mercoledì 11 dicembre 2013

Un giorno a SoWeTo

dal web


Era l'agosto del 2000. Tredici anni fa tra le baracche di Soweto. Il sole era forte, ma l'aria frizzantina. A parte l'altitudine, era poi sempre inverno laggiù. C'erano dei ragazzi che giocavano con una palla di stracci, nella polvere, mentre le donne andavano a mettersi in fila ad uno dei bagni in un angolo della piazzetta chiusa tra le lamiere. Un gabinetto ogni 300 persone e vicino i rubinetti da cui prendere l'acqua nelle taniche. Una cartolina dell'Africa, quella delle ragazze che portano a casa le taniche gialle piene, ciondolando per il peso e la fatica. Però nell'aria c'era un senso di gioia e di allegria che leggevi nei volti della gente raggruppata attorno ai pali della luce pieni di fili volanti o negli occhi degli anziani raggomitolati all'ombra dei muretti di terra. I bambini poi, quelli sorridono sempre. Sentivi speranza nei mercati pieni di grida, nei canti dei cori nelle chiese; una impressione netta dell'attesa di un futuro migliore. Mandela era quasi al termine della sua attività politica e stava costruendo la sua successione, ma era già un monumento. Andavi a vedere la casa della moglie, Robben Island e tutta l'iconografia classica di questi casi, in un paese che lo aveva eletto padre  e protettore della sua storia futura. 

Certo sarà stato contento se avesse potuto vedere il suo funerale, tra la gloria del mondo che lo applaude, lo stuolo interminabile dei coccodrilli di giornali e televisioni di tutto il mondo, la sfilata di tutti quei nomi celebri che volevano esserci a celebrare il mito. Tutti vogliono appropriarsi di un pezzettino di gloria, tutti si richiamano a lui e alle sue parole. Ogni politico che si rispetti, in questi giorni ha voluto citarne discorsi, frasi, qualcuno ha voluto anche paragonarsi a lui, tanto per capire fin dove arriva la faccia tosta, ma questo è il destino dei grandi, essere ricordati per quello che hanno detto o fatto. Però io credo che Madiba non avrebbe pensato alla sua soddisfazione personale, che certo sarà stata piena di orgoglio per l'immagine che ha lasciato al mondo, ma guardando al suo paese a cui ha dedicato la vita e per il quale ha tanto sofferto, il suo sorriso avrebbe di certo lasciato spazio ad una pensosa tristezza. Come sempre, un grandissimo uomo può fare e dare cose straordinarie, ma tutto quello che viene dopo è fatto da uomini al massimo normali, con tutte le tare degli uomini normali. E poi, molte cose, anche se si lavora bene, non sono facili da fare. Ecco dunque il SudAfrica di oggi. 

Un paese che non ha conseguito i risultati che si prefiggeva, non è riuscito ad agganciare lo sviluppo dei Bric, quando si pensava che sarebbero presto diventati Brics, appunto con la sua aggiunta. Chi gli è succeduto non è riuscito ad arginare la corruzione, comune certo ai politici e agli amministratori di tutto il mondo (noi siamo gli ultimi a poter parlare), ma Africa in particolare. Certo l'apartheid non c'è più sulla carta, ma i ruoli sono ancora fortemente divisi, anche materialmente; i pochi bianchi vivono sempre più asserragliati in cittadelle circondate da filo spinato e guardie armate, mantenendo ben salde le leve del potere economico. La middle class nera, che si è creata nel frattempo, fa ancora molta fatica a conquistare ruoli decisionali e la crescita procede stentatamente . Così, malcontento, violenza e piccoli disordini crescono sul fertile substrato delle grandi fasce di povertà e di disoccupazione. l?immenso sogno di Madiba nei fatti si è appannato. I grandi atti di eroismo e la forza del pensiero sono in fondo più facili da sviluppare che la normale, noiosa, continua quotidianità. Per questo credo che il grande vecchio avrebbe seguito queste celebrazioni con un velo di tristezza negli occhi.


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