Alessandria - Piazza Genova - 1950 |
Nel post dell'altro giorno sul paltò di cammello, facevo riferimento al purillo, nome che ha destato la curiosità dell'amico Juhan che me ne ha chiesto conto. Dunque citando Wiki benedetta abbiamo: " Il basco civile ha spesso un abbellimento, detto purillo, una sorta di "picciuolo" posto al centro del copricapo che è il capo finale del filato con cui si è prodotta la maglia poi infeltrita con un procedimento simile alla lana cotta. Talvolta, per sineddoche, viene gergalmente chiamato lo stesso basco con questo nome." Dunque ho ripescato una foto in cui compaio in tutto il mio splendore appunto col purillo in testa, anche se per la verità, il particolare del picciuolo non si vede, ma vi assicuro che c'era. Per altro questo è chiaro e non marrone scuro, come avevo detto, segno che di questi copricapi ne avevo più d'uno. La calzata, in linea con la moda del tempo ed evidentemente seguendo le istruzioni di papà, era sulle 23, come si diceva, e anche un po' di più, verso sinistra, in assoluta analogia a come i cappelli li portava il mio genitore maschio. Il fatto che fossi un bellissimo bambino è provato anche dal passante che si gira a guardarmi con ammirazione, a meno che lo sguardo non fosse rivolto alle gambe della mia mamma accosciata per scattare la foto. Certo sarò stato anche bello rotondetto, ma subito dopo la guerra la carne anche in più, era guardata con particolare approvazione, complici le ristrettezze alimentari seguite al conflitto; non solo, si temeva, credo sempre, che i bambini fossero troppo deboli, oltre che poco nutriti.
Quindi uno degli imperativi del momento era il ricorso al cosiddetto "ricostituente". Questo doveva essere un po' una panacea, tipo le inutili schifezze di "integratori vitaminici" vari che vanno di moda oggi, che le mamme piativano invano ai medici della mutua. Poi c'erano anche quelli "fai da te". Intanto, non so come mai, io fui graziato del supplizio dell'olio di fegato di merluzzo, altro rimedio che andava per la maggiore, incubo di mia moglie ad esempio, lei magrolina e inappetente, a cui veniva somministrato con costanza ma che pare finisse tutto in bocca la cane. Era una bimba dall'occhio gentile ed innocente che ispirava fiducia a prima vista, quindi le veniva lasciato il cucchiaione pieno affinché se lo gestisse con calma. Non appena sua mamma se ne andava di là, ecco comparire il suo bel Collie peloso, che ne era ghiottissimo e che se lo pappava in un lampo sberliccandosi di gusto il cucchiaio, che veniva poi restituito con aria fintamente sofferente subito dopo. Che volete farci, così sono le femmine, questa razza aliena a noi sconosciuta. A me invece toccava un'altra cosa. C'era un particolare periodo dell'anno, mi sembra la primavera, in cui i bimbi dovevano essere particolarmente bisognosi di rafforzarsi, anche perché c'erano i problemi dello "sviluppo" e del corpo che cresceva, muscoli e ossa naturalmente.
Quindi verso marzo, veniva approntato un grande grilletto bianco in cui si preparava la pozione magica, che, mi par di ricordare anche se non ne sono del tutto sicuro, cosa di cui chiedo aiuto ai miei lettori, era costituita da un bagno di marsala in cui venivano poste a macerare una mezza dozzina di uova e credo zucchero e limone. Queste stavano ben coperte in questa salamoia almeno tre settimane, durante le quali, l'acidità del bagno scioglieva il guscio delle uova stesse. Dopo il mescolone finale, il filtro magico mi veniva somministrato ad una cucchiaiata per volta ogni mattina. Sarà stato per il marsala o per lo zucchero, ma questo beverone ricco di calcio, una specie di Vov ante litteram, non era neanche male, anche se scricchiolava sotto i denti. Così sono cresciuto con il rafforzamento delle ossa incluso, infatti non me ne sono mai rotte, toccando ferro. Credo che la pratica fu dismessa quando il medico a cui si era rivolta la mia mamma per farmi dare un ulteriore ricostituente, niente è mai abbastanza per le mamme dei figli unici, le disse: "Ma che ricostituente gli vuol dare, non vede che sta benissimo, gli dia solo delle cotolette!"
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1 commento:
Ma allora lo fai apposta!
E meriti una risposta anche se sono in ritardo (c'è gente che torna al 2 dai monti, anche se è già giovedì!).
Intanto purillo era il termine usato comunemente nella pianura del cuneese per berretto, non solo basco. Io credevo fosse dialettale e solo di quella zona. Per esempio a Torino si usava Bunèt (sì si dovrebbe scrivere in un altro modo), quello che adesso è tutt'altra cosa.
Grilletto! ahemmm, quello che noi chiamiamo normalmente --adesso mi viene, un attimino ancora... ah,sì bowl! (no davvero non mi viene, anche se credo esista). E se invece di fermarti a Alessandria prosegui ancora un po' il lemma acquista anche altri significati (forse ancora, io parlo dello scorso millennio).
Infine, e qui ci scappa un post (o più d'uno) garantito: i calzoncini corti, anche d'inverno. Quando faceva freddo con le calze lunghe, come Pippi.
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