giovedì 14 gennaio 2016

Gujarat 7: Junagadh

Juganadh - Il mausoleo di Vazir


Mahabat Maqbara
La notte è scesa senza riuscire a rinfrescare; l'aria calda è pesante come l'alito marcio di un antico drago semiaddormentato. La città in cui ti aggiri ricercando l'albergo si complica in una serie di stradine sconnesse tra case fatiscenti, fiancheggiate da negozietti ormai chiusi. I marciapiedi sono tutti occupati da abitanti provvisori, attività commerciali in fase di chiusura o semplicemente gente che aspetta l'alba o dorme avvolta in uno straccio. Nell'aria ancora la polvere della giornata di mercato. E' buio e a stento vedi dove mettere i piedi per evitare vacche sdraiate e liquami che scorrono lenti. Qualche friggitoria ancora aperta impila gli ultimi samosa in cerca di clienti che non sono venuti. Vorresti etichettare il tutto come un senso di disfacimento e totale abbandono, invece questa è la normale vita di tutti i giorni; la città si appresta al riposo notturno, prende fiato prima che ricominci l'assalto dello strombettamento dei clacson appena si alzerà il sole e le file di tuktuk e mototaxi che adesso sono ammucchiati negli angoli, come rottami abbandonati all'inclemenza della stagione, si rimetteranno in moto quando i loro conduttori si tireranno su dal sedile posteriore dove passano la notte. 

Le finestre

Davanti ad uno slargo, uno dei pochi edifici a 3 piani, si leva in apparente abbandono. I muri sbrecciati, le aperture spente e buie come in una Beiruth appena bombardata, eppure in alto si nota l'insegna di un albergo. Un vecchio solleva un angolo di uno straccio bisunto che lo ripara e fa un cenno con la mano verso l'ingresso di un sotterraneo. Scendiamo sotto, ti inoltri in una cantina abbandonata coi pilastri di cemento da cui escono ancora i ferri contorti. Il luogo è deserto e potrebbe apparire pericoloso, se fossimo a New York. In fondo, dietro un angolo morto c'è una luce fioca e intravedi l'apertura di un montacarichi. Così d'improvviso l'inferriata si apre con un cachinno di ferraglia che sbatte e compare una figura inquietante, un nano con una sorta di divisa sgualcita che fa cenno di entrare. Poi recita un good evening sirs con un incongruo e professionale accento oxfordiano. All'ultimo piano c'è effettivamente l'albergo che poi è molto meglio di quello che sembra, dove dormire il sonno del giusto. Al mattino con la luce appannata del giorno, tutto ha un'altra faccia e la città assume l'aspetto confusionario e caotico, comune alle sue consorelle, anche se rimane caratterizzata dalle tante case semiabbandonate con l'erba che cresce sui tetti sfondati, mentre i proprietari, presumibilmente ricchi e disinteressati se ne sono andati a Mumbai o a Delhi. 

I portali
E' proprio questo senso di abbandono senza ritorno che le conferisce un fascino comunque morboso, basta salire al forte che la sovrasta con le sue altissime mura, aggirarsi tra i palazzi semidistrutti tra i quali si insinuano le piante del bosco che cercano di prendere il sopravvento; girare nella moschea dai soffitti crollati tra gli antichi giardini che dominano la città, per poter immaginare la potenza di un tempo, quando la città resisteva ad assedi memorabili, quando questi muri risuonavano delle risa argentine delle concubine ed i pavimenti, ora formati di lastre sconnesse o di nuda terra che il monsone ha scavato nell'ultima estate, venivano strusciate da pesanti vesti di broccato dei Nawab, signori di questo piccolo regno mussulmano che tentò di farsi assegnare al Pakistan durante la divisione contro il sentimento popolare, così che l'ultimo Nawab se ne fuggì da solo quando la città e il suo territorio tornò all'India nel '50. Il panorama sulla città sottostante è aperto e dietro la Girnat Hill è seminascosta da una nebbia di calore. Davanti ai ruderi del palazzo, molte bancarelle vendono frutta e cibo di strada, piccoli cocchi dalla forma contorta e dolcetti di zucchero e burro. 

Venditore di cocchi
C'è un sacco di turisti locali che si affollano attorno ai venditori di laddoo e di zucchero filato, qualche bambino che frigna per richiamare l'attenzione di premurosi genitori e le ragazze che fanno le languide buttando l'occhio a gruppetti di giovanotti che schiamazzano sul belvedere. Una famiglia di Ahmedabad, saranno almeno una quindicina tra figli e altro parentado al seguito, anziani dal bianco turbante e zie avvolte in sari semitrasparenti da cui deborda la ciccia del benessere, ci prende di mezzo per le solite foto di rito e vengono esibiti i giovani che esercitano il loro inglese. Il padre ha un'azienda di bigiotteria che rifornisce molti banchi delle città vicine e non perde l'occasione di scambiare opinioni sull'argomento considerata la quantità di metallo locale che orna le braccia, i colli, le orecchie e perché no, le caviglie sottili delle nostre bajadere che ci accompagnano. Sfuggiamo alla proposta di esaminare il suo catalogo fotografico che fortunatamente è su una macchina lontana e scendiamo di nuovo in città per non mancare l'occasione di perdersi in un cortile abbandonato che ospita uno dei complessi più suggestivi di tutto il Gujarat, il Mahabat Maqbara. Al fianco della strada in un'area dall'apparenza abbandonata, circondata da recinzioni cadute ed erbacce alte, uno dopo l'altro si ergono alcuni edifici, forse i più splendidi e fantasiosi dell'architettura detta euroindoislamica eretti nel periodo l'oro di questa regione attorno alla metà dell'800. 

I minareti
Gli edifici sono chiusi ed abbandonati all'incuria del tempo, ma attraverso i vetri rotti e le aperture delle finestre oltre che dalle ricchissime facciate esterne è possibile godere di una ricchezza barocca e rutilante che ti impone di passare parecchio tempo tra questi palazzi per poterne apprezzare tutti i particolari, dalle porte d'argento alle fini sculture floreali che circondano gli stipiti e le colonne. Il mausoleo principale appare come una enorme cupola stagliata contro il cielo con archi gotici e finestroni francesi che si intrecciano con decorazioni in arabesco e colonne scolpite, volute moresche e cupole ridondanti. Ma sono i quattro minareti del mausoleo di Vazir a rappresentare un unicum assoluto, con le spirali delle scale esterne che li avvolgono, disposti elegantemente attorno al corpo centrale sormontato dalle cupole a croce. Un'opera in cui non comprendi se ti lascia attonito di più la fantasia architettonica o la desolazione dell'abbandono. Tra i cortili un gruppo di ragazzini gioca a cricket gridando incitamenti al lanciatore, la mazza fatta con un assicella di legno raccattata nell'immondizia ed una pallina autocostruita con frammenti di plastica, morbida per fortuna, così quando te la prendi in testa, tra mille scuse dei campioni in erba, ti fa male ma non troppo. Così te ne vai verso il monte di Girmar in cerca di santoni che benedicano la botta, guarendola definitivamente.

Da Bhanavgar a Junagadh
SURVIVAL KIT

La moschea dell'Upakot fort
Junagadh - Se si considera di effettuare il giro della costa via Diu e Somnath, in un solo giorno sono 375 km, minimo 8 h più le soste, cosa che occuperà l'intera giornata. La città può essere punto di tappa per visitare anche il parco del Gir.  In città bisogna vedere almeno:

1 - Uparkot Fort - Ingresso 100 R. Enorme complesso in rovina su un'altura dietro la città, con belle viste sulla città stessa e sulla collina dei templi di Girnar. Tutto il complesso vecchio di almeno 2000 anni è assediato dalle erbacce e gli edifici sono in rovina, ma tuttavia incontrerete moltissimi turisti locali. Proprio questo senso di abbandono fa parte del suo fascino. In particolare la moschea costruita su un antico palazzo e scoperchiata.

2 - Mahabat Maqbara - Serie di palazzi abbandonati. Si tratta di mausolei chiusi, non si può entrare nell'interno sontuoso con porte riccamente decorate rivestite di argento, ma che si vedono attraverso le finestre, dall'architettura unica e ricchissima. Le recinzioni dell'area sono anch'esse in rovina ma si può girare all'interno liberamente.

Hotel Harmony - Prisam complex - S.T. road- Non fatevi impressionare dall'edificio in rovina in cui è situato l'hotel o dal suo garage da nightmare (e neanche in senso opposto dalle foto del sito). In realtà le camere sono spaziose, modernamente arredate e ragionevolmente pulite. Le dotazioni del bagno buone. AC, frigo, ventilatori, free wifi anche in camera, chiedere la 1 o la 2 che sono le migliori. Doppia super de luxe attorno alle 2000/2200R., le altre camere anche meno, attorno alle 1000 R

Utsav RestaurantProprio di fronte all'hotel Harmony (qui è servita anche la colazione se soggiornate all'hotel, piuttosto scarsa , thé e marmellata), quindi comodissimo. Personale molto gentile e prezzi economici, piatti sulle 200R. Stile moderno da fast food occidentale ma cucina mista indiana, cinese e continental. Pulito e frequentatissimo nei giorni festivi.

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