lunedì 2 maggio 2016

La bellezza della grafia cinese si apprezza soprattutto nella stesura dei caratteri più semplici come questo. Già ti immagini, un giorno di riposo, un parco verde con qualche fontanella e un rivo d'acqua che scorre tra rocce coperte di muschio, carpe dorate che nuotano in un piccolo lago azzurro chiaro. Sul bordo, sull'erba, disteso a terra un grande foglio bianco ed un maestro di calligrafia che ha preparato con cura la china sciogliendola su una pietra scolpita dalle venature blu, con in mano un grande pennello che volge gli occhi in alto come per cercare ispirazione tenendosi la barba rada e bianca con la mano libera. Poi, dopo aver immerso il pennello e raccolto il nero assoluto per quanto basta, lo fa danzare un attimo sulla superficie bianca. Il ciuffo di peli morbidi si piegano di qua e di là a seconda dell'impulso che riceve dal movimento minimo del braccio e l'ideogramma si forma da solo, come già fosse inciso nella carta, nero su bianco, le brevi linee che anche se dritte mantengono un senso interno di curvatura, come se si volesse addolcirne l'impatto, le curve nette, i punti brevi lasciati come gocce di acqua che cadono dal cielo in modo casuale e invece si aggrumano per formare significato. 

Disegno che racconta un sentimento, segno che porta con sé un pensiero, tratto che si fa significato semantico. In questo ideogramma semplice si sovrappongono due radicali. Quello superiore ha la nitida perfezione squadrata del reale, del concreto, di quello che si tocca. Raffigura una risaia vista dall'alto. Chiunque sia stato in oriente non può che essere rimasto colpito da queste coltivazioni che più di ogni altre raccontano l'ingegno dell'uomo applicato alla terra. Quei quadrettini minuscoli che scandiscono il campo circondate da arginelli per trattenere l'acqua in cui nascerà la magica pianta del riso, alimento supremo, che da solo raffigura tutto quanto è cibo, sono la vita del contadino che li ha sotto gli occhi ogni giorno e che gli danno la vita. Il pittogramma sottostante invece è uno dei più belli della lingua cinese, perché disegna perfettamente con un tratto e tre punti, l'organo che, come per noi, viene reputato dai cinesi, la sede dei sentimenti e di tutto ciò che è immateriale e astratto, il cuore. Guardate la linea sottostante come disegna con un semplice colpo di pennello la sagoma stilizzata ma perfettamente distinguibile dell'organo, sovrastato da tre minuscoli tratti che puoi interpretare come gocce di sangue che escono a fiotti o fori beanti dei vasi che lo alimentano. 

Tutti gli ideogrammi in cui viene utilizzato questo segno hanno compresa in sé una valenza di qualche sentimento, di una emozione. Dunque il nostro carattere di oggi, ha in sé queste due anime provare un sentimento davanti alla concretezza del reale, esercitare una attività dello spirito ma che sia comunque rivolta al concreto, che abbia alla fine una utilità. Infatti il nostro Sī - 思, significa semplicemente Meditare. Per farlo non occorre essere un monaco, uno studioso o un ricercatore di assoluti. Anche un semplice contadino, prima di cominciare il suo lavoro, può sedersi un momento sul bordo della sua risaia e aprire il suo cuore e la sua mente, perdendosi nella infinita bellezza che gli sta davanti, rimanere un poco in quello stato magico di non pensiero per assorbire senza coscienza la bellezza dell'opportunità di poter esistere. Poi, naturalmente dovrà prendere la marra pesante dal manico corto e piegare la schiena alla fatica, se vuol mangiare.

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4 commenti:

Unknown ha detto...

A cacciator di frodo, quel Sī - 思 mi pari tu

Juhan ha detto...

Misterioso il commento precedente (ma mi sa che Aqquello devo controllarlo; fatto), poi sì, bella la descrizione, anche se avevo assistito a una lezione pratica, lo scorso millennio da un Maestro ancora più a est di te.

Enrico Bo ha detto...

@Tent - meditator cortese ognuno è difronte al riso a ragionar di biade e rane.

@Ju - medita medita

Juhan ha detto...

Rileggendo il mio commento vedo che non si capisce di cosa sto davanando: mi riferivo al modo di scrivere. Sono troppo accidentale --oops! occidentale.

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