domenica 23 settembre 2012

Riso amaro?


La Darola



Riso Amaro.
L'equinozio d'autunno apre la porta a alle riunioni conviviali dell'anziano, sempre bisognoso di ravvivare i ricordi, come i bimbi amano assillare il genitore a farsi raccontare la stessa fiaba di continuo, rappresentazione senza la quale non riescono a prendere sonno tranquillamente. Per la persona agée invece, il bisogno è probabilmente dato dal desiderio di ottundere i sensi cancellando dalla mente gli avvenimenti dell'attualità e le considerazioni sociopolitiche. Eccoci dunque al consueto appuntamento coi compagni di università, questa volta nella pace operosa della risaia vercellese, sublime visione di land art, che riempie di quadretti bordati la piana sconfinata, una immensa tela di Mondrian dove perdere lo sguardo nell'essenzialità delle righe nette che delimitano l'oro delle spighe ormai cariche e pronte per la raccolta. Tutto questo in una delle più belle cascine della zona, la Darola, una spettacolare corte chiusa dove ti senti subito circondato dai fantasmi delle centinaia di persone che la abitavano e dall'esercito di mondine che calavano qui fino a pochi decenni fa, gioia e delizia del padrùn da li beli braghi bianchi che in calessino percorreva gli argini, programmando serate bollenti sull'aia, altro che festini trimalcionici in toga e mantello. 

Al contadino non far sapere.
Eccola là, lungo l'argine spuntano i seni aguzzi di Silvana Mangano e il suo riso amaro che ha segnato un'epoca. Per i vecchi ragazzi invece, la sequela degli amarcord, dei professori terribili, di quegli esami da cardiopalmo, con la reiterazione infinita di episodi memorabili. Ma non credo che questo possa interessarvi più di tanto, si tratta di storie che emozionano solo chi le ha vissute, meglio quindi ragguagliarvi sul concreto; prendete dunque nota di questo indirizzo: Ristorante Il Convento, Via Hermada 3A - Trino Vercellese, (0161.801325). In un ambiente curato ed elegante, dopo un semplice aperitivo, subirete per 35 euro un assalto di antipasti, che con una selezione di affettati, vi proporranno due delicate quenelles di una crema di formaggio sapientemente miscelate alle noci con qualche fettina di pere alle spezie, seguite da un agrodolce  di peperoni con olive e pinoli e un classico carpaccio all'Albese, profumato al sedano. Infine ecco arrivare quello che mi è parso il tocco di classe più azzeccato, l'uovo morbido impanato disteso pigramente su un letto di crema di patate al tartufo, che quando il vostro cucchiaio affonderà, aprendo il sottile involucro dell'albume rappreso, rilascia deliziosamente il liquido tuorlo ad abbeverare la crema profumata in un matrimonio sensuale e goloso. Un tripudio di sensi da appagare e prontamente appagati. 

L'uovo al tartufo
Ma incombe subito una mezza forma di parmigiano dove insaporisce un Carnaroli sapido e cremoso. Se mancasse un risotto di tal fatta, non saremmo nel Vercellese. Consiglierei di non perdere una seconda porzione. A seguire la faraona al forno con la frittura mista dolce, dal semolino alle mele pastellate. Essendo stati ancora leggeri, ecco incedere un sapido arrosto di coppa, pervaso da un appropriato profumo di ginepro e patate. Una torta chantilly vi segnalerà che è ora di passare in giardino per la tazza di caffé. Onesto dolcetto di Dogliani per condire il pasto, ma attenzione, il controllo dell'alcoolemia è puntuale e costante nella zona. Non vengono comprese nella fornitura maschere di maiali, ne toghe alla romana, d'altra parte siamo in un antico convento e non mi sembra il caso, al massimo qualche barzelletta della gioventù ormai sfiorita. Insomma un rapporto qualità prezzo encomiabile, scovato dagli amici vercellesi che ci hanno organizzato una giornata davvero gradevole. Ma adesso prepariamoci ad altre fatiche.

Il risotto!


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