lunedì 24 ottobre 2016

Le porte di Hattushas

Hattushas - Turchia - agosto 1980

Sono passati più o meno 4000 anni da quando un esercito passò sotto queste porte, attraverso queste mura ciclopiche per andare a combattere contro gli egiziani, nuova potenza emergente che voleva diventare dominante nell'area della mezzaluna fertile. Forse quelle genti, passandovi attraverso guardavano i leoni giganteschi con occhio orgoglioso. In fondo non era cosa da poco far parte di un popolo in grado di erigere queste barriere, degne di imperi destinati a vivere per millenni, sottomettendo con la forza i deboli contadini che quelle mura circondavano e mantenevano. Eppure tutti i reich millenari sono destinati inevitabilmente a scomparire, vinti dai tempi, le difese invalicabili ad essere sbriciolate e corrose dai secoli e a rimanere in rovina a testimoni muti del passato. Leoni il cui ruggito rimane strozzato nella gola. 

Guerre sanguinose che paiono talmente epocali da essere definitive nella storia dell'uomo, che pochi anni e altre vicende ancor più terribili, spingono nel letamaio dei tanti dimenticatoi della storia umana. Lì fuori, quei contadini, gli stessi di allora, gli stessi di sempre, trapassati dalle lance, dalle frecce e depredati dei raccolti, le loro donne stuprate e rapite e poi via via, fatti schiavi e servi e ancora feriti, poi mitragliati, bombardati e finalmente uccisi e ancora servi rinati per morire un'altra volta appena risorti, sono ancora lì, Sopravvissuti agli eserciti conquistatori, che passano e vengono a loro volta sterminati, mentre loro risorgono sempre, esuli, profughi in fuga dalla morte, a rinascere continuamente e a riprodursi senza sosta, gramigna immarcescibile della terra che resiste ad ogni violenza, ricostituendo le sue forze cone un'araba fenice, la cui forza nasce proprio dalla sua debolezza, dalla sua indifesa ed inerme indispensabilità. 

Perché gli eserciti passano e muoiono e si possono sostiituire con facilità, loro invece, i deboli e gli umili, sono gli unici che serviranno sempre. Forse le più grandi vestigia del passato sono utili proprio solo a questo. Farci considerare che quello che oggi ci sembra epocale è solo una cacca di mosca sui libri della storia di domani. Pensate alla rilevanza che potrà avere tra 1000 anni il risultato di un referendum e andate a prendervi un caffé. Le rovine di Hattushas, orgogliosa capitale ittita, staranno lì anche domani, come 36 anni fa.



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1 commento:

Laura ha detto...

Però si vive in un certo tempo e si è figli di quel tempo, quindi o ci si ritira su un monte a fare l'eremita o non s può fare a meno di occuparsi del mondo e di come salvaguardare al meglio possibile la qualità della vita.

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