giovedì 13 ottobre 2016

L'albero della cuccagna

da Mondo contadino

Cinquanta anni fa non andavano di moda le sagre. Chissà come mai, eppure allora la fame del dopoguerra avrebbe dovuto farsi sentire più sensibilmente, non come oggi che siamo già abbondantemente sovranutriti e sempre in cerca di diete miracolose per smaltire le mappazze che continuiamo ad ingurgitare golosamente. Oggi se vuoi avere successo in una manifestazione, dai roba da mangiare, qualunque schifezza, unta e male abborracciata in un cartoccio o in una vaschetta sbrodolenta, da ficcarsi in bocca con forchettine di plastica che si spaccano al primo tentativo di infilzare il boccone, falla pagare cara, dì che è la ricetta tradizionale delle nonne, ricche di antichi saperi, meglio se biologici ed è fatta. Subito si formano le code e l'incasso per la Proloco è garantito. Una volta invece per fare accorrere la gente dovevi organizzare qualcosa di nuovo e divertente, condito di ballo con tanto di orchestra dal vivo. La festa del paese a Valle San Bartolomeo durava tre giorni, tutto un fine settimana degli ultimi giorni di agosto. Gli organizzatori della SOMS, pregavano per giorni che non piovesse, dato che si ballava all'aperto, neanche c'erano le previsioni metereologiche a tranquillizzare e si consumavano in lunghe riunioni notturne per scegliere il complesso da assoldare. 

Però bisognava anche ideare anche qualche altro interesse per attirare gente. Un anno era stata la caccia al tesoro, che aveva avuto un certo successo, essendo modestamente anche io tra gli organizzatori, ma il top fu raggiunto quell'anno in cui si decise di fare l'albero della cuccagna. Era cosa che non si era mai vista neppure nei paesi vicini, se ne aveva contezza solamente letteraria, per cui, volendo fare le cose in grande, i responsabili dell'idea, la presero larga. Tutto si svolse in segreto e solo sulla locandina esposta in giro per il paese campeggiava bene in vista a caratteri grossi, tra I Quattro Assi che si sarebbero esibiti il sabato sera e Rossana Roy, gran botta finale per la chiusura di domenica, la scritta Albero della Cuccagna con ricchi premi. Le varie compagnie del paese erano già in subbuglio da una settimana, da quando era trapelata la notizia e ognuno preparava strategie per i propri uomini migliori. Poiché si trattava di una novità assoluta, tutti dicevano la loro in base a quanto si supponeva dalle varie letture e conoscenze, tuttavia era chiaro che le possibilità di successo erano legate alla forza ed alla prestanza fisica di chi si sarebbe lanciato nell'impresa, ragion per cui ogni gruppetto aveva dato mandato al proprio uomo migliore di misurarsi nell'agone. 

Il nostro aveva una muscolatura di tutto rispetto, alla Steve Reeves, un palestrato dell'epoca che voi non avrete probabilmente mai sentito nominare, ma che allora faceva tendenza. Riusciva con facilità a mettersi in orizzontale sul bordo della panchina appoggiandosi solo sugli avambracci, tra l'ammirazione delle fanciulle a cui l'esibizione della forza ha sempre fatto sangue ed a scuola si diceva salisse la corda con le gambe a squadra, non so se mi spiego. Nel primo pomeriggio della domenica cominciò l'erezione dell'attrezzo. Era stato scovato in una falegnameria un palo sorprendentemente lungo, almeno una decina di metri o più, ma forse mi tradisce nel ricordo il fatto che ero un ragazzotto, a cui tutto pareva sproporzionato ed immenso, che con una certa perizia fu infisso nel terreno in una buca profonda preparata il giorno prima. Con le norme di sicurezza attuali sarebbero andati subito tutti in galera, ma allora se uno si faceva male la responsabilità era giustamente la sua. In cima aveva appesa una ruota di bicicletta con attaccati diversi pacchi, tra cui troneggiava un gigantesco salame di almeno due bei chili. Evidentemente, poiché si temeva che l'impresa fosse troppo semplice, gli oganizzatori passarono una buona mezz'ora a spalmare di grasso e sapone il palo, prima di innalzarlo. 

Quando si aprirono le danze, si era già ammassata una certa folla tutto attorno, diciamo che quasi tutto il paese era riunito per la novità, a faccia in su a commentare, come fanno normalmente gli italiani, esperti di ogni cosa. Ognuno infatti dava ricette certe di cosa bisognasse fare per scalare con facilità il palo, soprattutto coloro che non si sarebbero misurati nel gioco e molti guardavano con condiscendenza i giovani che si preparavano alla facile impresa. Alla fine cominciò l'assalto. I primi giovanotti robusti che si lanciarono nella salita tra gli incitamenti di amici ed i gridolini ammirati delle ragazze, riuscirono a malapena ad aggrapparsi al palo e già il primo tentativo di issarsi di almeno un metro, fallì miseramente tra l'ilarità generale. Il palo era stato reso così scivoloso dall'apposizione di almeno un dito di sugna o altri materiali del genere che risultò subito chiaro che la cosa non sarebbe stata poi così facile. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, si cominciò a discutere sulle strategie da attuare. Qualcuno si cambiò i pantaloni mettendosene un paio particolarmente spesso e ruvido, qualche altro intanto studiava come cambiare la presa delle mani o la postura delle gambe che non riuscivano a mantenersi ferme sul palo per fare forza nell'issaggio successivo. 

Per un'oretta la cosa andò avanti con continui tentativi abortiti sul nascere, finché un certo scoramento cominciò a serpeggiare tra gli stessi organizzatori. I commentatori che avevano previsto tutto  e criticato la semplicità eccessiva del cimento, subito passarono all'opposizione criticando chi aveva studiato la cosa e l'aveva resa impossibile da portare a termine. Ognuno spiegava come fosse ovvio che era stato sparso troppo grasso o che il palo fosse troppo alto e che la cosa non poteva essere conclusa in alcun modo. Il consiglio direttivo, preoccupato di fare brutta figura emise subito un comunicato in cui si confermava che la salita a questo punto poteva essere tentata con qualunque mezzo, mentre all'inizio, credendola troppo facile, erano stati messi tutta una serie di distinguo e divieti. Intanto a forza di tentativi falliti, per lo meno la parte inferiore del palo era stata ripulita della parte in eccesso del materiale scivoloso e quanto meno i primi metri erano più agibili. Il nostro campione, dopo essersi a lungo concentrato, tra l'ovazione della folla ed aiutato dagli amici ad issarsi, cominciando da più in alto possibile, cominciò la salita. I primi metri passarono, anche se con un certo sforzo, poi cominciò il calvario. 

Il tentativo di  guadagnare terreno costava sforzi immani mentre con le gambe avvinte al palo per mantenere la posizione, le braccia cercavano di guadagnare qualche centimetro alla volta. Poi afferrato più in alto si cercava disperatamente di far salire il resto del corpo fino alla nuova posizione di sosta. Man mano che saliva  dove non era ancora arrivato nessuno, il palo risultava ancora molto viscido e lo sforzo necessario per rimanervi attaccato sempre più grande. L'amico aveva il collo gonfio, le vene pulsanti e la faccia tesa. I muscoli delle braccia sembravano scoppiare mentre la folla se ne stava a testa in su a bocca aperta. Qualcuno incitava a mettercela tutta, le ragazze rimanevano mute e rapite dal gesto generoso e di certo maturavano segrete scariche ormonali, mentre i soliti satutto, gridavano consigli fondamentali su come procedere, ognuno in contraddizione con l'altro naturalmente. Quando arrivò a tre quarti della salita, fu chiaro che le energie erano state quasi tutte spese. Rimase lì per un po' abbarbicato, immobile senza cedere, consapevole e già vinto irrimediabilmente mentre tutti lo incitavano a proseguire, poi la presa cedette e comincò a scivolare, dapprima con lentezza millimetrica poi sempre più in fretta terminando ingloriosamente ai piedi del palo tra gli oh di delusione generale. 

Tornò tra noi deluso e mortificato più nel morale che nel fisico, anche se mostrava vistose scorticature sulle gambe, che la discesa rude gli aveva provocato, ferite che tuttavia gli avrebbero dato maggiore appeal tra il gentil sesso ammirato da tanto coraggio. Insomma non se ne usciva. Dopo un altro po' di tentativi infrttuosi, alcuni dei quali astutamente corredati da stracci per pulire l'untume del palo, ormai tutto era ammesso, il gruppo dei ragazzi più grandi costituì una sorta di piramide umana che consentì al loro uomo di cominciare la salita più in alto, evitandosi quasi la metà della fatica. Infine un certo Poggio riuscì a raggiungere la cima e per acclamazione gli furono aggiudicati tuttii premi, temendo che nessun altro sarebbe riuscito nuovamente nell'impresa, considerando anche il fatto che ormai erano le sei e si dovevano posizionare i tavolini per la serata danzante. L'anno dopo l'idea non fu più ripresa e tutto finì nel dimenticatoio. Le ragazze avevano occhi solo più per i ballerini di rock'nd roll che si esibivano al ritmo di bimbabulula bulambembù.


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