Marib - Yemen - agosto 1977 |
Una città morta fatta di terra che non si stava sbriciolando sotto il peso dei secoli a cui aveva resistito impavida come poteva sembrare ad un primo sguardo poco attento. Solo le cannonate dei Sauditi, in una delle tante guerre sconosciute, l'avevano spopolata, ferita, graffiata anni prima, in quella lotta senza fine tra sunniti e sciiti che prosegue da sempre, virulenta anche oggi. E pensare che se mai piovesse da quelle parti, la città di terra cruda si scioglierebbe in circa 24 ore, così almeno si è calcolato, ma non è mai successo laggiù in quell'aria tersa e senza umidità, secca tanto da bruciarti la gola. Dormire per terra, in una di queste case abbandonate all'ultimo piano per poter trovare, sul terrazzo del tetto, sollievo al calore che brucia e che non dava tregua neppure durante la notte ricoperta di stelle, le stelle magiche del deserto che ricoprono il velluto nero del cielo, fino a quando non compare la luna a disegnare le ombre lunghe delle sagome delle case sbocconcellate dalle bombe e aspettare l'alba. Una città morta è magica soprattutto la notte quando puoi far lavorare meglio la fantasia, a fabbricare storie e racconti.
Di giorno è solo un insieme di quinte deserte anche se scenografiche. Allora ti rimane il deserto che la circonda, il margine estremo del Rub-al Khali dalle cui dune può arrivare il nemico, nascosto tra le sabbie. Sabbie dove, semisepolte, ancora emergono le tracce millenarie del regno di Saba, residui immarcescibili di quell'Arabia Felix che un impero millenario al di là del Mediterraneo riteneva dispensatore di ogni profumo, ricchezza, spezia e fragranza. Forse certamente sopravvalutato, grazie all'astuzia dei suoi abitanti che nascondevano quella che era soltanto una attività commerciale con il ben più lontano Oriente. Quelle otto colonne squadrate rimaste ritte verso l'alto per millenni, raccontano di un orgoglio invincibile, in lotta perenne per non essere inghiottite dalle sabbie, ancora una volta la natura contro l'uomo e la sua voglia di vincere il territorio, affermare la propria superiorità di specie dominante. Poco lontano, l'immenso muraglione della diga che 3000 anni fa rendeva questa valle irrigua e fertile come lo è tutto il deserto quando è baciato dall'acqua, mostra cosa si poteva fare anche con pala e carriola. Che fantastico privilegio ho avuto di poterci arrivare in una delle poche pause tra gli interminabili conflitti che da sempre devastano lo Yemen, una delle terre più magiche diquesto pianeta.
Marib -Il tempio -Yemen - agosto 1977 |
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