Se esci dalle città e dalle loro periferie sovrappopolate e polverose, l'Africa riprende la sua natura ancestrale, il senso di pace e di assenza di tempo della campagna. Girando lungo le piste polverose e rosse, la piana senegalese è punteggiata dai rami contorti dei baobab, innaturali nei loro grassi tronchi grigi che li fanno apparire come alberi piantati al contrario con le radici al cielo. Tra i campi secchi, rimane solo qualche stoppia del miglio raccolto o delle piante di arachidi senza foglie. Sul bordo della pista, quattro capanne seminascoste tra alberi bassi, una piccola comunità Sehrer.
Al centro dello spiazzo di terra battuta, una donna sta pestando nel grande mortaio una massa di foglie secche di baobab. Serviranno per dare sapore al couscous di miglio. Tutto è silenzioso attorno, anche i bambini giocano senza fare rumore, lo spessore dell'aria è rotto soltanto dai colpi del pesante pestello di legno duro, che affonda ritmato. Un gruppo di ragazze portano l'acqua dal pozzo. Una anziana, all'ombra di una capanna è circondata dai bambini che la ascoltano rapiti. L'anziano che racconta le storie. Ecco una delle costanti africane. La credibilità ed il rispetto per i vecchi che detengono il sapere reale e il ricordo della storia. La figura del griot è ancora fondamentale nella vita africana. Il cantastorie che gira per i villaggi a raccontare le vicende del passato o della fantasia, le mitiche avventure dei grandi imperi africani, da Sundiata Keita a Kankan Musa che donò tanto oro durante il suo viaggio attraverso il deserto per arrivare alla Mecca da farne crollare il prezzo per una generazione. La storia ed il mito ad un tempo, la cultura orale e la sua importanza in un mondo in cui pochissimi sapevano e sanno ancora scrivere. Le sue frammistioni con l'animismo. I Griot venivano sepolti nei baobab, per sottolineare la sacralità della loro figura e quando arrivi al gran baobab, il più grande del Senegal, albero immenso al centro della pianura, puoi capirne il mistero e la forza. Da un piccolo buco si accede al centro dell'albero che può contenere anche 50 persone. Qui era sepolta la saggezza di un continente.
Al centro dello spiazzo di terra battuta, una donna sta pestando nel grande mortaio una massa di foglie secche di baobab. Serviranno per dare sapore al couscous di miglio. Tutto è silenzioso attorno, anche i bambini giocano senza fare rumore, lo spessore dell'aria è rotto soltanto dai colpi del pesante pestello di legno duro, che affonda ritmato. Un gruppo di ragazze portano l'acqua dal pozzo. Una anziana, all'ombra di una capanna è circondata dai bambini che la ascoltano rapiti. L'anziano che racconta le storie. Ecco una delle costanti africane. La credibilità ed il rispetto per i vecchi che detengono il sapere reale e il ricordo della storia. La figura del griot è ancora fondamentale nella vita africana. Il cantastorie che gira per i villaggi a raccontare le vicende del passato o della fantasia, le mitiche avventure dei grandi imperi africani, da Sundiata Keita a Kankan Musa che donò tanto oro durante il suo viaggio attraverso il deserto per arrivare alla Mecca da farne crollare il prezzo per una generazione. La storia ed il mito ad un tempo, la cultura orale e la sua importanza in un mondo in cui pochissimi sapevano e sanno ancora scrivere. Le sue frammistioni con l'animismo. I Griot venivano sepolti nei baobab, per sottolineare la sacralità della loro figura e quando arrivi al gran baobab, il più grande del Senegal, albero immenso al centro della pianura, puoi capirne il mistero e la forza. Da un piccolo buco si accede al centro dell'albero che può contenere anche 50 persone. Qui era sepolta la saggezza di un continente.
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