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La regina dell'altopiano - Adrar - Mauritania - febbraio 2025 |
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Altopiano di Adrar |
La colazione negli alberghetti ai margini del deserto, sono riti che ricordano certi film che raccontano storie di gente in fuga dal mondo che cercano solamente di essere dimenticati. C'è sempre un silenzio tranquillo, in giro non ci sono generalmente altri avventori, sembri un viaggiatore passato di qui per caso a cui nessuno chiede dove va né da dove viene. Il ragazzo porta il vassoio e se ne va via quasi di corsa. con un sorriso trattenuto quasi avesse paura di essere contaminato da un occidente estraneo al mondo delle sabbie. Non c'è mai folla nel deserto e la baguette crocchia ancor di più nel silenzio ombroso del piccolo patio un po' sbocconcellato con gli spigoli fatti con piastrelle di scarto. Per terra anche dove appare pulito senti sempre un po' di sabbia che, vuoi o no, finisce sempre negli angoli a ricordarti, se mai te lo fossi dimenticato, che qui siamo nel Sahara e tu devi cercare la tua pista, che ti porti a raggiungere la prossima oasi. Oggi dobbiamo andare a Ouadane, una antica città carovaniera a circa 180 km in direzione del Mali e questa era l'inizio di quella pista che attraversava longitudinalmente tutto il Sahara per arrivare alla Mecca, un pellegrinaggio che ogni buon musulmano doveva fare anche nei tempi passati, non importa se questo viaggio durava un anno o più. Noi intanto, che dobbiamo fermarci prima, passiamo nuovamente dal mercato prima di partire; Ahmed prende qualche baguette di formato grande, casomai durante il viaggio venisse fame, penso io e poi usciamo dalla città di buon passo, almeno fino a quando durerà l'asfalto.
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Incontri |
Dopo quattro o cinque chilometri, lasciamo a sinistra la strada che prosegue verso il Marocco e procediamo diritti verso il nulla. Subito dopo il posto di blocco, queste strade sono tutte presidiatissime, un pastore, un po' male in arnese, ci fa cenno per un passaggio e procediamo prontamente a caricarlo, anche se si avverte distintamente che sono molti giorni che non è stato a contatto con l'acqua, ma solo con il suo gregge, d'altra parte questo è il deserto, non è che dappertutto trovi bagni e docce a disposizione dei viaggiatori erranti. Dopo pochi altri chilometri compare una tenda bianca, lontana sul bordo della pista e lo lasciamo lì. Lui, ci ringrazia con un cenno della mano, gratificandoci con un largo sorriso senza denti e poi si avvia lento, con passo costante, appoggiandosi al bastone che non molla mai, quello che l0o accompagna da sempre evidentemente nelle sue peregrinazioni. Le sue capre sono sparse in un area piuttosto vasta, ma non danno cenno di voler agognare alla libertà ed al vederlo emettono solamente belati un po' spenti e senza particolare entusiasmo. Due cammelli solitari strappano radi fili d'erba tra le pietre e non alzano neppure il muso per salutarlo. Noi allora proseguiamo veloci, la pista rimane piuttosto bella e la tole ondulè, il fastidio più grosso delle piste ghiaiose, con quegli avvallamenti paralleli che si formano al continuo passaggio delle auto e, se non si tiene una velocità fissa che consenta alle gomme di sfiorare solamente la parte superiore degli avvallamenti, risulta estremamente antipatica per la guida.
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Il forte francese |
E' una delle costanti della guida nel deserto che tuttavia, non rappresenta certo un problema che chi vi è abituato e il nostro Brahim non sembra avvedersene. Poi la strada sale decisa verso la montagna che si alza davanti a noi nella direzione di un maestoso plateau di roccia color ocra scuro di cui, dal basso si intravede solamente la linea piatta del margine superiore. La pista procede lungo una faglia di spaccatura che si insinua nel bordo della montagna. Più avanti la valle si allarga ulteriormente ed il paesaggio diventa maestoso, con pareti di roccia in cui le erosioni hanno disegnato uno spettacolo imponente. Gli strati si susseguono, alti pinnacoli si alternano a grandi massi tondeggianti. Si vedono perfettamente orizzontali. gli strati dei depositi che i milioni di anni hanno lasciato gli uni sugli altri facendo crescere il suolo di centinaia di metri. Le parti alte della montagna erose con forza, mostrano invece pareti quasi verticali, dalle quali sono cadute già ogni tipo di pietre smosse, dalla metà in giù invece, lo sfasciume dell'erosione ha provocato una conica di deiezioni che arriva fino al fondo della valle. Le pareti in alcuni casi sembrano quasi muraglie, erette a bella posta da antichi giganti, con blocchi squadrati artificialmente, tanto la geologia delle fratture li ha resi regolari alla vista. Il gioco della luce del sole forte che le illumina provoca contrasti potenti specialmente negli anfratti che rimangono in ombra, coperti da un buio che appare quasi misterioso.
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Il cañon |
Capisci chiaramente che al variare delle ore del giorno il gioco della luce cambierà continuamente le tinte di questi contrafforti giganteschi che si alternano tutto attorno come quinte di un teatro pronto a presentare uno spettacolo unico nel suo genere. Lontano, quasi nella valle che ci siamo lasciati alle spalle, le rovine di un vecchio fortilizio, forse francese, segnano il punto dove un tempo la pista deviava, forse per facilitare il cammino, adesso reso più spedito dalla carrozzabile che si inerpica, ripida, verso il colle, che si raggiunge dopo alcuni tourniquet, mentre i bordi della valle si ravvicinano sempre di più fino a scomparire definitivamente. Abbiamo superato il passo di Ebnou e raggiunto il lato della roccia decisamente più scura, quasi nera, che si scheggia in larghe lastre piatte, scisti basaltici che antiche eruzioni hanno formato milioni di anni fa. Devo dire che il luogo è molto fotogenico, probabilmente lo sarebbe ancora di più se ci fossimo passati all'alba o al tramonto. Intanto siamo arrivati ad una zona che si allunga sul bordo del cañon. Una segnalazione conduce ad un sentiero laterale che ci fa procedere fino ad una sopraelevazione circondata da avvallamenti e formazioni rocciose tondeggianti e levigate dal passaggio della sabbia, che infatti si è accumulata attorno ad esse. È una serie interminabile di passaggi dove ci si può infilare agevolmente come in una foresta di pietra. un labirinto nel quale ci si perde subito, camminando a fatica, coi piedi che affondano nella sabbia molle, che nel frattempo che tenti di procedere si infila fastidiosamente nella scarpa, tanto per levarti un po' del piacere di goderti il posto.
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Turisti |
I passaggi si fanno più stretti e si incuneano sotto le rocce più alte formando caverne e anfratti ed ecco che lungo le pareti compaiono i primi graffiti, che raccontano storie di animali, di uomini in caccia, di una terra diversa da quella che si stende oggi davanti ai nostri occhi, ma che era evidentemente ancora verde e ricca di vita, dove tribù di ominidi trovavano di che sfamarsi senza troppi problemi. Uscendo dal labirinto sali su una specie di superficie piatta e nera, solida e senza spaccature con massi isolati qua e là. Qualche altro visitatore si aggira qui intorno, ci sono altre due macchine vicino alla nostra, da una è scesa una ragazza bellissima che viaggia da sola. E' avvolta da una grande stoffa dorata, bordata di nero che tutta la avvolge e che il vento gonfia fino a formare immagini che solo un artista saprebbe inventarsi. Sale sui vari punti di elevazione e l'autista continua a scattarle una serie infinita di foto, mentre scruta sognate l'orizzonte lontano oppure si ripara dal vento teso che, malizioso, vuole scoprirle i capelli. E' nerissima, letteralmente coperta di monili d'oro, piuttosto importanti; le dita sono impegnate da una serie di anelli che quasi completamente ricoprono la sua mano; grandi orecchini cerchiati arricchiscono i lobi, gli avambracci e il dorso delle mani, almeno quello che lascia vedere, ricoperte di tatuaggi tradizionali. Una modella che non ti stupirebbe ritrovare sulla copertina di qualche rivista patinata. Si chiama Aisha e viene dal Camerun. Evidentemente a mezzi, gira qua e là per conoscere l'Africa, stupita che pochi apprezzino questo tipo di bellezza selvatica e maestosa. L'assicuro che siamo in molti ad apprezzare queste cose, solo che è più difficile per noi percorrere questi itinerari lontani.
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Giraffa |
Ci invita a visitare il Camerun che assicura essere una terra bellissima dove il turismo è quasi assente, poi sorride in maniera disarmante e mi saluta con un cenno della mano, risalendo sulla sua Toyota come una regina di un antico regno ormai perduto che svanisce tra le rocce. Ci spostiamo più avanti dove altre rocce a forma di dolmen contengono altri segnali di presenza umana, infatti sotto le rocce più basse, ci sono tracce dove si riunivano gruppi tribali per discutere e dirimere controversie. Sotto, nella parte più tenera delle rocce, i segni incavati per segnalare l'importanza dei convenuti. Ci spostiamo di qualche chilometro su un pianoro ciottoloso e lastricato di rocce nere e piatte, fino al sito rupestre di Agrour, dove salendo un rilievo lungo un sentiero contorto si arriva ad una serie di grotte ricchissime di graffiti e disegni molto più visibili e riconoscibili, giraffe, bovini dalle grandi corna, ippopotami e poi uomini che ballano in file e anche agricoltori, chini sulla terra con le zappe in mano, segno di una cultura decisamente più evoluta e recente. Un vecchio è seduto a terra lì sotto e non si fa pregare per mostrare le immagini più interessanti, indicandole ad una ad una e spiegandone le più incerte da interpretare. Sparsi intorno i tanti pezzi neolitici ritrovati nell'insediamento, macine, pietre da scheggiare ed altre lavorate ed inoltre un po' di punte di freccia che evidentemente il vecchio trova intorno al sito senza troppe difficoltà e che offre al buon cuore di chi arriva fin quassù. Non mi faccio pregare naturalmente, poi ce ne andiamo verso Ouadane che è ancora lontana, anche se il tempo nel deserto non è poi così importante.
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Agrour Amojar |
SURVIVAL KIT
Sito di Agrour Amojar - A circa 30 km da Atar superato il passo di Ebnou. Mostra una serie di interessanti graffiti risalenti a periodi tra i 3000 e i 10.000 anni. Ingresso 80 UM. Contate almeno un'oretta perché il sito è interessante anche per il panorama circostante e l'ambiente che lo circonda.
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Dolmen
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Strati di lava basaltica |
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