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venerdì 19 aprile 2013

Rithm and Blues al Mag Mell.

Solo due parole oggi, che c'ho da fare in Parlamento. M'hanno dato un colpo di telefono stamattina presto che forse eleggono me e quindi devo andare a comprarmi un vestito adatto. Volevo solo dire che che ho scoperto un posticino, qua ad Alessandria, dove il giovedì sera fanno musica e che musica, il Mag Mell Irish Pub. Tutta roba per palati fini e soprattutto con interpreti davvero d'eccezione per la nostra realtà di paesotto della bassa. Io, che sono un amante assoluto del Blues e dintorni, mi sono gustato un paio d'ore di completa goduria con 'sti due ragazzi (uno neanche tanto ragazzo) che vi consiglierei di tenere d'occhio perché ne vale la pena. Andrea Scagliarini, personaggio già affermato, un'armonica che parla da sola e Lorenzo Favero, 25 anni di voglia di comunicare emozioni diteggiando una chitarra, una tecnica incredibile e tonalità acustiche avvolgenti, date un'occhiata su youtube. Io penso che ne sentiremo parlare, perché quando il talento c'è, alla fine non si rimane indifferenti. Date un'occhiata al video che ho ripreso maldestramente tra bicchieri schiumanti. E dire che mi sono perso un paio di pezzi davvero coinvolgenti tra cui una formidabile Sixteen Tons, troppo impegnato a battere il ritmo. Si sa che noi negri abbiamo il ritmo nel sangue. Riguardo all'incipit, abbiate pazienza, troppa birra ieri sera e se volete andare al Mag Mell al giovedì a sentir musica, prenotate il tavolo, se no vi tocca stare in piedi.




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giovedì 19 marzo 2009

Gamberi in salsa


C’è qualcosa nella skyline di tutte le megalopoli del mondo che ti lascia un po’ senza parole. Guardi solo, cerchi di imprimerti in testa quella linea, immagini cosa ci sia dietro quel mondo, tutte così diverse e così uguali. Chicago non fa eccezione, quando arrivi dal lago scivolando piano sulle acque verde marcio. C’è una grande fiera ogni due anni e per quella settimana anche le topaie costano 200 dollari a notte e le giornate passano in un andirivieni nervoso fiera-albergo, cambiando il rumoroso cicaleccio inarrestabile delle otto ore tra gli stand, nello sferragliare della metro aerea che passa ogni cinque minuti davanti alla finestra della topaia suddetta, come in un romanzo di Chandler. Un inferno? Relativo. Infatti c’è un’opzione prima di andare a barricarsi in camera. Per andare a mangiare un boccone solitario, ci sono un sacco di localacci nelle vie laterali della grande avenue sul parco. Ti scegli un tavolo, scegli un piatto di gamberi cajun, se ti piace la salsa, una birra, che, maledizione ti portano senza bicchiere, non fa fine, si sa; paghi un supplemento e aspetti. Mentre in fondo al locale qualcuno gioca a biliardo, il locale comincia a poco a poco a riempirsi. Quella sera arriva una coppia di obesi e si siede al mio tavolo (se siete grassi, andate in America, vi sentirete meglio). Saputo che sono italiano, si sdilinquiscono subito, gente, guardate che nel mondo ci amano davvero tutti! Marito e moglie che gestiscono un’agenzia immobiliare e vendono case (col mutuo, certamente, non sapevano ancora cosa sarebbe successo). Poi arrivano dei tizi con degli strumenti, si preparano e cominciano a suonare. Ragazzi, R&B in diretta sul luogo di nascita, una cosa da sballo. Eppure non saranno stati dei fenomeni (il supplemento ai gamberi per la musica era di cinque dollari), i miei vicini mi spiegano che uno è il figlio di uno che forse è abbastanza famoso. Comunque un coinvolgimento totale, meglio di B.B.King. La salsa cajun l’ho digerita poi in aereo, tornando a casa, ma quella musica me la ricordo ancora.

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