Il Pool - (gentile concessione Gino "Baleta" Gemme) |
le boccette |
Qui gli appassionati si dividevano subito in due categorie senza punti di contatto tra di loro, in pratica due specie diverse che parlavano lingue non comunicanti. I cultori delle boccette e quelli della stecca. Mentre per le boccette il clan era decisamente più chiuso, essendo praticato una sola tipologia di gioco, con i maestri che si annoveravano tra i senatori del bar ed i dilettanti che quando i tavoli erano lasciati liberi si cimentavano negli appoggi o nei tiri più difficili che avevano appena ammirato, i giocatori di stecca invece erano una fauna più varia e in generale più giovane. Ma altre erano le categorie kantiane della fauna locale. Dice Gino: come in ogni termitaio organizzato, esistevano due tipi di matricole: i "mandibolati" e i "nasati". Mentre i grandi giocatori erano racchiusi nella seconda, nella prima categoria viveva anche la sottospecie dei "convinti". Scarsi nel gioco, usavano l'apparato boccale per magnificare illustrandole le loro presunte giocate magistrali (me chi..., me là...); erano chiamati anche i "baccagliatori".
I "nasati" invece, il cui identificativo di categoria viene dall'Alessandrino "nasa", badate bene e non naso, come ingenuamente si sarebbe portati a pensare, che identifica attività eseguite più propriamente con altre parti del corpo, erano quelli che a detta dei perdenti, erano costantemente baciati dal favore della sorte, che correggeva per loro le più tremende svirgole, dotati quindi, come bene illustra il disegno, di un fondo schiena esagerato, un sedere gonfio fino all'inverosimile di ingiusta fortuna e perdi più ...rotto, secondo la vulgata. Erano i cosiddetti re della cacciata! Ricordo invece un grande giocatore, un vero artista, di cui mi sfugge il nome, maestro nell'arte della candela, che affermava essere la vera chiave del gioco delle boccette, un tiro che se usato con perizia assoluta era da solo capace di essere decisivo in ogni partita.
Un altro, grande conoscitore delle due sponde, accarezzava a lungo la palla tra le mani, soppesandola con noncuranza tra una mano e l'altra, poi si allargava portando il busto al di fuori del bordo del biliardo e con un movimento morbidissimo e sempre uguale lanciava delicatamente e con la giusta forza. La boccia cadeva sul panno quasi senza rumore poi, pur sembrando il lancio troppo debole all'inizio, correva fluida colpendo le due sponde all'angolo alto per poi arrivare implacabile nel gruppo di bocce sulla sponda bassa, si faceva appena largo tra di esse e come per magia si attaccava al pallino blu, sempre uguale, sempre perfetta, un miracolo. C'erano poi i bocciatori professionisti. Il socio puntatore vinceva invariabilmente l'acchito e loro prendevano il pallino, lo appoggiavano lentamente appena al di là della linea oltre gli ometti, un attimo per concentrare la mira e poi il lancio secco e implacabile, ogni colpo un filotto.
Il bruciatore |
I risultati erano ovviamente modesti anche perché il tavolo e la dimensione delle buche non erano quelli regolamentari e il gioco era comunque un adattamento che, tuttavia, ebbe per parecchio tempo un grande successo. In ogni categoria di gioco comunque i perdenti erano costretti a subire sfottò di diversa pesantezza a seconda della pomposità dei soggetti medesimi, che generalmente non la prendevano bene ed erano classificati come "Bruciatori". La sala biliardi, comunque, rimase per molto tempo un locale riservato agli appassionati ed ai senatori del bar; i ragazzini chiassosi, al di fuori di quelli che bigiavano la scuola o delle prime ore del pomeriggio, non erano ben visti, anche per gli eventuali danni che potevano provocare con la loro imperizia. Angelo, in versione Cerbero, per mantenere un certo controllo sullo schiamazzare inutile e lo stesso Gino di tanto in tanto buttavano un occhio indagatore con la scusa di servire qualche consumazione, per controllare che non sopravvenisse, improvvido e temutissimo, il famigerato "strappo" del panno causato dall'imperizia nel maneggio della stecca, che l'incapace, volendo eseguire qualche colpo troppo fine per le sue possibilità, invece di dare il giusto "zembo" alla bilia, finisse con la punta della stecca a squarciare il delicato panno, facendo poi finta di nulla, come se il disastro fosse già presente sul tavolo e altri il colpevole. La minaccia: primo strappo Lire 5000, era una spada di Damocle in agguato, anche se non mi risulta sia mai stata applicata.
Lo strappo al panno verde - (gentile concessione Gino "Baleta" Gemme) |
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2 commenti:
Fino a pochi anni fa c'era un bar in "zona semicentrale" (cit. da agenzia immobiliare) in cui troneggiava il biliardo che dovevi circumnavigare per accedere al banco per un caffè, cosa possibile solo di giorno. Adesso è diventato un'hamburgeria di periferia.
…e la nebbia perenne fumo e cicche, l'odore acuto dei caffè corretti; silenzi come moccoli e moccoli a silenzio, il passare di mano dei da mille...
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