lunedì 25 gennaio 2016

Gujarat 14: Hodko

L'interno di una bhunga al Mahifl e Rann


Ilprimo stampo
Il Kachch è una terra dove la vita dell'uomo è ferma nel tempo anche se i suoi stati sono mutevoli. Le case pur poverissime ed essenziali che non vengono distrutte dai periodici terremoti, sono spazzate via alternativamente dalle inondazioni o dalla furia del monsone. L'uomo si deve adattare, ricostruendo ogni volta con la pazienza e la determinazione di quelle popolazioni di formiche che ricominciano a rimettere insieme il loro formicaio quando un bambino dispettoso lo distrugge per un suo gusto malevolo e crudele. Ad Ajrakhpur lo puoi indovinare nelle casette costruite da poco, molto distanziate tra di loro e prudenzialmente ad un solo piano. Non c'è nessuno in giro se non qualche animale da cortile che starnazza al di là dei recinti sconnessi. Se vuoi incontrare qualcuno, devi entrare in qualche cortile a cercare un ragazzino o un operaio che ti faccia entrare negli spazi del retro dove quasi ogni casa ha un laboratorio di stampa dei tessuti. Gli uomini hanno quasi tutti barbette incolte rese di un improbabile rosso carota dalla tintura con l'henné e il mussulmano cappelluccio bianco sul cocuzzolo. In ogni angolo sono ammonticchiate pile di tessuti finiti, mentre in un luogo separato, quelli ancora da stampare. In una sala grande un tavolone lungo diversi metri dove viene distesa la pezza; al muro, scaffali che contengono centinaia di piccoli stampi di legno incisi a mano. 

Il secondo stampo
Jussuf versa dapprima il colore da utilizzare su un grande tampone consumato dall'uso, poi sceglie lo stampo giusto e comincia il lavoro con metodica precisione. La pezza bianco sporco è già stata ricoperta per la sua intera lunghezza di archetti sottili color ocra che si addossano gli uni sugli altri, ormai asciutti. Il nuovo stampo porrà i contorni di un complesso disegno floreale all'interno di essi. Con meticolosa attenzione l'uomo preme lo stampo sul tampone inumidendolo a sufficienza, poi si porta sul punto dove lasciare l'impressione e con un colpo secco produce la traccia sulla stoffa. Lavora velocemente perché il timbro è piccolo piccolo e la pezza sembra così lunga da non finire mai. Poi, quando sarà asciutta bisognerà immergerla in un bagno fissatore e metterla assieme a tante altre nel prato dietro casa, tutto ricoperto di questo patchwork multicolori, ad asciugare e infine riprenderla per stamparvi una altro disegno con un colore differente. L'operazione si ripeterà anche una decina di volte fino a quando il complesso progetto non sarà finalmente completato e la stoffa, ordinatamente piegata andrà ad ammucchiarsi sulla pila delle altre, in attesa che arrivi il grossista dalla grande città a ritirarne un carico completo. 

Stampi di legno
Questo è soltanto uno degli step della filiera dell'immensa industria tessile tradizionale, nata negli infiniti campi di cotone del nord di questo paese, che resiste alle lavorazioni industriali solo per i costi ridicoli della manodopera di queste regioni dimenticate ai bordi della civiltà. In altri villaggi troverai ricamatori, in altri ancora tessitori e così via, artigiani abilissimi, testimoni tutti del contrasto che obbliga il gusto dell'uomo ad amplificare al massimo la ricchezza e la diversità dei colori e la lucentezza di specchietti e lustrini, quanto più l'ambiente circostante sia povero di sfumature e monocorde di aspetto. Così il deserto alternativamente distesa di terra gialla screziata dal bianco del sale o succedersi di paludi inframmezzate di arbusti secchi, si colora al passare sinuoso di donne e ragazze ricoperte di tessuti smaglianti di colore ed ognuno personalmente diverso nel disegno e nell'ornamento. Una esclusività assoluta a cui ogni povera pastorella che conduce le sue capre affamate avrà sempre diritto. Niente omologazione nei villaggi del Kachch, almeno per ora insomma. Ma la strada penetra sempre di più in questa terra estrema e apparentemente disabitata. Ogni piccolo paesino se ne sta nascosto in fondo a sentieri sconnessi lontani dall'asfalto approssimativo che porta quasi fino al confine. 

Stoffe a metà lavorazione
Ad un incrocio quattro casupole diroccate ed un posto di polizia dove bisogna richiedere un permesso indicando i villaggi a cui si intende arrivare, ma la porta è chiusa con un pesante lucchetto che ci impedisce di regolarizzare la nostra posizione di intrusi in quel luogo. Un paio di militari che stazionano attorno ad un tavolaccio di legno dondolante fanno cenno che è tutto chiuso per una festa religiosa per lo meno una settimana e che non si può fare alcun permesso. Sul fatto se noi siamo autorizzati a girare da quelle parti rimane un alone di incertezza. Data la festa parrebbe che anche i controllori non saranno in attività, almeno così pare. Gli uomini in divisa fanno uno stanco cenno con la mano di andare via tranquilli e lasciarli a finire in santa pace di bere il loro thé. Procediamo dunque per Hodkha (o Hodko), il punto centrale per aggirarsi nei dintorni alla ricerca di tribù sparse tra le paludi ed i monticelli di terra rossa. Qui nessuno parla hindi  e neppure forse gujarati, ma solo dialetti locali. Il nostro Mohammed che padroneggia l'urdu trova comunque la strada per arrivare alle capanne di fango del Mahifl e rann camp, che si riveleranno invece bellissimi bungalow di terra cruda con le pareti interne ricoperte di specchietti, copie per turisti delle bhunga dei villaggi. Cosa non si fa per attirare il turista bramoso di scomoda ma esotica cultura locale. Qualche altra capanna è occupata da famigliole di Ahmedabad in cerca di radici ancestrali della loro stessa terra. 

Lo staff al completo
Il cuoco, un personaggio dalla comunicativa sciolta, promette meraviglie per cena, mentre il sole scende sul campo. E' l'unico che spiaccica qualche parola di inglese avendo passato due anni a Dubai a costruire case di terra nel locale parco etnologico. Anche per fare questo ci vuole esperienza. Tutti gli altri, gentilissimi, corrono a chiamarlo se chiedi qualche cosa. Il manager arriverà forse domani, d'altra parte è festa. Allora proprio Bharmal il cuoco ci darà una mano domani a cercare una guida per arrivare ai villaggi più lontani e nascosti. Poi tutti si schierano davanti al bancone dove cominciano ad arrivare le pentole preparate per la cena assieme ad un mucchio di chapatti integrali, specialità del posto. A poco a poco sul tuo grande piatto di alluminio si forma il thali locale, al centro il riso per spegnere almeno un poco la ferocia della spezia profusa a piene mani. Il dal di lenticchie, tuttavia è ottimo, cremoso e profumato. I dolci di cocco aiutano ad aggiungere un po' di calorie al menù vegetariano stretto. Poi sotto la luna quasi piena, gli stessi camerieri, nella grande corte polverosa, fanno "animazione" attorno al fuoco circondato da charpoi di ferro sui quali distendersi. Le ragazzine di città ballano con i jeans stretti, e anche le mamme muovono le anche sotto i sari colorati, prese dai ritmi del tabla, il doppio tamburo, i bambini corrono sollevando un polverone e un padre moderno e di larghe vedute, conscio della sua raggiunta agiatezza filma il tutto con il suo iPhone 6. Fuori dal recinto solo il silenzio interrotto dal fruscio della masticazione di qualche cammello impastoiato, i pastori del gregge dormono già da tempo. Ad ognuno il suo.

Il Mahifl e Rann

SURVIVAL KIT

Per visitare il Kachch ed i villaggi tribali del grande rann occorre un permesso (100R a persona9 che si ottiene ad un gabbiotto all'incrocio di Bhirandiara a circa 50 km a nord di Bhuj sulla strada 341 che va verso il confine pakistano. Ottenuto questo girate a sinistra per raggiungere Odka in altri 10 km. Prima di Bhuj invece (senza permessi) si possono vedere le tribù di artigiani Ajrak (ad Ajrakhpur per la stampa su tessuto) gli Ahir a Dhaneti per i ricami, i Vankar a Bhujodi per la tessitura.

La sera al campo
Mahifil e Rann - Odko - Campo appena costruito con una decina di Bhunga, capanne tradizionali rotonde di terra cruda con tetto di paglia, molto grandi e spaziose contenenti un letto e spazi di appoggio ricavati nelle pareti. No AC, ventilatore, elettricità per caricare le batterie e pila per raggiungere di notte il servizio situato all'esterno in un cortiletto privato. Porte dotate di un robusto lucchetto. Nel locale comunque vengono serviti i pasti a buffet vegetariano non male. Colazioni abbondanti e frutta. Alla sera danze attorno al fuoco in cortile. Calcolando che rimarrete qui due o tre notti per visitare le tribù dei dintorni, considerate che non c'è wifi e sarete finalmente isolati dal mondo. Personale gentilissimo anche se non parlante nessuna lingua conosciuta. 4000 R per ogni  bhunga con pensione completa obbligatoria.


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1 commento:

Dottor Nomade ha detto...

Bella la descrizione della festa la sera, con tre pennellate coglie tutto.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!