venerdì 13 luglio 2018

Etiopia 24 - Nel regno dei Konso


La capanna comune Maqana



Terrazzamenti Konso
La valle dell'Omo è una continua sorpresa. Il paesaggio cambia continuamente, pur mantenendo una caratteristica selvatica di fondo. Man mano che ci si sposta verso est, in un territorio più collinoso, si nota subito la maggior frequenza di piogge, tutto è molto più verde, i bordi dei rilievi sono sempre ricoperti di boscaglia fitta o di vere e proprie foreste. Aumenta la presenza dei campi coltivati, anzi da un certo punto in poi, man mano che si procede verso Arba Minch, appaiono le prime pronunciate e diffuse tracce di terrazzamenti, anche se molti di questi rappresentano soltanto più una pratica che si va perdendo. Siamo nella terra dei Konso, un'etnia arrivata in quest'area circa mille anni fa e che vi ha costituito un regno di grande importanza, rimasto indipendente fino alla fine dell'800, epoca in cui venne inglobato dall'impero etiope. Oggi sono circa 300.000 suddivisi in nove clan esogamici per una cinquantina di villaggi, che sono vere e proprie città. Appena arrivato in uno di questi, Gamole, in cui vivono almeno 8000 persone capisci subito che qui c'è un deciso salto di qualità rispetto alle altre tribù dell'Omo, checché se ne dica, al confronto ancora decisamente selvatiche e primitive. I Konso hanno creato qui una società piuttosto evoluta e complessa, organizzandosi in una vera e propria nazione con regole e leggi precise. Principalmente provetti agricoltori, coltivano da un millennio tutto questo difficile e aspro territorio, appunto col metodo dei terrazzamenti, creati in maniera piuttosto sofisticata, con l'utilizzo di particolari pendenze verso monte per non disperdere le piogge e canalizzazioni complesse per irregimentare le acque pluviali. 

Il palo
Ma la cosa più straordinaria è costituita dai villaggi, vere e proprie città, cinte da mura concentriche in pietra, dette kanta, comprendenti fino a tre o più livelli, all'interno delle quali si sviluppano le costruzioni dei vari clan e per successive suddivisioni sempre recintate da muretti di pietra a secco, le abitazioni delle singole famiglie, che comprendono ampie costruzioni di legno coi tetti di paglia, magazzini e recinti per li animali. Gli ingressi ad ogni recinzione sono costituiti da grandi tronchi di legno incastrati tra le rocce del monte. Visitare uno di questi borghi, che sono stati anche classificati tra i siti Unesco, è molto emozionante. Si procede, accompagnati da un membro del villaggio, risalendo la collina per linee circolari dopo essere penetrati nella prima cinta muraria, alta e potente di nere pietre basaltiche. Lungo lo stretto sentiero puoi vedere le aperture che danno sulle corti delle varie famiglie, sempre circondati da alberi, tra i quali non può mancare la moringa (m. oleifera), una pianta miracolosa dalle cui parti, foglie, frutti, cortecce, radici, si ricavano essenze, paste, cataplasmi e medicamenti dalle proprietà taumaturgiche strepitose, almeno così te la raccontano. Sul culmine delle capanne, il cui tetto va rifatto ogni trenta anni circa, c'è sempre un grande vaso di terracotta che sigilla l'apertura sommitale e la cui forma sempre diversa identifica la famiglia che ci abita. In queste case vivono donne bambini e anziani, mentre gli uomini, oltre i 14 anni, che pure trascorrono qui la giornata quando non sono al lavoro, vanno a dormire in una grande casa comune, la maqana, costruita su grandi tronchi di legno, che funge da luogo di riunione per il consiglio di clan, dove si prendono le decisioni comuni. 

Bimbi di Gamole
Anche questa è una consuetudine comune a molti popoli sparsi per il mondo. I sentieri che salgono verso la cima del colle per raggiungere l'ultima cinta, che risale al 1200, sono stretti e tortuosi per impedire agli eventuali assalitori di avere vita facile. Camminare tra queste imponenti barriere di pietra nera dà sensazioni antiche, richiama culture distanti, il sudamerica, i luoghi nuragici, le mura ciclopiche di Tirinto, le tante barriere costruite a difesa dell'indifendibile. Mentre tra le tribù del sud senti netta l'impossibilità di calcolare il tempo, qui hai invece il senso della storia, degli anni, dei secoli recenti, dei racconti di battaglie e storie di grandezze passate. Qui i re sono ereditari e quello attuale è giovane e laureato in economia, mentre i capi clan vengono eletti ogni 18 anni. In una piazzetta tra le case c'è un altissimo palo, formato da altri pali, costituiti da sottili tronchi di conifere, legati assieme. Ad ogni elezione se ne aggiunge uno e in questo obelisco di legno puoi leggere la storia del paese. Siamo nel cosiddetto mora, dove si svolgono i giudizi, le cerimonie e anche molte altre parti della vita comune. In fondo allo spiazzo stanno, come abbandonate, una serie di pietre rotonde di varie dimensioni. Questa è una tradizione che avevo già trovato, oltre 40 anni fa in una tribù del Karnataka nel sud dell'India, i Toda. Infatti i massi vengono utilizzati per misurare la forza fisica dei giovani e solo chi è in grado di sollevarne uno e scagliarlo oltre la sua testa dietro di sé può chiedere una ragazza in sposa. 

Sollevare la pietra
Le pietre più piccole servono come allenamento. Ovviamente mi cimento subito nella prova, anche se è inutile dire che non riesco neanche ad alzarne una, neppure tra le più piccole, fino al ginocchio. Insomma se ce la fai sei giudicato abbastanza forte da avere una famiglia e vai a cercarti la moglie, se no ripassa un'altra volta. Per fortuna io ho già dato. Invece presso i Toda, la cerimonia aveva una variante. Il giovane chiedeva la mano di una fanciulla, la quale indicava la pietra da sollevare, va da sé che essendocene di diverse dimensioni la scelta della grossezza faceva capire con facilità il gradimento o meno della ragazza. Paese che vai. Più difficili da vedere sono invece i waka, totem di un paio di metri in legno con inquietanti occhi bianchi ricavati dal guscio delle uova di struzzo, che vengono posti sulle tombe dei guerrieri più famosi del clan. I più belli sono stati razziati dai collezionisti e sparsi nei vari musei etnografici. In giro per il villaggio c'è poca gente, come sempre di giorno sono quasi tutti in giro per i campi o al mercato. Solo qualche anziana donna o qualche vecchio che tesse pezze di stoffa colorate di cotone su piccoli telai artigianali. Al fondo del paese un gruppetto di ragazzini che offrono il frutto della loro inventiva, piccoli giocattoli costruiti in balsa e midollo di sorgo: automobiline ed in particolare quadretti che simulano uno schermo televisivo dietro al quale attraverso la rotazione di perni puoi fare scorrere una striscia di carta arrotolata con fumetti che raccontano la bellezza della loro terra, animali, uomini e fiori. I ragazzini non sono insistenti e i 30 birr richiesti valgono da soli l'idea. Poi riprendiamo la strada verso nord.



Gamole


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