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| Mausoleo di Pahlavan Mahmud - Khiva - Uzbekistan - ottobre 2025 (foto T. Sofi) |
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Mausoleo
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Il pomeriggio a Khiva sembra decisamente più tranquillo, forse il motivo principale è che i monumenti più importanti sono già stati visti alla mattina, diciamo che la furia dell'entusiasmo è già sfogata e probabilmente i gruppi di gitanti rientrano per la maggior parte in albergo a riposare le stanche membra, dando il più per fatto e da spuntare dall'elenco. Invece queste ore del pomeriggio, sembrano davvero le più belle per passeggiare nella parte meno stipata della città. Giri tra le case basse, sfiorando solo al passaggio, le piccole moschee, come quella Bianca (la moschea Ak) minuta e costruita in uno stile quasi ascetico, in cui spiccano soprattutto le finestre e le porte intagliate. O ancora le tante piccole madrase minori, che hanno ospitato gli studi di importanti sapienti, come la Arab Muhammad Khan o la Shergazi Khan con il suo bel laghetto nel cortile centrale ed infine palazzi uno più bello dell'altro, come il Nurullabay. Diciamo pure che quasi ad ogni angolo di strada ne incontri una, grande o piccola che sia, più o meno importante, ma che in ogni caso chiariscono bene quale fosse per secoli l'importanza culturale di questa città. Così, passo dopo passo arriviamo fino alla porta nord, dove le mura sono un po' meno imponenti e poi percorriamo tutto il quarto di città che la separa dalla porta Ovest, più povera di case antiche, dove si sta sviluppando una architettura di restauro di vecchie case in rovina, trasformate nella maggior parte in B&B di vario livello di cui evidentemente, sta salendo esponenzialmente la richiesta, visto che quest'anno le presenze turistiche supereranno ampiamente gli otto milioni, ormai uno dei cespiti su cui il paese comincia a fare conto.
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| Madrasa |
La porta d'occidente è quasi deserta. Ci giriamo un po' attorno per capire se c'è un accesso, visto che sembra un varco principalmente stradale attraverso il quale passa qualche rara auto, mentre intorno il bastione ciclopico si allontana ai due orizzonti. Finalmente trovo un ufficietto, dove due o tre addette si sono nascoste il meglio possibile per evitare di essere disturbate, una sorta di resipiscenza di ricordi sovietici in cui l'utenza era soprattutto un fastidio. In fondo non sarebbe un problema, basterebbe lasciare il passo libero come era fino a qualche tempo fa, e le signore potrebbero tranquillamente riposare e continuare la loro chiacchiera, ma in fondo adesso corre il grano, la nuova linfa vitale che muove il mondo e i 30.000 S di accesso sono comunque bene accetti ed alla fine, scucito il valsente, ci viene aperta una porticina con sbarre di ferro, che dà accesso ad una scalinata ripidissima scavata nel muro, che conduce fino allo spalto superiore. Devo dire che salirci è piuttosto impegnativo, ma alla fine la forte fibra ha la meglio e riusciamo a raggiungere alla meglio la parte superiore della cinta che corre attorno alla città ad una altezza di oltre dieci metri. Il camminamento è larghissimo e occupa tutta la larghezza del muro, per diversi metri e la sua superficie è tutto sommato abbastanza regolare salvo qualche sconnessione dovute allo scorrere del tempo. Adesso siamo in quasi totale solitudine, lontani come si dice dalla pazza folla e l'atmosfera è diventata davvero coinvolgente. Si è alzato un vento gelido, che penetra tra i merli di terra e taglia le guance. I muraglioni, da vicino, non sono così lisci e perfetti come appaiono invece da lontano e dalla strada.
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Forno
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L'intonaco di paglia e fango, la finitura in crudo tipica di questo mondo, in larghi tratti si sfalda, a volte cade lasciando a vista l'affastellarsi dei mattoni che sono alla base di questa imponente costruzione. Solo da qui ne puoi apprezzare la massiccia potenza, data certo dalle dimensioni e lo sviluppo dell'altezza e dello spessore, ma soprattutto dalle decine di torri di guardia che si alternano ad intervalli regolari di qualche decina di metri, fuoriuscendo dal muro stesso con enormi e rigonfie protrusioni che si affacciano all'esterno e che appaiono all'esterno come vere e proprie dimostrazioni di grassa forza, costruite ed esibite apposta per mostrare invincibilità a qualunque nemico che arrivasse davanti a loro. Arriviamo fino all'angolo dove le mura piegano ad est e da qui la vista dell'interno della città, con i minareti lontani che si alzano come dita verso il cielo, è vista davvero di impatto. Arriviamo fino alla porta est, quella da cui eravamo entrati in città questa mattina e qui cominci a vedere un po' di gente che rientra forse per godersi le ore della sera ed i colori dorati della città di mattoni crudi che il sole farà splendere come rame vivo, invece che come povera terra. Per uscire, bisogna ripercorrere tutti i bastioni ritornando a quella porticina di accesso a cui vi ho fatto cenno prima, il tempo insomma per goderti di nuovo quelle viste nelle parti più nascoste tra le vie ed i vicoli della città, che ti erano sfuggiti all'andata.
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| Le mura |
Ritorniamo verso la parte centrale, attraverso arterie secondarie, approfittando al passare di un piccolo museo, bene indicato dai cartelli. Ce ne sono diversi qui in città, ma questo Silk Museum, appare come un aspetto non trascurabile e caratteristico proprio di questo percorso che attraversa l'Asia Centrale e a cui facciamo continuo riferimento. Infatti,
in questo scenario cittadino dal fascino millenario, tra
moschee, madrase e minareti decorati da splendide piastrelle blu e turchesi, si
nasconde questo piccolo tesoro da scoprire: il Museo della Seta di Khiva, o Muzey
Sholkovodstva Khorezma. Un luogo intimo, gestito da privati, ospitato in una casa tradizionale
con cortile, dove la storia dell’antica arte serica rivive tra profumi, colori
e gesti tramandati di generazione in generazione. La visita al museo inizia con un gesto di
autentica ospitalità uzbeka: due giovani ragazze accolgono i visitatori
offrendo una tazza di tè fumante, simbolo di benvenuto e amicizia. Seduti nel
piccolo cortile interno, il visitatore viene lentamente introdotto
all’atmosfera raccolta del luogo, dove ogni oggetto, ogni strumento, ogni
bozzolo racconta una storia di pazienza, arte e dedizione. Intanto, il museo è organizzato come un viaggio nel tempo:
dalle origini della lavorazione della seta, fino alle tecniche artigianali
ancora oggi praticate nella regione del Khorezm. Nelle prime vetrine si possono
ammirare curiosi reperti, come antiche monete dell’800, fatte di seta, usate un
tempo come forma di pagamento preziosa e raffinata. È un dettaglio che ricorda
come questo materiale, tanto delicato quanto resistente, fosse considerato non
solo un tessuto, ma una vera e propria moneta di scambio lungo le rotte
carovaniere della Via della Seta. |
| Dalle mura |
Proseguiamo lungo il percorso espositivo, scoprendo la magia nascosta dietro la creazione di un singolo filo di seta. Nelle
vetrine centrali sono esposti bozzoli di bachi da seta, testimoni silenziosi di
un processo che, nella sua apparente semplicità, racchiude secoli di sapienza
artigianale. Per ottenere un solo filo continuo, servono circa cinquanta
bozzoli: un lavoro minuzioso, che richiede attenzione, precisione e rispetto
per la materia viva da cui tutto ha origine. Poco più avanti, si trovano antichi telai in
legno, ancora perfettamente funzionanti, e contenitori colmi di sostanze
naturali utilizzate per la preparazione dei colori. Ogni tinta, ogni sfumatura
è ottenuta da elementi vegetali del territorio: lo zafferano dona un giallo
caldo e luminoso, il melograno regala sfumature di rosso intenso, mentre altre
piante e radici vengono impiegate per creare verdi, blu e toni madreperlacei
che conferiscono lucentezza ai filati. Il museo, in questo senso, non è solo un’esposizione statica, ma un laboratorio
vivente dove si percepisce il legame profondo tra natura, cultura e arte. La sezione successiva del museo espone una
splendida collezione di abiti, cinture e scialli realizzati interamente in
seta. I colori vivaci e le trame complesse raccontano non solo la raffinatezza
delle tecniche di tessitura, ma anche la simbologia delle forme e delle
tonalità, spesso legate a tradizioni, cerimonie e credenze popolari. Ogni indumento rappresenta una pagina della storia del popolo uzbeko: i ricami
geometrici riflettono l’influenza islamica, mentre i motivi floreali e i
tessuti cangianti richiamano il gusto delle corti persiane e centroasiatiche. Il Museo della Seta diventa così un piccolo
scrigno identitario, dove l’arte tessile si trasforma davvero in linguaggio culturale e
in testimonianza della continuità tra passato e presente.  |
| Filatura |
Una delle parti più affascinanti della visita è
quella che si svolge nel cortile esterno. Qui, le stesse ragazze che accolgono
i visitatori si trasformano in maestre d’arte, mostrando con gesti esperti come
si estrae il filo dai bozzoli, come si tesse un motivo su un piccolo telaio e
come si annodano i fili per creare tappeti di seta. Forse è proprio questo il maggiore interesse del museo, al di là della presentazione dei reperti e degli oggetti, quello di offrire delle esperienze pratiche e manuali, che fanno meglio comprendere i vari processi anche a coloro che non hanno dimestichezza con l'argomento. È un momento di partecipazione e scoperta, dove il turista non è più semplice
spettatore, ma diventa parte attiva del processo creativo. Vedere nascere un
tessuto tra le proprie mani è un’esperienza che unisce mente e tatto,
rievocando il ritmo lento e meditativo di un tempo in cui la manualità era il
cuore della produzione. Accanto ai telai, si trova anche una sezione
dedicata alla tintura dei filati, dove vengono esposti tutti i colori pronti
per l’uso. L’odore delle erbe, delle radici e delle spezie si diffonde
nell’aria, creando un’atmosfera unica e suggestiva. I visitatori possono anche
cimentarsi, prima nel processo di annodatura di un tappeto, questa è la terra di alcune tra le più famose produzioni di questa arte ed infine nella colorazione di sciarpe di seta secondo il metodo dell’Ikat e
portare con sé il frutto del proprio lavoro, un souvenir autentico e
personalizzato che racchiude l’essenza del viaggio. Il tessuto in seta, si avvoltola su se stesso con una metodologia antica, racchiudendolo di tanto in tanto, con elastici che ne rendono alcune parti irraggiungibili dai bagni di colore.
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| Filatura |
Si procede così, un bagno dopo l'altro, togliendo di volta in volta gli elastici, liberando spazi di stoffa al contatto con i bagni, fino a che l'intero tessuto non viene tinto nella sua completezza. I vari colori si sovrappongono quindi in alcuni casi, in altri no, creando disegni in parte un po' casuali, in parte calcolati al fine di produrre quello che rimane a tutti gli effetti un pezzo unico nel suo genere. Direi che uscire tenendo tra le mani una stoffa, un foulard, che avrete colorato voi stessi con questo procedimento antico e affascinante, vale decisamente il prezzo. La seta, in Uzbekistan, non è soltanto un
materiale pregiato: rappresenta un simbolo di identità, prosperità e armonia
con la natura. Khiva, che per secoli è stata un nodo cruciale delle rotte
commerciali tra Oriente e Occidente, conserva in questo museo la memoria di un
sapere antico che rischiava forse di scomparire con l’avvento della modernità. Il Muzey Sholkovodstva Khorezma non è dunque solo un luogo espositivo,
ma un baluardo della memoria collettiva, un centro di trasmissione culturale
dove i mestieri tradizionali vengono preservati e valorizzati. Visitare il Museo della Seta significa, in fondo,
percorrere un tratto della Via della Seta non con i piedi, ma con gli occhi e
con le mani. È un viaggio sensoriale e culturale che racconta l’anima di Khiva:
una città che, pur immersa nel deserto e circondata dal silenzio delle mura
antiche, continua a tessere la propria storia, filo dopo filo, colore dopo
colore e che mi sembra davvero valga la pena di percorrere. Così, tra le pareti di fango ed i cortili assolati di
Khiva, la seta continua a brillare come un filo dorato che unisce passato e
futuro, Oriente e Occidente, arte e vita quotidiana.
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| Ikat |
SURVIVAL KIT
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| Tappeti |
Museum of Khiva - Museo privato vicino alla piazza centrale, quella coi i forni del pane, bene indicato dai cartelli. 40.000 S di ingresso, accolti dalle ragazze in costumi locali, per la visita e le esperienze pratiche che si svolgono durante la visita, Filatura dei bozzoli, Maneggio dei telai a pedale, annodatura di un tappeto, Possibilità di creare un Ikat, la colorazione tradizionale di un tessuto in seta al costo della dimensione della pezza utilizzata, che poi vi porterete via al termine della visita. Interessante la parte della produzione della moneta di seta dell'inizio del secolo scorso. Calcolate al minimo un'ora per la visita.
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| Madrassa |
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| Le mura |
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