva a disposizione con abbondanza e varietà. Insomma ci sono sempre i motivi giusti e oggi la città vive di questo, proprio come nel passato.

Moschiea
In fondo anche se la gente viene scaricata davanti alle porte da grandi pullman e non da carovane di cammelli e nel caravanserraglio interno ci passano solo per ammirare i colori delle vesti offerte dai tanti banchi e non più per venirci a dormire, nelle nicchie die vari corridoi, il senso è quasi lo stesso. Le costruzioni da vedere sono comunque tante e il nostro Eldor, ci trascina dall'una all'altra raccontandocene le storie del passato che ne avevano scandito l'esistenza. Naturalmente gli edifici in migliori condizioni ed anche i più interessanti da visitare sono i più recenti. La grande madrasa Mukhammad Amin Khan è la più grande della città e fa parte di un grande complesso edificato a metà dell'ottocento, quando la città era un centro di studi tra i più importanti dell'Asia centrale,. Nelle sue 125 celle erano ospitati oltre 250 studenti e i suoi cortili interni illustrano bene l'importanza dell'opera. Certamente il fatto che oggi sia stato trasformato in un albergo, ne snatura non poco la funzione, ma diversamente forse non sarebbe così ben mantenuta, di certo però, non mi andrebbe molto di soggiornare in questa pur sontuosa location, invasa in ogni ora del giorno e anche della sera da centinaia di turisti affamati di selfie che si infilano in ogni angolo possibile. Mi sembra che ci si debba sentire un po' osservati e anche pressati. 

Il minareto mozzo
Al suo fianco ecco ergersi quello che è un po' il simbolo di Khiva, il Kalta Minar, il minareto corto o mozzo che dir si voglia, un'opera alta sì 29 metri, ma che dal diametro e dalle dimensioni massicce indovini subito come un progetto molto più ambizioso, troncato a metà, quasi strangolato mentre cercava di ergersi orgogliosamente al di sopra della città. Non è chiaro come mai il lavoro, che doveva raggiungere l'altezza di 90 metri (secondo altri addirittura 110), al fine di farlo diventare la costruzione più alta dell'Asia e che giustificava le misure massicce della sua base iniziale, sia stata stoppata ad un terzo del progetto. Forse finirono i soldi, che è poi sempre una delle motivazioni fondamentali, forse, si pensò che la struttura, viste le conoscenze statiche progettuali dell'epoca, non avrebbe retto l'altezza prevista o forse semplicemente perché il sovrano fu ucciso, fatto sta che il minareto, comunque bellissimo e completamente rivestito di ricchissime maioliche azzurre, con la sua serie di fasce sovrapposte di perfezione geometrica assoluta che si susseguono salendo verso l'alto, rimase così, finito se pur apparentemente incompiuto e manifestamente sproporzionato nelle sue forme, troppo grasse, che lo rendono tuttavia riconoscibilissimo e unico tra tutti. Naturalmente attorno al minareto sono sorte leggende di ogni tipo, tra le quali quella che riporta come nelle fondamenta della torre sia stato sepolto vivo, tale Matyakiub. che si era messo a capo di una rivolta, il primo sciopero della zona, visto che gli stipendi delle maestranze non erano a quanto si dice, troppo ricche.

Panettieri

Un'altra delle ragioni addotte per la mancata prosecuzione dei lavori, è data dalla storia che riporta come il sovrano della vicina Bukara, invidioso del progetto avveniristico, corruppe l'architetto progettista, convincendolo a costruirne uno ancora più grande nella sua città. Come giusto, visto che allora non si andava troppo per il sottile, il corrotto fu subito messo a morte, ma purtroppo non si pensò che era anche l'unico capace di portare a termine l'opera, così anche questo ponte sullo stretto, vuoi che fosse per mancanza di soldi, vuoi per incapacità progettuali, rimase incompiuto. Ma certo anche così com'è rimane un monumento di tale bellezza da farti rimanere lì sotto, in estatica ammirazione, cercando di cogliere gli effetti che i raggi del sole producono rifrangendosi sulle superfici vetrose di queste meravigliose maioliche. Intorno è pieno di bancarelle. L'oggetto più caratteristico è il tradizionale copricapo di pelle di agnello, con i lunghissimi boccoli di lana bianca che pendono fino a coprirti completamente gli occhi. Calzati in testa danno un effetto assolutamente straordinario ed in automatico ti trasformano in un turcomanno del passato, pastore che traversa i deserti dell'Asia, ma con la testa ben calda. In pratica la cosa è così fotogenica che i venditori ormai più che venderli, li affittano per i selfie e il business impazza. Intanto scivoliamo nella fortezza interna, Kunya Ark, quella, dove eravamo saliti ieri sera fino alla terrazza. Era a tutti gli effetti la reggia del sultano e conserva ancora gli splendidi ambienti costruiti alla fine del 1600.

La gher

I cortili che coronano gli ingressi delle due moschee interne, sono dei veri e  propri gioiellini di raffinatezza. Le colonne sottilissime del porticato, si levano altissime con la loro forma assolutamente inusuale, scavate alla base, quasi si dovessero sostenere in precario equilibrio e rastremandosi poi verso l'alto fino a configgersi nel soffitto ricoperto dalle complesse decorazioni geometriche moresche. Gli interni sono ancora più splendidi, non ci sono spazi lasciati liberi dalle decorazioni e le diverse sale sono ambienti che hanno visto i punti più alti di un passato che ha segnato la grandezza di questa città. A fianco, gli ambienti dell'harem, circondato dalle tante celle che un tempo ospitavano le spose e le concubine del sultano. Un gruppo di donne, in fondo al cortile, suonano con cembali e tamburelli, musiche di tradizione. Truccate e bistratissime cantano melodie del passato quello che racconta i tempi della grandezza di quel mondo. In un altro cortile ancora la splendida gher dove il sultano accoglieva i suoi ospiti orientali più illustri che venivano a porgere omaggio. Usciamo dalle porte vecchie di trecento anni e oltre, splendidamente istoriate e altrettanto bene conservate. La grandissima piazza antistante brulica di gente, turisti ma anche artigiani e bancarelle di ogni tipo, Al centro un gruppo di grandi forni di terracotta, attorno un gruppetto di donne, impasta, forma e confeziona le grandi ciambelle del pane tradizionale, poi le picchietta con lo strumento che ne disegna la serie di roselline circolari sulla superficie e infine le inforna appiccicandole alle pareti arroventate. E' una tradizione antica che ritroverete un po' dappertutto, il pane è la base del nutrimento, come del resto nella maggior parte del mondo.

La tomba

Continuiamo a passeggiare tra le viuzze ed i vicoli contorti fino alla grande madrasa Islam Khoja, dove al suo fianco si alza il più alto minareto della città, oltre 56 metri, Il suo elegante salire verso l'alto è scandito dai cerchi successivi che ne dividono le partizioni, fino alla corona superiore, che si allarga come una magnifica corolla in fioritura. E ancora il grande caravanserraglio che un tempo accoglieva le carovane riparandole per la notte dagli assalti dei predoni, oggi tramutato in grande mercato coperto, che ospita eleganti negozi che espongo vestiti in stoffe preziose, sete ed ikat nel disegni tipici della città. Ma appena più in là, seminascosto tra le case, evidenziato solamente dalla sua magnifici cupola blu che si staglia nel cielo, c'è uno dei monumenti più iconici della città, il mausoleo di Pahlavan Mahmud, un santo vissuto nella seconda metà del 1200. Personaggio mitico, guerriero e lottatore, poeta, studioso ma soprattutto artigiano, vantò tra i suoi successi quello di aver vinto un grande sovrano indiano, permettendo la liberazione di tutti i suoi concittadini. Veneratissimo, la sua tomba è meta di continui pellegrinaggi e gli interni del mausoleo sono completamente ricoperti di splendide maioliche blu. Vale la pena rimanere a godersele a lungo, ad osservare i complicati intrecci ed i viluppi che appaiono come tralci stilizzati in maniera talmente complicata che ti perdi a seguirne le tracce che corrono negli angoli più nascosti delle nicchie. C'è da perdersi davvero in questo disegno senza fine, forse uno dei tanti modi di stordimento che caratterizzava la ricerca dell'ascesi dei sufi e dei derviches tourneurs

Al ristorante

E' uno dei momenti di massimo affollamento della giornata, siamo circondati da una folla di turisti senza fine, soprattutto europei, senti spagnoli, francesi e tanti italiani, segno che il paese è ormai, dopo le ultime intelligenti aperture (soppressione del visto, aumenti delle strutture a disposizione, assistenza e guide di ogni tipo), sta diventando una delle mete più di moda e pare che l'afflusso turistico dall'estero sia più che raddoppiato soprattutto nell'ultimo anno e la crescita sembra inarrestabile. Sarà anche questo che riduce i margini di contrattazione coi venditori di cianfrusaglie, evidentemente ingolositi dalla platea dei possibili clienti, quindi difficilmente si riesce a scucire più di un 15/20 % di sconto, nonostante io cerchi di mettere in pista tutte le mie tecniche di trattativa più scafata e insistente. Alla fine bisogna pur cedere visto che non cede la tua controparte e fare il tuo dovere di buon turista e lasciare il tuo obolo necessario a far girare la ruota e a portarti a casa l'inutile cosa che comincerà a prendere polvere già dal momento in cui verrà  riposta in valigia. Andiamo a mangiare un boccone nello stesso posto di ieri sera dove in fondo non eravamo stati male, più che altro per riposare i piedi prima della sgambata del pomeriggio. Dunque ci si ferma anche un poco più del necessario bere un tè osservando da una bella posizione sulla balconata, il rutilare della gente che passa di continuo a consumare qualche cosa, un po' ritrovandosi nelle nostre stesse condizioni. Poi toccherà riprendere.

Il minareto più alto della città


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