venerdì 4 marzo 2016

Rjastan e Gujarat - Considerazioni finali

Pastore Rabari

Donne alla Fiera
Mentre sei seduto sulle scomode poltroncine di un aeroporto, il pensiero è sempre lo stesso. Come far passare le ore. Come sempre un buon sistema è quello di raccogliere le idee, focalizzare il senso del viaggio che si sta concludendo. Tirare le somme e confezionare il pacchettino finale è una delle esigenza che alla fine ti fanno stare meglio, pensi di aver finito il lavoro e vuoi metter una bella etichetta al faldone prima di riporlo negli scaffali della tua testa. In questo viaggio avevo diverse motivazioni. 
Vedere zone di questo paese che amo e che ancora mi mancavano, per appagare in parte il mio spirito collezionistico. 
Il forte rosso a Delhi
Ritornarci dopo pochi mesi, quasi una sfida per me che vorrei sempre il nuovo, nella rincorsa ansiosa al tempo che sfugge, per cercare di prendere per la coda quello che sempre ti si nasconde quaggiù, l'inafferrabile senso che possa spiegare contraddizioni  così forti  e dalla coesistenza apparentemente impossibile. 
Tornare in luoghi già visti dopo trenta e più anni per poter considerare come questo tempo, una enormità se lo applichi a certi altri paesi, abbia agito, provocando o meno mutazioni tangibili. 
Mettere a paragone due aree dell'India confinanti ma così diverse tra di loro, estremamente turistica l'una, completamente o quasi, vergine, l'altra. 
Partecipare ad un evento importante come la fiera di Puskhar per raccogliere quelle emozioni che solo questi tipi di congregazioni di folla, possibili in paesi così grandi, possono dare. 
Infine il motivo che a prescindere, si ricerca in ogni viaggio, vedere e godere della bellezza di luoghi e opere dell'uomo, incontrando e misurandosi il più possibile con la gente che questi luoghi abita. 

Così se faccio capo a questi punti di riferimento, devo rimarcare che il viaggio ha risposto abbastanza bene ai punti che ne avevano generato il progetto e che quindi lo suggerirei a cuor leggero, sia nell'itinerario di massima, sia nelle modalità di svolgimento. Cosa si può dire allora di questo paese che non sia uno stereotipo detto e ridetto? La prima considerazione che mi viene alla mente è che un paese enorme come territorio, ma soprattutto come popolazione, si trova di fronte a un problema che è apparentemente irrisolvibile. Per quanti sforzi faccia per migliorare produzione, efficienza, qualità di vita, si ritrova ogni anno con una intera nazione nuova di neonati che vanno ad ingigantire i bisogni, le richieste, la mancanza del pur minimo necessario. Così se da un lato il paese cresce e l'economia si gonfia, producendo a lato come ovvio tutti gli sfridi negativi del caso, alla fine ti accorgi che non basta mai. Dai da mangiare a legioni di affamati, riuscendo a raddoppiare quanto produci in pochi decenni, ti giri e scopri che ne son cresciuti altrettanti con ancora molti e più stringenti bisogni. Ogni giorno questo paese e chi lo guida si trova davanti a nuove legioni di persone in cerca di lavoro e di affermazione, cosa che non può non creare un perenne e strisciante borborigmo sociale destinato a rimanere rumore di sottofondo continuo e pericoloso.

Rimangono spesso sopite ma sempre presenti ed irrisolte, le mille divisioni dovute alle caste, che si estrinsecano poi in differenze sociali ancora più rigide e violente, le razze, le lingue diverse e le religioni, da sempre elemento ontologicamente divisivo, ben più delle appartenenze politiche. Inoltre il peso dell'elefantiaco apparato statalburocratico, ereditato dai colonizzatori e impossibile anche soltanto da snellire, lasciando magari in libertà milioni di persone con conseguenze ancora peggiori, ma che produce una pania collosa che rallenta ogni cosa, con le sue mille microcorruttele, un macigno da trasportare che rallenta ancor di più la macchina. Vedi chiaramente il nuovo che avanza, spesso con la parte peggiore di sé, ma il vecchio è ancora ben presente e attraversando il paese, passi velocemente dai distretti di vetro ed acciaio alle campagne dai ritmi millenari immutati. Non cercare troppa efficienza, pulizia, ordine o tranquillità. Sono impossibili in un contesto storico e attuale come questo. Le soluzioni dei piccoli problemi pratici devono essere lasciata al ritmo del posto, ai suoi sistemi, magari un po' tortuosi, ma che soli, possono condurre al lieto fine. Lasciarsi andare al movimento calmo della corrente è il segreto per apprezzare meglio il tuo stare qui. Scendendo nei particolari, Delhi è una città che rappresenta bene il paese, proprio in riferimento agli aspetti di cui ho detto. 

Nella sua dimensione di megalopoli, puoi apprezzare bene l'anima dell'India, sempre in bilico tra un passato che neppure si vuole cancellare, un presente fatto di confusione emotiva ed un futuro sperato di efficiente tecnologia. Cresciuta a dismisura come un corpaccio obeso che rilascia umori infetti, un traffico ossessivo produttore di aria irrespirabile ed un rumore continuo ed assordante, la nuova metro e i grandi viali, i parchi verdi che circondano quartieri rimasti identici in tutto e per tutto alla città di mezzo secolo fa, coi mercati in cui si affastellano le merci percorsi dalla folla in un andirivieni infinito. Nei templi la facciata ed i muri sono ridipinti, ma la folla che li percorre compie gli stessi gesti millenari, rimuginando certo gli stessi pensieri. I cartelloni pubblicitari inneggiano ai nuovi prodotti, ma i visi degli attori degli ultimi film rimangono uguali a quelli dei loro padri. La sporcizia marcia dell'Oriente qui è istituzionalizzata e rinvigorita dal passare del tempo; a quella antica fatta di scoli, escrementi, topi e materia organica in disfacimento, si aggiunge quella nuova degli imballi moderni e indistruttibili, la plastica, la carta, gli pneumatici lisi, i materiali che il progresso produce e poi subito abbandona rotti ed inservibili, che vanno ad arricchire, non a sostituire l'immondizia antica. E' diventata, diversamente da un tempo, una città pericolosa? Forse, a sentire qualche residente o i tuoi accompagnatori più iperprotettivi. 

Poi, più te ne allontani, più ritrovi l'India del passato, quella che ricordi con la nostalgia magari un po' fasulla del tempo che non può tornare indietro. Il Rajastan ha una serie di opere storiche, palazzi, case, forti, ambienti e monumenti da renderlo sempre affascinante e ripetibile. Insomma al Colosseo o al Vaticano ci puoi andare un sacco di volte e ad ognuna avrai sensazioni appaganti e diverse, che ti fanno avere la certezza che valeva la pena tornarci. Qui ci sono tali e tante cose da vedere che comunque ogni volta, accanto al ripasso hai l'opportunità di scoprire opere d'arte nuove che non ti raccapezzi di aver trascurato prima. E' la terra dei grandi re e quello che si sono lasciati alle spalle merita di essere visto e rivisto. Il Gujarat, dove ci sono molte meno opere imperdibili da scoprire, anche se poi anche qui non mancano, è invece lo specchio reale dell'India vera, della sua gente, che incontrerai continuamente nel tuo andare e che ti manifesterà in pieno il suo carattere, con la sua invadenza stemperata dalla calda accoglienza, la sua curiosità e la voglia di partecipare e di fare festa. 

Ilpalazzo di Bundi
Qui troverai piccoli luoghi sconosciuti che ti riempiranno di meraviglia, templi mete di coinvolgenti pellegrinaggi di massa, luoghi ed ecosistemi unici, ricchi di vita animale esclusiva e tribù di genti così lontane dall'India rampante che insegue la crescita del PIL mondiale, che continuano nei secoli a camminare lenti dietro le loro greggi e a costruire le loro capanne di fango e di sterpi e a raccogliere con cura  gli escrementi di vacche e bufale per cucinare e scaldarsi  nelle fresche notti d'inverno. Questa è la parte che forse è destinata a scomparire per prima o quanto meno a subire la normalizzazione obbligata dai tempi. Ma mi sembra che ce ne vorrà ancora. Infine il bagno di folla della fiera dei cammelli, molto di più di una grande festa, un pellegrinaggio obbligato o un happening turistico, ma un aspetto vivo dell'anima dell'India che mi sembra riesca ad esprimersi e ad essere meglio colta in queste occasioni. Mi piacerebbe ancora molto partecipare ad un Khumba Mela, forse il punto più esagerato di aspetti come questo. Vedremo. Intanto per ora direi che la chiudiamo qui, vi ho già torturato abbastanza su questo argomento. Della cucina indiana vi ho già parlato al termine dell'esperienza di marzo scorso e non voglio aggiungere altro, alcuni poi la trovano deliziosa. Digerito il tutto è dunque ora di passare ad altro.




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2 commenti:

Simona ha detto...

Sei riuscito a farmi venire voglia di visitare questi luoghi che non mi hanno mai attirata. È la conferma che l'ignoranza spaventa, bisogna avere la mente aperta e la voglia di scoprire mondi che ci fanno paura solo perché non li conosciamo.
Ho sempre detto che non sono ancora pronta per l'India, adesso invece ci sto pensando. Magari come prima volta sceglierò un itinerario meno estremo dei tuoi, penso che sia necessario un approccio per gradi.
Il tuo blog sarà un punto di riferimento molto importante, anche perché sei riuscito a convincermi! Non l'avrei mai detto.

Enrico Bo ha detto...

Mi dai una grande soddisfazione. Però ti confermo che ho amici che sono stati in India e ne sono stati schifati e che mai più ci metteranno piede. O la ami o la odi, difficilmente rimarrai indifferente. Comunque molti dei miei itinerari sono molto standard e normalmente (dato che sono un povero vecchio) viaggio in modo molto comodo (macchina + autista) dati i prezzi accessibili del paese. Comunque quando avrai un progetto ne possiamo parlare volentieri. Magari un giorno che vengo a Torino (e capiterà spesso nei prossimi 6 mesi, passo a trovarti al lavoro!

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