mercoledì 23 novembre 2011

La storia di Maniang - le fromager.

Arbre fromager - dal web
Questo è il tempo in cui noi panciapienisti giriamo di qua e di là alla ricerca di chicche gastronomiche da delibare ghiottamente con la bocca a cul di gallina. Ce lo possiamo permettere e ce la godiamo assai, inventandoci i vari saloni del gusto, terre madri e figlie e cibi sempre più lenti meno che per il portafogli, disposti a pagare cifre insolenti per quella piccola differenza, a volte insignificante che spesso divide la normalità dall'eccellenza. E' un mercato anche questo ed è intelligente sfruttarlo, basta che poi non venga fatto passare come la soluzione per l'agricoltura del mondo. Dove la gente ha bisogno di mangiare, deve prima di tutto essere messa in condizioni di produrne, non con le chiacchiere ma con della sana agrotecnica. Però anche in posti lontani come l'Africa c'è spazio per le nicchie di questo tipo, basterebbe poi poterci arrivare alle vetrine come quella torinese, non soltanto per épater les bourgeois con colori del terzo mondo, ma nell'interesse di quei tizi che qualcosa di valido lo producono. Che poi richiamarsi alla tradizione è sempre la cosa che premia in questi casi. Ma, dopo questo lungo pippozzo, veniamo a noi. Nell'Africa Occidentale Francese ed in Senegal in particolare, i colonialisti francesi fin dall' 800, avevano impiantato tradizioni transalpine di un certo spessore. Infatti non potendo rinunciare, e come non capirli, alle delizie casearie di casa propria, avevano trovato il modo di utilizzare il latte locale per produrre ottimi formaggi che venivano affinati e conservati in scatole di legno di un albero locale detto arbre fromager.

La cosa è andata avanti nel tempo e recentemente dalle parti di Mbour, un francese incaponitosi di una statua d'ebano locale mozzafiato, per starle vicino e controllarla meglio, aveva impiantato una piccola produzione di formaggio che ormai si può definire di tradizione franco-senegalese, tanto per sbarcare il lunario. Ma si sa che le belle cose finiscono e con gli anni la bellezza un po' sfiorisce. Anche l'infatuazione non durò a lungo. Il tizio dunque se ne tornò a casa, ma lasciò sul posto le poche attrezzature di cui si serviva al ragazzo che gli dava una mano, lasciandogli anche qualcosa di più, i saperi (parola molto di moda nel campo) e le conoscenze di quel lavoro. Così il nostro Maniang, giovane di buona volontà, diventò le fromager de Mbour. Comprava un po' di latte per volta dai pastori peul delle campagne vicine e col suo piccolo frigo, produceva i suoi tondini di  chevres e dei gustosi brebis, che affinava nelle sue brave poste di legno e portava poi ai tanti toubab che ormai vivono da quelle parti e che sentono la nostalgia di Europa. Ragazzi, vi assicuro, una vera delizia. Caprini freschissimi, con quel loro gustino acidulo che riempie la bocca; affondi il coltello nella morbida pasta che un po' si sbriciola, su una baguette fresca (anche questo hanno lasciato i francesi) e ti scrocchia subito un bocca al primo morso effondendo sapore, più mordente nelle varianti al pepe o all'aglio, più suadente  se avvolto nel prezzemolo o ancor meglio nella sua splendida e virginale purezza dei piccoli tondini bianchi.

Oppure i piccoli panetti rettangolari di brebis, così burrosi e grassi, sapidi ma perfettamente armonici nella loro completezza. Vi assicuro una delizia. Se capitate in vacanza a Saly, dategli un colpo di telefono a Maniang,  allo 00221 77 49 385 13, che lui arriva con la sua bicicletta cigolante e la sportina frigo piena di delizie. Ma c'è un problema. Il nostro Maniang (ha iniziato anche un piccolo sito internet, magari gli potete scrivere una mail a fromagedemaniang@gmail.com ), che ce la mette davvero tutta ed è pieno di idee e di voglia di fare nel suo microlaboratorio (che vi assicuro, per averlo visto di persona, è più a posto di molte malghe di montagna delle nostre parti), con quello che ricava, riesce appena a mantenere la solita numerosa famiglia, mentre avrebbe una richiesta ben maggiore di prodotto da tutti i vari villaggi di turisti e alberghi della vicina costa, anche se tendono a pagare con un certo comodo. Lui, anche correndo tutto il giorno come un matto in bicicletta, consegna a domicilio porta a porta compresa, non può incrementare la produzione. Certo i pastori glielo darebbero anche il latte a credito, ma gli serve un frigo industriale vero, non il frighetto che ha adesso e che sembra quello che avevo sul camper. Un frigo vero costa 400 euro, dice con l'occhio triste, e io non li avrò mai, eppure il business è così facile se hai voglia di lavorare e sai cosa fare. E se ne va con la schiena un po' ingobbita e i pedali della bicicletta che cigolano, con la sportina frigo attaccata al manubrio, altro che Salone del Gusto! Magari si potrebbe fare qualcosa.

3 commenti:

Teuvo Vehkalahti ha detto...

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Enrico Bo ha detto...

Tanck you for your visit. Nice picks on your bolg!

Nidia ha detto...

Quante cose interessanti ci fai conoscere, Enrico! Vedi un po' che il proverbio 'impara l'arte e mettila da parte' funziona sempre. E questo matrimonio franco-senegalese sta dando i suoi frutti. Chissà mai se ci andrò da quello parti, ma questo Maniang mi piacerebbe proprio incontrarlo. Io ho degli amici italiani che producono mozzarella in Cina. Qualche analogia forse c'è

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