Dine di Tanouchert - Mauritania - febbraio 2025 |
Lasciamo Ouadane la mattina presto. Questa volta non andiamo neppure a cercare la pista dalla quale siamo arrivati, ma puntiamo decisamente verso sud ovest, seguendo tracce di pneumatici nella sabbia. Mi hanno detto che queste tracce possono essere spesso ingannevoli. Tu le segui pensando che in fondo stai percorrendo una strada appena seguita da qualcuno prima di te e invece il deserto è traditore, come bastano pochi minuti per cancellare le tracce di chi ti ha preceduto la sera prima, così possono passare anni senza che un vento mendace sposti le sabbie e quindi il segno sicuro di chi ti ha preceduto può non essere altro che l'ennesima menzogna e segnala solamente che di lì qualcuno è passato, magari dieci anni fa e da allora nessun altro si è avventurato in quella strada che non porta da nessuna parte. Sarà, certo sembra di andare così alla cieca. Il cofano dell'auto ondeggia un po' a destra, un po' a sinistra e non è chiaro quale sia la direzione giusta da prendere. Inoltre dopo un poco le tracce scompaiono completamente. Davanti a noi solamente un orizzonte infinito senza segnali di riferimento con lievi ondulazioni che poi, a poco a poco, crescono fino a diventare dune imponenti di diverse decine di metri, tra le quali la macchina vaga in cerca di una direzione. Non è un bel sentire, così, facendo finta di niente domando come faccia il nostro Brahim a orizzontarsi nella ricerca della strada.
Il mio tono mendace si svela da solo e anche se apparentemente non mostra alcun dubbio che il nostro Caronte non sappia perfettamente quello che sta facendo, Ahmed sembra capire al volo le mie titubanze e mi rincuora tassativamente. La direzione è perfettamente corretta, tranquillo, non corriamo il minimo rischio di perderci nel nulla. Anche Brahim ridacchia annuendo col testone avvolto nel suo chèche e prosegue nelle evoluzioni a cui le pendenze delle dune lo costringono. Certo che essendo tranquilli e fiduciosi nella propria guida, è un vero divertimento procedere in questo territorio dall'aspetto emozionante. Bisogna soprattutto fidarsi, tranquilli e mettersi nelle mani del proprio cammelliere di fiducia e prima o poi arrivi. Procediamo sempre più lentamente, il terreno sembra farsi ad ogni metro più morbido sotto di noi e le curve e controcurve che stiamo prendendo, man mano che procediamo, non sono dovute alla ricerca della strada, come potrebbe sembrare di primo acchito, ma semplicemente dal fatto che bisogna porre la massima attenzione a non rimanere impantanati nei banchi più soffici e profondi. Bisogna guardare avanti con vigile attenzione, i punti più infidi sono dati da sfumature più chiare del terreno, quasi ci trovassimo in un dedalo di pozze fangose in attesa di carpirti con le loro poltiglie mobili che cercano di inghiottirti a causa proprio del tuo peso.
Alla fine ci fermiamo e procediamo alla classica operazione di sgonfiatura delle gomme che tutti gli amanti delle traversate sahariane conoscono bene. Bisogna diminuire la pressione degli pneumatici in modo che la superficie a contatto col terreno aumenti garantendo una maggiore presa. le quattro ruote motrici poi, fanno il resto. Infatti riprendiamo subito la nostra marcia senza problemi. La sabbia adesso è oro puro e il taglio arcuato delle sommità di ogni duna sembra tracciato con un gigantesco compasso. Non tira un alito di vento ed i granelli di sabbia paiono come sospesi in bilico sulla parte ripida delle dune senza dare la minima sensazione di aver l'intenzione di cadere verso il basso. Forse solo le tracce di una qualche lucertola segnano la superficie o il passaggio di uno scorpione in cerca di calore durante le notti fresche, pare infatti che queste si patiche bestiole, amino particolarmente rifugiarsi negli scarponi lasciati all'aperto delle tende. In effetti il deserto anche se appare tale, poi proprio deserto non è. La Toyota procede veloce, saltando da un avvallamento all'altro e dopo un paio di orette di questa divertentissima gimkana, vediamo spuntare ciuffi di palme che appaiono come semisepolte dalle gobbe di sabbia che le circondano.
E' Tanouchert un'oasi morente circondata dall'assalto delle dune che sembrano arrivare da ogni parte come onde di un oceano in tempesta nel tentativo di seppellirla definitivamente. Ci abitano solamente un paio di centinaia di famiglie, principalmente di anziani, mentre i giovani se ne sono andati tutti verso la città, che mantengono questo avamposto nel deserto che sta per scomparire. Per la verità sul bordo dell'oasi, qualcuno ha fatto qualche tentativo per resistere, alla maniera antica; si fanno grandi buche nella sabbia sul fondo delle quali vengono trapiantate talee di palme da dattero, bagnate con quel poco che rimane dell'acqua dei pozzi che l'oasi mantiene nella sua parte più bassa. Attorno vengono erette barriere parallele di foglie secche degli stessi palmizi a formare una sorta di griglia nella quale la sabbia quasi si sperde nel suo avanzare sospinta del vento, rimanendo come incagliata negli angoli morti. Ma il lavoro appare improbo quando non decisamente velleitario. Toppo pochi sono quelli che si dedicano a questo eroismo resistente. Il deserto non se ne cura più di tanto, il tempo è dalla sua, sa aspettare il suo momento. Al centro dell'oasi ci sono un poco di casupole di paglia e di foglie di palma, alcune rettangolari, altre a semisfera che fungono da magazzini, intorno ad uno spiazzo privo di alberi, poi, alcune tende bianche. dove andiamo a fermarci, subito circondati da un gruppetto di bambini.
Oggi è domenica e nella piccola scuola del villaggio la scuola elementare è in vacanza, anche la maestra è tornata in città e i bimbi giocano nel piazzale, tra la sabbia. Noi saremo il diversivo della giornata. Noto intorno, davanti ad ogni capanna dei piccoli rudimentali pannelli solari per caricare i telefonini, il vero grande bisogno primario e fondamentale per ogni luogo del mondo, anche il più povero. Comunicare è più importante che sfamarsi, non ci sono dubbi o per lo meno tutti sono stati convinti di questo assioma fondamentale. Nelle case oltre ai bimbi solo qualche vecchio e le donne. I pochi uomini e i giovani rimasti sono in giro a pascolare le capre, gli unici animali che riescono a resistere in questo ambiente. Torneranno alla sera per essere munte e fornire un minimo di alimento proteico a chi è rimasto a casa. Ci fanno accomodare nella tenda più grande al centro, col pavimento ricoperto di stuoie colorate. Un paio di donne anziane e due o tre ragazze che ridacchiano in un angolo. Una si deve sposare, con un parente che vive in città e già dalle mosse impazienti e nervose si comprende che non ne può più dalla voglia di levarsi da questa vita immobile e priva di cambiamenti. Le vecchie la guardano con occhi saggi, chissà se sarà la sua svolta di vita o se troverà solo l'amarezza della disillusione, scambiando durezza e difficoltà forse insostenibili con la tranquilla, anche se di certo noiosa vita del villaggio, fatta di giornate sonnacchiose ad ascoltare vecchie storie del passato e di notti piene di stelle che adesso paiono solamente come ossessive mancanze di novità.
La musica dei divi africani arriva sull'onda del web, il sole si incarica di alimentare questi strumenti che portano miele e veleno allo stesso tempo. Certamente le idee e i desideri non si possono fermare, solo le delusioni saranno in grado di ucciderli. Avevamo fatto un giro nel palmeto. negli orti qualche piantina scarna e asfittica cerca di gonfiare con la poca acqua che pesca al di sotto della sabbia, qualche bacca di pomodoro, mentre i datteri sono ormai piccoli frutticini gialli in attesa del tempo della raccolta, d'estate il tempo della festa della Guetna, quando tutti i parenti arriveranno dalla città per dare una mano, come da noi un tempo per la mietitura o più recentemente per la vendemmia. Sarà in questi giorni che le ragazze rimaste, cercheranno spavaldamente di interessare con occhiate e movimenti troppo disinvolti l'interesse di qualche ragazzo di città, sotto l'occhio dubbioso e titubante delle madri. D'altra parte sono i giovani che si scelgono in base al sentimento e la trattativa tra i genitori, visto che il futuro marito deve versare una certa cifra per "comprare" la ragazza, che comunque deve aver già dato il suo assenso, si svolge successivamente. Il matrimonio poi si celebrerà d'estate e qui nel deserto durerà almeno una settimana, non come in città, dove tutto sui è ridotto drasticamente a un paio di giorni. Un vecchio che ha posato a terra il suo nodoso bastone di anziano pastore, fa il tè per tutti. Le donne esibiscono un po' di misere collanine, visto che siamo l'unica occasione della giornata, ma senza insistere più di tanto come se esse stesse si rendessero conto della povertà dell'offerta.
Arriva un altro anziano, claudicante, che dichiara di avere 72 anni e mostra una ferita da infezione ad un avambraccio, malamente fasciata con bende annose. Chiede se possiamo fare qualche cosa. In questi casi senti decisamente come sarebbe bello essere medico, non solo perché in questo modo riusciresti a dare una mano, ma perché questa è davvero una di quelle professioni della quale riesci a toccare con mano l'esclusiva utilità etica. E far qualcosa per qualcuno a cui leggi negli occhi una fiducia infinita e che viene a mettersi nelle tue mani senza sapere chi sei o cosa fai, è davvero straniante. La ferita è superficiale, non è bella, ma nemmeno troppo mal messa così a vista, per la verità non puzza neanche. Mettiamo in ballo tutti i disinfettanti che abbiamo in dotazione sperando che riusciranno a fare qualche cosa e rimettiamo in piedi una sorta di medicazione. Davvero deve essere bello fare il medico da queste parti. Compriamo qualche collanina, tanto per contentare le signore, di tanto in tanto qualche ragazza entra ed esce e va vicino al palo di sostegno centrale della tenda, pare che sia il punto del paese dove c'è più campo, infatti tutte arrivano lì, smanettano un po' e poi se ne vanno a ricaricare al sole. Intanto il sole ha oltrepassato lo zenit, è ora di partire, il vecchio ci saluta con la mano, agitando il bastone, la promessa sposa, sorride dal fondo della tenda, felice per il futuro che presto l'attende.
SURVIVAL KIT
Oasi di Tanouchert - Piccolissimo insediamento nel deserto di sabbia a circa mezza strada tra Ouadane e Cinguetti, sulla carovaniera dell'Haji. Si raggiunge traversando direttamente il deserto per evitare di ritornare sulla pista che torna ad Atar e che costringerebbe ad una più lunga deviazione. Sosta interessante per vedere la vita di queste piccole comunità delle sabbie destinate a scomparire.
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