venerdì 27 febbraio 2015

Xīn shuǐ


Scusate se vi ho un po' trascurato, ma questi giorni scivolano via in una affannoso corri corri senza concludere niente. Il fatto è che ci sono talmente tante cose da fare e da sistemare prima della partenza che hai la quasi certezza di non riuscire a sistemarle tutte mentre sono lì lì per scadere. Ma accidenti c'è anche la sgradevole sensazione che nessuno voglia fare il suo lavoro con precisione e soprattutto dedicandoci attenzione. Così, se vai in banca per cambiare un assegno ti fanno girare due filiali con informazioni sbagliate, se vai in un ufficio assicurativo ti compilano i documenti con la targa sbagliata, se prendi appuntamenti, questi vengono saltati senza avvisarti, insomma ognuno fa un po' quel che gli pare, un sistema diremmo alla va là che vai bene. Qualcuno dirà che fino a ieri, perlomeno così sembra, lo stipendio era sicuro in particolare per le sine cura, forse se domani non sarà più così, complice il job act, la gente ci metterà un po' più di volontà a far le cose per bene? Non so. L'uomo forse è geneticamente fatto così. Ben lo sanno i cinesi per i quali lo stipendio o salario che dir si voglia si dice anche: xīn shuǐ  , che significa Legname e acqua (il primo carattere, in cui c'è anche il segno di vegetale e quello di ascia, per far meglio capire che per avere la legna bisogna far fatica e tagliarsela e solo allora diventa materiale che può fungere anche da pagamento). 

Forse una volta questo era il compenso previsto per il lavoro, legna, intesa in senso lato come parte di quanto hai prodotto e che veniva data come compenso e acqua da bere. In fondo il senso è comune anche ai nostri modi di dire, salario viene da sale, credo, merce data in compenso della fatica e da noi si dice anche, se ricevi poco, caricarsi di legna verde, quella che non brucia neanche, insomma. Però quando uno non è responsabilizzato, lo stipendio è una cosa che arriva comunque, fai tanto o fai poco e non è che i buoni cinesi non se ne rendano conto, tanto è vero che Comunità collettiva, Lavoro comune, insomma di tipo social maoista, quello che aveva condotto alla carestia e ai 30 milioni di morti per fame si dice: dà guō fàn -  -  mangiare dalla grande pentola comune, nel senso che alla fine quando è ora di mangiare si mangia tutti, quando è ora di darsi da fare le cose cambiano e i più si defilano. Quindi ecco qua gli ultimi ideogrammi di oggi (era da un po' che vi lasciavo stare su questo argomento eh?): tiě fàn wǎn -   - (Mangiare nella) ciotola di ferro. Cosa vorrà mai significare nella colorita e sempre delicata metafora del celeste impero? Vuol dire Posto fisso, quello talmente sicuro che fornisce ogni giorno la ciotola di riso proverbiale, poca ma in un contenitore talmente robusto che anche se cade a terra non si romperà mai. Meditate.

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martedì 24 febbraio 2015

Siamo quasi in partenza

Indovinello ?
Bene. Ho finalmente finito di assillarvi con la mia esperienza birmana, che ho digerito e fatto digerire a voi a sufficienza. E' ora di guardare avanti adesso, di cambiare orizzonte. E come al solito mi ritrovo in ritardo pazzesco per il momento in cui si sta concretizzando la prossima partenza. Ho una marea di cose da fare, di incombenze ineludibili, le cosiddette entro e non oltre e mi rimangono solo più pochissimi giorni prima di prendere il volo, così mi scuserete, se sarò piuttosto stringato, ma diversamente non riesco neanche a considerare mia moglie che prepara le valigie. E' un viaggio meditato da tempo; nel corso degli ultimi dieci anni, ho più volte richiesto valutazioni ed informazioni al mio amico Srikant, di cui di certo avrò modo di parlarmi, ma alla fine non ero mai riuscito a concretizzare la cosa. Adesso è venuto il momento finalmente. Ho sempre avuto passione per l'area himalayana, un'altra delle zone dell'Oriente così piena di fascino e di suggestioni. Ci manco da anni. Prima il Nepal con i suoi sentieri infiniti ai piedi dei giganti del mondo, tra fumi di erbe sospette, poi il Ladakh, regno misterioso e isolato da una natura severa e spesso matrigna, infine il Tibet con le sue contraddizioni politiche ed i suoi ciuffi bianchi nel cielo indaco dall'aria sottile. Ma c'era ancora molto da vedere da quelle parti. 

Quindi la mia idea si sviluppa attorno all'est dell'India, terra a cui mi sento particolarmente legato e da cui sono sempre morbosamente attratto. Farò base a Calcutta, forse l'ultima grande città dove l'India caotica e sovraffollata è rimasta quella di un tempo. Da lì sarà la volta di quella parte del subcontinente più esterna, quella oltre il Bangla Desh, addirittura al confine di quella Birmania, quella con cui ho continuato ad assillarvi. I due stati più a nord della zona Assamita, il Nagaland popolato da una serie di etnie assai poco conosciute e che con l'India hanno poco da spartire e l'Arunachal Pradesh, l'ultima propaggine orientale dell'Himalaya, tra sentieri poco battuti e villaggi sperduti tra le montagne. Poi tra treni e stradine di montagna, ritornerò ad ovest per risalire fino al Sikkim, piccolo regno ormai indiano a tutti gli effetti, di fronte al Kanchengiunga, la terza montagna della terra. Infine una frontiera da attraversare, quella del mio 96esimo stato visitato, il Buthan, di cui tutti sanno tutto e del quale si legge ogni cosa, perché voglio controllare coi miei occhi questo paradiso raccontato e verificarne l'autenticità, per la serie non credo se non vedo e se non tocco con la mia mano. Nell'occasione sono riuscito a far combaciare i tempi con il festival di Paro, che quest'anno cade proprio nei primi giorni di aprile, anche se forse ci sarà da fare a gomitate coi turisti, ma si saprò dire come sempre con diligenza. Intanto adesso vado che devo sistemare un sacco di cose, finendo per partire, come mi capita sempre più spesso ultimamente, assolutamente impreparato. Forse è addirittura meglio così, per lo meno non avrò aspettative deluse. 

sabato 21 febbraio 2015

Haiku di Sestriere 2



La neve fiocca.
Rami carichi e stanchi,

quasi spezzati.




venerdì 20 febbraio 2015

60 motivi per andare in Birmania + 1

  • ·         Mescolarsi alla folla del mattino a Yangon
  • ·         Essere invitati a pranzo in un monastero femminile
  • ·         Girare a piedi nudi nei templi tra cani e gatti
  • ·         Perdersi tra le guglie sulla collina della Grande pagoda Shwedagon di Yangon
  • ·         Passeggiare lungo il lago e mangiare una pizza da Checco al Parami restaurant
  • ·         Camminare tra i banchetti di street food al night market di downtown
  • ·         Girare a piedi attorno alla Sule Paya evitando il traffico
  • ·         Chiacchierare coi ragazzi che giocano sulla spiaggia di Sittwee
  • ·         Godersi il tramonto al View point tra le coppiette che guardano il mare
  • ·         Osservare le rive vicine e la vita di villaggio dal ponte del traghetto pubblico fino a Mrauk U
  • ·         Girare per la campagna e perdersi tra i misteriosi templi di Mrauk U
  • ·         Salire su una collina per godersi il tramonto da un tempio abbandonato
  • ·         Comprare frutta al mercato contrattando alla morte
  • ·         Godersi l’aria di campagna con le donne che vanno al pozzo tra i templi neri
  • ·         Risalire il fiume per raggiungere i villaggi Chin con le donne tatuate
  • ·         Attraversare, turandosi il naso, il mercato del pesce e quello del riso  di Sittwe
  • ·         Districarsi tra corvi e pipistrelli giganti dalla terrazza dello Shwe Thazin Hotel al tramonto
  • ·         Visitare le enormi statue di Buddha dipinte di nuovo a Bago
  • ·         Salire in camion alla Golden Rock e appiccicare una foglietta d’oro sulla pietra, davanti al panorama
  • ·         Sedersi tra i monaci bambini che giocano coi mitra e le pistole di bambù
  • ·         Visitare una piantagione di alberi della gomma
  • ·         Fermarsi nelle botteghe degli artigiani e tra i contadini al lavoro
  • ·         Provare un sorso di toddy tra le palme da vino
  • ·         Camminare tra le colline di Kalaw tra villaggi, templi lontani e grotte segrete
  • ·         Guardare i monaci ragazzi che giocano al pallone mentre il sole scende dietro le pagode
  • ·         Prendere un thé e mangiare arance in una capanna nei boschi
  • ·         Rimanere incantati dai colori della campagna
  • ·         Perdersi tra le statue ed i cunicoli della grotta di Pindaya
  • ·         Comprare un ombrellino colorato da un fabbricante di carta
  • ·         Fare una gita in barca visitando i villaggi sulle rive del lago Inle
  • ·         Sostare in un’aula di studio di un monastero mentre i monaci pregano
  • ·         Guardare i monaci che fanno saltare i gatti al Nga Hpe Kyaung
  • ·         Rimanere incantati tra i mille e mille Buddha dello Shwe Yaung We Kyaung ed ai bambini dietro alle finestre ovali
  • ·         Confondersi tra villaggi Pa’o e le duemila guglie di Kakku
  • ·         Perdersi tra le bancarelle del festival Shan e le giostre spinte a mano
  • ·         Imbucarsi in un matrimonio di campagna
  • ·         Tossire tra gli scalpellini, vedere i battitori delle foglie d’oro e ammirare le giade del mercato a Mandalay
  • ·         Guardare il tramonto sull’Irrawaddy
  • ·         Percorrere tutto il ponte U Bein di Amarapura guardando i pescatori immersi nel lago
  • ·         Guardare Mandalay dalla collina facendosi largo tra i turisti
  • ·         Girare per pagode e monasteri osservando scene di devozione, stele e sculture in legno
  • ·         Passare una giornata a Mingun guardando il fiume dall’alto poi e dalla barca prima
  • ·         Fare a gomitate per fotografare il pranzo dei monaci del Maha Ganayon
  • ·         Girare tra le pagode della collina di Sagaing e sostare in una scuola buddhista
  • ·         Salire al Bodhi Tataung, la statua più alta del mondo girare tra gli edifici colorati e barocchi di Thanboddhay
  • ·         Arrampicarsi a cercare uno per uno gli affreschi delle 500 grotte di Moniwa
  • ·         Rimanere estasiati davanti alla vastità della pianura dei 4000 templi di Bagan e i loro colori magici all’alba e al tramonto
  • ·         Rivederli ancora e ancora, tra le piante, in carrozzella, in bici, da una barca sul fiume, dall’alto di qualche terrazza o ancora più in alto da una mongolfiera.
  • ·         Osservare un artigiano che tesse al telaio da 6 pedali o che dipinge miniature laccate su un piattino
  • ·         Guardare una vecchietta che si accende un cheerot e provare a tirane una boccata
  • ·         Fare lo slalom a piedi nudi per evitare gli sputazzi rossi del betel
  • ·         Salire i 777 gradini del monte Popa a piedi nudi evitando le cacche delle scimmie
  • ·         Percorrere la zona del delta tra canali e palafitte e le colline coperte di jungle
  • ·         Sdraiarsi su una spiaggia solitaria e scegliere un pescione da mangiare alla griglia a cena
  • ·         Perdersi tra gli alberi di un’isola disabitata per vedere il tramonto
  • ·         Percorrere chilometri sulla spiaggia deserta sul sellino di una motocicletta
  • ·         Farsi benedire da un Nat ad una festa di campagna
  • ·         Guardare gli elefanti al lavoro nella foresta e se volete farci un giro in groppa
  • ·         Farsi spalmare la crema di thanakha sulle guance per rimanere belli
  • ·         Attraversare un canale su un ponticello di bambù


  • ·         E infine: Portarsi a casa racchiusi nella mente e nel cuore i mille e mille sorrisi che hai ricevuto in ogni città ed in ogni paese attraversato in Birmania


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giovedì 19 febbraio 2015

Birmania: considerazioni conclusive

La magia di Bagan


Donne Pa'o al mercato
Eccoci alla fine davvero (mica tanto, qualche cosa penso la dirò ancora comunque). Si impone dunque, cosa a cui vi ho abituato da quando il blog ha virato verso l'aspetto travel, una sorta di riassunto finale che dia un'idea complessiva di quello che la Birmania mi ha trasmesso, o meglio di quanto io credo, del tutto arbitrariamente e con la solita presunzione, di aver capito di questo paese. Intanto mi sono convinto di una cosa, che il senso di esaltazione assoluta che hanno molti visitatori, comparato al piacevole, ma non esagerato entusiasmo che al contrario manifestano altri, dipenda moltissimo da fattori non concreti, ma dipendenti dalla situazione emotiva del visitatore stesso. Nel senso che, a mio parere, molto dipende dal fatto che voi visitiate questo paese andando nel sud est asiatico o addirittura in oriente per la prima volta oppure dopo aver già visto diverse o quasi tutte le nazioni dell'area. Mentre nel primo caso sarete annichiliti dalle visioni da cartolina dei tramonti sui fiumi, dal sole che sorge tra le guglie delle pagode, dai monaci che vagano per la questua al mattino, dalla quieta vita che scorre nei villaggi di campagna e poi ancora dai colori inusuali, dagli odori dei mercati, dai lavori agricoli senza tempo, dalle realtà tribali e dal complessivo straordinario fascino esotico, nell'altro cominceranno, inevitabilmente, a spuntare i paragoni tra luoghi, alcuni dei quali naturalmente più belli o che hanno lasciato emozioni più forti, magari perché appunto visti prima o in condizioni di luce e meteorologiche migliori e certamente perché la patina di esotismo è andata via via scemando nell'abitudine del déjà vu, dando una sensazione generale certo, non di delusione, ma comunque di piacevole appagamento, senza particolari esposizioni alle varie sindromi di Stendhal. 

Giovane monaco
E' difficile dunque fare una sorta di bilancio oggettivo, in particolare per me che come sapete, sono già stato abbastanza a lungo in tutti i paesi di questa area, Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam e Singapore, ad eccezione della Malaysia. In ognuno di questi si trovano tratti comuni col Myanmar, tuttavia forse proprio per questo motivo è possibile farvi una disamina più distaccata, se ci riesco. Cominciamo col dire che la Birmania, sta seguendo, seppure con un po' di ritardo, la via della crescita economica tumultuosa e irregolare che, chi prima, chi dopo, hanno già intrapreso i suoi vicini. Il freno c'era stato e a lungo, provocato dalle restrizioni imposte dal governo militare, più rigido e dittatoriale che altrove, che negli ultimi due anni ha, superficialmente almeno, allentato le redini, anche se nella realtà questa situazione è solo nominale, mentre le elezioni vere, continuano ad essere procrastinate. Tuttavia la stretta autoritaria adesso si nota molto meno per le strade e nella vita di tutti i giorni, liberalizzando gli accessi ad ogni zona prima ristretta e dedicandosi a quanto pare, invece più astutamente, a mantenere il controllo dell'affarismo, degli appalti e dell'economia che poi alla fine è quella che conta. Quindi ormai, basta pagare e potrete visitare qualunque parte del paese con una certa facilità. Questo apre spazi interessanti in zone poco conosciute come il Rakhine, la zona Mon o Chin e il nord dello Shan e ha contribuito ad incrementare la richiesta turistica che sta crescendo in modo esponenziale, con la conseguenza che i prezzi hanno largamente sopravanzato la qualità dei servizi offerti, decisamente inferiori a quelli dei vicini e al tempo stesso più cari. 

Tramonto sull'Irrawaddy
Quindi un punto base è che viaggiare il Myanmar, anche col fai da te, non è più così economico come si poteva sperare a parità di strutture. Per quanto riguarda poi l'aspetto etnologico, il paese offre molto meno di quanto possono dare il nord del Laos o del Vietnam, le tribù più comode da raggiungere sono ormai quasi completamente omologate e spesso trovate solo più qualche anziana coi costumi tradizionali, tra un florilegio di telefonini touch screen, per non parlare delle donne Padaung (i famosi colli lunghi inanellati) ormai unicamente immagini per turisti tutto compreso. Però rimane l'atmosfera dei villaggi, ancora molto genuina e persa nelle pieghe del tempo, in quanto a stili di vita e che darà sensazioni davvero piacevoli se la saprete cogliere. L'aspetto religioso è quello che dovrebbe essere il basso continuo che accompagnerà il vostro soggiorno in ogni momento, anche se non dovete pensare a monasteri immersi nella meditazione, che vi aiutino a ritrovare la purezza al fondo della vostra anima buia e peccatrice. Il credo buddhista che permea fortemente tutta la nazione in ogni suo aspetto, è vissuto veramente come presenza inestricabile e permeante ogni momento della vita e della giornata, ma senza l'assillo mentale beghino, mentre è molto più presente e continuamente visibile l'approccio superstizioso, fatto di visite obbligate, di offerte, di spazio giornaliero dedicato a queste attività, considerate anche come svago rispetto alle durezze del lavoro e delle fatiche di una vita, in molti casi, specialmente fuori dalle città, ancora primitiva e tradizionale. 

Monaci in viaggio

Anche i monaci, al di là della tonaca, hanno un aspetto molto "laico" e si aggirano dovunque come per fare le loro cose, come tutti gli altri cittadini. Sono di certo molto numerosi e questo quindi incide sullo stile della società in generale ed in ogni caso rappresentano anche un centro di potere o quantomeno di opinione molto sentito dalla popolazione, tanto è vero che i monasteri più importanti sono centri anche di pensiero politico e in alcuni casi hanno rappresentato una opposizione forte al regime. Non si deve credere poi che lo status di religiosi buddhisti si accoppi automaticamente ad una nostra visione un po' favolistica, di mitezza e pensiero unicamente rivolto alla vita ultraterrena. Pare che in molti casi si siano menate le mani con una certa decisione contro il potere ufficiale e la supposta automatica arrendevolezza ed accettazione del diverso, si tramutino a volte invece in vere e proprie prese di posizione discriminatorie, ad esempio con i Rongyha mussulmani, minoranza, a quanto pare vessata inaccettabilmente, a quanto si dice, con violenze, soprusi di ogni tipo e privazioni della libertà, incongrui secondo il nostro sentire, soprattutto quando provengono da ambienti religiosi. Ma probabilmente questo è un topos comune in ogni tipo di pensiero religioso, molto accomodante quando è debole e minoritario, ma che diventa assolutistico e intollerante quando detiene un potere reale. Bisognerebbe saperne di più su questo aspetto, ma la gente interrogata al riguardo minimizza o cambia discorso. 

Il gigante di Bago
Tuttavia, non si può non rimarcare una gentilezza generalizzata davvero rara e decisamente accattivante rispetto ai vicini. In ogni esercizio, ma anche tra la gente comune che incontrerete, vi rimarrà impresso il sorriso sincero ed il desiderio di accogliervi e se necessario di aiutarvi senza secondi fini e questo miracolosamente, anche nelle zone più turistiche. Tutto molto lontano dallo scafato affarismo della Thailandia, dalla durezza che vedrete ben evidente nel fondo degli occhi vietnamiti, dall'arrendevole disinteresse della provata Cambogia e dal distacco mite di chi vive in un'altra epoca, dei laotiani. Qui tutti sorridono anche nelle condizioni più misere e parlano a voce bassa, difficilmente sentirete qualcuno gridare. Noterete grande differenza tra la vita delle città, più affannata e ormai tesa all'acchiappo della locomotiva economica che sta correndo, trasformando questo in un paese dalle mille opportunità, dai salari bassissimi e dai pochi contrasti sociali, per lo meno in questo momento e quella delle campagne, dei villaggi isolati, che vivono un passato non troppo antico, ma ancora tranquillo e scandito da ritmi lenti. La situazione femminile appare simile a quella dei paesi vicini, un passo indietro rispetto all'uomo, ma non troppo discriminata, per lo meno dove non c'è assoluta povertà. Poi emerge la bellezza del paese in generale. Boschi e foreste su colline selvatiche addolcite dai campi dove il territorio lo consente; pianure alluvionali attraversate dai grandi fiumi da risalire in barca, sentendosi cadetti inglesi che cercano fortuna nelle colonie; crinali e orizzonti punteggiati di slanciate punte di pagode dorate di ogni epoca e stile. 

Essiccazione del pesce
Anche qui non dovete lasciarvi condizionare dal nostro senso di ammirazione per tutto quanto è antico, anche come aspetto esteriore. La mentalità birmana e orientale in generale, sente la religiosità dei templi come luoghi  da vivere quotidianamente, quindi anche l'antico, deve essere continuamente restaurato, ridipinto, mantenuto a nuovo, se ci sono i soldi dei fedeli, anche perché questa attenzione è rispetto per il divino, diversamente il luogo stesso viene abbandonato. Quindi nessuno si scandalizza se antichi mattoni vengono imbiancato di calce o ricoperti di pittura colorata. Nuovo è bello e popola il tempio di monaci, fedeli, bambini che giocano, scimmie, cani e gatti che sostano nelle sale di preghiera senza dare fastidio a nessuno. E soprattutto, vi balzeranno agli occhi dovunque, le due ossessioni religiose assolute, l'oro, che rappresenta l'offerta principe ed il massimo della devozione, sia costituito da semplice pittura del tempio, che da ricopertura di lastre o dalle fogliette d'oro applicate dai fedeli sulle statue fino a ricoprirle completamente ed l'amore per il gigantismo, che ha prodotto opere uniche e maestose, statue ed edifici colossali che non vedrete da nessun altra parte. Anche la devastazione dei molti terremoti, assai frequenti qui, contribuiscono a rendere affascinanti alcuni siti, dove le rovine rimangono visibili accanto alle ricostruzioni. 

La caverna di Pindaya
Comunque è certo che la parte templare, dei siti religiosi e delle caverne popolate da migliaia di statue grandi e piccole, rappresenteranno il clou della vostra visita e, la quantità e la qualità di quanto vedrete, anche se non si raggiunge l'apice di Angkor Wat, rimarranno indelebili nella memoria. In particolare i due siti di MraukU e di Bagan rappresentano un unicum davvero imperdibile, più nel loro insieme globale che nelle singolarità dei diversi edifici, ma che vale assolutamente il viaggio. Se potete, poi, cercate di viaggiare su qualcuno dei tanti traghetti fluviali che solcano le mille vie d'acqua, mescolandovi alla vita reale; passeggiate nei tanti mercati di paesi e città; infiltratevi tra la gente dei centri affollati; camminate tra le capanne dei villaggi aspettando di essere invitati a condividere gli eventi del momento, dalla semplice vagliatura del riso, fino a qualche cerimonia rituale o a qualche festa di paese. Ne trarrete di certo impressioni incancellabili. Direi che non c'è altro da dire che non risulti troppo scontato; andate e godetevi il viaggio senza troppi pensieri, siete in un paese sicuro e facile da girare, senza apprensioni anche per donne sole e potendo, se siete nella stagione giusta, dedicate anche qualche giorno al mare, uno dei più belli e genuini di questa parte di Asia. Adesso non vi resta che partire.

I templi di Mrauk U

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mercoledì 18 febbraio 2015

La cucina in Birmania

Spiedini di pesce fritti


Spiedini e pesci in umido
Dunque è arrivato il momento di sedersi a tavola, che a furia di pagode e stupa, vi sarà venuta fame, quindi adesso vi tocca l'immancabile post sulla cucina, considerando anche il fatto che oggi sono Le Ceneri e che quindi una morigerata astinenza penitente è quanto mai indicata. Non fatevi grosse illusioni, la cucina birmana, checché ne dicano le guide, a mio parere non è un gran ché. Non dico che farete la fame, ma se non siete proprio appassionati di cucine orientali, qualche chilo lo perderete. Intanto bisogna premettere che la tavola birmana è fortemente influenzata dai paesi vicini e che quindi i piatti che assaggerete sono limitate varianti delle più famose cucine cinese, thailandese e indiana. Intanto partiamo dalla colazione che vi verrà servita, sempre compresa nel prezzo della camera, nei vari alberghi in cui sosterete. Si tratta di un buffet più o meno ricco, con molte influenze occidentali per contentare i turisti stranieri, che conterrà qualche piatto cinese (riso fritto o noodles in zuppa o asciutti) toast, burro e marmellata sempre centellinata, con caffè solubile o thé, succo di frutta, uova e pancetta e uno o più tipi di frutta, nei posti un po' più costosi possono esserci anche pancake o samosa. E con questo diciamo che vi toglierete la più grossa. Poi, quando sarete in giro, troverete sempre la classica soluzione dello street food, per i più coraggiosi. 

Riso cotto nel bambù
Qui trionfano i fritti che grondano olio (tranne le insalate, sempre condite con limone o alt salse), il difetto che i più addebitano alla cucina locale. Ricordate tuttavia che uno dei motivi per cui vedrete galleggiare i cibi ricoperti di olio, deriva anche dal fatto che questo costituisce una patina conservante e antibatterica, che è cosa buona per i vari piatti offerti all'aperto, senza protezione dalle mosche e da altro. Quindi, tutta una serie di frittelle all'indiana, samosa e altro, spiedini di ogni tipo, uova di quaglia, cotte su appositi contenitori di metallo con alveoli, pesci, gamberi, carni varie e verdure. Presenti sulle bancarelle anche vasta scelta di maiale marinato ed interiora di ogni tipo, ma credo che non attireranno le vostre attenzioni se non per le foto. Qui troverete anche frittelle, laddoo indiani molto zuccherosi, e dolci al cocco. Comunque in molti ristoranti ci sarà modo di assaggiare il piatto più comune della Birmania, che i residenti sono soliti consumare al mattino o come piatto unico a qualunque ora del giorno, la mohinga, una zuppetta di noodles sottili con verdure, cipolla e la solita salsa di pesce orientale che le conferisce un caratteristico fondo acidognolo. 

Ristorante friggitoria
Siccome la maggior parte dei ristoranti a cui siederete sarà o cinese o indiana, rassegnatevi alla classica serie di involtini primavera, risi, noodles nelle varie declinazioni, pollo agli anacardi o al limone, gamberi fritti, pastella e piatti di curry e dal di legumi. Presenti anche molti piatti a base di cocco arrivati dal gusto thay, dove, come nei piatti indiani prevale pesantemente il peperoncino. In generale a sud mangerete più pesce e domineranno i sentori acidi, il cocco e il curry, mentre verso nord più carne, sesamo, legumi e spesso aglio, piccolo e forte di gusto. Più tipicamente birmane sono invece una serie di insalate, molto composite e condite con spezie, limone e molto altro, che io lascerei perdere, ma sicuramente affascineranno coloro che vogliono a tutti i costi sentire il gusto locale. A nord di Mandalay è molto popolare la zuppa Shan, noodles con pollo o maiale marinato col chilly. Nel Rakhaing i piatti sono decisamente più indiani, molti legumi, chapatti (il pane piatto) e curry di ogni tipo (i ristoranti economici hanno 4 o 5 pentoloni diversi da cui scegliere quello che accompagnerà il vostro riso bianco). Tra le carni prevale il pollo e il maiale alla moda cinese. In generale non si mangiano nemmeno per strada cose strane, cani, gatti, bachi, ragni o insettame vario, quindi niente foto ad effetto per orripilare gli amici a casa. 

La pizza di Checco
Nei posti turistici di mare, invece, troverete ovviamente sea food, gamberoni e pescioloni alla griglia,  ma non aspettatevi una qualità eccezionale. Per chi proprio non ce la fa, nei centri più turistici, anche molti ristoranti con western food, dalla carne alla griglia BBQ all'americana, cucina francese, italiana, giapponese e pizza e spaghetti generalmente indecenti (tranne quella del mio amico Checco a Yangoon, che però, ahimé, mi risulta se ne vada...). Per quanto riguara i prezzi starete tra 1 e 2 $ per lo street food, piatto unico medio sui 2 /3$ nei ristoranti economici e 4/5 $ nei ristoranti medi, il doppio in quelli western.  La frutta non viene quasi mai proposta nei ristoranti se non come complimentary di fine pasto, qualche fettina di anguria o melone o altro. Quindi io vi consiglio di farne abbondante scorta nei vari mercati (non è poi tanto economica però) per sgranocchiarvela in viaggio, rinunciando magari ad una lunga sosta per il pranzo, massimo una zuppetta, mentre il vostro autista si riposa a qualche locale lungo la strada. Io vado pazzo per il pomelo (Citrus maxima), qui ne troverete di giganteschi, profumati e gustosissimi, oltre che alle solite papaye tutto l'anno ed i manghi in stagione. 

Pastelle dolci
Per quanto riguarda il bere, oltre alle solite bevande gasate universali, troverete succhi di frutta fresca e in lattina (provate quello al tamarindo) e ogni mattina viene fornita in ogni albergo una bottiglia di acqua imbottigliata (purified water) da 500 a persona, offerta. Oltre a birre di importazione, la birra locale Myanmar è leggera e bevibile, migliore ancora quella alla spina servita ben gelata e ormai presente quasi dappertutto a 500 o 1000K al boccale a seconda del livello del locale. Se proprio volete, assaggiate il toddy, vino di palma acidognolo raccolto al mattino che a pranzo ha i gradi di una birra leggera, mentre alla sera diventa più forte e lattiginoso e da cui si ricava anche un distillato più forte. Dimenticavo, ma è interessante il fatto che nella zona di Kalaw, ci sono due aziende produttrici di vino, che vale la pena di assaggiare comunque, lo trovate anche al bicchiere (2/3000 K) in diversi ristoranti a Mandalay o a Yangon. Lascerei perdere il caffè, mentre a tavola viene normalmente offerto il thé verde alla cinese. Per la segnalazione dei ristoranti più significativi in cui ho sostato, ho già provveduto di volta in volta. Io comunque, in un mese sono riuscito a perdere cinque chili, che sul mio totale non si vedono molto, ma insomma, sono significativi. Tranquille e lo dico principalmente alle mie ammiratrici che preferiscono l'uomo morbido, li ho già ripresi.  E con questo direi che basta.
Granchi e pesci fritti

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