sabato 21 dicembre 2013

Biciclette.

Anni '30 - Sul ponte del Tanaro (quello che non c'è più).

Mio papà aveva una bicicletta nera. Certo, lui che non ha mai avuto la patente, in qualche modo doveva pure spostarsi, però nella vita, mai né un motorino né altro mezzo a motore. Solo e sempre la stessa vecchia bicicletta nera. Ce l'aveva almeno dagli anni 30 ed ha continuato ad usarla sino ad oltre 90 anni, almeno fino al 2002. Negli ultimi anni ci è anche caduto parecchie volte. Lui continuava a dire che era perché aveva preso male una buca o sfiorato il marciapiedi, in realtà era qualche problema di salute che non voleva ammettere, però una qualche mano sulla testa doveva avercela avuta, perché non ha mai riportato conseguenze, mai rotto un dito e sono stati gli unici incidenti che gli sono capitati sui mezzi di trasporto. Certamente una bicicletta che resiste almeno una settantina di anni, dimostra che la roba di qualità dura nel tempo. Insomma chi più spende meno spende, alla faccia della robaccia cinese, direbbe subito qualche antiglobalizzatore. Aveva superato egregiamente anche la guerra quando mentre andava a Valenza, sulla colla dovette buttarsi nel fosso di fianco alla strada della Colla perché un aereo aveva cercato di mitragliarlo; però l'unico vero tragico incidente che aveva subito era stato un terribile scontro frontale con una altra bicicletta mentre mi portava sul seggiolino montato sul manubrio allo stadio Borsalino. Io fui l'unica vittima dell'evento, precipitato a terra e con le ginocchia irrimediabilmente sbucciate, cosa che mi procurò cure amorevoli per settimane. Mi sembra che in seguito, vista la pericolosità del traffico, quel seggiolino fu smontato e accantonato definitivamente. 

Per la verità di quella bicicletta originale, alla fine rimaneva assai poco, in quanto durante gli anni un sacco di pezzi si erano rotti ed erano stati sostituiti, a partire dalle ruote che, all'origine avevano i cerchioni in legno, uno dei quali si era clamorosamente spezzato in marcia mentre stavano andando di corsa al rifugio mentre cominciavano i bombardamenti, con mia mamma che stava sulla canna, come si usava a quei tempi. Lui era arrivato a casa dal lavoro in ritardo mentre suonavano ancora le sirene, così arrivarono al riparo, con la bicicletta in spalla, proprio mentre vicino alla stazione cadevano le prime bombe. Ma si vede che non era destino neanche quella volta. Il campanello arrivò dopo, mi ricordo quando ancora ero bambino e a forza di scampanellare agli incroci si ruppe il grillettino che si spingeva col pollice, unica defaillance dovuta ai materiali difettosi. Poi si dovette cambiare la pedivella rotta spingendo sulla salita di Valle San Bartolomeo con le borse cariche di pomodori. Successivamente si squarciò completamente la sella e innumerevoli volte fu sostituita la catena. Negli ultimi anni una fase critica la passarono le camere d'aria, che sebbene più volte cambiate, avevano strane perdite dalle valvole, tanto che si ritrovava spesso con una gomma a terra e doveva tornare a casa a piedi, mugugnando. E poi ore e ore passate in cantina con pezze, carta smeriglio doppio zero e soluzione per ripararle. La dinamo invece rimase in perfetto funzionamento fino alla fine. Roba buona insomma, non come quella di mia mamma, acquistata in tempi di autarchia, coi freni a filo, inaffidabili, che mio padre criticò sempre senza pietà. Già in quegli anni avevamo pure subito l'embargo europeo, frontiere chiuse, tutta roba fatta in casa a chilometro zero. 

Il paese l'aveva subito e aveva dovuto aggiustarsi da solo, certo non come adesso che certi imbecilli pensano che l'autarchia ce la dovremmo imporre da soli ricominciando col sistema delle barriere. Beh, in verità anche a mia mamma era stata regalata da mio nonno una bicicletta di gran classe come regalo di nozze credo, una Maino robustissima, ma gliela avevano subito rubata. Già tempo di ladri di biciclette allora, così era arrivata una succedanea di poco spessore grigia, che comunque era durata fino alla fine degli anni 90, quasi 50 anni , mica poco. Ma la bicicletta nera di mio papà, che splendore, lucida e cromata, con i freni a bacchetta, garanzia di sicurezza assoluta. Negli ultimi anni era diventata quasi un pezzo di antiquariato, tanto che un tizio lo aveva fermato per la strada per acquistargliela, offrendo in cambio una moderna bicicletta nuova. Soprattutto il fanale aveva attirato il collezionista. Pezzo d'epoca ad ogiva nera con due piccole spie carenate in alto. Faceva davvero gola. Mio papà rifiutò sdegnosamente la ghiotta offerta. Peccato che qualche giorno dopo, nello stesso posto dove si era svolta la trattativa, dopo aver lasciato incautamente la bici fuori dal negozio per andare a comprare un polletto amburghese allo spiedo, che gli piaceva tanto, con grande stupore scoprì che glielo avevano rubato. La cosa lo depresse parecchio, ma anche se sapeva bene chi era stato il ladro, masticò amaro e si comprò un fanale nuovo, che però era tutt'altra cosa certamente. La vecchia bici nera continuò comunque a fare egregiamente il suo lavoro ancora per anni. Adesso, da quando lui se ne è andato, giace abbandonata in uno scantinato, di certo con le gomme sgonfie e coperta di polvere. Credo che senza di lui, dopo tanti anni passati insieme, non avrebbe più voglia di ricominciare ad andare in giro. Non ho neanche voglia di andare a vedere se è ancora lì. Mi rimane solo la chiavetta del lucchetto che faceva scattare una barretta tra i raggi che, chissà perché, continuo a tenere nel mazzo delle altre chiavi.


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3 commenti:

Nico ha detto...

Penso sia un peccato non recuperare tale bicicletta storica. Anche se peserà sicuramente molto (io ho una Bianchi di mio padre che ho rimesso a nuovo e che pesa circa 15 Kg.) sono convinto che in Alessandria andrebbe benissimo per girare ed a qualcuno farebbe pure invidia. Coraggio.

Enrico Bo ha detto...

In effetti è pesantissima,ma non ho tanta voglia di riprenderla in mano

il monticiano ha detto...

Un vero e proprio attaccamento e amore per un mezzo di trasporto che fa tanto bene alla salute.
Tanti auguri anche a te e ai tuoi cari,
aldo.

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