domenica 29 luglio 2018

Etiopia 37 - Il lago Tana


Il coro dei monaci nella chiesa della Vergine Maria
 
Le isole del lago
Dopo gli Oki di ieri sembra che Lalo sia migliorato un po', comunque lo spediamo al dispensario per accertare se ha la malaria, che mi sembra che l'occhio sia ancora piuttosto appannato. Intanto la giornata si dispiega bellissima ed il cielo è terso e senza una nube all'orizzonte. Un barchino, potenza dell'organizzazione, ci aspetta sulle rive del lago, davvero grandissimo, il cui panorama si apre non appena sei al di là dei giardini che costeggiano il viale davanti al nostro albergo. Non siamo lontani dall'area, appena al di fuori della città, in cui esce il suo unico emissario, un piccolo corso d'acqua del quale non potresti mai prevedere il suo futuro di fiume tra i più lunghi e soprattutto importanti, per la storia dei paesi che attraversa, del mondo. Qui c'è l'inizio del Nilo azzurro, che sorge proprio da queste rive piatte e ricoperte di canneti, da tanti affannosamente cercato e che da qui comincia il suo amplissimo percorso, con il suo procedere in cerchio per oltre 1600 chilometri dapprima verso sud, poi continuando a girare fino a trovare la sua strada verso nord, unico tra i grandi fiumi al mondo, per arrivare a congiungersi nella lontana Kartum con il Nilo Bianco per formare il colosso che procedendo rettilineo raggiungerà il lontano Mediterraneo. Di certo una entità storico geografica così importante da non lasciare indifferenti, ma di cui vi parlerò ancora più avanti. Oggi invece la giornata è dedicata a questo bellissimo lago, dalle acque apparentemente tranquille ed agli interessi che nasconde.

Imbarcazioni di papiro
La nostra barca procede lentamente dapprima verso un'ansa nascosta dietro un piccolo promontorio, appena fuori città. Incrociamo barchette leggere di papiro, sulle quali i pescatori si avventurano al largo pagaiando con vigore. Il prodotto delle loro fatiche lo abbiamo già visto prima di imbarcarci, su miseri banchi davanti alla strada, piccoli pesci di lago che qualcuno compra e avvolti in un cartoccio di giornale, mette in sacchetti di plastica, prima di andarsene a casa. Dopo il promontorio, l'acqua è ancora più calma e non si vedono più barche. La superficie azzurra è quasi uno specchio, lontani sulle rive, aironi bianchi si stirano tra le canne immobili. Poi, guardando attentamente e non senza le opportune indicazioni del barcaiolo, noti sull'acqua, aguzzandola vista, le narici di alcuni ippopotami che emergono aperte, aspirando aria. Avvicinandosi un poco, scorgi anche il resto del capo, con gli occhi sporgenti e le orecchie a sventola. Questi sembrano ancora più pigri di quelli precedenti visti, sarà che siamo di prima mattina e dopo aver trascorsola notte a mangiare sulla riva, in pratica stanno riposando nell'acqua, oppure è proprio che manca la voglia di fare il proprio dovere mostrandola bocca spalancata ai turisti di passaggio, fatto sta che giriamo alla larga puntando verso le due isolette lontane, in direzione del centro del lago.

Ippopotamo
Dopo una mezz'oretta di rotta, doppiamo la prima, sulla cima della quale si nota il tetto di un antico monastero, puntando direttamente all'approdo della seconda che nasconde tra gli alberi di una boscaglia fitta che la ricopre completamente, una delle gemme più preziose dell'Etiopia, il monastero e la chiesa della Vergine Maria. Ci avviciniamo con cautela al piccolo molo di pietre sconnesse che conduce ad un sentiero che procede verso l'interno dell'isola. Qui, di turisti ne arrivano, perché la fila di bancarelle che offrono ai fedeli oggettistica religiosa, candele, scialli, catene, e libri di preghiere, contengono anche un florilegio dei classici souvenir, tra cui le famose croci ortodosse di legno o di metallo che ogni credente porta sempre appesa al collo, in varie pezzature e dimensioni. Qualcuno offre il caffè o frutta, forse per lenire la fatica del penitente che sale, dato che il luogo è molto frequentato dai pellegrini che vengono in preghiera a questo santuario antico e famoso. Il sentiero risale leggermente la collinetta che conduce al centro dell'isola e noti frequenti aree recintate con coltivazioni a orti, vigne e frutteti, evidentemente ad uso dei monaci che vivono qui. Arriviamo alfine ad una porta istoriata in legno che consente l'accesso ad un largo recinto che racchiude il monastero. Dalle forme esterne, dalla consunzione delle travi, dalla corrosione delle coperture vedi il peso del tempo e dei secoli che hanno visto innumerevoli piedi attraversare questa soglia consumata ed ormai avvallata dal calpestio.

La Chiesa
Al di là dell'ingresso, alcune costruzioni in legno, non più che capanne di grandi dimensioni, racchiudono le case dei monaci, i magazzini ed altri edifici di utilità. Un trespolo di legni consunti reggono due enormi pietre piatte, appese a corde robuste. I martelli abbandonati alla base, le qualificano per quello che è il loro reale uso, Sono le campane che scandiscono i tempi delle cerimonie. Su una panca malandata addossata allo steccato tre monaci male in arnese, chiacchierano tra di loro appoggiati ai lunghi bastoni da preghiera, attrezzo indispensabile all'attività religiosa per dare maggiore enfasi alle preci che durante le cerimonie vengono lanciate tra canti e grida, verso il cielo. Al centro, dominante tra le altre costruzioni più misere un grande edificio circolare, eretto su una base di gradini di pietra rotonda a sei ordini, col tetto nuovo rifatto da poco, la cui parete esterna è costituita da una cerchia di cannicciato leggero che nasconde la struttura interna. Sul colmo del tetto un cerchio di metallo attorno al quale sono appese otto uova di struzzo simbolo di inizio e di nascita. E' la chiesa della Vergine Maria che risale al XIV secolo. Entri attraverso una stretta apertura per ritrovarti in un corridoio che circonda l'edificio interno quadrato in muratura che racchiude l'impenetrabile Sancta Sanctorum, dove può accedere soltanto la gerarchia più alta del clero, mentre nel corridoio lo spazio è dedicato ai fedeli in preghiera. 

L'ambiente è piuttosto scuro, ma la luce che penetra dall'alto, nello spazio lasciato libero tra il muro di legno esterno ed il tetto, illumina uno spettacolo che lascia senza fiato. Tutte le pareti dell'edificio interno sono completamente affrescate di dipinti che risalgono, in tre epoche diverse, al periodo di costruzione della chiesa. I colori sono ancora vivacissimi e lo stile particolare delle opere, che raccontano le storie dei Vangeli e della vita di Maria, sono uno straordinario racconto dai toni naif che incanta lo spettatore. Mentre rimango immobile a guardare i mille volti dai grandi occhi di uomini, donne, angeli e demoni che mi fissano dalle pareti, dalla parte opposta del corridoio, si leva improvviso, un canto corale forte e deciso, un insieme di voci potenti a creare, se ancora ce ne fosse bisogno, una atmosfera mistica e quasi soprannaturale. Proseguo nel corridoio e dopo l'angolo, ecco apparire, seminascosti nell'ombra, un gruppo di religiosi in piedi, appoggiati ai loro bastoni che levano la loro preghiera verso il centro della chiesa. Sembrano statue avvolte in lunghi mantelli bianchi o dai colori leggeri, quasi tutti con grandi turbanti, qualcuno a prendere ispirazione da grandi libri tenuti sulle mani o appoggiati a leggii antichi. C'è una atmosfera di sacralità assolutamente straordinaria, cerco di farmi piccolo piccolo per non turbare la cerimonia, che continua a dipanarsi in altri canti e successive riprese. I monaci non sembrano far caso a me, anzi tengono gli occhi semichiusi quasi in una sorta di trance. Al mio fianco le figure sui muri sono così simili a loro che nella penombra quasi li confonderesti. 

Mi sposto nell'altro quarto di corridoio, seguito dal sottofondo del canto rimanendo incantato davanti alle storie dei miracoli di Gesù Bambino, tratte dai tanti Vangeli apocrifi, che qui hanno dignità piena, in questa chiesa antica, rimasta così vicina a quella delle origini. I racconti me li illustra, quadro dopo quadro, un giovane monaco dal cappello nero e la barbetta ispida accompagnandomi verso l'uscita. Davvero una esperienza coinvolgente. Ritornando lungo il sentiero, la solitudine del luogo, ti spinge alla mediazione, al pensiero di quanti piedi nudi hanno calpestato queste orme di fede. Così il movimento interno che senti sorgere dentro di te, lo puoi pensare a tutta prima come un turbamento interiore, provocato da questo spettacolo così poco usuale ai tuoi schemi mentali ed invece quando ti accorgi che non è altro che il malefico smottamento peristaltico che prima o poi ti colpisce al solito durante le tue peregrinazioni, che sia la maledizione di Tutankamon o di Montezuma a seconda di dove ti trovi, qui sarà forse la vendetta di Menelik, fatto sta che ti guardi attorno come al solito, disperato alla ricerca di una soluzione alternativa, urgentissima ed improcrastinabile, comprendendo subito di non potere resistere più oltre, cercando di correre ad un riparo impossibile. Poi alla disperata, non trovi altra soluzione che scavalcare una staccionata più bassa, schivando capre fastidiose e celarti dietro due filari di vigna, forse destinati alla produzione del vino per i monaci, Dio non voglia, forse per usi più sacri, ma si sa al cuore non si comanda e giunta la pace dei sensi e la liberazione dai mali, puoi ricacciare i sensi di colpa e rientrare sulla traccia del ritorno, fingendo una pace interiore per poco perduta.

L'ingresso al monastero


Affreschi con storie della Vergine
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